Capitolo 7

Arriviamo dopo poco alla caffetteria, non c'è molta gente come poche ore fa e questo mi consola, vuol dire che avremo un po' dell' "intimità" che l'argomento richiede. Anche se non definirei esattamente "intimo" lo stare seduti in un luogo che alla fine, tanto intimo non è.


Liam mi guarda, sta aspettando che io dica qualcosa, ma continuo solamente a singhiozzare tentando invano di calmarmi per non sembrare patetica e sciocca.


"Liz.."


Alzo lo sguardo.


"Sono un'idiota Liam, lo so. Non merito assolutamente che tu sia qui, adesso." Mi asciugo le lacrime al di sotto degli occhi.


Mi guarda, gli occhi pieni di quella che penso sia comprensione, ma come sempre non esce una parola dalle sue labbra. Credo che lui lo consideri un modo giusto per essere di conforto. Dopotutto se non si dice niente, non c'è il rischio di dire la cosa sbagliata nel momento sbagliato.


"Io vorrei davvero raccontarti tutto quanto. Ma non posso. Non so se puoi capire tutto questo, ma è una cosa talmente più grande di me, che sicuramente non capiresti."


"Provaci."


"Davvero Liam, non posso. Non posso metterti in questo casino, devo risolverlo da me. Ne devi restare fuori, per il tuo bene."


Il suo sguardo passa da comprensivo a qualcosa che non riesco a decifrare bene, forse rabbia?


Si alza dalla sedia.


"E al tuo di bene? Chi cazzo ci pensa al tuo bene, Liz?"


"Io Liam, ci penso io, e sto pensando anche al tuo, perché non capisci?!" scatto anch'io, ma so che non avrei dovuto.


Austin è pericoloso, e temo che possa fare del male anche a Liam se solo sapesse qualcosa.



"Scusami.. Sono nervosa."


"Già. Da un po' di tempo non fai altro che essere nervosa e piangere, e chiuderti in camera e piangere ancora."


La mia espressione stupita. Come fa a saperlo?


"Pensi davvero che non sappia che ti chiudi in camera e leggi le poesie di quel poeta italiano e piangi?"


Non rispondo.


"Andiamo Liz, sono il tuo migliore amico, se non ti conosco io, chi altro dovrebbe?"


Ha ragione. Se non mi conosce lui, chi altro mi conosce? Io di sicuro non mi conosco, e di certo non mi aspettavo mi conoscesse qualcun altro, anche se quest'ultimo è il mio migliore amico, il che è abbastanza normale.


"Va bene, va bene, mi arrendo. Mi conosci meglio di quanto mi conosca io stessa, ma non riesco davvero a metterti in mezzo a questo casino, Dio. Lo faccio per te, non voglio che ti succeda niente."


Liam si arrende.


"Liz, non finisce così."


Beve la cioccolata che a quest'ora sarà fredda. Posso dirlo dalla sua espressione quasi schifata.


Una volta finita la bevanda, mi guarda. Ha un baffo di cioccolata buffissimo, non posso evitare di ridere.


"Che c'è?" storce il naso.


"Niente, niente." Sorrido ancora.


"Sei una stronza!" mi tira un fazzolettino.


"Lo so." Estraggo dalla borsa lo specchietto che non uso quasi mai e glielo punto davanti.


"Ora è tutto chiaro, molto divertente Liz, davvero molto divertente." Accenna un sorrisino altezzoso, ma conoscendolo so che è finto.


"Tornando seri.." continua.


"Il signor Styles, cioè.. Harry ti vuole parlare."


"Lo so."


"Ti aspetta alle 4.30 pm nella biblioteca del campus."


Non dico nulla.


"Di cosa pensi ti voglia parlare?"


"Sinceramente non lo so." Gioco col fazzolettino che mi ha lanciato prima.


"Stai tranquilla, vedrai che vorrà parlarti del tuo dipinto."


Annuisco e abbasso lo sguardo.


"Spero tu abbia ragione."


***


"Signor Styles?" lo chiamo sottovoce appena entro nella stanza.


