💙Capitolo 26💙

Roma, 04 Ottobre 2022

Hai presente una farfalla dentro una bolla di sapone? Vive in un mondo colorato ma non tocca più i fiori.
Succede così quando ti innamori della tua gabbia e perdi di vista il mondo.


Mi irrigidisco non appena capisco cosa Ferit ha intenzione di fare. Non posso permettere che questo accada. Non ora, non così. Non dopo la serata infernale che ho appena vissuto.

Sono stanca

«Non stasera, Ferit.»  dico con fermezza, voltandomi verso di lui.

Lui si sfila la cintura di sicurezza con un estrema calma snervante, poi si gira verso di me, appoggiando un braccio sul volante. Il suo sguardo è un po' frustrato.

«Arya, smettila di complicare le cose Parlerò con i tuoi genitori e risolverò questa situazione una volta per tutte.»

Lo fisso incredula.

«Risolverai cosa, esattamente? Pensi che basti un confronto con i miei per cancellare tutto quello che è successo stasera? O forse speri che siano loro a convincermi a continuare questa farsa? Perché, se è così, ti avviso, non funzionerà.»

Ferit sbuffa, stringendo la mascella. Lo vedo premere le mani sul volante come se stesse cercando di tenersi sotto controllo.

"Arrabbiati pure Mister Malik dei miei stivali."

«Non si tratta solo di noi, Arya» dice quasi in un ringhio. «Stasera non hai insultato solo me, ma anche la mia famiglia. Hai lasciato la tavola come se fossi una ragazzina capricciosa.»

La sua accusa mi fa scattare di nervi, e per un attimo non riesco nemmeno a rispondere. Poi sento la rabbia bruciante aumentare sempre più dentro di me.

«Capricciosa?» ripeto, con voce spezzata dalla furia. «Mi hai lasciata sola a farmi umiliare dai tuo zio, Ferit. Ti ho cercato con lo sguardo, ti ho dato la possibilità di difendermi, ma sei rimasto lì, muto, come se non ti importasse nulla di me.»

Ferit si alza un po' dal sedile, piegandosi verso di me, i suoi occhi bruciano di una luce pericolosa. «E tu, Arya, pensi di aver migliorato la situazione correndo via come una codarda? Pensi che questo sia il modo di affrontare i problemi?»

«Non è una questione di affrontare i problemi!» sbotto, senza più riuscire a trattenermi. «È una questione di rispetto, Ferit! Tu non mi hai rispettata, non mi hai protetta, e adesso pretendi che io ti segua dai miei genitori a fare la finta sposina felice come se nulla fosse? Ma ti rendi conto di quello che mi stai dicendo?»

Le mie parole sembrano colpirlo, ma Ferit non si ritira. Invece, si limita a scuotere la testa, per concentrarsi nuovamente sulla strada.

Stringo i pugni, sentendo le lacrime pungere i miei occhi, ma mi rifiuto di lasciarle cadere. Non gli darò quella soddisfazione.

«Non puoi decidere per me, Ferit» sibilo, con una fermezza che sorprende persino me. «Io non vengo con te. Stasera ho preso la mia decisione e non voglio avere più niente a che fare con te.»

Ferma l'auto e mi rendo conto di essere nel giardino di casa mia. Così penso ad un eventuale piano per potermi chiudere in casa senza lasciarlo entrare, potrei mettere il silenzioso al citofono. Ma prima che possa uscire dall'autovettura Ferit mi afferra fermamente per il polso.

Maledetto.
Mi volto verso di lui, furiosa.

«Ferit, lasciami andare!» gli urlo, cercando di liberarmi. Ma non sembra nemmeno ascoltarmi.

«No, Arya. Questa volta no» dice con una voce che non ammette repliche. Mi tira con sé verso la casa, aprendo la portiera del lato guidatore e prendendomi in braccio per farmi scendere dalla sua portiera mentre mi dimeno tirando calci ovunque.

"Te la sfascio la macchina"

«Lasciami andare. Non sono una bambina!» grido, mentre lui chiude la macchina dal telecomando.

«Sei sempre pronta a scappare via, Arya. È ora che impari ad affrontare le conseguenze. Andiamo» dice poi trascinandomi verso la porta.

