Parlare

Tw: aggressione, omofobia.
Questi due temi saranno raccontati attraverso un personaggio, ma ci tenevo a segnalarli in caso vogliate evitare di leggerli.

La vostra salute mentale viene prima di tutto.

In caso vogliate saltare direttamente alla parte finale del capitolo dove non ci sarà più nessun tw, non esitate a scrivermi un messaggio in privato e vi dirò che parte del capitolo leggere.










Simone non si era mosso da quel tavolo, almeno finché non era arrivato loro padre.
Jacopo era rimasto accanto a lui per tutto il resto del tempo, anche se non avevano parlato. 

Sapeva che non serviva, anzi.

Lui aveva iniziato a capire anche quando aveva bisogno del silenzio. 

Dante era arrivato mezz'ora dopo. Aveva lo sguardo di chi sapeva già. Di chi aveva già parlato con Floriana e se da una parte quella cosa lo tranquillizzava, dall'altra lo metteva terribilmente a disagio perché era come essere a pelo dell'acqua, come se non capisse se provava caldo o freddo. 

<<Ehi, Simone>> il ragazzo l'aveva sentito quasi come un sussurro. E forse era proprio quello che voleva essere. 

<<Pà>> aveva alzato gli occhi per guardarlo e Dante ci aveva messo poco a riprendere parola. 

<<Ho già parlato con mamma, che mi ha dato il numero della madre di Pin>>

Simone aveva sentito tutto attentamente ma non sapeva proprio come rispondere, quindi si era limitato ad un mugugno <<Mh>>

<<Sappi solo che, quando te la sentirai, ci andremo>> era stato il quel momento che l'uomo si era seduto davanti a lui, allungando una mano verso la sua e stringendola leggermente. 

Simone ci aveva messo un po’ a rispondere. Non sapeva bene ciò che gli passava per la testa.

O meglio, lo sapeva, solo che dirlo ad alta voce sarebbe stata tutt’altra cosa. Aveva alzato lo sguardo per poi abbassarlo subito dopo quando aveva cominciato a parlare. <<Io… voglio. Solo che c-come faccio? Con che coraggio mi presento? Gli ho rovinato la vita>>. Una lacrima era sfuggita al suo controllo e lui sapeva di star per cedere.
Poco dopo essersi passato una mano sul volto, aveva sentito le mani del fratello prendergli le guance e <<Moe, ehi, guardami>> aveva alzato gli occhi verso di lui, beandosi di quel caldo che le mani del fratello rilasciavano sulle guance. 

<<Ti ricordi quello che ti dico sempre quando le cose vanno male?>> gli aveva chiesto poi.

E sì, Simone se lo ricordava.

Se lo ricordava perché lo ripeteva in testa sempre: ogni volta che la più piccola cosa lo mandava in crisi.

È sempre più buio prima dell'alba. 

Così aveva annuito subito prima di aggiungere un leggero <<Mh>>

<<Okay, tienilo a mente perché questa può essere la vostra alba e ricorda: non hai nessuna colpa>>. La mano di Simone aveva tremato leggermente prima di stringere quella del fratello che non si era ancora spostata dalla sua guancia. Aveva anche preso un profondo respiro prima di annuire e dire che aveva bisogno di stare un po’ da solo. 
Gli altri due - presenti in quella camera - avevano annuito e Simone si era alzato per avviarsi in camera, lasciando il cellulare abbandonato sul tavolo, non curante del fatto che non avesse ancora risposto a Manuel.

*

 
Alla fine avevano passato tutto il pomeriggio al parco, dopo il pranzo, e Manuel - per la prima volta dopo tanto - se l’era goduto.

Si era goduto quel pomeriggio perché non aveva avuto il terrore di ritrovarsi qualcuno davanti, che avrebbe fatto del male a lui e a sua madre.
Era davvero tutto finito e la leggerezza che provava in quel momento non sarebbe riuscito nemmeno a spiegarla.

Era tornato da un po’ quando aveva notato la porta della camera dei gemelli chiusa. Jacopo e Dante - invece - erano seduti in giardino a parlare. 
Simone di solito non usciva da solo, quindi doveva per forza essere in camera. Si era fermato davanti alla porta chiusa, prima di proseguire per la sua camera. 

Trovare quel cioccolatino e quel bigliettino sulla scrivania gli aveva creato una morsa allo stomaco. Una di quelle belle, una di quelle che ti fanno sentire felice e lui non aveva potuto fare altro che sorridere. 
Si era avvicinato di nuovo a quella porta chiusa e aveva alzato la mano per bussare. 

