Kintsugi

tw: attacchi di panico, fword











Jacopo se ne stava seduto sul muretto a guardare Manuel camminare avanti e indietro. Gli sembrava stesse uscendo matto e lui non ne poteva più.

Non sa se era sempre così, di certo non l'aveva mai visto in uno stato simile.

<<Oddio, Lapo>> l'aveva sentito richiamarlo un'altra volta e aveva alzato gli occhi al cielo perché non ce la poteva fare.

Proprio no.

<<Che c'hai mo, Manuel?>> gli aveva detto passandosi una mano sul volto. Sperava solo che Simone sarebbe uscito in fretta per farlo stare zitto.

<<Noi mo' stamo qua, no, ma se nun lo passa che famo?>>

Cosa avrebbero dovuto fare? Era abbastanza ovvia la risposta. Chissà perché non ci arrivava anche lui.

Per quello la risposta gliel'aveva data subito <<'O rifà, che vòi che famo. Mica è 'na tragedia>>. Nessuno era mai stato ucciso per quello eppure Manuel ne stava davvero facendo un caso di stato.

<<'A fai facile te, mica l'hai aiutato tu a preparasse>> okay, non poteva farcela. Due minuti in più e sarebbe scoppiato. Aveva alzato nuovamente lo sguardo verso il cancello d'ingresso della motorizzazione e aveva pregato mentalmente di vedere Simone.

<<Preparate che viene fuori e ti corca sicuro, allora>> si era messo a ridere e aveva visto l'altro alzare le braccia e lasciarle cadere lungo i fianchi.

<<Ma che ce parro a fa' co' te>>

<<Appunto, statte zitto e siediti che nun te reggo più>> erano come cane e gatto. Un po' era perché avevano un carattere molto simile e al posto di parlare si scontravano, un po' era perché anche lui era agitato ma non l'avrebbe assolutamente detto. Neanche al suo di esame si era sentito così. Solo che sapeva quanto questo significasse per Simone e quello faceva cambiare tutto il peso della situazione.

*

Simone aveva tirato un sospiro di sollievo quando gli avevano comunicato che era risultato idoneo. Non vedeva l'ora di prendere e uscire da quella stanza per avvisare suo fratello e Manuel.

Aveva tirato su lo zaino di corsa e si era infilato il giubbotto per poi avviarsi verso l'uscita.

Tutto il tragitto era rimasto con la testa china, voleva fargli uno scherzo, ma alla fine non ci era riuscito. Come li aveva visti aveva alzato le braccia al cielo e fatto un sorriso enorme.

<<Daje! Mo se festeggia e offri te, ovviamente>> era stato Manuel il primo a rispondere.

Jacopo si era alzato dal muretto e gli si era semplicemente avvicinato prima di passargli un braccio intorno al collo e scompigliargli i capelli <<E bravo fratellino>>.

<<Ve offro l'aperitivo, va>> Simone aveva sorriso. Si sentiva bene, per davvero.

Si era quasi dimenticato di quella sensazione e di quanto fosse bella.

<<Ammazza, oh. Te sprechi>> aveva detto l'altro alzando le sopraccigli e sgranando gli occhi. <<vorrei ricordatte che se nun era pe' me, manco stavi qui oggi>>

Simone gli aveva fatto il verso mimandolo e mettendosi a ridere. Aveva visto Jacopo indicarlo con la mano mentre diceva <<Seh, vabbè, parla quello che è stato a frignà tutto il tempo che siamo stati qui ad aspettatte>>

<<Manuel Ferro frigna pure, incredibile. Nun l'avrei mai detto>> Simone aveva improvvisamente sentito una voglia immensa di pagare qualcuno pur di vedere la scena che si era perso.

<<T'a faccio paga', Lapo. 'O sai, vero?>> aveva visto Manuel tirargli un leggero scappellotto e lui si era ritrovato a continuare a ridere.

Era felice, Simone. Aveva passato l'esame, aveva accanto la persona che amava di più nella sua vita sin da quando era nato e ora si ritrovava ad avere accanto anche un ragazzo che si stava facendo strada nella sua corazza. Quella corazza che si era creato nell'ultimo periodo e che - non sa come - si stava smontando leggermente proprio grazie a lui; sin dalla sera in cui era arrivato in camera sua con una nastrina scaldata.





