Inizi


Simone si era girato non appena aveva sentito sbattere contro la porta della classe. Aveva visto Manuel di corsa, che aveva picchiato lo zaino contro lo stipite per poi dirigersi verso di loro. <<Ao, ve faceva tanto schifo svegliamme a voi due?>> il riccio lo aveva detto non appena si era messo a sedere accanto a Jacopo ed era stato proprio quest'ultimo a rispondergli <<Sei arrivato 'o stesso, no?>>

'A sagra dell'ovvio aveva pensato l'altro prima di dire <<Seh, fortuna che nun ce sta Lombardi alla prima o nun è ancora arrivato. Mortacci vostra>>

<<Se 'a metti così, domani te sveglio cor cazzo>> Ecco, Jacopo non era uno che te le mandava a dire. Lui diceva e basta, forse era per quello che si scontrava parecchio con Manuel, perché in fondo erano simili. Simone non aveva potuto fare altro che ridere di quella scena e <<Ci penso io, Manu>>.

<<Armeno er perfettone me pensa, a differenza tua>> Simone gli aveva tirato un leggero scappellotto prima di ribattere <<Chiamame n'artra vorta così e altro che svegliarti>>. Il riccio aveva alzato gli occhi al cielo per poi scuotere la testa <<du fratellastri simpatici, me so capitati, davvero>>.

Simone aveva riso perché non poteva fare altrimenti. Non che Manuel li considerasse davvero suoi fratellastri, quella era semplicemente una situazione precaria finché non lui e Anita non avessero trovato un'altra soluzione. Anche se tutti e tre sapevano che c'era qualcosa di più rispetto a quello che dicevano i genitori, eppure facevano finta di nulla a modo loro, facendo frecciatine costantemente.

Simone aveva pensato che tutto sommato avere già due persone conosciute non poteva fare altro che essere d'aiuto. Anche se preferiva stare in disparte, quasi si sentiva che con loro non avrebbe avuto problemi. O meglio, con il fratello ne era certo, con Manuel non troppo ma poteva provare a dargli una possibilità. Simone si era ridestato dai suoi pensieri non appena si era intromessa nel discorso una ragazza con i capelli lisci e la frangetta colorata e <<Lapo che nun ce presenti 'a copia tua?>>. Simone si era girato verso di lei e aveva allungato la mano. <<Simone, piacere>>

<<È pure più figo de te>> aveva ribattuto la ragazza.

<<Ma se semo gemelli, Chì>> Jacopo se l'era quasi presa, anche se sapeva che Simone faceva quell'effetto. Simone era sempre preciso, maglioncino e camicia sotto, anzi la camicia c'era sempre a prescindere dal maglioncino, mentre Jacopo aveva sempre felpe chiuse con il cappuccio, guai se non l'avessero avuto e se non fossero state in tinta unica. Una volta Simone ci aveva provato a fargli mettere una camicia, non era finita nel migliore dei modi, anzi. Sembrava che il fratello fosse stato colpito da un attacco di orticaria.

<<Che c'entra, gemelli o meno, sempre più figo de te è>> Simone si era ritrovato a sorridere a quella affermazione. Nessuno gliel'aveva mai detto e lui non aveva mai visto poi tutta quella differenza tra loro due perché eccetto qualche neo e il modo di vestirsi, non c'era nulla di diverso dal punto di vista estetico.

<<Devo inizia' ad essere geloso?>> Manuel era intervenuto non appena aveva fatto due più due. Cosa che di prima mattina era già tanto. Simone si era voltato verso di lui, corrugando leggermente la fronte <<Per?>> aveva chiesto.

<<Chicca è 'a ragazza mia, Simò>>

Gli era sembrato tutto più chiaro dopo quell' affermazione. Si era ritrovato ad alzare le mani mentre si affrettava a dire qualcosa che gli stava venendo fin troppo naturale <<Tranquillo che no->> ci era mancato un istante che finisse quella frase, fortunatamente - però - si era bloccato non appena aveva realizzato ciò che stava per dire. Mentalmente aveva anche ringraziato che in quel momento fosse entrata la professoressa di matematica.

Manuel e Anita stavano da loro da tre settimane eppure Simone era sempre rimasto sulle sue. Non c'erano stati grandi cambiamenti nel loro rapporto e lui non era pronto per dirgli che a lui le ragazze non interessavano. Per di più, dirlo davanti anche ad altri. Simone aveva imparato - a sue spese - a trattenersi il più possibile. Accettarlo non era stato semplice, essere visto come "diverso" non lo era stato. E tutto quello che aveva comportato a lui ed anche ad altri non era per nulla giusto. Per quello si era ritrovato a decidere mentalmente che tenere per sé questa cosa fosse la cosa migliore. Certo, Dante, Floriana e Jacopo erano stati il suo tutto in quel periodo, aveva ringraziato mille volte la sua famiglia per essere così aperta e presente nei suoi confronti. Talmente tanto disponibile che spesso si sentiva di troppo, come se fosse un peso a cui stare dietro semplicemente per il fatto che ormai era vivo, esisteva e non potevano fare altro che accettare il fatto. Più volte aveva pensato che forse era meglio non esistere, più volte sì era sentito fuori luogo nella sua stessa pelle, come se non si meritava nemmeno quello che aveva. Era costretto a conviverci con quei pensieri, ma almeno era in uno di quei giorni in cui si sentiva sulla strada giusta. In cui sentiva che il percorso che stava facendo - da qualche mese a quella parte - ne valeva la pena, per quanto doloroso fosse.

