capitolo 32
<<Kiara?>>
Mi giro con ancora in braccio Kevin e le lacrime agli occhi che continuano a scendere.
<<Matteo>> Esclamo mettendo Kevin sul divano.
<<Quante volte ancora devo dirti che mi chiamo David?>> Dice sorridendo mentre si avvicina a me. Giusto, mi dimentico sempre...
Osserva il mio viso e percorre con lo sguardo le lacrime che mi scendono dagli occhi. <<Tutto bene?>> Mi chiede preoccupato.
Senza pensarci gli corro in contro e lo abbraccio. Anche se non lo conosco da tanto tempo, ho bisogno di conforto, ho bisogno che qualcuno mi stringa forte e mi dica che andrà tutto bene, che tutto si risolverà. Ho bisogno di qualcuno che mi chieda di restare e non di andare via.
Vorrei che qualcuno mi amasse davvero e mi dica che resterà sempre al mio fianco qualunque cosa accada.
David mi abbraccia e io gli stringo la vita con le braccia affondando il viso sul suo petto, mentre, lui con una mano mi accarezza dolcemente la nuca per calmarmi e rassicurarmi.
<<Vuoi raccontarmi quello che è successo?>> Sussurra al mio orecchio e io annuisco con ancora la testa sul suo torace.
<<Allora dimmi, ti ascolto>> Io scuoto la testa in segno di negazione.
<<Va bene, quando sei pronta io ci sono>> Lo ringrazio con il pensiero per quello che ha appena detto.
Passano alcuni minuti in qui io e David restiamo abbracciati tutto il tempo. Fino a quando lui non interrompe il silenzio. <<Vuoi qualcosa da bere>>
In risposta annuisco.
A quel mio gesto, mi prende per mano e mi fa strada. Penso che andiamo in cucina ma una volta sorpassata inizio a chiedermi dove mi stia portando.
Percorriamo un lungo corridoio luminoso con le pareti bianche.
Saliamo le scale e arriviamo di fronte una porta di legno chiaro in tinta con le mura celesti.
Un volta che entriamo capisco subito che è la sua stanza, ci sono un sacco di foto appese alle pareti azzurrine, che raffigurano una squadra di baseball con David al centro che sorride e sul comodino affianco al letto c'è una palle da baseball firmata.
Mi volto verso la sua direzione con ancora le nostre dita incrociate e faccio per chiedergli il motivo per cui mi ha portato cui ma lui mi precede dicendo: <<So di cosa hai bisogno adesso.>>
Lascia la mia mano e noto che si è avvicinato al letto e si è abbassato per prendere da sotto il materasso qualcosa.
Appena tira fuori l'oggetto vedo che è una fiaschetta di metallo.
Si avvicina a me e dopo averla svitata me la porge. Non esito neanche un secondo, la afferro e bevo un sorso.
Sento l'alcol che scorre lungo la gola, brucia ma mi piace.
Beviamo vari sorsi a testa, lui si è fermato al terzo ma come il mio solito non riesco a contenermi e vado avanti. Michael mi urlerebbe contro se lo scopre...Ma che dico, io con lui non ci parlerò più, non lo vedrò mai più per il resto della mia vita, non voglio vederlo ancora.
Non può controllarmi la vita, non dipendo da lui, Michael è solamente UN ragazzo fra tanti altri. Ma se fosse davvero come penso perché in questo momento sto così male?
Perché sto soffrendo per lui? Per un ragazzo insignificante, che per me conta così poco, perché?
Ad un certo punto la fiaschetta mi viene presa dalle mani ed emetto un mugolio di protesta.
<<Direi che può bastare>> Afferma Matteo.
<<Daiii, Matteo!>> Mi lamento avvicinandomi a lui.
<<D-A-V-I-D>> Scandisce bene le lettere del suo nome per far sì che mi rimangano in mente, ma ne dubito altamente.
Lo osservo e capisco che non cambierà la decisione che ha preso, non mo farà bere ancora.
L'effetto dell'alcol inizia a farsi sentirei e io inizio a dire pazzie.
<<Hai mai avuto l'impressione di vivere in un sogno?>> Inizio a camminare barcollante per la stanza cercando di formulare una frase decente e con significato.
Matteo mi guarda con aria perplessa e io continuo a farfugliare <<Si dai. Quando ti sembra che tutto quello che hai vissuto fosse un sogno. Anche adesso magari stai sognando, ti svegli una mattina e ti rendi conto che l'ultimo anno che hai vissuto è tutto frutto del tuo inconscio.