«Ho detto di no.» cerco di oppormi, ma è come parlare a un muro mentre suona il campanello.
Mi do una leggera sistemata, vedendo i capelli arruffati attraverso lo specchio del portone principale, non voglio che i miei genitori si facciano strane idee.

Quando entriamo, mia  madre ci accoglie sorpresa dalla nostra entrata improvvisa.

«Arya? Ferit? Che succede?» chiede con un tono preoccupato, mentre mio padre alza lo sguardo dalla televisione.

«Ho bisogno di parlare con voi. Possibilmente in privato » dice Ferit, voltando lo sguardo in direzione dei gemelli, che stanno parlottando tra loro sul divano.

«Non ascoltatelo!» intervengo, tirando il braccio per liberarmi dalla sua stretta. «Restate. È lui ad essere di troppo qui.»

Ferit mi ignora, rivolgendosi direttamente ai miei genitori. «Il matrimonio si terrà tra sette giorni» Annuncia diretto, senza soffermarsi in giri di parole.

Il silenzio che cala nella stanza è quasi assordante. Mia madre sbarra gli occhi, mentre mio padre si raddrizza sulla poltrona. Io, invece, rimango completamente senza parole.

«Sette giorni? Ma è impossibile!» esclama mia madre, cercando di recuperare la sua solita compostezza. «Non c'è tempo per organizzare tutto. Gli inviti, la cerimonia, il vestito, soprattutto per la stoffa indiana. Come minimo ci vorranno dieci giorni affinché arrivino qui.»

«Non preoccupatevi. Io e la mia famiglia abbiamo già pensato a tutto, inoltre ho già preso contatto con un amico di mio nonno che possiede una negozio di stoffe orientali pregiate a Firenze. Potremo andarci domani con lei e Arya.»

A udire quelle parole scatto di rabbia e me ne vado in camera mia, ho bisogno di un po' di spazio. Mi manca l'aria.

🌎

Non appena entro nella mia fortezza della solitudine, emano un profondo respiro, cercando di scrollarmi dalle spalle tutto, cominciando da quello che sta succedendo nel salotto, stranamente silenzioso.

Apro l'armadio e cerco il mio Bubu, ho il bisogno di stringerlo tra le mie braccia ogni volta che mi sento smarrita.

Sento dei passi risalire le scale e la sagoma possente di Ferit materializzarsi in camera mia richiudendo la porta alle sue spalle.

«Torna giù» mi dice avvicinandosi al letto senza troppe cerimonie.

Il suo modo di fare mi dà ai nervi così come il suo tono di voce prepotente. Stringo forte al petto il mio orsetto, lottando contro la voglia di tirarglielo in testa, ma il mio Bubu non lo meriterebbe, lui non c'entra niente in questa storia.

«Tu sei completamente impazzito!» gli dico, facendomi avanti. «Non sono d'accordo con questa decisione, Ferit. Non hai il diritto di decidere per me!»

«Non ho il diritto?» fa due passi verso di me, i suoi occhi scuri sembrano perforarmi l'anima. «Forse ti sei dimenticata che siamo già legalmente sposati, Arya. Questo matrimonio non è altro che una formalità.»

«Formalità?» gli urlo, sentendo il sangue ribollire. «È la mia vita, Ferit, e non permetterò che tu la controlli come se fossi una tua proprietà!»

«Non voglio controllarti. Sto cercando di proteggerti, ma tu sembri fare di tutto per rendere le cose più difficili!»

«Proteggermi? È così che chiami tutto questo?» gesticolo verso di lui, incredula. «Umiliarmi non solo con la tua famiglia ma anche  davanti alla mia, trascinarmi qui senza il mio consenso, e ora annunciare un matrimonio come se fosse una decisione che spetta solo a te?»

Ferit si avvicina, e il suo sguardo bruciante mi costringe quasi a indietreggiare. «Sai cosa? Continua pure a odiarmi, Arya. Ma questo matrimonio si farà. Che tu sia d'accordo o meno.»

"Che tu sia d'accordo o meno."
Ripeto le sue parole nella mia testa, una, due, dieci volte, e ogni volta mi sembra che brucino di più.

