Capitolo 3
Sono le 6:00 del mattino, ed è precisamente una settimana che non mangio un pasto come si deve, che non parlo con mia madre, ed è una settimana precisa che faccio incubi su incubi che mi riportano alla scena con Austin.
Per oggi c'era anche il compito che il giovane professore di arte aveva assegnato, e che io, con tutto quello che è successo non ho svolto. È l'alba, quindi è presto per prepararmi ad andare al campus. Ho un'ora e mezza libera, e decido di impiegarla proprio con l'arte, sperando che Austin non vinca anche questa battaglia sui miei pensieri.
Prendo carta e penna e inizio a ricordare quello che ci ha detto una settimana fa il professore: "voglio che riflettiate su cos'è l'arte per voi."
Bene, cos'è l'arte per me?
Mordo il tappuccio della mia penna e inizio a pensare. L'arte è il risultato dell'unione di fantasia e realtà. È un miscuglio di dolore, passione è espressione, è tutto ciò che si può definire creativo, innovativo e comunicativo.
Inizio a scrivere, l'inchiostro nero tocca la superficie bianca e vergine del foglio, ma non con mia grande delusione non ottengo il risultato che speravo. Decido dunque di cambiare metodo, userò quello del professore. Cos'è che ci diceva l'altro giorno a lezione?
"L'arte non è razionalità, è espressione. Quando dovete descrivere qualcosa, fatelo con l'arte, e non pensateci troppo. Perché, l'arte è espressione dell'interiorità umana, e come tale, non è mai razionale o studiata."
Penso e ripenso a quella frase, fino a quando penso di aver capito alla lettera ciò che intendesse dire. Butto carta e penna sul letto, e rovisto nel disastro che è la mia camera per trovare il blocco da disegno e i miei Caran D'ache.
Inizio a schizzare con la matita. Sento la grafite spostarsi dalla mia mano sul foglio fino a dar vita ad un occhio, un occhio vuoto, vuoto come me, come sono io da quel terribile 10 luglio. Senza iride né pupilla al suo interno, solo un teschio, simboleggerà la morte? Ma la morte di chi? La mia probabilmente, sono morta e non me ne sono accorta?
Mia madre se n'è accorta? E Liam? Lui che mi conosce così bene se n'è accorto? Probabilmente sì, ma per delicatezza o chissà, forse compassione, preferisce tacere ed aspettare che sia io a fare il primo passo verso di lui e vuotare il mio cuore dall'enorme fardello che si porta dietro ormai da due mesi.
Le ciglia contornano l'occhio di nero, un nero profondo, come la pece. L'occhio lacrima, proprio come me da una settimana a questa parte. Inizio a colorarlo. Le lacrime non sono trasparenti, ma colorate. Colorate a mo' di arcobaleno, come dopo una pioggia di ottobre. Perché si sa, dopo la tempesta, c'è l'arcobaleno e con esso esce sempre il sole.
Dopo aver terminato il mio compito di arte, che più che un compito è l'espressione esatta di come mi sento in questi giorni, decido di farmi una doccia veloce e di correre in fretta fuori di qui prima che i miei pensieri mi uccidano di dolore.
***
"Buongiorno!" dico a Liam saltandogli sulle spalle da dietro. Cerco di essere il più allegra possibile anche se dentro di me è pieno inverno e le foglie degli alberi sono appassite già da molto tempo.
"Siamo allegri?"
"Diciamo di sì, ho deciso che stamattina affronterò la vita con coraggio."
"Splendido direi, hai già fatto colazione?"
"In realtà no." Dico mordendomi le labbra e toccandomi lo stomaco.
"Allora vieni, siamo in tempo per un caffè." Mi sorride, è bellissimo.
***
Arriviamo alla caffetteria, io mi siedo ad un tavolo, e Liam si mette in fila. Torna poco dopo con due caffè macchiati.
"Grazie." Gli dico prendendo il contenitore dalle sue mani.
Gli vibra il telefono.
"Chi è?" Sono decisamente troppo curiosa.
"Oh, niente è solo.."
"Danielle?" sorrido.
"Sì."
"Allora la cosa è seria." Gli faccio l'occhiolino.
Sono davvero felice che le cose con lei stiano andando bene, anche se è presto per dirlo dopo solo una settimana.
"Con gli incubi, come procede?"
"Male, è una settimana che non dormo decentemente."
"Chiamami anche alle due di notte se necessario."
"Ma sei pazzo?!" gli do un colpetto sulla spalla.
"No, sono un grande amico." Fa una smorfia divertita.
"Vero." Gli do un bacio.
***
"Buongiorno giovani!" ci dice il professore di arte.
"Come vi sentite oggi? Siete felici? Oppure arrabbiati, tristi e delusi? Vivi o morti?"
"Arrabbiata, delusa, ferita e umiliata." Dico a bassa voce, sperando non mi senta.
"Come prego?" dice, le sue iridi verdi focalizzate nelle mie.
"No dicevo, che bella giornata no?" indico fuori dalla finestra, ma sta piovendo, un classico.
Continua a fissarmi.
"Signorina Johnson, sicura di stare bene?" legge nella mente o cosa?
"Sì, certo, perché non dovrei stare bene?"
Non risponde, apre la valigetta e ne estrae un foglio.
"Sarebbe così gentile da firmare qui sopra?"
Vuole un autografo? Rido al pensiero. A cosa gli servirà mai la mia firma?
"Allora?" insiste, sventolandomi il foglio davanti. Decido di farlo, che sarà mai una firma?
Lo faccio e gli restituisco il foglio, lui lo osserva con accurata attenzione.
