CAPITOLO 7

Nick si chiuse lo sportello alle spalle e scattò dalla parte del passeggero prima che Marlene riuscisse ad aprirsi da sola la portiera. Con fare galante la fece scendere dall'auto porgendole la mano che lei però non prese. I due si sorrisero imbarazzati.

Tra loro era nato tutto per un favore, Marlene aveva prontamente aiutato il medico in un intervento molto delicato e la sua presenza si era dimostrata determinante.

Alla fine di quel turno di lavoro, Nick le aveva chiesto di uscire.

Erano anni che Marlene non usciva più con un uomo e quella richiesta, anche se in amicizia, le era sembrata una ventata di aria fresca.

Il problema era sorto nelle uscite seguenti, dove Nick si era dimostrato molto diverso da come si poneva sul luogo di lavoro. Un tipo schivo e poco incline a raccontare di se stesso ma molto interessato a saper tutto ciò che la riguardava.

Delle poche uscite che avevano fatto, la giovane aveva compreso che molto spesso non erano sulla stessa linea d'onda e che tante loro idee erano totalmente discordanti. Era inutile cercare di illudersi, Nick non era il tipo per lei. Eppure ci aveva sperato.

Inoltre lavorando insieme, si era creata una situazione veramente complicata. Non sapeva come affrontarla, non le era mai successo.

L'uomo le aprì anche il portone del locale. L'aveva portata a mangiare in uno dei più rinomati ristoranti del Michigan, il Michael Symon's Roast.

Marlene imprecò mentalmente per non essersi resa più presentabile, Nick avrebbe dovuto dirglielo che la portava in quel posto pieno di gente impeccabile. A differenza sua, lui era imbellettato nel suo migliore completo di Calvin Klein, il blu dell'abito si sposava perfettamente con il biondo dei capelli e l'azzurro degli occhi.

Non era un brutto uomo, eppure lei ancora non comprendeva com'era finita per ritrovarsi in quella situazione. Tra l'altro, a lei piacevano mori.

All'entrata furono accolti da un cameriere. Il medico si sistemò la cravatta e sorrise con un pizzico di arroganza. «Salve, ho prenotato circa una settimana fa a nome di Nick Heets»

Una settimana fa? Marlene rimase sgomenta. Le aveva chiesto di uscire solo qualche giorno prima, doveva essere molto sicuro di se il giovane medico. Sicuro che la povera e disperata infermiera accettasse l'invito.

Questa cosa la indispettì particolarmente e quando arrivarono al tavolo prenotato, si mise a sedere senza lasciarsi accompagnare la sedia ma tirandola sotto il tavolo rumorosamente. Nick la guardò sorpreso e dopo essersi dato un'occhiata intorno decise che forse era il caso di sedersi a sua volta.

Appena furono uno di fronte all'altra, la ragazza si sentì enormemente a disagio. C'era qualcosa nello sguardo di Nick che la faceva sentire spoglia di ogni segreto. Non sopportava che la fissasse così insistentemente senza dire nulla.

Marlene si schiarì la gola. «Questo posto è bellissimo.» Si sistemò i lunghi capelli dietro le orecchie e cercò di sorridere nella speranza di mitigare quel senso di disagio crescente.

Nick si guardò attorno compiaciuto. Con l'accumularsi delle uscite la giovane aveva notato che l'alone da snob non lo lasciava mai. Era anche questo che la scoraggiava a creare qualcosa di più con lui. Non si sentiva compatibile. «Lo so. L'ho scelto apposta per noi.»

«Potevi dirmelo che venivamo qui, mi sarei vestita meglio.»

«Meglio di come sei ora? Impossibile.»

Marlene arrossì. I complimenti la facevano sempre arrossire. Nick era un tipo che notava ogni piccolo dettaglio e lo esaltava con lusinghe. Senza rispondere, chinò la testa e fissò il tovagliolo accuratamente modellato che stagliava a forma di rosa al centro del piatto.

«Che ti piace fare nel tuo tempo libero?»

«Dipingere.» Non era una pittrice modello, però le piaceva tantissimo perdersi nei colori e dar sfogo alla sua fantasia.

