CAPITOLO 6

Con gli occhiali da sole calati sul viso e l'espressione più incazzata del mondo, Amos guidò silenziosamente verso casa di Corey. Era al limitare del bosco, un ottimo punto da cui muoversi con i vari gruppi di pattuglie.

Quella giornata era partita talmente male che terminarla con una ronda era il più merdoso dei modi per chiuderla in bellezza.

La morte di Harry lo aveva messo di malumore tutto il giorno, gli aveva lasciato la testa lì, ancora fissa di fronte a quelle foto. A causa della sua disattenzione si era ferito e forse, unica cosa buona della giornata, era finito in ospedale.

Il ricordo di Marlene lo fece rabbrividire.

In quel momento avrebbe preferito mille volte trovarsi tra le sue gambe che lì.

Quella femmina gli aveva lobotomizzato il cervello, era tutto il giorno che non pensava ad altro che a lei. Dannazione, non era da lui.

Secondo i suoi canoni di sopportazione, la giornata poteva ritenersi conclusa così. E invece no, la visita di Nebbie gli aveva dato il colpo finale.

Non voleva nemmeno pensare all'ipotesi che il bambino fosse il suo. Non solo non si sentiva pronto ma con ogni probabilità sarebbe stato un pessimo padre. Come suo padre d'altronde.

«Ehi, amico... è là che devi girare.» Logan gli segnò una piccola via a senso unico e Amos dovette sterzare all'ultimo momento per non dover fare il giro lungo.

A giudicarsi dalle innumerevoli auto parcheggiate nel viale, molti del branco erano già arrivati. Il Pasura parcheggiò e scendendo seguì silenziosamente Logan verso il portico della casa di Corey.

Anche questa volta, non ci fu bisogno di bussare. I mannari avevano un udito talmente sopraffino che con tutte le probabilità li avevano già sentiti quando avevano imboccato l'inizio della via. Glenn gli aprì la porta con già due birre a portata di mano e nessuno dei due mannari rifiutò l'invito a scolarla. «Ben arrivato White, aspettavamo te per iniziare.»

Amos stappò la birra assaporandosi il primo sorso. «Il mio solito culo.»

L'altro Pasura sorrise. Lo trovava divertente per quanto fosse un tipo ostile e minaccioso. «Corey è in salotto.»

Glenn non dava l'idea di Pasura di un branco di pardi. Aveva l'aria gentile e non sapeva imporsi a dovere. Amos ancora non riusciva a capire per quale motivo Damian lo avesse scelto come sua guardia, non aveva carattere e più di una volta aveva messo in condizione lui e Corey di intervenire per dargli manforte.

Un palle mosce non può essere un Pasura.

Non appena varcarono la soglia della sala, molti mannari presenti si alzarono in piedi in segno di rispetto. Amos era conosciuto, temuto ma soprattutto rispettato. Quel riguardo se l'era sudato con fatica e dimostrando in varie occasioni che un tipo come lui non si sarebbe certo fatto problemi a buttarsi nel fuoco per il branco. Era uno che non si tirava indietro, mai.

Gli altri pardi lo prendevano d'esempio e molto spesso si era trovato a dover far fronte alle innumerevoli domande da parte di giovani mannari che volevano seguire le sue orme. Cosa che lui gli sconsigliava energicamente.

Essere un figlio di puttana coi fiocchi non era poi così tanto figo. A lui riusciva bene, era nella sua natura ma non poteva di certo ritenersi qualcosa di tanto invidiabile.

Alzando la birra salutò tutti i presenti e dopo l'ennesima sorsata la posò sul tavolino al centro della stanza.

Corey gli fece segno di sedersi ma Amos scosse la testa. «Ti ho aspettato così potevi ragguagliarli sulla riunione di questa mattina.»

Al Pasura scappò un sorriso che trattenne con uno sbuffo. Che stronzi infami. Lo avevano aspettato solamente perché era l'unico con abbastanza palle da dire veramente le cose come stavano. Senza giri di parole o indorare la pillola a nessuno.