Già perché mentre dormi accadono cose che neanche noi riusciamo a capire.>> Mi fermo di fianco al letto e fisso il pavimento continuando a parlare.
<<Io lo vorrei sai. Vorrei che l'ultimo anno che ho passato fosse un sogno, ma allo stesso tempo è un incubo.
Un sogno perché sono stata finalmente adottata da una famiglia che mi ama, che mi vuole davvero e che non mi ha restituito come fanno sempre.
Un incubo perché in questi dodici mesi la mia migliore amica è morta, la ragazza che mi ha sempre sostenuta e che mi è stata sempre affianco è morta e ho scoperto che il mio ragazzo l'ha uc- >> Mi blocco appena mi rendo conto di quello che stavo per dire e alzo subito lo sguardo su di lui, sui suoi occhi marroni.
<<Cosa?>> Mi chiede curioso. <<Non ho capito l'ultima parola>>
E io non posso ripetertela, non posso dire a nessuno la verità, non posso mettere nessuno in pericolo.
<<Kiara tutto bene?>> Mi chiede David quando nota che la mia espressione è cambiata.
Non voglio metterlo in pericolo per degli errori miei. Già Kevin rischia la vita, rischia di morire come sua madre, non posso mettere altre persone in pericolo.
Oddio sto sbagliando anche adesso, Kevin in questo momento è da solo al piano di sotto, l'ho lasciato da solo, non deve mai restare solo oppure uccidono anche lui come hanno fatto con Luna. Non posso permetterlo.
Mi volto verso la porta e inizio a correre , corro giù per le scale anche se mi gira la testa a causa dell'alcol non mi fermo, non posso fermarmi. La testa mi gira come tutta la casa attorno a me ma io continuo a correre, devo arrivare da Kevin ma ad un certo punto sento un dolore atroce e poi il vuoto.
~3 GIORNI DOPO~
Apro gli occhi e mi ritrovo sdraiata su un lettino d'ospedale con la testa che mi fa male e il piede destro che sembra stia prendendo fuoco.
La stanza è illuminata solo dalle luci a neon al soffitto e dalla finestra si può scorgere la luna che illumina la notte, anche io aveva una luna che illuminava le mie giornate. Penso guardandomi la mano con sopra il tatuaggio che ho fatto per Luna.
Attorno all'indice destro c'è una pinza grigia collegata a una macchina che segna il battito cardiaco del mio cuore.
Sposto lo sguardo di qualche centimetro e vedo il suo anello, l'anello che ho sull'anulare, l'anello che lui mi aveva regalato quella sera prima che io partissi, l'ultima sera che abbiamo passato assieme. L'ultima sera che l'ho guardato negli occhi e ho pensato che saremo stati insieme per tanto tempo e che lui era il ragazzo che mi avrebbe di nuovo fatto tornare il sorriso che qualcuno mi aveva tolto uccidendo Luna, ma il qualcuno era proprio lui. Era proprio Michael.
Inizio a girare l'anello con l'altra mano, ricordandomi di tutti i momenti che abbiamo passato insieme. Le provocazioni i primi giorni, le litigate, i suoi abbracci, le sue labbra sulla mia bocca e su tutto il mio corpo, i brividi che mi provocava anche solo parlando, la prima volta che ho visto i suoi occhi smeraldo.
Era tutto una bugia ogni cosa, ogni cazzo di cosa era tutto una menzogna.
Presa dalla rabbia, dalla tristezza dalla malinconia, dalla collera dall'ira, lo sfilo e lo lancio contro la parete della stanza ma appena sbatte contro il muro mi ritorna indietro arrivandomi in piena faccia e ricadendo sul mio ventre.
<<Ma andiamo davvero?! Che cazzo!>> Urlo ad alta voce ma me me pento subito, per due motivi.
Il primo perché mi provoca dolori in tutto il corpo, il secondo perché la porta si apre all'improvviso ed entrano nella stanza Grace e Kyra.
Le loro espressioni fanno paura, sembrano incazzate e io confermo la mia ipotesi quando Grace inizia a urlarmi contro.
<<Sei impazzita! Sei scappata dal Vermont senza avvisarci e quando torniamo scopriamo che hai picchiato quel coglione di Michael, come se non ti basta sei finita in ospedale!>> Urla con tutto il fiato che ha in corpo.