Lo sguardo di Nick si assottigliò e come qualche attimo prima, Marlene si senti in imbarazzo. Un brivido la percorse nel vano tentativo di guardare altrove ma il giovane medico non le diede tempo di abbassar lo sguardo. «Dipingi? Strano, avrei pensato a tutt'altro hobby per te.»

Lei gli regalò un sorriso tirato. «Di che tipo?»

Il cameriere portò il menù proprio nell'attimo esatto in cui Nick tentò di prenderle la mano. Marlene fu felice di quella intromissione e subito cercò di nascondersi dietro la lista delle varie portate.

Quello era forse il primo gesto romantico nei suoi confronti. Non sapeva bene come ma nonostante le loro uscite, lui si teneva a debita distanza da lei.

All'inizio lo aveva trovato normale, in fondo erano uscite amichevoli... poi le era sorto il dubbio di non piacergli abbastanza o comunque di aver qualcosa che non lo convinceva totalmente. E allora perché continuare ad uscire insieme? Eppure aveva dato modo più di una volta di essere interessato a lei e non solo per una semplice amicizia.

Nick aprì il tovagliolo poggiandolo sulle gambe e tornò a guardare la giovane che gli sedeva di fronte. «Qui fanno dell'ottimo cibo.»

Lei alzò la testa dal menù e sorrise. «Lo so, è uno dei migliori ristoranti del Michigan. Ma perché mi hai portato qui? Potevamo andare in un posto meno impegnativo.»

A quelle parole lui scosse la mano. «Figurati, per te questo e altro.»

Marlene avvampò. Il medico era sempre stato molto carino nei suoi confronti e nel corso degli anni aveva dimostrato un debole sempre maggiore per lei. Continuava a tartassarla di domande, alcune strettamente personali e da quando erano usciti, sembrava interessato sempre più a ciò che faceva al di fuori dell'ospedale. Nonostante questo suo ossessivo domandare, non si spingeva al di là dei complimenti, lasciando relegati in un angolo tutti i possibili gesti che evidenziavano un interesse fisico.

Forse l'amica Victoria non aveva completamente torto.

Era questo suo atteggiamento bipolare che la confondeva. La corteggiava e poi non faceva nulla per avvicinarsi. Più le uscite si accumulavano, più la situazione la metteva in difficoltà. A dire il vero, non era certa che sarebbe stato il caso di proseguire la conoscenza.

«Ti ringrazio infinitamente per questi tuoi inviti ma» avrebbe continuato la frase cercando di spiegargli che nel loro rapporto ancora non era scattata la giusta scintilla e forse mai sarebbe scattata però il tempismo del cameriere bloccò il discorso sul nascere.

«Siete pronti per ordinare?» domandò tenendo ben stretto il taccuino fra le mani.

Nick chiuse il menù e sorrise. «Certo. Per me un Charcuterie, una Caesar e un Halibut.»

L'altro si appuntò velocemente tutto quanto. «E per lei?» domandò voltandosi verso Marlene.

La giovane tergiversò ancora qualche attimo sui vari piatti e infine scelse come antipasto una selezione di formaggi artigianali e per secondo un filet mignon accompagnato da una semplicissima insalata.

Il cameriere trascrisse anche l'ordinazione di Marlene e prima di portare via i menù li osservò sorridente. «Perfetto. E da bere, cosa vi posso portare? Abbiamo una selezione di vini molto assortita. Per i piatti che avete preso vi consiglierei un Pinot Noir Blend»

Nick abbassò lo sguardo sulla lista dei vini. «Certo, credo vada benissimo.»

Senza aggiungere altro, il cameriere si defilò tra i vari tavoli lasciandoli soli. Nessuno dei due disse nulla per i primi istanti, assaporandosi il silenzio e l'attimo di imbarazzo che era momentaneamente calato.

Quando Marlene alzò lo sguardo dal piatto, notò che Nick la stava osservando attentamente. Di nuovo. «Com'è finita la riunione con i capi?»

Parlare di lavoro non era esattamente ciò che sperava, purtroppo non lo conosceva abbastanza bene da poter sollevare discussioni interessanti. Le uniche volte che si erano dilungati su qualche racconto, riguardava qualche banale aneddoto che le aveva raccontato. Di lui sapeva poco e niente, era sempre molto evasivo.