«Ottimo. Allora direi che è arrivato il momento di rivelarvi il motivo per cui siete qui.»

Un ragazzetto alzò la mano, come a scuola. Amos lo segnò dandogli la parola. «È vero che son tornati i succhiasangue nel territorio?»

Il Pasura scosse la testa e incrociando le braccia al petto sentì il tessuto della maglia tirarsi nella zona bicipiti. Non era la prima volta che quella posizione gli costava qualche capo d'abbigliamento. «Il Magister dice che l'area del Michigan è pulita... e voglio credergli. Tuttavia,» Si mosse per la stanza, attraversandola a lunghe falcate. Camminare avanti e indietro mitigava il suo nervosismo, «oggi abbiamo perso un uomo, un fratello, un membro del branco... ma soprattutto un amico.»

Alcuni annuirono ma senza parlare.

«Stamattina mi sono svegliato con una chiamata del nostro Mithpala. E quello che mi ha detto non è stato per nulla divertente.» continuò osservando torvamente alcuni ragazzetti in fondo alla stanza che ridacchiavano tra loro.

I quattro si ammutolirono immediatamente e chinarono il capo. Non era bene far incazzare Amos, soprattutto quando parlava di cose serie come quelle.

Il Pasura si ravviò irrequieto i capelli. «Hanno ucciso uno dei nostri. Lo hanno mutilato e dissanguato. E come se non bastasse, lo hanno abbandonato nudo al limitare del bosco.»

Nella stanza si levarono brusii e ringhi. Uccidere un membro del branco era un affronto molto grosso per l'intera comunità. I pardi erano mannari molto uniti, anche per via del numero esiguo che rischiava l'estinzione nel Michigan. Fortunatamente, non in tutti gli Stati d'America erano così a rischio. Damian si era più volte messo in contatto con un branco del Minnesota e lì erano veramente numerosi.

Un uomo di mezza età alzò la mano e Corey gli fece segno, dandogli la parola. Funzionava così nel branco, erano i Pasura a dare parola agli altri pardi e la gerarchia doveva essere rispettata minuziosamente. Se qualcuno in queste riunioni ufficiali prendeva la parola senza permesso, veniva considerata una forte mancanza di rispetto. In questo caso il pardo che aveva arrecato l'offesa, doveva fare ammenda offrendo un tributo sotto forma di penitenza fisica.

Non era ancora mai capitato che qualcuno si macchiasse di simile affronto, motivo per cui i pardi erano considerati un gruppo unito e coeso. Damian era molto fiero del rapporto che si era sviluppato all'interno del suo branco, spesso confrontandosi con altri capobranco di altre razze mannare si era ritenuto molto fortunato.

L'uomo si schiarì la gola con un colpo di tosse. «Per quale motivo dei vampiri o dei cacciatori dovrebbero mutilare un mannaro? Solitamente prendono un dente quando siamo ancora in forma animale e poi ci uccidono.»

Ottima domanda. Questi cacciatori avevano un modus operandi differente dagli altri. Amos annuì consapevole che avevano poche informazioni per trarre conclusioni. Inoltre non avevano potuto esaminare il corpo e quindi molti elementi erano loro sconosciuti. «I cacciatori non lavorano tutti nello stesso modo, quindi non sappiamo se questo gruppo si diverte a prendere altre parti di corpo come trofeo. Purtroppo se volessimo studiarli maggiormente, dovremmo attendere che qualcun altro di noi muoia... e non credo sia la soluzione migliore.»

A Corey sfuggì un ringhio, basso e controllato poi si spostò per la stanza con agitazione. La morte di Harry lo aveva sconvolto e tutto ciò che voleva ora, era vendetta. Fissò tutti i presenti e una fitta di rabbia lo travolse. «Damian ci ha incaricato di creare dei gruppi per pattugliare la zona. Quindi ci divideremo in tre squadre, capitanate da noi Pasura. Ora, è importante rendere i territori sicuri.»