Lo stava per fare ma poi si era detto che probabilmente stava dormendo quindi non era giusto svegliarlo.

Per cosa poi? 
Per ringraziarlo di un cioccolatino? Per chiedergli come mai non avesse risposto? Per dividere quel bacio perugina con lui? 

Di sicuro nessuna delle tre opzioni era una valida scusa per svegliarlo. Poteva benissimo pensarci poi. 
Così si era convinto a scendere, aveva guardato Dante - il quale gli aveva detto che era contento fosse andato tutto bene in tribunale - che se ne era andato poco dopo, lasciandolo con Jacopo. 
Era stato in quel momento che aveva deciso di chiedere a lui. 

<<Simo non scende? Non l'ho ancora visto da che son tornato e non m’ha risposto ad un messaggio che gli avevo mandato>> e in effetti era vero, anche se non ci aveva pensato subito. Eran passate ore da quando gli aveva scritto. 

<<Il cellulare l’ha lasciato in cucina. Comunque lascia perde' per stasera, okay?>> era stata questa la risposta dell'altro.

E se da una parte, la prima frase lo aveva tranquillizzato, dall'altra lo aveva scombussolato in pieno. Perché doveva lasciar perdere? Che era successo? 

<<È successo qualcosa?>> aveva quindi chiesto. Ci aveva messo davvero poco a chiederlo.
 
<<Non spetta a me raccontartelo, però so che qualcosa ti è stata detta, quindi abbi solo pazienza>>Manuel aveva sentito il battito del suo cuore aumentare leggermente e poteva chiaramente capire fosse paura.
Paura che gli fosse successo qualcosa e che lui non se ne fosse accorto o non ci fosse stato perché era in tribunale. 
Per un attimo si era anche sentito in colpa per quello.

Se c'era una cosa che - quella testimonianza - gli aveva lasciato cucito addosso era proprio il senso di colpa di aver fatto del male ad altri o di non esserci per colpa delle sue azioni sbagliate. Un po' come era successo il giorno che aveva ritrovato Zucca e Sbarra ad aspettarlo a casa e sua madre ci era finita in mezzo. 

Era per quello che ci aveva messo un po' a rispondere, perché voleva fare qualcosa ma non sapeva cosa.

Così aveva guardato di nuovo verso l'altro ragazzo e - a bassa voce - aveva iniziato a parlare. <<Mh… Lapo, posso sta' zitto ma in camera con voi, stasera?>> era iniziata come un sussurro quella frase per poi uscire forte e chiara nelle ultime due parole. 

Jacopo l'aveva guardato un po', prima di allontanarsi ed andare in direzione di camera sua e del fratello. 

Manuel si era sentito un vero imbecille perché come gli era venuta in mente quella frase? Sapeva che il filtro cervello bocca non era il suo forte, però non pensava arrivasse a tanto. 
Così si era avvicinato al frigorifero per bere e aveva visto Jacopo tornare. 

<<Facciamo che vado io nella tua, ma vedi de fa' il bravo>> Manuel aveva semplicemente annuito e si era ripromesso di aspettare dopo cena per andare in camera. 

________

Che poi Simone aveva mangiato poco quella sera e Manuel non aveva potuto fare altro che guardarlo accigliato, senza però dire nulla. 
Era stato così anche quando era andato in camera sua, era stato in silenzio per un po', accanto al letto di Simone prima di ricordarsi una cosa. 

Si era alzato ed era andato verso la scrivania dell'altra camera per poi tornare indietro e guardare l'altro ragazzo. 

Aveva allungato la mano mostrandogli il bacio che aveva nel pugno e <<Dividiamo?>> aveva chiesto. 

Simone aveva annuito e Manuel credeva anche di avergli visto un leggero sorriso sul volto. Per quello non aveva aggiunto altro, quel sorriso gli bastava. 
Aveva morso il suo pezzo per poi prendere il bigliettino e leggero ad alta voce mentre Simone mangiava la sua parte. 

"Non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi"

Non sa bene quanto tempo era passato prima di sentire la voce di Simone. 
Sa solo che gli era sembrata un'eternità e che crede sia stata proprio quella frase a farlo parlare.

Aveva aspettato, nonostante avrebbe voluto dirgli come fosse andata quella mattina. Solo che aveva capito non fosse il momento adatto per parlarne quindi aveva preferito rispettare il silenzio. 