Kyra mi guarda in modo strano, come se di fronte a sé ci fosse una ragazza distrutta <<Cosa ti è successo>> Mi chiede quest'ultima avvicinandosi e l'altra esce dalla stanza irritata. E' davvero così arrabbiata? Non rispondo alla domanda di Kyra non credo ce ne sia bisogno.
Dalla porta entra il medico Amberg in tutta la sua imponenza, i l suo ciuffo di capelli castani in ordine, gli occhi scuri e il filo di barba curata gli danno un'aria molto attraente per avere trentaquattro anni. Mi guarda e non sembra tanto felice<<Mia cara ragazza, è già la terza volta in un anno che finisci in ospedale, direi che può bastare così, non credi?>> Dice con la cartelletta in mano.
<<Signorina Lopez può lasciarmi solo con la sua amica, grazie>> Kyra mi rivolge un ultimo sorriso prima di uscire dalla stanza.
Sto per chiedere al medico il motivo per cui sono in ospedale ma lui mi precede per fare la sua predica come sempre <<Sei caduta dalle scale, avevi bevuto e come se tutto ciò non ti accontentasse ti sei anche fatta una micro frattura al piede, hai picchiato la fronte ma niente di grave, solo un taglio al sopracciglio e hai delle costole fratturate. C'è una cosa positiva però che anche questa si è trasformata in negativa. In questi tre giorni...>> Lo interrompo all'improvviso.
<<Tre giorni?!>> Chiedo stupita.
<<Sì Kiara sei svenuta quando sei caduta dalle scale e ti sei risvegliata adesso, cioè tre giorni dopo l'accaduto.>> Spiga spazientito <<Adesso fammi finire>> Gli faccio cenno con la mano di continuare.
<<Questi giorni in qui sei stata quì ho potuto notare, grazie a degli esami, che la tua alimentazione è un po' migliorata, e questo era un bene finché non mi hanno informato che da quando sei tornata dal Vermont non hai più ingerito cibo all'interno del tuo organismo e vorrei sapere il motivo.>> Mi guarda aspettando una mia risposta, che con il passare dei secondi non arriva.
<<Kiara ho bisogno che tu collabori, oppure sai che se la situazione peggiora io non posso più aiutarti e sarò costretto a mandarti in una clinica a posta per la tua situazione>> Alla pronuncia di queste sue parole ottiene una mia reazione.
<<NO!>> Esclamo soltanto.
<<Lo so che non vuoi ecco il motivo per cui ho bisogno che tu mi parli delle tue difficoltà così posso aiutarti. Quindi dimmi il motivo per cui non hai più mangiato.>> Si avvicina al lettino ma io non parlo non riesco più a parlare.
Stanno succedendo troppe cose tutte insieme, voglio solo avere un po' di pace, non credo di chiedere tanto. Non esalo una singola parola continuando comunque a guardarlo negli occhi, non ci sarà mai speranza per me. Lui annuisce e allora capisco.
<<Non mi lasci altra scelta.>> Esclama uscendo dalla stanza lasciamo da sola per metabolizzare quello che è appena successo.
*POV MICHAEL*
<<Cazzo!>> Esclamo mentre prendo a pugni, a mani nude, il sacco da box che ho in camera.
Non doveva finire così, lei non avrebbe dovuto scoprirlo anche se dubito che sia stata lei a venirne a conoscenza. Magari sospettava qualcosa ma sono titubante sul fatto che sia stata lei.
Ha già scoperto questo non posso permette che scopri altro. Le ho promesso, che Kiara non sarebbe venuta a conoscenza di quello che stavamo facendo e intendo tenere fede alla mia parola. Il mio telefono inizia a squillare e il numero è privato potrebbero essere solo due persone, lei oppure il medico Cooper. Decido di rispondere senza aspettare un altro secondo.
<<Pronto>> Dico attendendo di ricevere una risposta.
<<Michael sono io>> La sua voce riesce a calmarmi, pensavo fosse Cooper.
<<Kiara lo ha scoperto tre giorni fa, sa che sono stato io, "metaforicamente">> Le confesso.
<<Come? Chi glielo ha detto?>> Mi chiede curiosa e sta iniziando ad agitarsi.
<<Non lo so, ma non può venire a conoscenza di altro.>>
<<Michael, Kiara è intelligente e tanto, quando vuole. Dobbiamo stare attenti. Ricorda il piano, se lei scopre qualcosa il piano va a puttane.>>
<<Lo so, lo so. Sta calma.>> Sento il figlio di mia sorella che inizia a piangere <<Senti adesso devo andare, stai tranquilla.>> Dico prima di chiudere la chiamata.