I pardi annuirono. Alcuni di loro ringhiarono. La tensione dentro la stanza era palpabile. I poteri erano a fatica trattenuti.

Glenn iniziò così a dividere i gruppi. Prima si sarebbero mossi, prima avrebbero trovato quei cacciatori e ristabilito l'ordine.

Un giovane ragazzo in fondo alla stanza abbassò la testa oscillando nervosamente sulla seggiola su cui era seduto, per tutto il tempo della riunione non aveva staccato lo sguardo da Amos. Quest'ultimo se n'era accorto e mentre Glenn faceva le squadre gli si era avvicinato. «Ehi Travis, tutto okay?»

Quando il pardo alzò lo sguardo, Amos comprese subito che c'era qualcosa che non andava. Aveva le pupille dilatate e tremava. Scosse la testa cercando di parlare e a quel punto il Pasura si abbassò su di lui appoggiandogli le mani sulle spalle. «Travis, parlami. Se non mi parli, non posso aiutarti.»

Il ragazzo scoppiò a piangere attirando l'attenzione di tutti gli altri mannari. Scosso interamente dai tremiti, cercò di asciugarsi il naso con il dorso della mano. Le lacrime gli rigavano il viso. «Io – io non volevo scappare. Non volevo lasciarlo lì da solo ma,» singhiozzò rumorosamente «quelli stamattina sono sbucati dal nulla.»

Amos strinse la presa sulle sue spalle fino a farlo gemere dal dolore. «Quelli chi?»

Travis alzò lo sguardo incontrando quello del Pasura e altre lacrime gli rigarono il viso. «C'erano degli uomini nel bosco, stamattina. Io e Mason eravamo andati a correre, come tutte le mattine.»

«Mason, tuo fratello?»

Il pardo annuì. «Sì... è solo che» non riuscì a terminare la frase perché si coprì il viso con le mani e crollò a piangere disperato.

Dannazione, erano così giovani... a malapena arrivavano ai quindici anni.

Amos si voltò verso gli altri due Pasura e ringhiò incazzato. «Cerchiamo Mason.»

Fu un ordine così netto e imprescindibile che tutti si alzarono e uscirono di casa. Si sarebbero trasformati e sarebbero andati nel bosco a cercare il ragazzo.

Quando tutti si allontanarono, lui si concentrò sul pardo che continuava a piangere scosso sulla sua seggiola. Allentò la presa nelle spalle, lo stava stritolando e cercò di usare il tono più gentile che conoscesse. «Travis, mi devi aiutare a cercare tuo fratello. Devi portarmi dove vi hanno aggredito. Pensi di potercela fare?»

Travis annuì e si alzò dalla sedia. Sudava freddo.

Era solo un ragazzino, cazzo, solo un ragazzino.

Quando uscirono dall'abitazione attraversarono la strada, raggiungendo gli altri ragazzi che si stavano spogliando integralmente pronti per iniziare la trasformazione. Amos lo lasciò e si iniziò a sua volta a togliere la camicia restando a petto nudo. Forse avrebbero fatto meglio a lasciare gli abiti in casa di Corey, abbandonati così attiravano troppo l'attenzioni. «Mettete tutto sotto i cespugli, vorrei evitare che qualcuno li vedesse dalla strada.» disse il Pasura dando il buon esempio. Anche gli altri misero i vestiti tra le fratte.

Ora che era completamente nudo, poteva lasciar libero sfogo alla bestia in lui.

Appoggiò una mano contro il tronco di un albero e inspirò a fondo sentendo la bestia risalire a galla come se emergesse da un lago. La prima cosa a mutare furono occhi e unghie. Le ultime, divenute ormai artigli, affondarono nella corteccia dell'albero mentre le nocche delle dita si rompevano per allungarsi e assumere una forma più animalesca.