Almeno fino a che non era stato interrotto da Simone. 

<<N-non ho raccontato nulla mentre accadeva. Io e Jacopo eravamo lontani in quel periodo e quello che… che succedeva lo tenevo per me>> aveva esordito così. 
Lui sapeva dove sarebbe andato il discorso, ne era consapevole. Per un attimo gli era venuto l'istinto di bloccarlo, di dirgli che no, non lo voleva sapere. 

Non lo voleva sapere perché non voleva vederlo stare male, non più di quello che aveva già visto. 

Per quello quando l'aveva sentito riprendere, sperava con tutto se stesso che sarebbe finita presto e che l'altro sarebbe riuscito a non farsi male nuovamente. 

<<Nell'altra scuola non mi ero fatto amici, l'unico era Pin. Anche se il primo anno è passato tranquillo perché io non m-mi ero ancora esposto. O meglio, non avevo capito chi fossi>> Manuel aveva sentito quella frase con estrema delicatezza. Aveva deciso che avrebbe provato a mantenerla fino alla fine perché era ciò che meritava Simone. 

Meritava la delicatezza di chi accoglie le tue parole senza fartele pesare, di chi ascolta senza giudicare e senza mettere bocca in come avresti dovuto vivere. Perché Manuel sapeva bene quanto quelle cose non servissero a nulla eccetto che farti stare male. 

Spaventato dai consigli di chi ha già visto
Ha già sentito
Ha già provato
Ma non è me e non può capire
Non può aiutarmi

Sapeva quanto il parlare degli altri potesse essere velenoso, quindi aveva provato in tutti i modi ad utilizzare un ascolto non giudicante, quello che accoglie ogni parte dell'altro. 
Che poi, a dirla tutta, non giudicava mai gli altri in realtà. Se ne fregava altamente, solo che non voleva che arrivasse quell'impressione a Simone. 

Quest'ultimo aveva ripreso a parlare poco dopo <<Ho capito di essere gay nell'estate tra la prima e la seconda>> e Manuel era intervenuto poco dopo perché aveva visto le sue mani tremare leggermente. 

<<Simo, sai che non sei obbligato a dirmi niente, vero? Non voglio vedette star male>> aveva allungato la mano e aveva stretto quella di Simone sperando che quel contatto riuscisse a tranquillizzarlo almeno un po'. 

<<All'inizio dell'anno successivo Pin era stato preso di mira da due ragazzi perché non parlava mai eccetto che con me, e-era timido… inizialmente>> Manuel l'aveva visto prendere una pausa e sapeva che non c'era nulla di buono in quello. L'aveva notato anche dall'inclinazione - quasi impercettibile - della sua voce. <<Poi… q-quando le cose iniziarono… iniziarono ad andare peggio io mi esposi in un momento in cui non… non riuscì a fermarmi per quello che stava succedendo, perché non ne potevo più ed ero arrabbiato e sai quando sei arrabbiato spesso dici le cose senza pensarci. Avevano dato del fr... a Pin e lui aveva urlato che non era vero, così io mi misi in mezzo e risposi che il fr-ocio ero io e che se avevano p-problemi…>> ora il tremolio lo aveva percepito anche nella voce e non riusciva a fare altro che dirgli di smetterla. Forse sarebbe risultata anche egoistica come cosa, ma sentire tutto quel dolore - nella sua voce - e vederlo nei suoi occhi era stata come una pugnalata. Come se qualcuno gli stesse infilando una lama nello stomaco e ci stesse giocando. Manuel immaginava soltanto quanto potesse far male all'altro. 

Così aveva cercato di guardarlo negli occhi e <<Simo, basta, ti prego. Te stai a fare male>>

<<È okay, devo farlo>> aveva visto lo sguardo di Simone spostarsi nuovamente. 

<<Non devi fa niente, devi solo stare tranquillo. Vie' qua>> gli aveva accarezzato la guancia per poi tirarlo a sé e scivolare sul letto, cercando di abbracciarlo in qualche modo. Voleva che si sentisse al sicuro e Manuel non sapeva se quello poteva essere il modo adeguato per farlo. 

In tutto quello non aveva mai smesso di stringergli una mano. Poteva percepire anche il battito accelerato del cuore dell'altro nella posizione in cui erano. 
Anche per quello aveva capito che la parte peggiore, probabilmente, stava arrivando. 