«Non posso crederci» sibilo, sentendo la mia stessa voce tremare di rabbia.

"Chi diavolo ti credi di essere Ferit Malik?"

Per un attimo rimango senza fiato. Ma poi stringo i pugni, determinata a non farmi sopraffare dall'uomo che mi ha ingannata.

«Sei solo un arrogante, presuntuoso, egoista...» comincio. Poi un lieve bussare alla porta mi fa bloccare di colpo rendendomi conto di aver alzato la voce più del dovuto.

«Arya tutto bene?»la voce di mia madre arriva debole dall'altro lato della stanza.

Mi schiarisco la gola, cercando di sembrare più calma di quanto io non sia. «Sì, mamma. Sto bene... È solo complicato.»

Ferit annuisce lentamente, ma non mi toglie gli occhi di dosso. «Ti lascio del tempo per riflettere su quanto ti stai sbagliando.» dice, prima di girarsi e andarsene, lasciandomi lì intrappolata, a soffocare i miei sentimenti, come se l'aria stessa della mia stanza si fosse fatta più pesante.

Mia madre rimane in silenzio per un momento, vedendo andare via Ferit, poi si rivolge a me con un timido sorriso.

«Figlia mia. Io l'ho capito sai? Lui ci tiene a te, più di quanto pensi. Questa cerimonia potrebbe aiutarvi a sistemare le cose, a riportare un po' di ordine nelle vostre vite.»

Chiudo gli occhi sentendo la gola che si stringe al punto da farmi male. Ferit lo fa per se stesso, non per me.

Ha sempre pensato ai suoi interessi.

«Mamma, per favore... ho bisogno di stare sola» mormoro, abbassando lo sguardo e cercando di non lasciar trapelare la mia vulnerabilità. Non me lo sento di aprirmi in questo momento.

Sento un lieve sospiro rassegnato, poi i suoi passi si allontanano. La solitudine mi avvolge di nuovo dandomi un po' di conforto.

Ferit si è rivelato una persona diversa da quella che pensavo di conoscere a Doha. L'uomo che lì sembrava così protettivo, premuroso, quasi incapace di ferirmi, è sparito. Al suo posto c'è qualcuno che non riconosco, qualcuno che gioca con il mio destino senza consultarmi, che prende decisioni al posto mio come se io fossi solo una pedina sulla sua scacchiera. Pensavo fosse dalla mia parte. Pensavo che, almeno lui, mi vedesse per ciò che sono, e non solo come uno strumento di vendetta.

Mi sdraio sul letto, fissando il soffitto. La gabbia che sento intorno a me non è fatta di sbarre di ferro, ma di aspettative, obblighi e tradizioni che sembrano soffocarmi sempre di più. E mentre il mappamondo sulla mia scrivania smette di girare, sento che anche io mi sono fermata, intrappolata in un punto fisso che non riesco a cambiare.

"Mi manca sentirmi libera."

Ma scappare è fuori questione. Non posso farlo di nuovo. Non dopo quello che ho fatto ai miei genitori la prima volta, quando ho scelto di andare contro di loro per inseguire qualcosa che credevo fosse amore. Non posso infrangere di nuovo le loro aspettative, non posso aggiungere altro dolore a quello che hanno già provato.

Mi alzo dal letto e inizio a camminare avanti e indietro nella stanza, come un animale in gabbia. Il cuore mi batte forte, quasi a voler urlare quello che la mia bocca non riesce a dire.

Devo pensare a qualcosa.

Afferro il telefono, cercando un'uscita, una soluzione. Le dita scorrono tremanti sullo schermo che sembra quasi bloccarsi, vista la mia rapidità nell'aprire e chiudere le pagine di ricerca. Poi scorro lentamente la rubrica e mi blocco.

Il nome che appare sullo schermo è quello che non avrei mai voluto digitare.

Yamir.

💙-Angolo Autrice-💙

Cari lettori, ecco pubblicato il capitolo 26, questo finale si sta facendo attendere più del dovuto ma vi prometto che ne varrà la pena☺️

Con affetto la vostra Cal 💙

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