Capitolo 3



La mattina dopo Ai si svegliò alle sei precise, come se avesse un orologio svizzero impiantato nel cervello, Mary stava ancora dormendo nel letto accanto al suo, aveva un viso d'angelo mentre dormiva beata, le veniva la tentazione di farle uno scherzetto come disegnarle sulla faccia o tagliarle i capelli, ma doveva contenersi, non poteva dare una brutta impressione di sé fin dal primo giorno, Mosès avrebbe potuto rispedirla in cella per un non nulla.

Si diresse in bagno per prepararsi con calma, si svestì e si lasciò andare al caldo getto dell'acqua della doccia, da troppo tempo non ne faceva una.

Dopo essersi lavata per bene, uscendo dal box profumata come una rosa, si vestì con gli unici abiti che le erano stati dati: la divisa scolastica, composta da un'elegante camicia nera e un altrettanto elegante giacca bianca con lo stemma altisonante della sua scuola per ricconi bigotti, una cravatta, rigorosamente di seta, a strisce blu e rosse e infine una gonna a schacchi nera e bianca.

"Viva la fantasia" pensò Ai molto sorpresa dall'incredibile gradazione cromatica di quella divisa.

La indossò, doveva proprio ammettere che stava benissimo con quei vestiti addosso.

Si risedette sul letto, non sapendo che fare fino all'inizio delle lezioni, notò una busta con il sigillo di Mosès, vicino a un pacchetto, talmente era importante come figura infatti, che poteva considerarsi quasi come separata dal Vaticano stesso, non sottostava al papa, anzi era un suo pari, ed aveva perfino un organo di guardie scelte che lavoravano esclusivamente per lei, gli "angeli", un gruppo di esorcisti scelti, famosi per la loro assoluta fedeltà alla persona che veniva insignita della carica di "Mosès", quindi non era strano che avesse un sigillo suo.

La aprì senza badare a se strappasse qualcosa d'importante e la lesse.

Ai, oggi inizi il tuo primo giorno di scuola, non sono stupida, so che potresti fare delle pazzie, rovinando tutto, così ho deciso di prendere dei provvedimenti che mi permetteranno di tenerti sotto controllo in ogni momento, se rifiuterai di sottostare a queste condizioni verrai rispedita nella cella da cui ti ho liberato appena ieri.

Dento il pacchetto ci sono degli speciali indumenti su cui sono stati cuciti sopra potenti incantesimi, grazie a quelli i tuoi marchi dell'invidia, della lussuria, dell'accidia, della gola, dell'ira e dell'avarizia verranno sigillati, naturalmente so che se una magia bianca così potente venisse eseguita sul marchio che hai nel petto, a lungo termine, rischieresti numerose complicanze di salute, ma almeno quelli che ti ho dato spero siano sufficenti a tenerti sotto controllo.

Ogni volta che userai la magia io ne sarò al corrente ricordatelo.

-Mosesuccia è in vena di stalking eh?-

Ai stropicciò la lettera e la buttò nel cestino vicino alla scrivania, poi prese quel pacchetto e lo aprì: un guanto per sigillare l'avarizia, due collari per sigillare gola ed ira, una cavigliera per sigillare accidia, una cintura per sigillare la lussuria ed infine una benda per sigillare l'invidia.

Erano tutti in pelle nera, conciata con la magia e con potenti incantesimi cuciti sopra con del filo bianco, a formare delle forme circolari a cui attorno erano scritte preghiere sempre con quel filo bianco.

Indossò tutto, non voleva certo fare arrabbiare Mosèsuccia e poi doveva ammettere che erano nel suo stile.

Ormai erano arrivate le sette, sentì la sveglia della sua compagna di stanza suonare.

Vide Mary alzarsi con lo sguardo assonnato e rabbrividire, per poi scappare dentro il bagno quando la vide, probabilmente aveva pensato: "Ma allora non stavo sognando ieri!". O qualcosa del genere.

Divertita da quella scenetta uscì dalla stanza con allegria, per dirigersi alla sede centrale della scuola.

C'erano poche persone quella mattina, ma quelle poche si voltavano tutte a guardarla, probabilmente per lo strambo outfit che l'avevano obbligata ad indossare, o per via dei sigilli che vi erano disegnati sopra, chissà se si fosse tolta quegli indumenti e avesse modtrato a qualcuno la sua vera natura quante risate si sarebbe fatta.