La serata film era un classico del martedì ormai.

Avevano iniziato quella cosa qualche settimana prima, quando Jacopo aveva costretto entrambi, perché Manuel non aveva mai visto i film Marvel e Simone ne aveva persi fin troppi per i suoi gusti.

Quella sera non era stato da meno anche se Simone aveva avuto la possibilità di scegliere il film, visto che aveva passato l'esame. Manuel era abbastanza passivo in quei giorni, si era lasciato con Chicca e per lui potevano mettere qualsiasi cosa che tanto non sarebbe cambiato nulla sarebbe stato comunque distratto.

<<Okay, so che nell'ordine giusto dovrebbe toccare ad altro, ma è comunque Marvel>> Simone, nonostante tutto, amava quel film e sapeva che Jacopo avrebbe capito al volo. Ogni tanto gli piaceva riguardarlo perché sapeva come finiva e sapere cosa succedeva lo faceva sentire al sicuro.

<<No, Sim, 'n' artra vorta Daredevil no>> ecco appunto, Jacopo aveva già capito.

Simone aveva già la risposta pronta perché se c'era una motivazione per cui lo riguardava era anche per gli attori <<Ma come puoi dire di no a Ben Affleck e Jennifer Garner? Parliamone. Fa niente che il film è quel che è, ma Ben Affleck è Ben Affleck. Vero, Manu?>>

Manuel aveva finalmente alzato la testa dal cellulare. Era in camera da loro da un po' ma non aveva interagito molto <<Chi? Ma poi che ne so Simò, dai, mica semo froci>> l'aveva visto fare un sorrisino, come a dire una cosa così e d'un tratto non aveva più capito nulla.

Ogni volta che mi viene in mente
Qualche cosa che non c'entra niente

Simone si era sentito mancare la terra sotto ai piedi, all'improvviso. La voce dell'altro era assolutamente tranquilla eppure era stata una pugnalata in pieno petto.

Aveva iniziato a guardarsi intorno cercando disperatamente il fratello.

Cominciava a sentire la stanza diventare stretta, troppo stretta per i suoi gusti.

L'aria era iniziata a diventare sempre di meno e ogni respiro gli moriva in gola. I battiti del suo cuore avevano iniziato a martellare incessanti nel suo petto, le mani gli tremavano e lui sapeva cosa stava succedendo.

Lo sapeva.

Solo che non era riuscito a fare nulla per controllarlo, non quella volta. Aveva chiuso gli occhi e si era portato la mano al petto per poi cercare di spostare il colletto della camicia cercando di sentire l'aria sulla pelle, così da capire che c'era aria anche intorno a lui, eppure non stava riuscendo nel suo intento.

Continuava ad annaspare e ogni respiro era sempre più difficoltoso.

Si era sentito appoggiare una mano sulla spalla e un'altra gli stava stringendo la mano.

Aveva capito si trattasse di Jacopo non appena si era sentito chiamare.

<<'Moe, guardami. Nun è successo niente>>. Aveva alzato la testa aprendo gli occhi e capendo che Jacopo era lì. Poteva farcela, non era solo, c'era 'Aco con lui.

L'unico problema era che aveva sentito nuovamente quella voce chiedere <<Che succede?>> e lo spazio, d'un tratto, era sembrato diventare ancora più stretto.

Jacopo si era voltato di scatto e Simone lo aveva sentito dire <<Te ne esci o te devo fa uscì a calci?>>. Non aveva più percepito la presenza dell'altro.

Aveva sentito il tono di Jacopo diventare il più dolce possibile <<È uscito, sono qui io. Ci sono io con te. Respira, piano. Sei con me, sei al sicuro. Respiriamo insieme>>.

Sentiva delle carezze sul dorso della mano.

Le percepiva.

Percepiva la loro lentezza.

Percepiva la costanza che ci metteva.

<<Siamo da soli, siamo soli io e te>>. Sembrava quasi una litania. L'aria che respirava continuava a fare male, le gambe non lo reggevano più e - per quello - si era lasciato andare lungo la parete sotto lo sguardo vigile del fratello, portandosi la testa fra le mani.