<<Fu anche il giorno in cui lo scoprì Pin. Non gli avevo detto nulla perché non sapevo bene cosa potesse pensare. Gli unici che lo sapevano erano Jacopo e i miei. Da quel giorno lo seppe tutta la scuola e le cose per Pin migliorarono, quei ragazzi non gli davano più fastidio e a me andava bene così perché mi dicevo che comunque io sapevo difendermi. Solo che… n-non sapevo che sarebbe finita in quel modo>> l'aveva sentito singhiozzare ed era in quel momento che si era alzato di scatto. 

<<Ehi, vado a prenderti un po' d'acqua?>> gli aveva chiesto. 

L'altro aveva scosso la testa e gli aveva chiesto un'altra cosa <<Ti dispiace se andiamo in piscina?>>

<<No, metto la giacca>> Manuel si era alzato dal letto per andare in camera sua a prendere il piumino e mentre tornava aveva osservato la scena che gli si era ritrovato davanti senza però intromettersi. 

Simone stava parlando con Jacopo, probabilmente lo stava avvisando, e quest'ultimo gli aveva lasciato un abbraccio sussurrandogli qualcosa all'orecchio. 

Il tragitto per arrivare alla piscina l'avevano percorso in silenzio ed erano stati così per un po' di tempo prima che Simone ricominciasse a parlare. 

<<H-ho capito che non è facile essere gay in questa società. L'ho capito un giorno di maggio, dopo mesi di risate tra i corridoi e parole dispregiative che avevo imparato a lasciarmi scivolare addosso nonostante facessero male>> era in quel momento che Manuel aveva ripensato a quel martedì sera, quando aveva rovinato tutto. 

Quel martedì sera in cui aveva visto Simone sgretolarsi davanti ai suoi occhi. 

Quel martedì sera in cui era stato cacciato da Jacopo e ora, più che mai, capiva quanto fosse stato giusto l'atteggiamento di Jacopo. Quanto se l'era meritato. 

<<L'ho capito un giorno di maggio quando s-sono stato aggredito. Pin e-era lì c-come sempre… facevamo tutto insieme e… s-si è m-messo in mezzo, così come avevo fatto per lui. Si metteva a distrarmi ogni volta che sentiva le risate nei corridoi>> per Manuel, Simone, sembrava proprio in trance. A lui sembrava continuasse a raccontare senza percepire davvero l'altro e di questo aveva avuto la conferma poco più tardi. 

<<Eran due ragazzi più grandi. Mi son ritrovato con il sangue di Pin tra le mani ed ero talmente scosso che non sentivo nemmeno che fossi ferito anche io>>

L'aveva interrotto subito. Non gli piaceva per nulla dove stesse andando il discorso. 
Aveva paura, Manuel. Ma si sentiva anche in colpa perché doveva essere quello che ascoltava in quel momento, non quello che aveva paura. 

<<Che significa, Simò?>> a Manuel si era gelato ancora di più il sangue nelle vene perché Simone aveva continuato per la sua strada senza rispondergli. 

<<Ho chiamato l'ambulanza e poi Jacopo... E-ero in preda al panico perché non sapevo che altro fare e gli hanno asportato la milza>> la frase era uscita in modo poco lineare ma Manuel aveva capito lo stesso.

<<Simò, che te sei fatto?>> aveva chiesto nuovamente. Questa volta mettendosi di fronte a lui e guardandolo negli occhi. Come a sperare che riprendesse contatto con la realtà, che capisse che non stava rivivendo tutto quello. 

<<N-niente io… c'era solo un taglio sull'addome, mi hanno messo i punti e si è rimarginato. Una costola incrinata e un trauma facciale però s-sono… io sono guarito>>

<<Pin?>> aveva chiesto successivamente. 

<<Pin ha fatto la convalescenza e poi è stato dimesso la prima volta. Scusa io… ho bisogno di aria>> l'aveva visto annaspare e guardarsi attorno come a cercare un appiglio. A cercare qualcosa che lo aiutasse a stare a galla. 

Manuel aveva richiamato la sua attenzione <<Ohi, guardami, guardami>> gli aveva anche stretto il viso tra le sue mani e aveva ripreso a parlare <<C'è tutta l'aria che vuoi, siamo all'aperto. Respira piano, guarda le stelle che stasera si vedono e respira con me>>. Manuel aveva regolarizzato il respiro il più possibile per far sì che l'altro riuscisse a seguirlo. Perché in quel momento gli era sembrato decisamente troppo veloce e non gli piaceva affatto. 

Simone aveva semplicemente annuito. 