Mi precipito in salotto dove trovo Thomas che piange. Mi avvicino a lui e lo prendo in braccio.
<<Senti Thomas calmati ok? Fallo per lo zio ti prego>> Affermo mentre lui continua a strillarmi nell'orecchio. Sti bambini del cazzo e pensare che io ne desideravo uno con...No basta.
<<Thommy lo so che ti manca la mamma, anche a me mi manca tanto Cherry. Tra qualche giorno forse esce dall'ospedale e potrà tornare a casa.>> Mi ignora altamente e prosegue con il suo pianto isterico.
<<Se vuoi dopo andiamo a trovarla>> A queste parole magicamente smette di urlare e io tiro un sospiro di sollievo.
Devo andarmi a lavare prima di portarlo da lei però, quindi lo lascio sul divano con in mano un libro da colorare e una borraccia con l'acqua sul tavolo, nel caso avesse sete.
Una volta in bagno, mi guardo allo specchio e vedo ogni singolo segno che quella bambina mi ha lasciato in viso quando ha iniziato a prendermi a pugni.
Si mi meritavo ogni colpo che mi ha sferrato, ogni singolo colpo. Ma adesso l'unica cosa che voglio e poterla stringere tra le mie braccia e sentire il suo corpo minuto che si rilassa ad ogni mio bacio, sentire la sua voce che ogni volta sembra un canto, vorrei vedere i suoi occhi in cui mi perdevo sempre e in cui potevo leggerla dentro ma quando l'ho vista l'ultima volta... erano vuoti, erano vuoti per colpa mia.
Mi spoglio ed entro in doccia, mi lavo velocemente. Metto i miei boxer neri, dei pantaloni della tuta blu e una canottiera aderente nera. Mi passo più volte un asciugamano sui capelli per asciugarli ed esco di casa con in braccio Thomas per andare da mia sorella in ospedale.
Devo prendere la moto quindi metto il casco a Thomas anche se gli sta un po' grande, me lo metto anche io e parto. Arriviamo in ospedale e mi dirigo subito nella stanza di Cherry.
La saluto velocemente, vengo qui ogni giorno e oggi la lascio da sola con suo figlio per un po'.
Sto aspettando in sala d'attesa quando sento delle urla che provengono da infondo al corridoio, mi alzo per vedere e noto che fuori da una stanza sono seduti George, Daniel e Simon. Ma che ci fanno lì? Mi avvicino a loro e quando mi faccio sempre più vicino sento Grace che urla all'interno della stanza a qualcuno e quando pronuncia il nome "Kiara" mi allarmo subito.
<<Dan! Che cazzo ci fate qua?>> E perché nessuno mi ha avvisato? Forse per la scenata che mi ha fatto Kiara tre giorni fa.
<<Kiara. E' caduta dalle scale dopo aver bevuto, mio fratello l'ha subito portata in ospedale.>> Mi comunica il mio amico. Dalla stanza esce furiosa Grace e appena mi vede mi afferra da dietro il collo. Mi abbassa di scatto e mi trascina, come fossi un cane, lontano dagli altri.
Appena siamo fuori dagli sguardi di nostri amici mi tira uno schiaffo così forte da farmi voltare la faccia. Mi merito anche questo. Ma doveva per forza tirarlo così forte?
<<Non azzardarti a tornare oppure te ne farò pentire, hai capito bene? Non provare a cercare Kiara, non provare a parlarle, non provare a toccarle. Sparisci proprio dalla sua vita.>> Esclama più irritata di prima. Fa quasi paura adesso.
<<Grace...>> Non mi lascia neanche il tempo di parlare che aggiunge altro.
<<Sai pensavo che tu fossi diverso. Lei era davvero felice con te, sorrideva sempre ogni volta che pronunciava il tuo nome. Ma adesso mi fai schifo, l'hai fatta soffrire abbastanza.>> Afferma e subito dopo se ne va a chiamare il medico ignorandomi completamente.
Ha ragione. L'ho fatta soffrire e non merito di vederla ancora, non merito di sentire ancora la sua voce, non merito di vedere ancora il suo sorriso, non merito di vedere un'altra volta i suoi occhi che hanno vissuto mille esperienze, non merito di vedere ancora i suoi capelli dorati e la sua pelle chiara, come il suo nome.
Decido di rispettare il suo volere, anche se preferirei buttare giù quella porta a calci, anche solo per rivederla un'ultima volta. Ma Grace ha ragione, devo sparire dalla sua vita.
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