Ogni volta che rimango
Con la testa tra le mani

<<Continua a seguire il mio respiro, stai andando alla grande>> lui non ci credeva per nulla, si sentiva solo morire e - come sempre in quelle circostanze - aveva creduto che avere accanto il fratello, gli avrebbe dato una morte più dolce e forse sarebbe stata la volta in cui avrebbe smesso di soffrire.

Perché sì, nonostante non fosse la prima volta, credeva sempre che stesse per morire da un momento all'altro.

*

Per Jacopo erano stati i dieci minuti più lunghi della sua vita. In quei mesi aveva scoperto tante cose: una fra tutte era che la fase acuta di un attacco di panico durava dai cinque ai venti minuti, anche se a volte poteva arrivare alla mezz'ora. Aveva imparato come aiutare il fratello, cosa fare e in qualche modo come gestire quella cosa che sembrava terribilmente più grande di loro e della loro età. Ormai riusciva anche a capire quando la fase peggiore era passata.

Ogni volta che qualcuno si preoccupa per me

L'aveva aiutato a rimettersi in piedi e a farlo stendere sul letto, non appena aveva visto che aveva ripreso a respirare in modo quasi normale.

<<Moe, sei con me?>> Jacopo l'aveva sussurrato, mentre gli stringeva la mano.

<<Mh mh>> aveva mugugnato, annuendo con la testa.

<<Vuoi un bicchiere d'acqua?>>

Voleva aiutarlo a tornare tranquillo in qualsiasi modo. Non aveva lasciato mai la sua mano mentre aspettava la risposta.

<<Poi non mi lasci?>> era stato quasi un sussurro quello che aveva sentito uscire dalla bocca del fratello. A lui si era stretto il cuore perché non l'avrebbe mai fatto, per nessuna ragione al mondo.

<<Non ti lascio, Moe. Ti prendo l'acqua e torno, faccio subito>> gli aveva lasciato un bacio sulla fronte e una carezza con cui aveva asciugato una lacrima che gli stava scendendo lungo la guancia.

Si era allontanato e prima di uscire dalla stanza aveva dato nuovamente un'occhiata al fratello che nel mentre si era girato su un fianco e aveva chiuso gli occhi.

<<Come sta Simò?>> era stato un sussurro quello che era arrivato alle orecchie di Jacopo. L'altro era spuntato alle sue spalle mentre lui prendeva il bicchiere d'acqua per il fratello.

Era incredibile come una domanda così banale potesse irritarlo così tanto. Non ci aveva pensato un attimo ad avvicinarsi e a puntargli un dito sul petto per poi dirgli <<Senti, Manuel. Punto uno: nun te permette' più de dire quella parola in questa casa. Punto secondo: nun t'avvicinà a Simone o te gonfio, almeno finché non si avvicinerà lui a te. Ce semo capiti?>>. Jacopo diventava aggressivo in rarissimi casi e la sofferenza di Simone era una di questi. Avrebbe fatto di tutto per lui.

<<Scusa io->> aveva cercato di iniziare ma Jacopo ci aveva messo molto poco a interromperlo.

<<Evita>> si era scostato velocemente per poi tornare dal fratello. In quel momento gli importava solo di lui.

Era arrivato in camera e aveva trovato Simone nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato.

Aveva chiuso la porta dietro di sé per poi aprire leggermente la finestra e fare entrare aria. Aveva appoggiato il bicchiere sul comodino e si era sdraiato accanto al fratello. Non sa per quanto tempo erano rimasti in quella posizione, ma gli andava bene così. Simone era tranquillo e lui lo era di conseguenza.

Si erano addormentati così: uno accanto all'altro con Jacopo che gli faceva carezze sulla spalla.

*

Il giorno seguente Simone non era andato a scuola e aveva evitato in tutti i modi di trovarsi solo con Manuel. Non per qualcosa, ma non voleva dare spiegazioni. Anzi, odiava proprio darle. Soprattutto perché, improvvisamente, il modo che le persone avevano di guardarti - dopo averti visto star male - cambiava drasticamente e lui non poteva sopportarlo. Già non sopportava che avesse usato quella parola, tutto il resto era solo stato un rovinoso disastro in discesa.