Il mio corpo ha una storia di paura addosso
E lo vedo chiaramente in ogni gesto

*

La giornata era passata tranquillamente e a Simone sembrava davvero che le cose potevano cambiare, che sarebbero potute andare meglio. Erano usciti da poco dalla classe, la campanella aveva decretato la fine della giornata poco prima, quando Manuel si era avvicinato a lui e gli aveva dato una leggera pacca sul braccio per richiamare la sua attenzione <<Te posso chiede' 'na cosa?>>

<<Spara>>

<<Come mai hai deciso de cambià scola ar terzo?>> Bingo. Simone se l'aspettava quella domanda. Sapeva che qualcuno glielo avrebbe chiesto prima o poi. Solo che non si aspettava che fosse proprio Manuel considerando che stavano in casa assieme e fino a quel momento sembrava non gli interessasse particolarmente la cosa. Simone aveva optato per un semplice <<Non mi trovavo, tutto qui>> aveva poi alzato le spalle come a cercare di scrollarsi quell'argomento di dosso.

<<Sarà, me sembri troppo perfettone pe' nun trovatte bene>> ed era stato in quel momento che il più piccolo si era leggermente risentito. Non tanto per il fatto che era già la seconda volta che lo chiamava così ma proprio per il fatto che aveva messo in dubbio quello che gli aveva detto. Non poteva bastargli quella come risposta? Si era avvicinato a Manuel e <<I cazzi tuoi te li sai fare, Manuel?>>. L'altro gli aveva afferrato i lembi della giacca e l'aveva attirato a sé con aria di sfida. Manuel non era proprio uno che si faceva scappare le provocazioni. Era più uno che coglieva la palla al balzo non appena qualcuno gli faceva un assist. <<Ripetilo se hai er coraggio>>.

Jacopo era subito intervenuto a dividerli. Li stava tenendo d'occhio perché sapeva come era fatto Manuel e lui ultimamente era iperprotettivo nei confronti di tutto l'universo di Simone, pure quello che non faceva vedere.

Quest'ultimo si era divincolato dalla presa del maggiore e si era avviato verso il portone. Jacopo aveva dato un altro sguardo a Manuel, come a fargli capire che doveva stare attento, per poi seguire il fratello.

*

Erano arrivati a casa poco dopo e nonna Virginia era già pronta ad aspettarli in cucina.

<<Eccoli i miei ragazzi, com'è andata?>> aveva detto non appena li aveva visti entrare. Entrambi si erano avvicinati a lei per lasciarle un bacio sulla guancia.

Jacopo era stato il primo a rispondere con una risposta abbastanza scontata: <<'Na favola, come sempre i primi giorni, nun avemo fatto un ca->>. La donna l'aveva fermato prima che potesse finire la frase <<Lapo, i termini>>

Il ragazzo aveva alzato le mani prima di portarsi un pezzo di pane alla bocca e <<Cavolo, nonna, non abbiamo fatto un cavolo>> per poi sfoggiare il sorriso migliore che potesse fare.

<<E tu, Simone, che mi dici? La classe nuova?>> Glielo aveva chiesto lasciandogli una carezza sul viso.

<<Sembrano dei ragazzi a posto>> anche se non poteva averne molta certezza. Non aveva avuto modo di capire molto delle persone che lo circondavano, specialmente perché non ci aveva nemmeno provato a inserirsi poi tanto eppure non gli erano sembrati male.

<<D'artra parte è 'a classe mia, che t'aspettavi?>>

<<Quanto sei scemo, 'Aco>> aveva scosso la testa mentre sorrideva leggermente.

Virginia li aveva guardati nuovamente e <<Arturo mi passerà a prendere tra poco, vi ho già preparato da mangiare. È solo da scaldare. Fate i bravi ragazzi>> era andata verso la porta per poi girarsi di nuovo e aggiungere <<anche con Manuel>>.

Jacopo ci aveva messo davvero poco a dire <<Due angeli semo, è lui che è stronzo>> Simone non aveva potuto fare altro che constatare quanto avesse ragione. Insomma era quasi convinto che la domanda manuelica d'eccellenza, quella con cui si svegliava ogni mattina in testa, fosse essere o non essere stronzo? E il fatto che lo avesse capito in sole tre settimane era quasi inquietante.

