Prologo



-Noia, noia, noia! Sono dieci anni che mi tenete rinchiusa qua dentro, vi sembra possibile tenere una ragazza così carina, come la sottoscritta, imprigionata per tutto sto tempo?! Insomma avrò pure ucciso qualcuno qua e là, ma andiamo chi non lo fa al giorno d'oggi?! Mi sto annoiando!-

Ai inveì per l'ennesima volta contro il vuoto che la circondava, non le importava ricevere risposta, sapeva che non c'era nessuno a dargliela. Urlava con tutto il fiato che aveva in corpo per un semplice motivo: era l'unica cosa che poteva fare, il suo busto, insieme a spalle e braccia era costretto in una camicia di forza, su cui a loro volta, catene spesse l'ancoravano al muro, come altre, altrettanto resistenti, fissavano le sue gambe al pavimento.

Anche se teneva gli occhi spalancati non poteva scorgere alcuna luce o figura, in quanto solo il buio la circondava.

Il tatto intorpidito da anni d'immobilità non le faceva più nemmeno avvertire la sensazione del tessuto, o del premere delle catene sulla pelle, sapeva che esse c'erano ancora dal lieve cigolio che accompagnava le sue urla deliranti.

Grazie alla magia poteva esser tenuta in vita senza il problema del cibo, essa era molto utile per le guardie per trattare criminali del suo calibro, ma quanto avrebbe dato per riuscire a ricordarsi il sapore di qualsiasi cosa, perfino i cavoli marci sarebbe andato bene.

L'udito era l'unico senso ancora recettivo, grazie all'impegno della diretta interessata, era stata fortunata a non essere perfino bendata con lacci di cuoio, come si usava invece per i bestemmiatori, stretti fino quasi a slogare la mascella

Non riusciva a vedersi, ma poteva immaginare che cosa era capitato in tanti anni al suo corpo: muscoli senza vigore e praticamente inesistenti, ossa fragili come ramoscelli secchi, il suo corpo deperito, certamente i suoi capelli neri come il carbone a quest'ora erano diventati chilometrici e grande fonte di nodi e doppie punte. Solo per aver reso così inguardabile il suo magnifico aspetto quelli del Vaticano le avrebbero dovuto, quanto meno, baciare le scarpe e giurare fedeltà a vita.

Chissà se i suoi occhi erano ancora rossi come il sangue, tratto che aveva in comune con la madre e di cui andava orgogliosa, o se quelli là fuori la ricordavano ancora, dicendo di lei cose come: mostro, demonio, non avresti dovuto mai nascere ec... Tutte cose che le ripetevano in loop da tutta la vita e che ancora si ostinavano a ripetere, certo che la gente non ha proprio nulla da fare nella sua vita se spendono la loro giornata a insultare bambini di 6 anni, età in cui fù imprigionata.

Forse ora era perfino segnata sui libri di storia per esser stata la più giovane serial killer mai esistita. Questo pensiero la fece sorridere, dopotutto in ogni essere umano esiste quella bramosia di sangue, lei aveva semplicemente dato sfogo a un istinto naturale, niente di più, niente di meno. Però sembrava che quelli che l'avevano rinchiusa là dentro non fossero d'accordo, sbuffò prima di ricominciare ad urlare.

-Uffi, ma non c'è proprio nessuno con cui si possa parlare qua sotto?-

L'eco della sua voce riempì ancora una volta l'immenso spazio in cui si trovava.

-Sai è difficile trovare delle persone a qualche centinaio di metri sottoterra-

Una voce femminile rispose per la prima volta ai deliri di Ai, come risposta la ragazza incominciò a ridere talmente forte da sentire le sue costole incrinarsi contro il metallo.

-Allora, cara signorina amica immaginaria, mi dica si è impietosita della mia solitudine ed è venuta a farmi visita? Certo che avrebbe potuto anche sbrigarsi un po' di più, sa passare 10 anni qua da sola può essere snervante certe volte.-

Un fruscio leggero si fece sempre più vicino.