Avevano continuato a respirare insieme finché il respiro di Simone non era tornato regolare. 

<<Scusa, scusa>> aveva detto Manuel poi. Aveva utilizzato un tono dolce, che non sapeva nemmeno fosse in grado di tirare fuori. Gli aveva lasciato poi un bacio in fronte prima di ricominciare a parlargli. <<Scusa perché… avrei voluto esserci per te lo scorso anno e… >> Manuel aveva fatto una breve pausa mentre continuava a tenere la fronte appoggiata a quella di Simone e a lasciare delle piccole carezze - con i pollici - sulle guance: come a volergli asciugare le lacrime. <<Scusa perché so' stato un cazzone cor mio solito vizio de non mette' filtri tra il cervello e la bocca>>. 

E a Manuel dispiaceva davvero. Quella situazione gli aveva decisamente fatto capire che ogni parola poteva essere un macigno per l'altra persona. Che ogni persona ha dentro un mondo e che ogni mondo ha le sue cicatrici, i suoi tormenti anche dietro ai sorrisi più belli. 
Perché era questo che pensava Manuel: quando Simone sorrideva - il suo sorriso - era il più bello di tutti. 


________



Erano rientrati in camera una mezz'ora dopo. Simone si era tranquillazzato abbastanza mentre Manuel aveva bisogno di parlare con qualcuno. 

Aveva aspettato che l'altro ragazzo si addormentasse, prima di prendere il cellulare - senza allontanarsi - in modo tale che fosse lì, in caso l'altro avesse avuto bisogno. 

Aveva preso il cellulare e aveva cercato il contatto di Lara nella rubrica. Aveva aperto la chat e scritto subito. 

(23:25) La'? Sei sveglia? MF

La risposta non ci aveva messo molto ad arrivare. 

(23:31) Che succede? LC

(23:32) M'ha raccontato la sua storia. MF

Subito dopo aveva mandato un'altra parte di messaggio, senza aspettare che Lara gli rispondesse. 

(23:33) E sai quando le cose so' talmente brutte che te viene da vomita'? Ecco. E io, non so, credo de essermi messo nei suoi panni e me so' sentito 'na merda e me viene da vomita'. MF

E avrebbe anche voluto farlo se questo l'avesse aiutato in qualche modo. Se in qualche modo avesse aiutato anche Simone. 

(23:35) L'hai lasciato solo mo? Ma che sei scemo? LC 

Manuel aveva alzato gli occhi al cielo perché non poteva credere che Lara l'avesse scritto sul serio. 

(23:35) No, te pare. Per chi m'hai preso? S'è addormentato da un po' de minuti. MF 

Come avrebbe potuto lasciarlo solo? Se di notte poi avesse avuto bisogno? Era scosso. Non poteva lasciarlo solo.

(23:35) Vuoi che ti chiamo? LC

(23:37) Poi si sveglia, meglio di no. Posso passare da te domani? MF

No, meglio evitare di farsi sentire. O svegliarlo, visto che si era appena rilassato e non voleva essere lui la causa di un risveglio brusco. 

(23:40) Certo. Guarda che se t'ha detto certe cose vuol dire che se fida. LC

(23:41) Faccio il bravo anche se vorrei fare qualcosa in più. MF

(23:45) Domani ne parliamo. Dormi pure tu ora. LC

(23:47) <3 MF

Ci avrebbe provato, anche se era quasi sicuro che non ce l'avrebbe fatta a dormire profondamente. Quel racconto l'aveva destabilizzato più di quanto si aspettasse. 

*

Era passata quasi una settimana da quando aveva raccontato tutto a Manuel. O meglio, quasi tutto. Non avevano affrontato il secondo ricovero di Pin, ma Simone non lo riteneva necessario perché era una cosa che riguardava solo loro due quella. 

Era mercoledì e aveva aspettato quel giorno da quando sua madre gli aveva detto di Pin. 
Era strano: lui che aveva sempre cercato di scappare dalle sedute che faceva con la psicologa, lui che aveva quasi paura di andarci perché non sapeva cosa dire, né come dirlo, ora ne sentiva la necessità. 
Sentiva di doverne parlare con lei per essere più sicuro della decisione da prendere. Per avere quel coraggio in più che gli mancava. 

<<Te porta papà oggi?>> glielo aveva chiesto Jacopo, all'improvviso. 