L'unica cosa che in qualche modo lo consolava era che quel pomeriggio - come ogni mercoledì - aveva appuntamento dalla psicologa e che soprattutto Jacopo fosse al suo fianco, perché quando aveva lui accanto il mondo gli faceva meno paura.

Quel pomeriggio sapeva che - inevitabilmente - avrebbe dovuto parlare della sera precedente. Lo sapeva anche perché ne sentiva ancora i postumi.

Sapeva che l'aria non gli mancava davvero, eppure quella sensazione alla gola c'era ed era anche forte.

E ora si ritrovava seduto su quella sedia, a fissare il pavimento e a giocare con i lembi del suo stesso maglione mentre parlava con la psicologa.

Aveva raccontato a grandi linee quello che era successo e si era sentito nuovamente morire, anche se parlarne con lei l'aveva aiutato a visualizzare le cose in maniera differente.

<<Il dolore è presente, è forte e non sparisce>>

<<Purtroppo>> aveva risposto lui. Perché sì, era quello che lo faceva stare in allerta, era quello che ogni giorno lo obbligava a guardarsi intorno e a stare attento a ciò che diceva, faceva o semplicemente pensava. Solo che l'unica cosa che voleva era potersi sentire bene e sentirsi se stesso anche davanti ad altri o semplicemente nella sua classe.

<<Direi più per fortuna. Il dolore è ciò che ti fa essere chi sei, ti ha formato e ti ha fatto prendere determinate decisioni al posto di altre>> Sì, ma a che prezzo? Quanto gli era costato? Perché lui non era per nulla convinto che potesse essere un bene. probabilmente se avesse vissuto senza quel dolore avrebbe vissuto anche meglio.

Era per quello che gli aveva risposto: <<Ma se non fossero quelle giuste? Se non facessi altro che cadere e tornare al punto di partenza?>>

<<Ti senti di essere al punto di partenza?>> la psicologa lo stava guardando attentamente e lui sentiva di essere a disagio perché non sapeva proprio dove mettere lo sguardo.

<<No, non è quello>> si era portato una mano a giocherellare con il labbro inferiore per non riusciva proprio a stare fermo.

<<Okay, perché ti dico ciò che vedo io: non è per nulla come gli inizi. Se provi a pensare alla prima volta che ci siamo incontrati in ospedale, a stento ero riuscita a farti dire quello che era successo quel giorno e me ne avevi parlato solo perché c'era di mezzo anche Giuseppe. Ora c'è uno scambio e stai elaborando molte cose. Questo spesso comporta anche cadere, ma non è un male. Se non si fa nulla non si può cadere, no?>>

Pin... Già, le cose che gli aveva detto erano terribilmente vere. Sapeva che aveva ragione; se si guardava indietro di passi enormi ne aveva fatti, eppure ogni volta che si sentiva in quel modo gli sembrava di tornare dentro ad un vortice che lo risucchiava e lui non poteva far altro che lasciarsi andare.

<<Lo so, è solo che è come un attacco di panico. È come se non riuscissi a respirare, se spesso non ne fossi capace più e questo non mi piace per niente>>

<<Come se stessi annegando?>>

<<>> Credeva decisamente che il paragone fosse perfettamente calzante. Era proprio così: si sentiva annegare e nessuna ciambella di salvataggio poteva aiutarlo.

<<Se c'è in gioco la sopravvivenza, non credi che convenga soffrire un po'?>>

Soffrire... Quanto gli sarebbe costato? Quanti altri mesi avrebbe perso? <<E se poi non fa che peggiorare? Se prima c'è la sofferenza e dopo... Dopo c'è solo l'inferno?>> aveva preso un respiro prima di continuare. Si era passato una mano sugli occhi ad asciugarsi una lacrima che gli stava scappando dal controllo e aveva ripreso a parlare. <<Perché io credo di star già sopravvivendo al posto di vivere e credevo che nell'ultimo periodo stesse davvero andando meglio>>

La risposta era arrivata alle sue orecchie come un sussurro <<Allora pensa a ciò che Winston Churchill disse una volta: se stai attraversando l'inferno, fallo a testa alta>>. Fallo a testa alta. Lui non credeva affatto di esserne capace; poi l'aveva sentita continuare <<Una cosa che so è che stai già cercando di vivere, a modo tuo. Stai avvicinando i vari pezzi che si erano sfaldati>>.