-Non dubito che stare rinchiusi a Babele sia spiacevole, ma le devo ricordare che lo ha voluto lei? Non ho deciso io di rinchiuderla qui, è stata lei con le proprie azioni-

-Figo, ho una cavolo di amica immaginaria saggia!-

-Non sono un'amica immaginaria, sono venuta qui con altro scopo-

Uno schiocco di dita e il buio scomparve, illuminando quella fredda prigione. Ai serrò gli occhi per via della luce, le facevano male, quella luce anche se per altri poteva essere di media intensità, per lei era accecante. Eppure anche se non riusciva ad aprire gli occhi incominciò a ridere di nuovo, le persone non venivano fin laggiù per niente, c'era in ballo qualcosa di grosso.

Poco a poco riuscì ad aprire gli occhi, ci vollero un'altra manciata di secondi perché riuscisse bene a delineare la figura della ragazza che aveva di fronte.

Sembrava avere più o meno la sua stessa età.

La lunga toga nera e i cordoni sulle spalle indicavano il suo rango di magistrato, la croce di legno grande quanto lei le, che portava in spalla, indicava che non era un magistrato come tutti gli altri, era la persona investita con il sacro compito di "Mosès": il sommo giudice.

I capelli bianchi e tagliati poco sotto l'orecchio incorniciavano un viso latteo, a stonare con tutto questo candore un grande ciuffo nero a coprire l'occhio sinistro, per finire l'occhio destro, l'unico che riusciva a scorgere, l'osservava severo, con il suo azzurro chiarissimo, gelido.

-Ma tu sei quella che ha ereditato il titolo di Mosès da quel bastardo che mi ha rinchiusa, qual buon vento? Anzi non dire niente, sei qui per... -

La prigioniera recitò con esagerazione una finta aria pensatrice.

-Bhè, se la Terra è tonda ed è scientificamente provato che le iene ridono credo che tu sia qui per liberarmi!-

-Si... comunque prima di poterti far firmare ti devo avvertire di alcune cose-

-Che palle-

-Zitta, che se sgarri non ci vai di mezzo solo tu, ma anch'io-

Ai osservò meglio la ragazza che aveva davanti, non faceva traspirare nessuna emozione, era completamente apatica, anche quando dovrebbe almeno sembrare scocciata appare come se l'argomento le fosse completamente indifferente.

-Allora, per incominciare: una volta libera dovrai mantenerti pulita, basta un solo crimine, seppur di poca importanza a rispedirti qua sotto, poi, essendo ancora adolescente svolgerai delle normali lezioni all'istituto di studio della magia del Vaticano, che comprende elementari, medie e superiori, tu incomincerai la terza superiore vista la tua età. Verrai marchiata dal simbolo dell'arcangelo Uriel, in modo che io possa sempre sapere dove sei. Infine, se tu mi dovessi mai servire per qualche scopo sarai obbligata ad aiutarmi come segno di riconoscenza per via della tua liberazione.-

-Ma non è la Misericordia a decidere chi deve essere liberato?-

-Si, ma una statua non può venire qui e liberarti dagli innumerevoli sigilli magici che t'imprigionano, quindi se non vuoi tener fede a questa condizione io me ne posso anche andare via-

-Ok, ok, era solo una domanda, uffi però-

-Allora firmi?-

-Solo una domanda prima, loro, sai i servi di loro e loro proprio, posso ammazzarli?-

-Sai bene che non esiste alcuna legge a proteggerli, se non c'è legge è impossibile infrangerla, firmi?-

Un sorriso a trentadue denti s'allargò sul viso di Ai, da quant'è che aspettava una situazione simile? La risposta era ovvia

-Certo-

Sul legno chiaro della croce portata in spalla da Mosès due lettere s'incisero: Ai.

Nello stesso istante la criminale avvertì un forte bruciore alla schiena, sentiva chiaramente che qualcosa si stava disegnando su di lei, con forza e a fuoco, era così tremendamente doloroso, i marchia angelici lo sono sempre sulle persone come lei.

Le catene caddero e i sigilli si sciolsero, mentre sul volto della ragazza rinchiusa per dieci anni un sorriso lugubre si apriva sempre più.

Sapeva già due cose: il Vaticano non si sarebbe fatto scrupoli ad usarla per i lavori sporchi, lei che si era macchiata della vita di decine di persone, e che lei avrebbe eseguito quel lavoro sporco cercando di divertirsi il più possibile.

Lei era la superbia dopotutto, gli altri esistevano solo per farla gioire nei modi più disparati.

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