Briscola

Alla fine Simone non sapeva perché aveva chiesto aiuto a Manuel, il giorno precedente. Insomma non gli era venuta poi così difficile la simulazione, tutt'altro. Non sapeva perché glielo aveva chiesto e visto com'era andata sarebbe stato proprio meglio se non lo avesse fatto.
Si stava perdendo nei suoi pensieri mentre si era portato la penna che teneva in mano alla bocca iniziando a rosicarne il tappo.

<<Sim, 'nnamo?>> era stato il fratello a distoglierlo da quei pensieri, aveva alzato lo sguardo verso la sveglia: le 16.30.
Cazzo. Erano già in ritardo.

<<Piglio il borsone e ci sto>> aveva ribattuto di corsa mentre si alzava dalla scrivania e apriva l'armadio.

Simone faceva rugby fin dalla terza elementare. Aveva iniziato per caso, quando dopo il corso di nuoto aveva visto dei bambini correre dietro un pallone ovale. Ne era rimasto subito affascinato. All'inizio era semplicemente minirugby, una forma più blanda, ma col passare del tempo - dalle scuole medie in poi - erano passati al rugby vero e proprio, lasciando così perdere il nuoto. Cosa che non aveva fatto suo fratello. Jacopo - infatti - era quasi arrivato a livelli agonistici, anche se aveva rifiutato di far parte della squadra. A lui interessava semplicemente nuotare, le gare non avevano mai fatto per lui. A lui bastava immergersi nell'acqua per stare bene e questo Simone lo sapeva. Le loro strade sportive si erano quindi divise sin da subito.
Nonostante questo il centro sportivo era lo stesso e si ritrovavano la maggior parte delle volte a condividere gli stessi orari di allenamento.
Il lunedì era uno di quei casi.
Simone aveva preso il borsone e si era avviato giù per le scale per poi uscire, dove il fratello lo stava aspettando davanti al motorino.

<<Che è quella faccia?>> si era sentito chiedere, mentre prendeva in mano il casco e se lo portava alla testa.

<<È 'a faccia mia, 'Aco>> aveva ribattuto.

<<E questa 'a mia. Fin lì ce stamo>> Simone aveva scosso la testa perché l'aveva fatto sorridere quella affermazione. L'altro aveva ripreso a parlare <<Ma me sembri teso>> Lui nemmeno si era accorto di sembrare teso, anche perché non si poteva definire proprio così o meglio non del tutto.

<<N'é niente>>

<<Seh, vabbè, 'namo va che faccio tardi io e pure te>> Simone adorava il modo in cui Jacopo faceva finta di nulla - di punto in bianco - nel momento esatto in cui lui gli diceva che non era niente. Non era mai stato invadente e di questo gliene era grato. Era sempre entrato in punta di piedi, quasi a chiedere il permesso, e lui non poteva fare altro che sorridergli perché gli lasciava i suoi spazi restando presente.

*

Quando quella sera era tornato a casa con uno zigomo nero, non credeva di attirare tutta quella preoccupazione. <<Simone, che ti hanno fatto?>>
Il primo era stato suo padre, ad andargli incontro e prendergli il volto tra le mani. Gli aveva leggermente sollevato la testa mentre lo guardava attentamente.

<<Niente pà, Tommy m'ha dato una gomitata durante una mischia, niente de che>> ce ne erano state tante altre di quelle situazioni durante gli anni. Una volta era riuscito ad insaccarsi due dita contemporaneamente e ancora ridevano in famiglia quando ricordavano quell'episodio. Dante si era rilassato a quella risposta. Tommaso lo conosceva sin dal primo giorno di minirugby, avevano subito legato molto ed era uno dei pochi - della squadra originale - che era rimasto anche in quella di adesso. Simone l'aveva sempre definito uno dei suoi più cari amici e nonostante Tommaso fosse due anni più grande, non avevano mai sentito differenza d'età. Era la classica persona con cui poteva parlare di tutto. Per quello era rimasto tranquillo sul fatto che era stato lui, perché lo conoscevano talmente bene da sapere che la massa di muscoli e la stazza erano solo la copertura di una persona dal cuore d'oro. Sempre disponibile verso chiunque e pronto a difendere tutti.
Una delle cose belle dello sport che facevano, infatti, era che c'era posto per tutti in squadra e che il team era talmente unito a non sentire il peso di essere lì. A volte era più il problema opposto perché le vittorie di uno erano quelle di tutti e la stessa cosa valeva per le sconfitte ma - nonostante tutto - era come avere una seconda famiglia.