Girò per i corridoi per una mezzoretta buona, prima di trovare la sua classe, entrò e si sedette nel primo banco, di fronte alla cattedra.

Passarono diversi minuti prima che qualcuno arrivasse, erano tutti sorpresi di vederla lì, sorpresi dei sigilli che indossava, dei suoi occhi rossi, dei suoi capelli neri come il carbone e spettinati, del suo macabro sorriso.

Poteva sentire le voci di quei ragazzi, sussurranti cariche di pettegolezzi incominciare a spargersi per la stanza, non le importava cosa dicessero, probabilmente ogni menzogna inventata da loro sarebbe stata più dolce della realtà.

Al suono della campanella vide entrare anche quel ragazzo del giorno prima, vide lanciarle un'occhiata sorpresa quanto irritata, era l'unico che non parlava con gli altri di lei e che preferiva starsene per conto suo.

Ma Ai voleva sentire tutti parlare di lei, di come fosse crudele, di come si divertisse ad uccidere le sue vittime in modo talmente lento da fargli implorare pietà per notti intere, di come amasse torturare chiunque, non importava che fossero uomini, donne, vecchi o bambini, bastava che respirassero e piangessero.

Desideravano che tutti fossero spaventati da lei.

Poco dopo entrò anche quello che doveva essere il professore, lei aveva notato che si era trattenuto fuori a parlare con Mosès, probabilmente l'aveva informato su chi era e che in ogni caso non avrebbe potuto fargli del male.

Era a malapena un ragazzo, doveva avere sui venticinque anni proprio per esagerare, probabilmente era appena uscito dall'università, alto, con capelli corti e biondi e occhi azzurri, sicuramente il professore preferito di molte ragazzine arrapate.

Lo vide deglutire incrociando il suo sguardo e questo la divertiva, sapeva quanto era pericolosa, ma tentava di rimanere calmo per non mandare in panico la classe, un prof esemplare.

-Tu devi essere la nuova arrivata, i tuoi compagni si conoscono già dall'anno scorso, quindi perché non ti presenti?- Disse il ragazzo prof, cercando di rimanere il più calmo possibile.

"Davvero?" Pensò seccata Ai, non poteva credere che era diventata la protagonista di uno dei clichè scolastici più classici e ripetuti del mondo. Ma si alzò, del resto poteva sempre sfruttare quell'occasione.

Prima d'incominciare a parlare guardò uno per uno tutti i suoi compagni di classe, notò che in seconda fila, attaccata al muro, c'era pure Mary, cercava in ogni modo di eludere il suo sguardo e tremava come una foglia. Mosès doveva averla avvisata di quello che aveva fatto in passato, ma non aveva, ancora, fatto niente per nuocere alla giovane ragazza ben piazzata, "fifona" pensò guardandola con sguardo pietoso.

Per ultimo guardò quel ragazzo, che sembrava molto più interessato al paesaggio che vedeva dall'ultimo banco che a lei.

Sorrise, cercando di sembrare più calma e serena possibile.

-Io mi chiamo Ai Acerbi, ma preferisco essere chiamata solo Ai, è la prima volta che frequento una scuola in vita mia e gli ultimi dieci anni della mia vita li ho passati in isolamento nella prigione di Babele, poi vediamo... ah si, sono anche conosciuta come Superbia e sono l'autrice del massacro nel villaggio degli esorcisti, sono qui ora perché sembra che quella santa statua della Misericordia abbia avuto pietà di me-

La Misericordia, una statua santa e misteriosa che piange per i criminali più spietati, mostrando a Mosès chi merita una seconda opportunità, era la stessa statua che eleggeva la carica del sommo giudice, si diceva che lo spirito dell'arcangelo Uriele dimorasse in lei, per guidare la vita degli uomini.

Mentre il villaggio degli esorcisti era un piccolo villaggio dove gli esorcisti vivevano insieme, si diceva che vi fossero custoditi più segreti lì che in tutta Roma, era stato distrutto dieci anni prima, da Ai, ma le cause erano ancora avvolte nel mistero.

Ai vide i suoi compagni di classe avere delle facce tra l'incredulo e il confuso, non sapevano se crederle o no, sentiva già qualcuno che le dava della drogata

-Guardate che io non mento, se c'è una cosa che non faccio è proprio quella, per esempio, tu laggiù, tizia truccata peggio di un clown, sembri una baldracca così, e tu, tizio con i pantaloni alla moda, non m'interessa vedere le te mutande coi cuoricini solo perché non hai voglia di tirarti su i pantaloni-

I due ragazzi chiamati in causa si alzarono indignati.