Nick si abbandonò contro la sedia e allungò una mano sul tavolo. «Hanno deciso di fare dei tagli di personale.»

Un brivido corse lungo la schiena della giovane che si strinse le mani nervosamente. Licenziare qualcuno non era mai qualcosa che si faceva a cuor leggero. Inoltre, il timore di essere nella lista delle persone licenziate la spaventava. Aveva bisogno di quel lavoro. «Com'è possibile? A fatica riusciamo ora a far fronte a tutte le emergenze.»

Al St. John Hospital c'era così tanto lavoro che due mani per persona a volte non bastavano. L'idea di fare dei tagli non solo era una follia ma si sarebbe rivelato un grosso deficit per il funzionamento dell'ospedale stesso.

Lui scosse la testa sconsolato. Non lo sapeva nemmeno lui per quale motivo i capi avessero preso questa decisione. La riunione era solo una presa di coscienza. Allungando la mano prese quella di Marlene e stringendola le passò il pollice sul dorso in un movimento circolare e tenero. La giovane trattenne il respiro. In quel contatto le era stata trasmessa una scossa strana che l'aveva subito allarmata. Era qualcosa di sbagliato, eppure non riusciva a spiegarsi il motivo di quella sensazione.

Appena Nick si accorse della sua espressione inquieta, cercò di rassicurarla. «Tranquilla, non ti manderanno via.»

Alla ragazza serviva un lavoro. Assolutamente. In caso contrario, sarebbe dovuta tornare in Scandinavia dai genitori, ma non era stato quell'argomento ad averla scossa in quella maniera. Era stato quel loro tocco, dove il suo corpo aveva registrato un forte istinto di repulsione.

Si sforzò a sorridere, nonostante quella nuova vicenda l'avesse maggiormente convinta che Nick non faceva per lei. «Per fortuna.»

Lui la fissò dritto negli occhi. Quel blu intenso lo aveva affascinato dalla prima volta che si erano presentati. Marlene era la ragazza più semplice che avesse mai conosciuto, spesso non si truccava restando acqua e sapone. Nonostante questo suo lato tanto genuino, riusciva a sprizzare sensualità da tutti i pori. Probabilmente complice anche il bel aspetto.

Nel corso degli anni aveva indagato molto sul suo conto e la giovane, sembrava non aver alcun passato. Questo lo incuriosiva e affascinava allo stesso tempo. «Non sei originaria del Michigan, vero?»

A quella domanda Marlene strabuzzò gli occhi e scosse la testa. Non era molto brava a parlare di se, inoltre era complicato spiegare ad un umano i dettagli della propria vita fatata. Ecco uno dei motivi per cui spesso eludeva le sue domande mirate. «No, i miei sono originari della Scandinavia.»

Quella risposta non lo sorprese. Alcune ricerche avevano dato i suoi frutti, altre gli erano risultate così assurde che aveva preferito tenerle congelate prima di darle per vere. Sapeva alcune cose sull'infermiera... ma voleva aver le conferme personalmente. «Davvero? E come mai non hai i capelli rossi e le lentiggini?»

Marlene si lasciò sfuggire una risata. Era una domanda così banale, insomma... non necessariamente tutti gli abitanti di una zona dovevano essere uguali identici. «Beh, non siamo fatti tutti con lo stampino in Scandinavia.»

Nick le strinse la mano. «Hai ragione. Tu sei speciale.» Scandì quell'ultima parola con enfasi.

La fata si lasciò sfuggire un colpo di tosse e nell'accavallare le gambe diede un colpo alla gamba di Nick che forse lo prese come invito, tanto che intrecciò le proprie dita con quelle della giovane. La presa sulla mano divenne più salda, la strinse quasi con forza. «E dimmi, Marlene, i tuoi genitori? Sono vivi? Perché non si sono trasferiti anche loro qui?»

Di tutti i discorsi che potevano fare, Nick si era insinuato in quello più minato.

«Sì, certo. Sono ancora vivi ma hanno preferito restare in Scandinavia. Là è tutto molto diverso. Non riuscirebbero a vivere qua in Michigan.»

«Immagino.»

«Ovviamente gli manco molto ma sanno che è stato meglio così.» I genitori di Marlene non erano totalmente convinti che quello fosse il meglio per la figlia. Temevano che rischiasse la vita in una città come quella, così piena di creature sovrannaturali. E forse avevano ragione ma nonostante questo, lei non si era scoraggiata, mai.

