CAPITOLO 34 - BACIO INATTESO

Vell si era svegliata di soprassato e male. Si era seduta sul letto nervosa e con una tormentosa angoscia a rattrapirle il cuore.

Negli ultimi giorni, dopo il litigio con Bröna, si era un po' chiusa in se stessa. E le ragazze non l'avevano cercata. Sembravano tutte indaffarate con altro. Una volta le aveva trovate tutte insieme, a parlottare. Compresa Bröna. Quando lei era entrata nella stanza si erano ammutolite e subito avevano ripreso a parlare del più e del meno. Ma lei lo sapeva. Conosceva bene i modi di fare di chi non vuole dirti qualcosa. E loro le stavano nascondendo qualcosa. La stavano tenendo fuori da qualche affare.

In fondo non erano una vera famiglia come dicevano. Lo pensava prima e ora ancor di più.

Quello che però lei non sapeva erano certe dinamiche legate a Bröna. Era all'oscuro di ciò che aveva dovuto subire la leonessa e nemmeno sapeva che le ragazze, non dicendole nulla a riguardo, volessero in realtà solo proteggerla.

Per lei quella loro chiusura era simile a un tradimento, non pensava ci fosse altro dietro. Non immaginava che Marius fosse di nuovo piombato nella sua vita e loro cercassero strenuamente di non romperle la sua idilliaca quotidianità.

Sbuffando si sollevò dal letto. Rimase in pigiama, camminando su e giù per la stanza e pensando bene a cosa fare. La sua vita lì era comoda e alla fine era ciò che aveva sempre desiderato. Eppure quel senso di oppressione non la lasciava.

Nonostante Villa King fosse diversa dalla Villa di Marius, lei si sentiva in trappola. Una gabbia d'oro è comunque pur sempre una gabbia, no? Vell era quasi certa di non essere fatta per la vita degli harem. Questa realtà, seppur bella e piacevole, glielo stava ricordando.

Si passò le mani nei capelli e svogliatamente uscì dalla propria stanza, in tempo per intercettare Dakota mentre girando l'angolo spariva chissà dove. La curiosità ebbe la meglio, Vell s'incamminò lungo il corridoio. Seguirla scalza era un ottimo metodo per non essere sentita.

Quando la vide entrare in camera di Arthur insieme a Naomi, si ritrasse un attimo. In lei si accese un sentimento di gelosia misto a desiderio. Un interesse difficile da tener a bada.

Facendo attenzione a non essere vista si avvicinò alla stanza. La porta non era chiusa, si poteva veder bene il suo interno e Vell ne approfittò per sbirciare.

Arthur, la sera prima, aveva finito per far le ore piccole con gli altri esponenti. Si era concesso qualche ora di divertimento dopo la riunione. Nulla di chissà quanto rocambolesco, in realtà aveva guardato Bae e Quinn giocare tutta la sera a biliardo. Il Principe elfo aveva un'innata predisposizione per quel gioco. Quinn non aveva preso bene le sconfitte.

In tutto questo, Lawrence si era addormentato seminudo sul divano ed era dovuto venire il suo maggiordomo a recuperarlo. A Mister Puppy piaceva esageratamente prendersi cura di Padroncino Lawrence. A tutti aveva sempre dato l'idea di un sottomesso fatto e finito ma nessuno si era mai permesso di farlo notare al Supremo Stregone del Michigan.

Nel frattempo, Saxon e Uther si erano sollazzati in un angolo; tracannando un goccetto di quello e quell'altro. Assaggio dopo assaggio si erano trovati a cantare vecchie canzoni riprodotte da un vecchio giradischi rispolverato da chissà dove.

Quella festicciola arrangiata era finita alle quattro di notte e Arthur non aveva avuto cuore di andar a svegliare qualcuna delle ragazze per fargli compagnia.

Però quella mattina, da come poteva ben vedere Vell nascosta nel suo ritaglio di porta, ci avevano pensato loro ad andarlo a svegliare. E questo la infastidiva. La infastidiva come non mai.

Naomi gattonò sul letto, seguita da Dakota. Arthur era ancora addormentato, le coperte tirate fin sulla testa. Quando lo baciarono rispose quasi nell'immediato alle loro attenzioni. Si protese prendendo le loro bocche con ancora gli occhi semichiusi e le labbra arcuate in un sorriso dolce.

Si dissero qualcosa che Vell non riuscì a sentire, troppo bisbigliato anche per i suoi sensi sviluppati e quando lui carezzò i loro visi la morsa che le stringeva lo stomaco sembrò insostenibile.

Li spiò. Li spiò mentre i baci diventavano più passionali, li spiò mentre le loro bocche si divoravano con impazienza e continuò a spiarli mentre Arrhur scopriva lentamente i loro corpi, spogliandoli dei vestiti e dell'intimo.

Ben presto i tre mannari si trovarono nudi, avvinti in un groviglio saturo di emozioni ed eccitazione. Dalla stanza si sprigionava un profumo di sesso con cui Vell aveva avuto poco a che fare. Un piacere che Marius non concedeva alle proprie leonesse. Una attenzione che non le era mai stata riservata.