<<A proposito, stasera passa a prendermi lui con Giulia, ha appena preso la patente>> Simone l'aveva detto subito dopo non appena gli era tornato in mente. Giulia era la ragazza di Tommaso. Conosceva anche lei da parecchio: circa dal primo anno di scuola media e l'aveva conosciuta proprio tramite lui. Tommaso, all'epoca, cercava di conquistarla in tutti i modi e Simone si ricordava perfettamente quante ne avevano fatte nei due anni in cui avevano provato e riprovato a farla avvicinare a lui. Ricordava le pessime figure al bar dell'oratorio, i bigliettini a scuola, i contatti mancati al parchetto vicino al bar dove lavorava la madre di lei, insomma proprio tutto. Li ricordava talmente bene che quando - due anni dopo - si erano messi insieme, aveva tirato un sospiro di sollievo.

<<Mettici del ghiaccio però. Quindi non mangi a casa?>> aveva chiesto il padre.
<<Sì, passano dopo cena>>.

Era andato poi verso la cucina e aveva tirato fuori un panetto di ghiaccio. Aveva preso qualche pezzo di scottex e lo aveva avvolto prima di poggiarlo solo zigomo. Jacopo era già su da tempo e lui si stava avviando verso le scale quando si era scontrato con Manuel.

<<Ma che t'hanno menato?>> aveva chiesto.
Simone non capiva. Non si erano parlati in nessuna occasione fino a quel momento. A Simone sembrava un'eternità anche se in realtà era stato un giorno solo, eppure quando vedi una persona intorno a te - a tutte le ore - i silenzi diventano interminabili.
E se c'era una cosa che non capiva era cosa interessasse a lui se l'avessero menato <<Che vuoi, Manuel?>> anche se fosse stato? A lui cosa cambiava? Mica era una persona senza problemi? Quello che aveva già tutto e non poteva avere nulla di più. Non capiva perché - se era così fortunato - aveva bisogno di chiedergli se l'avessero menato.

<<Io, niente... me preoccupavo>> l'aveva visto abbassare lo sguardo mentre lo diceva e sussurrare le ultime parole come se non volesse farsi sentire troppo. Come se volesse nascondere il fatto che - nonostante tutto, nonostante quello che dava a vedere - era una persona che si preoccupa per chi gli stava intorno.

<<Mh>> era stato l'unico suono uscito dalla bocca del più piccolo mentre superava Manuel e saliva le scale per arrivare in camera sua.

*

Manuel non aveva fatto altro che maledirsi in quelle giornate, per più di una cosa. Simone era stato semplicemente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Lui non sapeva gestire le sue emozioni, non ci riusciva proprio. Esplodevano senza che se ne rendesse conto e faceva danni. Solo che la sua mente ci aveva messo due secondi a pentirsi e a collegare le varie scene a cui aveva assistito in quei mesi. C'era qualcosa che gli sfuggiva in Simone e tutto quello che c'era intorno a lui: il comportamento stesso di Dante e Jacopo lasciava intendere qualcosa, eppure si ritrovava a non riuscire a collegare la lista di informazioni che aveva.
Il modo in cui aveva reagito il giorno precedente di certo non l'aveva aiutato.
A volte avrebbe voluto chiedere qualcosa in più a Jacopo o persino a Dante e non capiva come mai questo gli succedesse proprio con lui. Anche se si era quasi convinto che il motivo fosse che era l'unico della famiglia Balestra di cui sapeva relativamente poco. Anche a scuola non parlava molto e in generale non era troppo estroverso quindi le cose che riusciva a comprendere erano quelle che estrapolava dalle situazioni.
Era un po' anche per come lo aveva trattato che ora si ritrovava seduto alla scrivania di Simone, intento a leggere le risposte che aveva dato alla simulazione d'esame per il patentino. Aveva controllato tutte le domande attentamente, una per una. Non voleva dirglielo, quindi aveva pensato che farlo mentre lui non era in casa e fargliela ritrovare lì fosse una buona idea.
Aveva lasciato scritto anche un commento in fondo al foglio, in modo tale che Simone lo trovasse lì quando - quella sera - sarebbe tornato a casa.
Aveva finito da poco, quando Dante era arrivato da lui e <<Manuel, per quella cosa, è in carcere>> aveva detto quella frase a bassa voce e quasi senza senso alle orecchie di qualcuno esterno e lui gliene era stato grato. Perché se da una parte era vero che non volesse farlo sapere a sua madre, dall'altra era anche vero che non voleva neanche che lo sapessero gli altri due ragazzi. Si sentiva sempre come se, più persone sapessero, più persone erano in pericolo e lui non voleva questo per nulla al mondo. Si era cacciato lui in quella situazione e non poteva fare altro che rimanerci solo lui. Già farci entrare Dante gli era costata fatica.