«Quindi non hai nessuno qui. Nessun parente.» Non era una domanda, ma una semplice constatazione.

«No, nessuno.»

Il cameriere li raggiunse portando il vino. Lo stappò davanti a loro e ne versò un abbondante bicchiere per ogni calice. Quella breve intrusione non si insinuò comunque dentro la loro conversazione che proseguì tranquillamente, anche se Marlene avrebbe tanto desiderato cambiar discorso.

«Comunque ti capisco, sai? I miei sono del Minnesota... e anche loro soffrono molto la distanza.»

Marlene afferrò il calice con la mano libera e portandoselo alla bocca bevve una grossa sorsata di vino. Pensare ai suoi genitori le ricordava la difficile lotta che aveva dovuto affrontare per essere lì quel giorno. Si era dovuta imporre con mani e piedi per ottenere un minimo di libertà e avrebbe fatto di tutto pur di mantenerla. «I genitori a volte non capiscono che i figli vanno lasciati liberi di fare la loro strada.» In quelle parole si accorse di averci messo un pizzico di amarezza.

Nick allentò la presa nella mano e le sorrise dolcemente. «Sono sicuro che i tuoi genitori siano solo preoccupati per te. Non sei dietro l'angolo, in fondo.»

«Sì, credo di sì.» Non vedeva l'ora di mangiare. Aveva fame e forse con l'arrivo dei piatti avrebbero smesso di parlare della sua famiglia. Non capiva come Nick non si accorgesse di questo suo disagio.

«Magari la prossima volta che li senti, per farli stare tranquilli puoi dirgli che c'è qualcuno che si sta prendendo cura di te.»

Marlene lo fissò sorpresa, le guance le si tinsero di un rosso acceso. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Nick si era praticamente offerto di starle accanto, ricoprendo la figura del fidanzato? No, certo... non era stata una dichiarazione vera e propria eppure sostanzialmente il significato era quello.

La cosa la lusingava, tuttavia non era certa che come coppia avrebbero fatto scintille. Si sentiva sempre più convinta che Nick non fosse l'uomo per lei. Non sapeva spiegarselo, era una sensazione che le martellava in testa ogni volta che ci usciva. C'era una nota stonata in loro. Il contatto che avevano avuto ne era stato un chiaro esempio. Inoltre era convinta che ancora dovesse far pace con la sua doppia personalità e magari decidere se corteggiarla oppure restare una semplice amicizia.

Il cameriere arrivò con gli antipasti e finalmente la giovane riuscì a sfilare le mani dal collega. La serata continuò tranquillamente e tra una chiacchiera e l'altra i due trovarono anche qualche punto d'incontro. I piatti si alternarono alle risa e quando arrivarono al dolce, Marlene si era quasi ricreduta sul pensiero che si era fatta di Nick.

Forse non era così male. Forse era lei che si stava facendo strane paranoie.

Doveva dargli tempo, non tutti gli uomini ti saltano addosso come assatanati.

Si vedeva che non era più abituata alla sottile arte del corteggiare.

Ordinarono una Chocolate Flood Cake da mangiare in due.

Gliela servirono con due cucchiaini e Marlene subito prese l'iniziativa. Era ghiotta di dolciumi. Con un cucchiaino spaccò la punta della fetta e si apprestò a mangiare il boccone ma Nick le fermò la mano a metà tragitto e tirandola verso di sé schiuse le labbra per accogliere il pezzo. La giovane tentò di tirar indietro la mano ma lui gliela tenne ferma, bloccandola con fermezza. A quel punto Marlene lo imboccò nel più totale imbarazzo e una volta assaporato il dolce, lui le lasciò la mano.

Non era stato un gesto spontaneo, non si era sentita a suo agio. Inoltre non si sentiva ancora abbastanza intima da arrivare addirittura ad imboccarlo. Anzi, le era sembrata tutta una forzatura.

«Com'è? È buono?» domandò cercando di sfuggire da quel crescente fastidio.

«Oh sì, supera ogni aspettativa.» Nick riaprì gli occhi e riempì l'ennesima cucchiaiata di dolce. Gli porse il pezzo ma lei scosse la testa con un sorriso.