Gelosa. Si sentiva corrosa da quel sentimento. E più guardava, più spiava, più rubava quei loro momenti intimi; più capiva che ciò che aveva non le bastava. Non più.

Arthur si allungò verso Dakota, le prese un capezzolo tra i denti, succhiandolo fino a sentirla gemere; con una mano libera carezzò un seno di Naomi. La mannara si contorse sotto quel tocco. Tra i tre c'era una sincronia perfetta, come se fossero nati per condividere quelle esperienze.

Dakota si abbandonò indietro, lasciò ricadere il corpo sul cuscino, le dita affondate nei ricci di Arthur che si spostava a baciarle il corpo. Naomi la raggiunse prendendole il viso, baciandola con trasporto.

Una condivisione completa. Non esisteva un soggetto predominante. Tutti davano, tutti prendevano. Era uno scambio equo che vedeva Arthur solo come un tassello di un grande puzzle, non come il fulcro di quelle azioni.

Le dita di Dakota carezzarono il fianco di Naomi, scivolarono sui seni stringendo i capezzoli duri, scesero sul ventre e si infilarono in mezzo alle cosce. La stanza si riempì di gemiti e sospiri, Vell si premette contro la porta affondando i denti nell'interno della guancia.

La bocca di Arthur si posò in un punto intimo, proprio nel centro del piacere di Dakota. La leonessa si contorse sotto le sue attenzioni, le sue leccate e baciò Naomi con più foga.

Avvinghiati, stretti, eccitati. Vell beveva quel rapporto come un assetato che tracanna fresca acqua di torrente. Furiosa, gelosa, invidiosa. Anche curiosa ed eccitata.

Si ritrasse un attimo, placando i suoi respiri affannati. Non c'era lei lì. Non aveva motivo per esser tanto su di giri. Eppure il suo corpo rispondeva a quella scena con evidenti segni di eccitamento. Ne era turbata.

Un tonfo la riportò a spiare. Naomi aveva spinto Arthur sul letto. Piegata su di lui insieme a Dakota, come delle gatte. Vell non vedeva cosa gli stavano facendo ma il suo udito coglieva i deboli risucchi delle loro bocche che prendevano e davano, che succhiavano e leccavano. Era un rumore lento, costante, eccitante. Le martellava nella testa e anche più in giù, in un posto dove non sarebbe dovuto andare.

L'ansimo di Arthur la colse di sorpresa, la fece rabbrividire. Sentì una scarica elettrica scivolarle addosso e lo vide afferrare Naomi per un braccio, tirarla su di sé a cavalcioni. La penetrò subito dopo, un colpo di anche deciso seguito da un veloce ondeggiare. Nel frattempo, mentre il caldo e soffocante odore di sesso si levava dai loro corpi come vampate di fumo; uno scambio di piaceri intrecciato e sorprendente si era creato tra quei tre. Le bocche di Naomi e Dakota unite insieme, la lingua di Arthur affondata in Dakota, il membro di quest'ultimo dentro Naomi. Fusi. Un tutt'uno.

Vell guardava, spiava, si concedeva un piacere che non le apparteneva ma che stava rubando. Proprio come i frammenti di quella scopata.

Naomi si staccò dalle labbra di Dakota, inarcò la schiena e dalla bocca le uscì un gemito strozzato ma pregno di piacere. Il forte e dolce odore dell'orgasmo raggiunse perfino Vell, tremante e bagnata, spettatrice di quell'erotica danza tra le lenzuola. Guardò Naomi crollare su Arthur, baciarlo in bocca e gettarsi di lato, il viso arrossato e sudato, il corpo ancora scosso da fremiti di piacere.

Vell però rimase sorpresa nel vedere che lui era ancora eccitato, il membro grosso ed eretto a campeggiargli tra le gambe. Non era venuto. Strano. Marius al posto suo avrebbe prima pensato al proprio piacere, raramente a quello delle proprie leonesse. Invece Arthur si era premurato che Naomi godesse per prima.

Dakota si sporse sul letto, verso il comodino. Aprì il cassetto e afferrò un preservativo, sfilandolo dal suo involucro. Arthur rimase immobile, la guardò mentre glielo srotolava sul membro, gli occhi gialli e brucianti di desiderio. Era chiaro che Arthur non cercasse figli. Probabilmente aveva fatto sesso con Naomi senza precauzioni conscio che non sarebbe venuto o che comunque lei fosse ben lontana dal proprio periodo di estro. Difficilmente una mannara restava gravida fuori dal calore. Vell pensò che anche sotto quell'aspetto quel King fosse distante anni luce da Marius, abituato a venir dentro le proprie leonesse senza curarsi di null'altro se non di se stesso.