Il dolore lo travolse, irradiandosi in tutto il corpo. Amos venne percorso da un brivido e si accasciò in avanti, con il petto premuto contro il tronco, cercando di respirare lentamente e accogliere la bestia come meglio poteva. Più faceva resistenza, più la trasformazione sarebbe stata dolorosa.

Era come se qualcuno lo colpisse nelle articolazioni con una mazza da baseball, spaccandogli le ossa che subito si risaldavano in posizioni differenti da quelle di un normale essere umano. Sentì i muscoli lacerarsi, allungarsi mentre la pelle si dilaniava, spaccandosi in più punti e secernendo un liquido vischioso.

Gli artigli di Amos affondarono nel tronco dell'albero mentre digrignando i denti tratteneva un ringhio disumano. Con la schiena inarcata le ossa della cassa toracica si appiattirono per uniformarsi alla figura longilinea del felino.

La pelle vistosamente squarciata, lasciava intravedere il manto fulvo della bestia che lentamente e in maniera angosciante si stava facendo strada per venire a galla.

Il pasura ansimò rabbiosamente e scrollò la testa. Subito la pelle del viso si spaccò e dei tremiti lo iniziarono a scuotere interamente.

Mentre Amos arrancava verso il bosco, i compagni ormai erano totalmente mutati. Chi aveva iniziato il cambiamento prima di lui, ora stagliava fiero nella sua forma animale.

Il giovane crollò in avanti e alzò il volto al cielo. La mandibola si dislocò, i condili fuoriuscirono dalle fosse genoidee e il viso ben presto cambiò aspetto allungandosi fino a diventare un muso animale.

Pian piano dalla pelle lacera iniziò ad affiorare la bestia. Il manto contrassegnato da macchie nere su un fondo di peli giallo pallido spiccò nel sangue e nel vischioso liquido della trasformazione.

Il pasura digrignò i denti e quando la natura mannara esplose, l'epidermide umana si disintegrò in una deflagrazione. I brandelli schizzarono ovunque, disperdendosi nel bosco. Il felino scrollò il corpo slanciato liberandosi degli ultimi pezzi del se stesso umano. Quando si voltò verso i compagni gli occhi gialli e felini scintillarono.

Un enorme gruppo di leopardi mannari era fermo al limitare del bosco e sembrava perfettamente a proprio agio, nonostante la loro presenza lì discordasse enormemente con l'effettiva zona geografica in cui avrebbero dovuto essere. Se qualcuno li avesse visti, avrebbe immediatamente registrato qualcosa di anomalo.

Alcuni di loro si sgranchirono allungandosi e arrampicandosi sugli alberi. I muscoli pettorali ben sviluppati gli consentivano di scalare i tronchi con estrema facilità. Era nella loro natura di predatori. Erano bestie imponenti e più grosse degli esemplari esistenti in natura. Per un cacciatore di mannari era molto più facile riconoscere un animale vero da un mannaro, poiché questi ultimi avevano una stazza maggiore dei primi. Nonostante queste differenze sostanziali nella grandezza, un occhio inesperto non avrebbe registrato alcuna discrepanza, credendo di trovarsi semplicemente di fronte ad un esemplare più massiccio.

Amos si guardò attorno e annusò l'aria. Il pungente odore del bosco risvegliò la sua parte bestiale e si lasciò sfuggire un ringhio basso e prolungato.

Travis si avvicinò, anche lui a sua volta trasformato. Visto la sua giovane età, ancora trovava difficile comunicare con il branco tramite telepatia. Era così che i mannari si parlavano tra di loro in forma animale.

Facile, veloce e intuitivo.

Quando il pasura incrociò il suo sguardo felino, cercò di connettersi con la sua mente. Nei pensieri del pardo si stavano susseguendo alcune immagini di quella mattina: una roccia ricoperta da muschio, un tronco di un albero caduto, lui e Mason che correvano nel bosco in forma animale provando a superarsi a vicenda poi qualcuno spuntò da dietro un albero con delle pistole, partì un colpo e Mason crollò a terra.