-Come hai detto scusa? Ma come ti permetti!- Esclamò lui.

-Senti caro, io faccio quello che mi pare- Rispose Ai.

Poi si avvicinò al ragazzo, sgranò gli occhi mentre rideva, davvero quel ragazzo poteva pensare di spaventarla?

-Ti mostro io qualcosa di davvero spaventoso-

Ai si allentò la cravatta e si slacciò i primi bottoni della camicia, abbastanza per lasciare scoperto il marchio sul petto, il ragazzo indietreggiò, fino a schiacciarsi contro al muro tremante, sudava freddo, sembrava stesse per avere un attacco di panico. Succede quando si guarda per la prima volta quello che ti hanno insegnato fin da piccolo essere malvagio.

Lei gli si avvicinò ulteriormente, compiacendosi del terrore che aveva generato.

Il ragazzo era talmente spaventato da non riuscirsi a tenere in piedi, così Ai si accovacciò e con un dito incominciò a punzecchiargli una spalla.

-Ehi, haipaurahaipaurahaipaurahaipaurahaipaurahaipaurahaipaurahaipaurahaipaurahaipaurahaipaura?-

Continuava a ripetere morbosamente quella domanda, mentre il suo sorriso si tirava sempre di più e il suo sguardo diventava sempre più opprimente.

Quella scena andò avanti fino a che Ai non venne colpita allo stomaco da un calcio potente.

Due occhi glaciali, un'espressione che non lasciava traspirare nessuna emozione, era Mosès che l'aveva colpita.

Ai si rialzò tranquilla, lisciandosi la divisa sgualcita.

-Come siamo violenti di prima mattina-

Disse, mentre un rivolo di sangue le usciva dalla bocca, la cara vecchia Mosès sapeva dove colpire per fare molto male a quanto pareva.

-Non costringermi a prendermi provvedimenti più gravi, ho troppo lavoro per occuparmi anche di te- Dicendo questa semplice frase, con quello sguardo così indifferente si avviò verso l'uscita.

-Professor Mich, se ricapita me lo dica, provvederò a punirla come merita- Disse al professore prima di andarsene definitivamente.

Almeno ora Ai aveva la conferma che veniva davvero tenuta d'occhio dalla ragazza coi capelli bianchi, si risedette come se nulla fosse al suo banco, mentre nella classe la paura generale aumentava. Perfino il ragazzo che aveva incontrato il giorno prima, che aveva poi scoperto chiamarsi Raphael, ora la guardava storto, con gli occhi scuri, quasi non fosse la prima volta che vedeva scene del genere, quel ragazzo diventava sempre più interessante.

Il resto delle lezioni passò tranquillo, lei passò quelle ore principalmente a giochicchiare con la cancelleria, mentre il professore cercava di introdurre i ragazzi su quello che avrebbero studiato quell'anno in demonologia: i sette vizi capitali, l'ironia della sorte, si disse, lei ne sapeva già fin troppo.

Al suono della ricreazione tutti si precipitarono fuori dalla classe, così Ai raggiunse Raphael che stava tranquillamente ronfando sul proprio banco, lo svegliò scuotendogli non troppo gentilmente la spalla.

Lui alzò la testa con aria scocciata.

-Bello il mondo dei sogni?- Chiese Ai con tono ironico.

-Lasciami in pace, non voglio avere nulla a che fare con te-

-Perché? E' per il marchio che ho nel petto o per il mio comportamento?-

-Non voglio avere guai semplice, ho altro a cui pensare- Rispose lui seccato.

-Tipo?-Insistette Ai.

-Non sono affari che ti riguardino-

-In questo mondo tutto riguarda tutti, il marchio che ho sul petto allora non avrebbe dovuto riguardare gli esorcisti che continuavano a ripetere a mia madre d'abbandonarmi, eppure è per quello che lo facevano, quindi anche se ora dici che non mi riguarda, prima o poi tutti lo verranno a sapere- Disse ridendo Ai.

-Senti, tizia indemoniata o come cavolo ti chiami, non m'imp-

Il rumore dell'allarme interruppe la conversazione, la ragazza eccitata afferrò il polso di Raphael e corse verso il corridoio.