<<No, viene Manuel>> gliel'aveva chiesto senza pensarci, quella volta. 
Era stato completamente diverso dalla precedente e la cosa più assurda era che - anche quella volta - non gli aveva detto dove dovesse andare. 
Però era convinto che fosse il momento giusto per dirglielo. 

<<Se devo menallo famme sape'>> Jacopo l'aveva detto quasi ridendo e Simone non aveva potuto fare altro che ridere con lui. Sapeva perché il fratello glielo stava dicendo. 

Perché ogni tanto per andare avanti sai, avanti sai
Bisogna lasciar perdere i vecchi ricordi


Erano arrivati davanti al palazzo, questa volta Simone gli aveva dato il numero civico esatto. 
Non aveva più nulla da temere e si sentiva tranquillo nei confronti di Manuel. 
Era sceso dalla moto e gli aveva passato il casco per poi dirgli <<Ne ho per un'oretta. Se vuoi puoi salire, al terzo piano, ci sta una sala d'attesa dentro>>. Aveva guardato per terra e iniziato a giocherellare con le mani perché non sapeva quale sarebbe stata la risposta dell'altro e un po' lo preoccupava. 

<<Magari me fumo 'na sigaretta e poi salgo>> Simone aveva annuito a quella risposta, prima di dargli le spalle e salire al terzo piano. 

________

Quando era uscito si era ritrovato due sentimenti contrastanti. Si sentiva decisamente più sollevato perché aveva parlato a lungo di quello che sarebbe stato l'incontro con Pin e si sentiva quasi pronto. Dall'altra - invece - aveva quasi paura, come se fosse incastrata sotto la pelle, di quello che poteva pensare Manuel. 
Vorrebbe che - agli occhi di tutti - fosse una cosa normale. Forse proprio per quello ha paura di cosa ne avrebbe pensato Manuel. 

Si erano avviati alla moto in silenzio, cosa che a Simone quasi era risultata strana. Per quello si fa coraggio e <<Non fai domande?>> chiede. 

<<Dovrei?>>

Simone lo aveva guardato guarda - dopo quella risposta - prima di dire <<No… solo che di solito ti intrometti sempre e ora che potresti farle non le fai>>. In effetti era abituato al Manuel dei primi tempi che era curioso e chiedeva, quindi si aspettava che sarebbe successo anche in quel caso. 

<<Oh, Balestra, stai provando a farte lascia' a piedi?>> Simone aveva sentito un leggero sbuffo - quasi simile ad una risata - provenire dalle labbra dell'altro. 

<<No, pe' carità>> aveva alzato le mani in segno di resa. 

<<E comunque no, non le faccio. Se c'avaessi i soldi c'andrei pure io da 'na psicologa>> Simone si era fermato a riflettere per un po' su quella affermazione.

In effetti la salute mentale non era ancora vista con un'ottica indispensabile per tutti e questo portava ancora discriminazioni.
Non tutti potevano permetterselo, non tutti riuscivano ad aspettare i tempi d'attesa delle Asl, né tantomeno quelli degli ospedali. E questa cosa gli faceva ancora male perché lui - senza terapia - era sicuro che non ce l'avrebbe fatta in quell'anno; che non avrebbe ripreso in mano la sua vita. 

<<Gli attacchi di panico sono iniziati in quel momento. La psicologa è quella che c'era quel giorno in pronto soccorso. Mi sta aiutando un sacco a riaggiustare i miei pezzi e a metterci un po' di polvere d'oro come dice lei>> l'aveva detto tutto d'un fiato quando era già salito sulla moto. 
Manuel si era girato leggermente verso di lui, cercando di non farsi notare. 

<<Vieni, dai, andiamo a fare due passi al parco e ci mettiamo un po' di polvere d'oro>> Simone aveva ascoltato quelle parole senza dire nient'altro. Aveva sorriso e aveva aspettato che l'altro partisse. 

Forse aveva ragione la psicologa. Parlare con lui non era stato un male. 

Riduci gli strappi chiedi agli amici di aiutarti a cambiare
Raccogli i cocci e rimettili assieme, basta un po’ di colla e la polvere d'oro
E andrà tutto bene





















Note:
La frase trovata nel bacio è tratta dal Piccolo principe.
La prima citazione di canzone è tratta da Come reagire al presente dei FASK mentre la seconda da Pastello bianco dei Pinguini tattici nucleari.

Spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno in questo capitolo.
Ringrazio Cin_NS per averlo letto in anteprima e aver messo a tacere le mie paranoie.

Grazie per aver letto, ancora una volta. Al prossimo capitolo.

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