Le immagini cessarono di riprodursi nella mente di Travis, il giovane fissò il Pasura con sguardo affranto e scattò in avanti verso il bosco.

Senza perdere tempo, sia Amos che gli altri lo seguirono, fiutando il suo odore per non perderlo di vista. Il pardo si muoveva con precisione, schivando arbusti e grossi cespugli. La loro natura predatoriale li rendeva veloci e letali. Riuscivano a raggiungere i sessanta chilometri orari correndo ed era proprio quello che stava facendo il branco in quel momento.

Amos scattò di lato balzando oltre un tronco caduto. Travis continuava a correre, dirigendosi in un punto preciso. Nella sua testa il pasura continuava a vedere le immagini disconnesse dell'aggressione che aveva subito quella mattina insieme al fratello. Gli uomini che li avevano attaccati erano cinque.

Corsero a lungo e a perdifiato. Senza fermarsi.

Travis inchiodò virando a destra e il pasura gli restò dietro. Un penetrante odore di sangue arrivò alle narici di Amos che fu scosso da un fremito. Era sangue di pardo.

Un attacco di rabbia lo travolse a tal punto che emise un verso raschiato, simile ad una sega che taglia il legno. Gli altri componenti del branco si unirono in coro a quella manifestazione di dolore.

Quando arrivarono sul posto, ciò che ne restava di Mason era ben poco.

Mason aveva solo tredici anni, ed era morto. Morto nel peggiore dei modi.

Dagli occhi di Travis colarono due grosse lacrime che si infiltrarono nel pelo, perdendosi. Il pardo si avvicinò al viso del fratello e uggiolando abbassò il muso nell'incavo del suo collo inspirando l'odore della sua pelle ormai fredda poi scoppiando in tremiti, lasciò libero sfogo alle lacrime.

Il dolore si estendeva dal corpo dell'animale invadendo l'intero branco. Era come una colata di potere gelido che inavvertitamente coinvolgeva anche gli altri. Tutti si strinsero attorno al cadavere del ragazzo, era una scena così macabra che alcuni di loro a malapena potevano dire di averla vista in qualche film horror.

Dopo aver lasciato a Travis un attimo di privacy col fratello, Amos avanzò verso il corpo e quando vide il livello di violenza, i canini stridettero nella sua bocca da tanto che digrignava i denti. Avrebbe voluto correre per tutto il bosco alla ricerca di quei cinque figli di puttana. Li avrebbe voluti sotto i suoi artigli e vittime delle sue fauci ma rimase immobile e fissò quel corpo cercando di registrare ogni minima informazione.

Il suo ruolo di pasura ora doveva prevalere. Nonostante una furia cieca lo scuoteva nel profondo, Amos doveva dare esempio di lucidità all'intero branco e dimostrare che era all'altezza del livello gerarchico che ricopriva.

Mason aveva gli occhi sgranati e fissi in una espressione di puro terrore. Il corpo contorto in una posizione innaturale era stato privato di entrambi gli arti superiori. In quel mare di sangue, il Pasura riusciva a distinguere le teste degli omeri che stagliavano bianche tra i lembi di carne.

Cristo, non avrebbe mai dimenticato quel macabro spettacolo.

Le gambe erano piene di sonde per prelievi. Le avevano infilate in ogni vena visibile, perfino nei piedi. Amos era certo che se ci fossero state ancora le braccia, ne avrebbero trovate a decine anche lì. La pelle era violacea in tutta la parte bassa del corpo, quella a contatto con il terreno.

Una delle cose che impressionò maggiormente il gruppo furono le due voragini che deturpavano crudelmente il corpo del giovane. Si trovavano una all'altezza del petto e l'altra del pube. Pene e testicoli erano stati amputati.