Anche se lui cercava di liberarsi la presa di Ai era talmente salda da impedirglielo.

Usciti in corridoio videro centinaia di ragazzini urlanti correre via, senza nemmeno bisogno di pensarci Ai si precipitò verso la fonte di tanto scompiglio, come una bambina a natale.

Trovarono tre persone, due uomini e una donna, in abiti succinti, ai loro piedi i corpi ricoperti di sangue di qualche ragazzino.

-Tu stai fermo qui Raphy-

-Cosa?! No io me ne vado e basta-

-Ho detto "Stai fermo qui"- Ai disse con fermezza quelle parole.

Dopo averle sentite Raphael si accorse che non poteva muoversi, era bloccato lì, si ricordò di quello che gli avevano detto: ogni vizio capitale ha un particolare potere magico che può essere esercitato senza alcun tipo di formula, sono poteri che gli hanno donato i loro padri e che possono insegnare tramite un patto con loro.

Quello della superbia era: l'assoluta volontà. Una volontà incorruttibile, salda, talmente forte da poter imporre agli altri cosa fare, era un potere spaventoso, ma doveva essere usato con cautela, richiedeva molto dispenso di energia magica, quindi se usato troppe volte o in larga scala avrebbe potuto nuocere gravemente alla salute.

Ma sembrava che a quella ragazza non importasse nulla, se l'aveva usato su un ragazzo come lui.

Ai intanto si era avvicinata con la calma più assoluta a quelle persone.

-A cosa dobbiamo la visita signori e signora? Se volevate fare un giro della scuola potevate anche chiederlo con più calma-

La donna si fece avanti, facendo segno ai due suoi compagni di rimanere indietro, doveva essere lei il capo di quei tre.

-Siamo qui per ordine del nostro signore, tu ragazzina non metterti in mezzo-

-Ah, ma quindi siete solo degli schiavetti, fatemi indovinare... E' stato Abner a mandarvi qui, ma giusto, forse voi lo conoscete solo come Lussuria, che schiavi inutili-

La donna le si avvicinò con rabbia, la prese per il colletto e la sollevò a diversi centimetri da terra.

-Mammamia, si sono proprio tutti svegliati col piede sbagliato questa mattina-

-Senti ragazzina, zitta e dicci: dov'è Mosès?-

Ai rivolse lo sguardo verso un angolino in ombra del corridoio, dove Mosès osservava la scena in silenzio, rispose al suo sguardo con un cenno d'assenso, per rispondere alla silenziosa domanda di quegli occhi rossi.

-Bhè in questo momento ci sono io e direi che è molto peggio, almeno lei ti ucciderebbe velocemente, "lasciami"-

La donna fù costretta ad obbedire, lasciando la presa.

-Ma tu chi sei?- Chiese la donna, con un pizzico di timore.

-Qualcuno che non vorresti mai incontrare- Rispose Ai, sorridendo in modo macabro.

Poi si rivolse verso i due uomini che avevano accompagnato quella donna troppo sicura di se.

-"Voi due state buoni e fermi lì, osservate con attenzione"-

Detto questo la ragazza diede tutta la sua attenzione alla donna, sempre più spaventata, vedendo che i suoi compagni non riuscivano a muoversi.

Il sorriso sul volto di Ai si espandeva sempre più.

-Ok, per incominciare... "inchinati a me"-

Così fece la donna, tremando, Ai le schiacciò la testa sul pavimento con un piede, compiacendosi di quella sensazione di superiorità che tanto amava.

-"Graffiati le braccia fino a farle sanguinare copiosamente"-

Quella donna si conficcò le lunghe unghie nella carne, per poi graffiarsi le braccia con lentezza, trattenendo i gemiti di dolore, proprio come piaceva ad Ai, che la guardava soddisfatta.

Il sangue incominciò ad uscire copioso, sporcando il pavimento, la donna, ma anche la stessa Ai, che però sembrava soltanto godere di più di quella sofferenza autoinflitta.

-"Devi arrivare alle ossa"- Disse con crudeltà la ragazza.

E così quella donna ubbidì, arrivando a ferirsi con tanta violenza da mostrare le ossa sporche di sangue.

-Oh, ma vedo che hai un coltello, allora "mozzati una gamba"-

La donna sfilò lentamente il coltello dalla tasca, per poi conficcarselo con forza nella gamba, fin quando non era completamente affondato nella carne.