"Signori, posso comunicarvi che la signorina Johnson è una giovane dalla mente molto vivace. Spesso si isola e la sua mente la trasporta in un Universo alternativo, se vogliamo così definirlo. Ha un carattere forte, ma anche estremamente fragile. Cambia molto facilmente umore, e questo può essere un ostacolo per chi le sta intorno, non sapendo mai come si comporterà. È leale e molto creativa."
Mi sorride.
"Sbaglio, forse?"
"N, no, affatto." Dico timidamente. Ma come ha fatto? Lui sembra rispondere ai miei pensieri due secondi dopo.
"Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei." Spiega.
"È la psicologia della scrittura mia cara Lizzie." Sorride.
Lizzie? Da quando sono Lizzie per lui? Ha vent'anni, probabilmente è un suo modo di rapportarsi con i ragazzi, perciò lo lascio fare.
"Dovete sapere, che non firmiamo mai allo stesso modo, e che la scrittura, è influenzata dal nostro stato emotivo."
Ha capito qualcosa, ma non vuole costringermi a parlarne qui, davanti a tutti. Gli sono infinitamente grata per questo.
***
"Avete fatto il compito assegnato per oggi?"
Tutti annuiscono, e tirano fuori da i quaderni i loro elaborati. Le relazioni vengono posate una ad una sulla cattedra, il professore sembra soddisfatto.
"Gli elaborati li riavrete la settimana prossima, è tutto per oggi. Potete andare." Annuncia con un sorriso.
"Signorina Johnson?"
"Sì?" vado verso di lui.
"Non ha consegnato il suo elaborato."
Guarda fisso sull'enorme blocco schizzi tra le mie mani.
"Io non ce l'ho, professore." Mento. Non è un elaborato, ma comunque..
"L'ho vista estrarre il blocco quando ho chiesto di consegnare, quindi deduco che abbia qualcosa per me."
Arrossisco, sono in imbarazzo. Dovrei consegnarglielo, o no?
"Io.. io.." Sta aspettando, ha una pazienza infinita.
"Io, beh, beh in effetti avrei qualcosa per lei, ma, non è un elaborato."
Mi strappa di mano il blocco e lo apre, rivelando il disegno al suo interno. È meravigliato, e sorpreso. Posso dirlo dal modo in cui la sua bocca carnosa è rimasta aperta.
"Signorina.. lei ha capito perfettamente ciò che intendevo la settimana scorsa."
"Cosa?!"
"Quello che ho detto. Ho chiesto di spiegare cosa fosse l'arte per voi, e lei con questa rappresentazione ha colto in pieno l'aspetto invisibile della mia richiesta. Espressione, dolore, forza. C'è tutto. Sapevo che lei aveva qualcosa che la rendeva diversa, speciale. Adesso so cosa." Sorride, e io ricambio.
Woah.
Il professore si complimenta ancora, poi controlla l'orologio.
"Senta Lizzie, devo proprio scappare, potrà riavere il suo dipinto lunedì, buona giornata." Sorride, esce dalla stanza, e io faccio lo stesso.
***
*Avevo ragione a prendere la vita con coraggio, oggi.*
*Hai fatto colpo su qualcuno?;)*
*A dire la verità, sì.. il professore di arte.*
*Liz.. non vorrai dirmi che tu e lui..*
Non rispondo e mi affretto in biblioteca dove lui e Danielle mi stanno aspettando.
***
"Liz!" sorride Danielle appena mi vede, io ricambio.
Liam invece ha un'espressione alquanto contrariata, posso dire che sta così ancora per la storia del professore. Vado vicino a lui, lo abbraccio e lo rassicuro che è solo per il dipinto che ho fatto colpo niente di più.
Danielle riceve una telefonata ed esce un momento dalla stanza lasciandoci da soli.
"Mi hai fatto prendere un colpo, idiota. Pensavo che tu e lui.."
"Santo cielo Liam, no. Come potrei? È un professore!"
"Ma è anche giovane, e bello."
"E con questo?"
"Con questo voglio dire di stare attenta."
"Non è con lui che dovrei stare attenta." Mi incupisco, sto ancora pensando ad Austin e Liam lo capisce.
Mi abbraccia e mi rassicura che finché starò con lui, non mi accadrà nulla.
Danielle chiude la telefonata e torna da noi dicendo che deve scappare per un impegno importante con sua madre.
Deve essere bello avere degli impegni con tua madre, io da quanto non ne ho con la mia? Scaccio via il pensiero, e appena Danielle esce, chiedo a Liam se può accompagnarmi a casa e se vuole restare per cena. Annuisce, usciamo dal campus e ci avviamo verso casa.
***
"La cena era deliziosa signora Johnson." Si complimenta Liam.
"Grazie caro." Sorride.
Sta davvero sorridendo? È incredibile quanto bene faccia la presenza di questo ragazzo in questa casa.
"Ora devo proprio andare però, è stato un vero piacere signora Johnson, Liz." Mi da un bacio e si avvia verso la porta.
"Ti accompagno." Mi offro, mi fulmina con lo sguardo.
Mi acciglio, ma lui sorride.
"Buonanotte."
"Notte." Ed esce dalla porta chiudendola dietro di sé.
"È carino Liam, eh?"
"Sì mamma."
"Chissà che la vostra amicizia non diventi qualcosa di più, un giorno o l'altro." Ammicca.
Io e Liam, insieme? Ma cosa?
"Non succederà mai, mamma."
"E perché non potrebbe?"
"Mamma perché è Liam! E perché ha una ragazza."
"Oh.." si acciglia.
"Scusa se sono scattata mamma, non dovevo. Meglio se vado a dormire. Buonanotte."
Le lascio un dolce bacio sulla guancia destra, per poi lasciarla sola in cucina.
Sono sfinita, mi spoglio e mi infilo nel letto, e per la prima volta dopo sette lunghi giorni, mi addormento serena.
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