«Odio essere imboccata.»

«Davvero?»

No, diamine. Avrebbe dato di tutto pur di aver un uomo che la imboccasse, magari ancora avvolti nelle lenzuola dopo aver fatto l'amore ma Nick... no, lui non era quell'uomo. Proprio non riusciva a immaginarsi insieme a lui.

Dopo quella rivelazione, lui non tentò più di imboccarla e la giovane poté gustarsi il dolce senza la pressione di quella forzata intimità. Il sapore dei brownie si fondeva a quello del burro di arachidi. Il gelato era quel tocco che rendeva il dolce qualcosa di amabile.

Marlene socchiuse gli occhi in estasi mentre il gusto del dessert le esplodeva nel palato. I dolci sapevano colmare tutte le carenze affettive di cui a volte soffriva. Insomma, non era la stessa cosa di aver un uomo... ma riuscivano almeno per un po' ad esser un ottimo palliativo.

Ora sapeva che tra lei e Nick non poteva funzionare. Terminata quella serata poteva ritenersi soddisfatta di aver quantomeno stabilito la posizione da prendere nei suoi confronti. Inoltre, nonostante lo avesse riscoperto molto era decisa a mettere fine a quegli appuntamenti. Doveva solo trovare il modo di troncare quel loro rapporto extralavorativo.

Il cameriere portò il conto ed entrambi estrassero i portafogli. Nick però storse il naso con disapprovazione. «No, Marlene... ti ho invitato io qui e quindi non ti azzardare minimamente anche solo a pensarlo.»

«Nick io ti ringrazio molto ma... qua costa tutto tantissimo. Non mi sembra il caso che paghi tutto tu. Facciamo a metà.»

Ma lui fu inamovibile e una volta pagata la cena la scortò fuori dal locale con la solita galanteria. Le aprì la portiera e aspettò che entrasse in auto per salire a sua volta dalla parte del guidatore.

Il tragitto fu particolarmente silenzioso. Nick lanciava occhiate nervose a Marlene che nel frattempo si era persa in qualche reminescenza del passato con lo sguardo fisso nel vuoto di fronte a se.

Ripensare ai suoi genitori la metteva sempre di malumore e le ricordava quanto fosse stato difficile il distacco e la scelta che aveva preso. Nonostante tutto, era felice di essere lì dov'era, però la mancanza di casa a volte si faceva sentire.

Quando Nick si fermò davanti a casa della ragazza, lei si riscosse dai suoi pensieri e si voltò. «Grazie mille per la bellissima serata.»

«Grazie a te.» Si allungò verso il sedile cercando di sovrastarla. «Sento che dovremmo conoscerci più profondamente.»

Non era affatto sicura di volerlo conoscere più profondamente. Anzi, a dire il vero non era più nemmeno tanto convinta di volerlo conoscere. Sentirlo così vicino fece rabbrividire Marlene, il suo alito gli sfiorò il collo. «Ecco... ecco io» balbettò qualcosa a caso, senza saper che altro dire.

Quella vicinanza era opprimente, anche se nell'effettivo lui non la stava nemmeno toccando. Marlene non capiva cosa volesse ottenere Nick, forse un bacio. Eppure non gli sembrava interessato a quello. Il suo atteggiamento era dominante, sembrava che tentasse di minacciarla.

Il medico si umettò nervosamente le labbra, la osservava proprio come si osserva un succulento banchetto. «Powell spero di vederti molto presto.» Il tono di voce roco tradiva milioni di emozioni contrastanti.

Nick si pregustava molti altri attimi insieme a lei. Di cui alcuni, non proprio ordinari.

Marlene sorrise nervosamente. «Beh, sicuramente ci vedremo al lavoro.»

«Sicuramente. Ma sai cosa intendevo.» Lasciò schioccare la lingua sul palato e le sorrise. Il suo sguardo indugiò sulla scollatura della camicia da cui si intravedeva una tenue canottiera con del pizzo.

Quella ragazza o era molto ingenua o un'abile ammaliatrice.

Si avvicinò ancora un po', l'idea di farla sentire così impotente e fragile lo eccitava. Era un'idea inusuale date le motivazioni delle loro uscite. Il medico aveva in mente un sacco di idee insane per quella incantevole creatura.