Sempre più sangue ricopriva sia lei che Ai, ma più questo macchiava più la ragazza si compiaceva del suo macabro operato.

La donna ormai non riusciva più a trattenere le grida di dolore, mentre i due complici guardavano sconcertati la crudeltà di quella ragazzina di appena sedici anni.

-Oh, ma mi stavo per dimenticare di voi...-

Si avvicinò ai due uomini, con uno sguardo inconfondibile, uno sguardo che reclama morte di fronte a se.

-"Strozzatevi a vicenda"- Disse ridendo.

I due non potevano sottrarsi a quell'ordine dato con tanta leggerezza d'animo, così, mentre tremavano incontrollatamente, portarono le loro mani sul collo dell'altro e incominciarono a stringere, mentre Ai si godeva la scena, i loro lamenti strozzati, le loro facce che diventavano blu e i loro corpi che caddero a terra senza vita dopo qualche minuto.

La donna, con le poche forze che le erano rimaste, lanciò un altro coltello verso Raphael, probabilmente voleva far provare la stessa sensazione, quella di vedere dei compagni morire davanti ai propri occhi, anche ad Ai, ma prima che l'arma potesse colpire il cuore del ragazzo venne fermata dalla mano della carnefice, ferendola, ma sul suo viso non vi era nemmeno la traccia di un'espressione di dolore, solo quel tremendo sorriso.

-Mostro...- Disse debolmente la donna.

Quell'unica parola fece cambiare Ai, i suoi occhi ora erano cupi, mentre il sorriso era scomparso, quello durò per appena pochi secondi, prima che la ragazza ritornasse al suo sorriso, più divertita di prima.

-Mostro? E allora tu che saresti, hai venduto la tua anima a mia fratello senza nemmeno pensare alle conseguenze, tu sei il vero mostro, tu che hai scelto il male, io ci sono nata con questo cazzo di marchio, io sono condannata ad essere il male, tu l'hai scelto, è vero io sono un'assassina, mi piace vedere la sofferenza altrui, mi diverte, ma dimmi, se tu hai scelto mentre io no, chi è il vero mostro qui?- Quello di Ai sembrava più uno sfogo, che altro.

Dopo qualche secondo di silenzio la ragazza tornò a parlare, ora però aveva la stessa faccia di un bambino che si è stancato del giocattolo nuovo.

-Senti, mi hai fatto passare la voglia, quindi ora "Dimmi cosa vuole mio fratello"-

-Lui vuole trovare Mosès per sapere la verità sui sette vizi capitali-

-E dopo che l'avrebbe trovata cosa farebbe? "Dimmelo"-

-Non lo so, nessuno di noi lo sa- Ai sbuffò, erano proprio inutili questi tirapiedi.

-Perché te lo servi?-

-Perché mi ha salvata, ha salvato tutti noi-

-Quanti siete?-

-Diecimila-

-Perfetto, ora non mi servi più e sinceramente trovo la tua voce fastidiosa, "mozzati la lingua a morsi-

Mentre la donna eseguiva l'ordine, quasi soffocando per il sangue, Ai incominciò a saltarle sopra con allegria, fino a che non smise di respirare.

Poi si rivolse verso la ragazza albina che fino a quel momento era rimasta nell'ombra.

-Utili le informazioni Mosesuccia?-

-Si, hai fatto un buon lavoro, ora vattene, ho dei cadaveri da occultare e una vicenda da insabbiare-

-Ok, sempre a tua disposizione comunque-

Ai diede una pacca sulla spalla a Raphael, liberandolo dall'incantesimo.

-Dove vogliamo andare ora Raphy?-

Lui la guardò incredulo, aveva appena massacrato tre persone e ora, come se nulla fosse gli chiedeva dove voleva andare?

Cercò di non mostrare il senso di nausea che provava in quel momento, dopo aver visto tutta la scena, quella ragazza... Sentiva che sarebbe stata la sua rovina.


A qualche kilometro di distanza, un ragazzo, insieme a due strani gemelli camminava tranquillamente per la città.

-Quelli che avevamo mandato in avanscoperta sono morti- Disse lei.

-Sembra che una delle sue sorelle, quella più piccola, sia diventata un cane del Vaticano- Continuò lui.

Il ragazzo li guardò sorridendo.

-Almeno potrò vedere quanto è cresciuta la mia cara sorellina, chissà se ha fatto la fine di tutti gli altri, compreso me ovviamente-

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