<<C'è una cosa però che devi sapere, verrai convocato a breve>> Si era sentito la terra mancare sotto i piedi. Sperava che fosse tutto finito, invece aveva ancora da fare.

<<A fa' che?>> era stato in quel momento che il panico si era impossessato di lui. Avrebbe voluto scappare, se avesse potuto. Sapeva di aver fatto tutto da solo, però non si aspettava di esser finito così tanto nei guai. Lui, nella sua vita, raramente aveva provato paura e le ultime due volte che l'aveva provata erano entrambe legate a Sbarra e a Zucca. Soprattutto quando avevano messo in mezzo sua madre, finché avevano toccato solo lui non era stato un problema; anche se gli dispiaceva per sua madre perché sapeva che se gli sarebbe successo qualcosa sarebbe morta insieme a lui, perché nonostante spesso pensasse che avrebbe vissuto una vita migliore senza di lui, sapeva che era il bene più prezioso che aveva.

<<Per testimoniare>> aveva sentito dire all'altro prima di vederlo allungare una mano e poggiargliela sulla spalla <<Ora, so che vuoi tenere Anita fuori ma sei minorenne e tua madre era presente quando hanno arrestato lui e Sbarra>> aveva aggiunto poi.
Era in quel momento che Manuel aveva fatto due più due.

<<Non la posso tene' fuori, ho capito. Grazie 'o stesso, professo'>> aveva sospirato, cercando di capire cosa fare e come dirlo ad Anita. Avrebbe voluto avere tempo, ma non sapeva dopo quanto li avrebbero convocati.
Si era portato una mano alla bocca per poi spostarla sugli occhi e strofinarli. Non si era nemmeno accorto del fatto che Jacopo fosse entrato in camera con un mazzo di carte in mano. L'aveva alzato e <<Briscoletta?>> gli aveva chiesto. Manuel aveva guardato Dante come a cercare il suo permesso. Non sapeva esattamente perché lo aveva fatto ma era stato un gesto spontaneo, perché forse dovevano continuare a parlare e Jacopo era arrivato nel momento sbagliato. Dante invece l'aveva guardato e con la testa gli aveva fatto cenno di andare con Jacopo.
Aveva sorriso all'uomo e <<Te straccio, 'o sai?>> aveva poi detto.
<<Credice>>
Aveva appoggiato la penna sulla scrivania, dove aveva lasciato il foglio e aveva seguito l'altro ragazzo in cucina.

Osservava distrattamente l'asso di coppe che aveva in mano. Aveva il carico di briscola e nemmeno se ne era reso conto. O meglio si era reso conto fosse un carico ma non di briscola.
<<A me, tu' fratello, nun me pare tanto normale. Questo je tira 'na gomitata nell'occhio e lui ce esce insieme>> aveva esordito così poco dopo, mentre calava giù un due di bastoni. Mica era giusto che uscisse con qualcuno che poco prima gli aveva fatto male. Eppure non aveva detto nulla a lui visto che Dante aveva fatto quasi finta di nulla dopo che aveva nominato questo Tommy.

<<Tommy e Giulia sono i suoi migliori amici>> aveva ribattuto con un cinque dello stesso seme.