E Simone si sentiva terribilmente sfaldato in quel momento. Come se tutto il lavoro fatto in quei mesi fosse andato perso, come se si fosse volatilizzato e sparito dalle sue mani. Solo che più passava il tempo, più era convinto che per lui non si potesse fare nulla.

<<Sì, ma una volta sfaldati non si possono aggiustare e forse non posso essere aggiustato nemmeno io>> aveva risposto.

<<Qui ti sbagli. Ti ricordi il Kintsugi?>> gli aveva indicato un vaso che era sullo scaffale della libreria. Simone se lo ricordava, lo avevano visto uno delle prime volte che era stato in quello studio. Si ricordava anche che glielo aveva portato una sua paziente dal Giappone.

<<La tecnica giapponese che aggiusta i cocci rotti con la colla mescolata alla polvere d'oro?>> l'aveva detto tutto d'un fiato e non ne sapeva nemmeno il motivo; come se quella cosa gli avesse fatto paura.

<<Bravo, si usa per esaltare le crepe, no? Perché son proprio quelle che ti rendono unico>> Si era ritrovato ad annuire e sorridere leggermente, perché di quelle crepe ne parlavano molto spesso e la colla - alcune volte più di altre - era difficile da far asciugare.

<<A volte però pesa, questa unicità>>

<<Tipo con Manuel?>> questo era un tasto dolente perché con lui pesava più che con chiunque altro. Perché ormai era entrato nella sua vita e - a differenza di chi c'era già - lui non conosceva nulla. Non sapeva.
Si era reso anche conto che la cosa era anche reciproca. Passavano tempo assieme eppure parlavano di cose superflue - per la maggior parte del tempo - e quando semplicemente si sfioravano i nervi scoperti a vicenda, finivano sempre per non comprendersi.

<<Tipo>>

<<Forse dovresti parlargliene, visto che sei in un contesto protetto come casa tua>>. Già, forse doveva parlargliene in qualche modo.
Doveva per quello che era successo.
Doveva perché non poteva ignorarlo a vita.
Doveva perché in qualche modo sentiva anche di volergli bene nonostante le sue uscite tremende. Perché forse quando le cose andavano bene, prevalevano sul resto.

<<Ci penserò>> aveva poi detto.

La psicologa l'aveva guardato e aveva annuito sorridendogli appena. Gli aveva chiesto se era venuto con Jacopo e dopo la risposta affermativa l'aveva congedato dangogli appuntamento per la settimana successiva.

Quel ci penserò non sapeva che effetto avrebbe avuto, sapeva solo che aveva bisogno di prendere aria diversa per qualche giorno. Se ne era convinto dopo che a cena c'era stata praticamente solo tensione e nessuno dei tre adolescenti aveva proferito parola, tanto che Dante più e più volte aveva provato a capire qualcosa e Anita l'aveva prontamente fermato.

Era per quel motivo che in quel momento si ritrovava in camera a scrivere un messaggio a Giulia.

(21:12) Giulietta, questo weekend posso venire a stare da te? SB

Sapeva di poter contare su di lei. Non era la prima volta che andava a dormire a casa sua o che passavano del tempo insieme, anzi, Giulia più volte gli aveva offerto un posto anche quando era arrivato Manuel a casa sua.

(21:30) Certo! Sai che non ci sono problemi. Mamma ti adora e la camera di Gio è vuota fino a gennaio. GM

In realtà non si ricordava nemmeno che Giovanni, il fratello, era in erasmus in Danimarca, tuttavia quando glielo aveva ricordato si era anche sentito più sollevato.
Giovanni era un pezzo di pane però era la classica persona che si faceva i fatti degli altri.
Quello sì.

(21:33) Grazie. Poi ti racconto tutto. SB

(21:35) <3 GM

























Note:

La canzone è Ogni volta di Vasco Rossi.

Per quanto riguarda le frasi in corsivo del discorso con la psicologa ci tengo a precisare che sono state prese da uno degli ultimi episodi della seconda stagione di Teen Wolf. Più precisamente da discorso tra Stiles e la dottoressa Morrell.

Grazie a chiunque sia arrivato e abbia letto fino a qui.

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