Marlene si schiarì la voce con un colpo di tosse, quella vicinanza le metteva una gran pressione. «Ecco Nick... io credo che... ecco» ma non riuscì a terminare la frase perché lui le afferrò il viso, avvicinandosi pericolosamente.

La giovane trattenne il respiro mentre il medico si allungava verso di lei. Voleva rubarle un bacio? Oddio. Non si erano praticamente mai toccati prima d'ora e ora lui pretendeva un bacio da lei? Ma Nick le si avvicinò all'incavo del collo e inspirò rumorosamente il suo profumo.

Quel gesto la fece trasalire. Improvvisamente Marlene ricordò la domanda di quel suo paziente. Che cosa sei?

Nick era un umano. Non poteva di certo sentire il suo odore di fata. E allora perché quel gesto? Si ritrasse allarmata e cercando di non mostrargli la sua inquietudine gli sorrise.

«Tranquilla Powell, non ti mangio mica.»

Prima che prendesse qualsiasi iniziativa, la ragazza si allungò verso di lui e lo strinse affettuosamente. «Buonanotte, Nick. Ci vediamo al turno di domani.» Senza dargli tempo di ribattere, Marlene scese dall'auto come un fulmine e salutando il collega entrò come un razzo nel condominio.

Il medico si accasciò contro il sedile dell'auto, estrasse un cellulare e poi mandò un rapido messaggio ad un numero sconosciuto. Non appena ottenne risposta colpì il volante dell'auto prima di ingranare la marcia e partire.

Nel frattempo Marlene si fece tre rampe di scale a piedi ed entrò in casa affannata. Il cellulare le squillò mentre si chiudeva la porta alle spalle. Il rumore della suoneria la prese alla sprovvista tanto che le fece lanciare un grido balzando sul posto.

Accettò la chiamata senza guardare chi la stesse cercando. «Pronto?»

«Ehi stronza... sei scappata da lui, vero?» La voce di Victoria squillò al di là della cornetta con un tono divertito e giocoso.

Marlene si rilassò appoggiando la schiena contro la porta di casa e sorrise. Le tremavano le gambe e non sapeva perché. In fondo Nick era un umano, cosa poteva temere da lui? Eppure quel suo comportamento... non sapeva spiegarselo. Per un attimo aveva temuto sapesse di lei. Ma questo era impossibile. «Ho dovuto. Credo volesse baciarmi.»

L'amica cacciò un urlo. «E tu non gliel'hai dato?»

«No.»

«Ma che problemi hai, Marr?»

Nessuno a dir il vero. L'amica non immaginava quanto triste e desolata era stata la sua vita sentimentale da quando era approdata in Michigan. Aveva provato a lasciarsi andare, ma era finita sempre a tappeto.

A Marlene venne subito in mente il ricordo di Scott, un suo ex. Scott era stato il primo umano con cui si era frequentata. Non era stata una grande mossa. Si era rivelato un gran bastardo, pure traditore fra l'altro. Era uscita da quella storia con il cuore a pezzi e la fiducia nell'amore sotto i piedi.

Ora come ora, amare le faceva paura. Ma non era quel genere di paura che le aveva suscitato Nick. Scosse la testa e accarezzò Peanut che nel frattempo le si era avvicinata per farle festa.

Forse si stava facendo troppe paranoie. Era ossessionata all'idea che qualcuno scoprisse la sua natura. Ma Nick era umano, non era una creatura sovrannaturale. Magari quel gesto per lui era solo un sottile metodo seduttivo. Un cattivo metodo seduttivo, a dir il vero. 

«Marr?» Victoria la riportò alla realtà.

«Non ho nessun problema.» Si affrettò a dire Marlene.

«Senti... anziché stare lì a piangerti addosso, che ne dici di venire con me al Brums?»

Sì, perché no. Aveva proprio bisogno di un po' di svago. «Perfetto. Ci vediamo lì tra un'ora?»

«Andata.»

Marlene chiuse la chiamata e dopo aver stampato un amorevole bacio sulla testolina di Peanut corse a darsi una sistemata per la serata al pub.

Chissà, magari avrebbe fatto qualche incontro interessante.

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