<<Sarà, ma a me nun me sembra normale>>

<<E daje, regalame quarche carico sempre scartini me stai a da'>> Jacopo aveva interrotto il discorso per incitarlo a dargli qualcosa di più perché anche quel giro non avrebbe preso punti, se lo sentiva.
<<Seh, te piacerebbe>> Manuel aveva risposto lasciando giù un sette di spade.

<<Comunque pe' sto ragionamento nun dovrebbe parla' manco co' te>>
Manuel sapeva che - in fondo - non aveva tutti i torti. Battibeccavano spesso e spesso smettevano di parlarsi per qualche giorno, ma poi tornavano sempre uno dall'altro in qualche modo contorto. La loro conoscenza non era iniziata nel migliore dei modi però lui credeva si stessero semplicemente assestando. In più lui non era abituato ad avere amici. Conoscenze tante, amici quasi nessuno. La risposta gli era arrivata di getto poi, senza focalizzarsi troppo su quello che stava dicendo <<Co' me è diverso>>

Aveva visto Jacopo sorridere e scuotere la testa prima di dire <<Eh, avoja, se vede. Vi pijate un giorno sì e l'artro pure, almeno Tommy lo fa per sbaglio>>. Aveva fatto decadere il discorso, perché alla fine questo Tommaso non lo conosceva e lui non poteva dire nulla anche se aveva già detto abbastanza.

*

Dall'altra parte del quartiere Simone era seduto al tavolo di un bar insieme a Tommaso e Giulia. Era strano a dirsi, ma con loro non si sentiva mai fuori posto. Mai una volta aveva pensato di essere il terzo incomodo. Loro erano semplicemente lì, insieme a lui, come fossero tre amici da una vita, senza che due di loro stessero assieme. Erano sempre presenti in qualche modo, a volte in modo particolare, ma c'erano. Avevano quasi gli appuntamenti fissi al bar di fiducia. Bevevano qualcosa, facevano due chiacchiere e poi tornavano a casa. Quella sera in realtà si erano proprio trovati per festeggiare la patente di Tommaso e quest'ultimo si stava già lamentando perché non doveva guidare se voleva festeggiare davvero. Invece erano tutti e tre lì ad alzare un bicchiere con la coca cola, ghiaccio e limone perché se nun posso bere io, nun bevete manco voi aveva detto scherzando.
<<Hai voluto la patente? E mo' pedali>> era stata la risposta di Giulia al ragazzo. Simone ci aveva messo poco a puntualizzare <<Al massimo sgasa>>.
Touche gli aveva mimato Tommaso con la bocca prima che Giulia riprendesse parola <<Vabbé, torniamo alle cose serie. Come sta andando con Manuel?>> in effetti non ne avevano mai parlato ancora. Aveva chiamato più volte Giulia per chiederle consigli su come comportarsi, ma non aveva mai avuto modo di rispondere davvero a quella domanda.

<<Non so, prima bene, poi male. Credo sia semplicemente stronzo>> ed era quella la cosa che lo lasciava perplesso. Il fatto che le cose non fossero costanti ma cambiassero così facilmente con lui.

<<Però è fregno>> aveva sottolineato la ragazza. L'aveva visto solo di sfuggita - quella sera - quando erano passati a prendere Simone, ma gli era bastato.

<<Giù, lascia perdere>>

<<Che lascio perdere, l'hai visto?>>

<<Può esse' fregno quanto vuole, ma se Simo dice che è stronzo allora non fa per te>> e Simone aveva iniziato a ridere a quell'affermazione di Tommaso.

<<Scemo. Vorresti dire che devo inizia' a cercamme n'artro?>>

<<Tu no, ma Simone se deve guarda' in giro>> aveva realizzato solo cosa aveva detto solo quando si era sentito arrivare un calcio da Giulia sotto al tavolo. Aveva realizzato e Simone l'aveva sentito dire, subito dopo <<Scusa, sai che non collego il filtro cervello bocca di sera>>.

<<Ah, solo di sera?>> Simone si era messo a ridere prima di intervenire <<Cerchi rogne, Giulié>>.
Sapeva che non lo aveva detto con cattive intenzioni ma solo per lui, quindi non gli era pesato poi tanto. Si era semplicemente limitato a continuare a ridere e a godersi la serata.