<<Lapo!>> l'aveva ripreso nonna Virginia.

<<Stronzo quando vuole...'Aco, dai>> aveva aggiunto Simone.

<<Seh, vabbè, guarda che quello che se stava a pijasse con lui eri tu. Nun te preoccupa', comunque>>. La donna aveva semplicemente scosso la testa per poi dargli le spalle e alzare la mano per salutarli mentre usciva da casa.

Nonostante tutto, dopo quella giornata, Simone si sentiva decisamente meno in ansia. Forse sarebbe riuscito per giunta a dormire quella notte. Era come se quel tassello faceva meno paura del giorno precedente.
Era salito in camera sua dopo il pranzo, avrebbe voluto riposare, invece si era ritrovato a fissare il soffitto come se ci fosse stato scritto qualcosa di davvero importante.

Ho gli occhi così assenti
Ho gli occhi così persi

Da quando Anita e Manuel si erano trasferiti lì si erano dovuti adattare e Simone si era spostato nella stanza insieme a Jacopo, come quando erano piccoli e a lui non era dispiaciuto poi tanto, era come se si sentisse più protetto, come se affrontare la vita facesse meno paura.

Dante era spuntato poco dopo da dietro la porta. Aveva leggermente bussato prima di aprirla.

<<Simone, posso parlarti?>>

Simone si era tirato su e si era seduto sul letto incrociando le gambe. Aveva appoggiato i gomiti sulle ginocchia per poi <<Dimmi, pà>>.

<<Man detto che stamattina ti sei scontrato con Manuel>>

<<Complimenti all'informatore?>> La risposta gli era venuta spontanea. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Mi irrita averlo intorno in casa e se fa domande su scuola vecchia mi rode? Non gli aveva mai detto cosa ne pensava di quella convivenza. Si era limitato ad essere gentile con Anita e in qualche modo con Manuel anche se gli veniva parecchio difficile visto le uscite che faceva.

<<Sono serio. Abita sotto il nostro stesso tetto ora>> ed era la stessa cosa di prima, per lui, quelle rare volte che l'aveva intravisto con Jacopo. Sì, perché nel periodo in cui Jacopo seguiva le lezioni per il patentino con Manuel era anche capitato di vederlo ogni tanto. Poi c'era stato l'anno precedente, in cui Dante più di una volta l'aveva nominato. Simone credeva anche che il padre l'avesse tirato fuori da qualche brutto giro, anche se non ne era certo. L'ultimo anno era stato quasi come un buco nero per lui. Si era inghiottito tutto e a lui rimaneva poco niente, nemmeno i rari ricordi belli che aveva. Risultavano confusi anche quelli. Era come una di quelle cose che sai che c'è - ma non vedi - in una giornata di nebbia, quando più ti allontani, più non vedi nulla. Simone si sentiva così, era inglobato nel suo buco nero e per quanto era un bene per i ricordi dolorosi, non lo era per gli altri.

L'ho lasciato fermo dentro al letto, fermo dentro
Come in una busta di una lettera

Simone aveva risposto un secco <<Non significa che possa farsi i cazzi nostri>>. Lui non era pronto a far entrare qualcuno nella sua vita, era già abbastanza complesso così. Gli bastava suo fratello accanto e il rugby.

<<Ma potresti almeno imparare a conviverci>> aveva ribattuto Dante mettendosi le mani in tasca.

<<Mh, abbiamo finito?>>

Dante aveva sospirato allargando le braccia per poi riportarle lungo i fianchi. <<Vabbè, sta in garage con paperella>> gli aveva detto mentre usciva dalla camera. Si era fermato poco dopo e si era girato nuovamente verso Simone, alzando le braccia <<in caso, eh>>.

Simone si era ritrovato a sorridere. Era come se il padre si sforzasse per lui e per quanto gli desse fastidio la maggior parte delle volte, gliene era anche grato. Sapeva che questa convivenza non era per nulla semplice per lui però cercava in tutti i modi di rendergliela vivibile, come mandarlo in garage da Paperella per parlare con Manuel.

Sapeva lo faceva per aiutarlo ad aprirsi, a vivere come un ragazzo della sua età, a socializzare con qualcun altro di nuovo, a non restare sempre in disparte, ma ne valeva la pena?


E l'ho vestito tutti i giorni in un modo diverso

E poi mi sono abituato a viverci attraverso










Note:
Ci tenevo a dire solamente due cose:
- non sono romana, quindi spero di non aver scritto cavolate. In caso fatemi sapere.
- Come trovate in questo capitolo versi di una canzone, sparsi qua e là, capiterà anche in altri capitoli ma non in tutti e per motivi specifici.

La canzone di questo capitolo è Storia del mio corpo di Michele Bravi.

Grazie per aver letto! 

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