"Signor Styles?"


"Signor Styles?"


Ma dov'è? Mi ha dato buca o cosa?


Decido di sedermi ad un tavolo e aspettare. Noto che su di esso è posata una vecchia copia di Cime Tempestose della Brontë.


Visto che di Harry non ce n'è nemmeno traccia, decido di prendere Cime Tempestose e iniziare a leggerlo.


Passano più o meno venti minuti e sono già a metà del libro. Sto per finire il capitolo, quando sento una mano poggiarsi sulla mia spalla.


"Liz?"


Mi volto.


"Signor Styles."


Mi guarda male.


"Volevo dire.. Harry."


"Scusa il ritardo."


"Non preoccuparti."


"Siediti. Ricordo che volevi parlarmi, e uhm, beh.. me l'ha riferito anche Liam."


"Sì.." si siede.


"Volevo parlarti di questo." Tira fuori il dipinto.


Tiro un sospiro di sollievo, ma sul suo volto c'è un'altra cosa. Sembra preoccupazione.


Lo osservo ancora un po'.


"Non vuoi parlarmi davvero del dipinto, non è vero?"


"Infatti."


La mia espressione cambia, so di essere bianca come un lenzuolo e so che lui l'ha notato.


"Vuoi dirmi cosa ti tormenta?"


"Niente." Mento, non lo guardo.


"Liz, non tutte le cicatrici sono visibili, ma ciò non significa che non esistano."


Il mio sguardo ancora fisso a terra.


"La tua esiste, e io l'ho vista. L'ho vista grazie a questo."


"È vero." Sospiro.


"Esiste. Ma non sono pronta a parlarne. Davvero."


"Permettimi di aiutarti Liz." La sua mano sopra la mia.


"Non posso. Mi dispiace." La voce spezzata.


"Sì che puoi."


"No, non posso. Mi dispiace tu, tu non puoi capire."


"Hai ragione, non posso se non me ne dai l'opportunità."


"Lo faccio per te, per voi."


"Per voi?"


"Anche Liam si sta preoccupando, ma dovete fidarvi di me. Posso cavarmela da sola." Annuncio, anche se comincio a non esserne così convinta.


"Sarà meglio che vada. Si è fatto tardi, perdonami."


Mi alzo, prendo Cime Tempestose, mi avvicino a lui e gli stampo un bacio sulla guancia.


"Spero capirai." Dico ed esco senza lasciargli il tempo di dire qualcosa.


***

Sono davanti alla porta di casa e mi sta letteralmente cadendo il mondo addosso, ma devo farmi forza, sicuramente mia madre sarà a casa e non posso permettermi che mi veda così.


Respiro.


Apro la porta.


"Mamma sono a casa."


"E in ritardo."


"Sì, lo so.. scusami, ero, ero in biblioteca." Tiro fuori la copia di Cime Tempestose per avvalere la mia storia.


"Non ti preoccupare." Sorride. Un sorriso finto, ma comunque un sorriso.


"È quasi pronta la cena, tesoro."


"D'accordo mamma."


Salgo le scale, vado in bagno a rinfrescarmi un po'.  Mi guardo al grande specchio di fronte a me. Ho un aspetto davvero orribile. Il bianco del latte si è trasportato sul mio viso, le occhiaie della stanchezza sono marcate sotto i miei occhi e le mie labbra sono secche e screpolate. Distolgo lo sguardo ed esco dal bagno dirigendomi verso la mia stanza da letto.


Ci entro, e noto che sul letto è posta una busta per lettere.


"Mamma? Cosa ci fa questa lettera sul mio letto?" le urlo dal piano di sopra.


"L'ha portata il postino questa mattina, ma non so né di chi sia, né cosa ci sia scritto dentro. Ho pensato che fosse una cosa personale e non volevo intromettermi."


Adoro mia madre per questo, ma non c'è il mittente, di chi sarà?


Mi siedo sul letto e la apro. Dentro c'è una vecchia foto mia e di Austin.



Merda..


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