Quando tornò a spiarli, la consapevolezza che lo avrebbe visto godere e aver un orgasmo per merito di un'altra mannara le fece quasi venir il vomito. Lo stomaco si torse come un cesto di serpi. Si coprì la bocca con una mano mentre Dakota lo abbracciava dolcemente e afferrandogli il viso gli elargiva un bacio denso di potere e trasporto. Al loro fianco Naomi li guardava appagata, con un sorrisetto sornione a illuminarle il viso. Non c'era invidia o gelosia. Non c'erano pensieri crudeli in quei occhi. Non c'era il risentimento di non essere stata scelta per soddisfare fino all'ultimo l'erezione del proprio Erus.

Arthur rispose al bacio con trasporto, prese Dakota sulle proprie gambe e le affondò dentro esalando un respiro tremulo, carico di desiderio. I suoi occhi vagarono per la stanza e inaspettatamente incrociarono quelli di Vell.

La leonessa trattenne il respiro. Non trovò nemmeno il coraggio di scappare o tirarsi indietro. Rimase immobile contro lo stipite della porta, fissa negli occhi di quel King che le sorrise maliziosamente muovendosi con una lentezza che le permetteva di veder tutto. Un omaggio.

Per un attimo pensò che Arthur le stesse regalando quello spettacolo, che la stesse cercando di compiacere con quell'amplesso. Strinse le gambe sentendo montare l'eccitazione e trattenne il respiro.

Lento, delicato; un amante degno, premuroso. Si lasciava domare dalle proprie leonesse, le possedeva con passione e assoluta devozione. Nel suo sguardo si poteva leggere il trasporto e l'amore che muovevano ogni suo singolo affondo, ogni penetrazione.

Dakota le dava la schiena eppure leggeva benissimo il piacere, lo leggeva in ogni singolo angolo del suo corpo; dalle spalle contratte, alla pelle imperlata di sudore, al capo inclinato indietro e ai gemiti che riempivano la stanza.

Vell lo trovava eccitante e al contempo svilente. Non doveva esserci Dakota lì. Quel posto era suo, le apparteneva.

Più pensava che quel pensiero fosse solo il risultato folle di una morbosa fissazione, più lo sguardo di Arthur inchiodato nel suo la faceva credere che in tutto quel marasma esistesse un posto anche per lei.

Si portò due dita tremanti alla bocca, attutì un sospiro e un ansito. L'altra mano le scivolò tra le cosce, quasi cercasse di accertarsi della propria condizione, del proprio corpo bagnato e teso, pronto a rispondere a quel King.

Arthur sorrise compiaciuto, l'eccitazione crebbe. La consapevolezza di essere spiato aumentò il suo desiderio. Scoprire che Vell lo guardava, che si eccitava per quel loro amplesso e si toccava spiandoli; era una fantasia erotica su cui la sua mente aveva giocato molto.

Dakota gli affondò le unghie nelle spalle, graffiandolo gli tracciò una scia lungo la schiena. Si tese, ansimò. Lo sentì fremere dentro di lei e a sua volta il corpo sembrò scalar le vette del piacere. Salire su, su, in alto; pronto a cadere giù in picchiata.

Vennero insieme, o quasi. Prima lei e un attimo dopo lui. Si strinsero in un solido abbraccio, come caldi amanti, come passionali complici. Il potere del King esplose riempiendo la stanza, invadendo ogni senso, oscurando ogni altro odore e sapore. Supremo. Assoluto. Coinvolgente.

Vell si ritirò contro il muro, vittima della sua stessa curiosità. Il corpo tutto un fremito, le gambe molli, il sesso pulsante e pronto a essere violato. Scivolò in terra, ansimando. Non si accorse che Arthur aveva lasciato il letto, aveva lasciato riposare le ragazze e si era avvicinato alla porta.

«Stai bene?» le chiese, la voce arrochita.

E lei trasalì, troppo assorta nel proprio bisogno non soddisfatto per accorgersi di lui. Sollevò lo sguardo. «Più o meno, sì.» Gli occhi le corsero avidi sul suo petto, ancora madido di sudore, ancora nudo. Indossava dei pantaloni di una tuta, era scalzo e lei era certa che sotto non portasse intimo. «Sono solo un po'... scossa.»

«Ed eccitata. Lo fiuto.»

Vell girò la testa, imbarazzata. «Hai ragione, sì. Anche eccitata.» Ammetterlo la fece in parte sentir meglio.

Ci fu un fruscio e poi le dita di Arthur le disegnarono una linea dal mento alla bocca, le fece voltare il viso e il pollice le carezzò il labbro. Si era piegato verso di lei e ancora odorava di sesso, potere e selvaggio. «Dimmi cosa posso fare per te, Vell... chiedimelo.»

Il corpo della leonessa si tese, divenne fuoco, bollente come lava. Cercò di domare quella voglia ma la razionalità capitolò. Si sporse verso Arthur, gli posò una mano sul petto e le parole uscirono leggere come un alito di vento. «Lasciami partecipare la prossima volta. Lascia godere anche me. Prendi anche me.» E si staccò, si alzò e sebbene le gambe le tremassero ancora si allontanò da lì; lasciando Arthur ancora piegato in terra, scosso, eccitato.

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