Simone era rientrato poco dopo le undici e mezza. Si aspettava suo padre in sala, intento a leggere un libro di filosofia sul divano. Eppure così non era stato, stranamente. Quello di cui si era stupito - invece - era trovare suo fratello e Manuel seduti al tavolo con le carte da gioco in tavola.

<<Che state a fa' svegli?>> aveva chiesto non appena si era avvicinato.

<<Je sto dando legnate a briscola>> era stato Jacopo il primo a rispondergli anche se aveva notato la smorfia risentita sul volto di Manuel. Ci era voluto poco, infatti, prima che rispondesse <<Te? Ma smettila che t'ho cappottato pure, all'ultimo giro>> a Simone era parso strano. Jacopo che perdeva tre partite di fila era assurdo, anche se non difficile da credere. Dopotutto con lui capitava spesso, ma quello era perché - come si dice - l'allievo aveva superato il maestro. Era stato lui ad insegnargli Briscola tre estati prima.

<<Te unisci, Sim?>> il fratello l'aveva guardato facendo un sorrisino e scuotendo il mazzo di carte che aveva in mano. Simone aveva fatto finta di rifletterci un po', anche se sapeva già che risposta dare. Sapeva che le cose tra lui e Manuel erano ancora un po' tese, però - una partita - che sarà mai? Si era detto.

<<Vabbé, va. Leva 'sta carta che ve faccio vede' chi comanda a briscola>> si era tolto il giubbotto e l'aveva appoggiato allo schienale della sedia. Si era poi seduto e aveva alzato le maniche del maglione come a prepararsi per giocare.
Era stato in quel momento che era intervento Manuel allungando una mano nella sua direzione e dicendo <<È arrivato lui, ma levate>>. Simone aveva alzato le sopracciglia per poi sorridere e ascoltare il fratello.

<<Arza 'n po' er gomito>> e l'aveva fatto, consapevole di quello che stava per succedere <<Ma va a cagare>>.
Prevedibile. Lo faceva sempre. Eppure lui ogni volta stava al gioco e - ogni volta - si metteva a ridere.

<<Oh, ma che è? Ve siete coalizzati contro de me in 'ste due ore che so' mancato?>> avevano iniziato a ridere tutti e tre, mentre Jacopo aveva tolto una carta dal mazzo prima di iniziare a distribuire.
Era in quelle serate che Simone stava bene, quelle in cui si ritrovava a ridere per i motivi più assurdi, come una partita a briscola o i finti battibecchi di Tommy e Giulia.

Finché rido
resto in piedi
Al futuro
sputo in faccia


Alla fine - quella mano - l'aveva vinta nuovamente Manuel. E mentre Simone l'aveva presa come veniva, Jacopo se l'era legata al dito. Diventava estremamente competitivo quando si trattava di carte.
Simone era salito in camera poco dopo la fine dell'ultima partita e aveva notato qualcosa di diverso sulla scrivania.
Il foglio con la simulazione dell'esame era stato pasticciato da qualcun altro. Così aveva appoggiato il giubbotto alla sedia e aveva tirato su il foglio per leggere la frase scritta sopra:


38/40 sei 'n secchione, te l'avevo detto e so' stronzo, hai ragione. Scusa!


Simone aveva sorriso. Era stronzo ma almeno lo ammetteva. Aveva anche tralasciato il fatto che l'altro aveva speso del tempo per correggere la prova, quando lui non glielo aveva chiesto.
Forse dovevano semplicemente trovare una maniera di comunicare in modo migliore.















Note:
Le quattro strofe all'interno del capitolo fanno parte di Grand final dei Fask.

Ho litigato con il correttore automatico più del dovuto in questo capitolo, quindi spero non ci siano troppe castronerie (oltre quelle in romano e mi scuso ancora con i romani).
Chiedo scusa se è pieno di scene in più con Jacopo e di Briscola ma mi manca Jacopo e sto iniziando a scrivere più del necessario. Vi ringrazio se avete letto anche quest'altro capitolo sconclusionato.
Grazie davvero!

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