Amos dilatò le narici e inspirò a fondo. Doveva mantenere la calma. Nonostante i muscoli irrigiditi e i denti digrignati cercò di fare un passo avanti per ispezionare meglio il corpo prima di lasciare che la polizia lo trovasse.

Si sentiva un fascio di nervi.

Abbassò il muso annusando il cadavere. Il fetore della morte gli entrò dritto nella cavità nasale e istintivamente emise un brontolio cupo e poco rassicurante.

Era incazzato... oh, Dio... se lo era.

Oltre all'odore ferruginoso del sangue e quello muschiato del bosco, c'era una nota stonata in quel mescolarsi di fragranze. Un odore di vaniglia, così dolce e nauseabondo allo stesso tempo. Quel tanfo era impresso su tutto il corpo di Mason, come una sorta di firma. Subito si ritrasse starnutendo e scrollando il capo. Con una zampa si colpì il muso quasi tentasse di allontanare quel dolcissimo aroma.

Gli altri pardi osservavano silenziosamente la scena, nessuno si era avvicinato. Nemmeno gli altri pasura.

Consapevole che la sua forma mannara gli impediva di controllare il corpo a dovere, Amos decise di mutare nuovamente.

Doveva ispezionarlo. Non voleva ma... cazzo, doveva farlo.

Un brivido lo attraversò rapidamente facendogli accapponar il pelo. Il problema non era trasformarsi nuovamente in umano, ma cosa avrebbe dovuto fare una volta tornato tale.

Inspirò a fondo lasciando che la sua natura bestiale comprendesse che ora era il momento di acquietarsi e lasciare spazio alla sua parte umana. Dentro di lui quelle due metà del suo essere ingaggiarono una lotta fin quando la bestia comprese che ora non era tempo per lei e che avrebbe dovuto attendere ancora.

Affondò gli artigli nel terriccio del bosco e allargò le zampe sentendo una fitta risalirgli la schiena mentre la pelle umana ricresceva lentamente sul pelo riassorbendo la folta pelliccia della bestia. Il processo inverso di trasformazione non era meno doloroso di quello che lo portava a diventar animale.

Amos sentì le ossa spaccarsi nuovamente, i muscoli si tesero riprendendo la loro forma originaria. La pelle ricoprì il corpo ancora sospeso in una realtà di mezzo dove non era ne l'uno ne l'altro di se stesso.

Crollò in avanti sentendo il muso comprimersi e quando il respiro sembrò mancargli chiuse gli occhi trattenendo il grido sofferente che gli stava fermentando in petto.

Quando il dolore si placò, riaprì debolmente gli occhi e fissò il proprio corpo nudo imperlato di sudore, milioni di goccioline gli ricoprivano la pelle lucida. Le braccia ancora tese si rilassarono una volta che realizzò che la trasformazione era andata a buon fine. Si sollevò col busto restando in ginocchio nel terriccio e con ancora il fiatone si ravviò i capelli completamente grondanti.

Riprendendo fiato si allungò stirando i muscoli delle articolazioni e poi a gattoni raggiunse il corpo di Mason. Prima di toccarlo si umettò nervosamente le labbra, sentiva i palmi delle mani appiccicosi e le mani tremanti.

Deglutì nervosamente cercando di non pensare a cosa avrebbe dovuto fare poi con le dita sfiorò la pelle gelida del ragazzo.

Le braccia erano state recise con qualcosa di rudimentale, l'omero di una delle due presentava seghettature. Forse avevano usato uno strumento simile ad una sega. Il che implicava un processo lungo e doloroso.

Il pasura pregò in cuor suo che Mason fosse morto sul colpo, ferito dal foro in petto dell'arma da fuoco.

Quando scese a ispezionare il buco nel petto si morse con forza il labbro, cercando di trattener un turbinio di emozioni tra cui rabbia e disgusto. Inspirava rapidamente dal naso, cercando di mantener la calma.

Non riusciva a comprendere questo accanimento. I pardi erano un branco tranquillo, nessuno di loro era stato contagiato tramite morso ma erano tutti ereditari. Questo voleva dire che il branco era molto disciplinato e anche nelle lune piene non combinava casini.

Stringendo i pugni fino a far scrocchiare le nocche, deglutì nervosamente prima di apprestarsi a fare ciò che avrebbe popolato i suoi incubi per molti anni a venire. Non voleva farlo, dannazione, eppure non poteva tirarsi indietro.

Allungò la mano verso la voragine che si espandeva nel petto e la affondò rovistando dentro il corpo del cadavere. Ad ogni movimento corrispondeva un risucchio che gli stava lentamente facendo risalire la bile in gola. Doveva sbrigarsi o avrebbe vomitato. Sudava freddo.

Quando la ritrasse il sangue gli arrivava fino al gomito. Istintivamente si portò il dorso della mano alla bocca, quasi tentasse di ricacciare indietro i conati. L'odore ferruginoso del sangue gli risalì le narici e Amos strinse i pugni rabbiosamente. Chinò la testa e colpì con rabbia il terreno, mentre gli altri lo osservavano immobili.

Quando alzò lo sguardo verso Travis una fitta al cuore lo sopraffece. «Mason non ha» la voce gli morì in gola. Era un ragazzino, Cristo... un ragazzino. «Mason non ha più nessun organo interno.»

Il silenzio calò come una scure. I pardi chinarono i capi e proruppero all'unisono in un violento ruggito che si trasformò in bruito.

Bruirono a lungo, lasciando vibrare le corde della gola. Il pasura venne percorso da un brivido. Affondò le dita nel terreno, arpionandolo con furia. Dentro di lui la consapevolezza di non aver salvato quella giovane vita diventò un peso insormontabile. Era anche colpa sua se ora quel ragazzino era morto.

Fottuti cacciatori del cazzo. Li avrebbe presi, non ne sarebbe sopravvissuto nessuno.

Gli occhi scintillarono di un giallo accesso, strinse i pugni e digrignò i denti iniziando a tremare nel vano tentativo di placare la sua furia. Sentiva la bestia ruggire nelle profondità del suo essere, pronta per uscire e uccidere.

Uccidere senza pietà.

Corey si avvicinò strofinando il muso contro la sua spalla e nell'incavo del collo. Lo colpì più volte con la testa, quasi tentasse di sollecitarlo a riprendersi.

Amos rilasciò l'aria con un respiro tremulo e dopo aver riacquistato un po' di autocontrollo si alzò in piedi e decise di impartire degli ordini. «Annusate il cadavere per imprimervi nella mente l'odore che hanno lasciato sul corpo i cacciatori. Ci servirà per seguire delle piste.» Si umettò nervosamente le labbra. «Torniamo a casa di Corey, dobbiamo avvisare Damian.»

Con un gesto nervoso si passò la mano pulita sulle spalle. Improvvisamente sentiva freddo. Lo sguardo gli cadde su Travis, ancora immobile vicino al fratello. Vederlo in quella condizione lo fece sentire un vero schifo. «Devi mutare e tornare a casa. Devi dirlo ai tuoi e... e chiamare la polizia per denunciare la scomparsa di Mason.»

Si sentì un vero figlio di puttana ad usare quel tono autoritario proprio in un momento così fragile del branco, eppure doveva. Era questo il suo compito. Era per questo che Damian aveva scelto lui e non qualcun altro.

Nessuno sarebbe riuscito a pensare lucidamente di fronte al corpo seviziato di quel ragazzino. Nessuno tranne Amos.

Ringhiò prima di muoversi verso la casa del compagno. «Forza.» Doveva vestirsi e prendere il cellulare per fare una chiamata al Mithpala.

Doveva dirglielo lui.

Era compito suo.

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