CAPITOLO 15
Aveva pianto per tutto il tragitto, guidando con gli occhi annebbiati dalle lacrime. Quando aveva parcheggiato davanti casa, era rimasta per un po' ferma seduta al volante e lo aveva colpito con talmente tanta rabbia che si chiedeva cosa potesse avergli fatto di così tremendo da meritarsi quel trattamento.
Solo quando si era sentita un po' meglio era scesa dall'auto cercando di riprendere il controllo sulla propria sanità mentale.
Tirando brevemente le somme della sua dannata vita sentimentale, si era inevitabilmente infatuata dell'unico uomo che non avrebbe potuto frequentare dato che la propria migliore amica ne era irrimediabilmente innamorata.
Gli occhi le tornarono cangianti, il blu divenne quasi luminoso. Agitarsi non le sarebbe servito, non più. Non poteva veder Amos. Non poteva frequentarlo.
Avrebbe voluto tantissimo... quel tizio la portava a livelli di eccitazione che lei non aveva mai provato in tutta la sua vita, eppure... anche se non era fidanzato era in qualche modo occupato.
Occupato da Victoria.
In un moto di stizza sferrò un calcio alla ruota della propria auto. «Brutto bastardo schifoso.» L'insulto era tutto per Amos. In realtà, non era colpa sua se Victoria ci era rimasta sotto e se dopo tutto quel tempo ancora sperava di riconquistarlo però questa situazione le metteva dei paletti. Non poteva uscirci, Victoria era la sua migliore amica, non poteva farle questo.
Infilò la mano nella borsa alla ricerca delle chiavi quando una mano le strinse la spalla e lei si lasciò sfuggire un grido spaventato.
Fu una sorpresa voltarsi e veder Nick proprio davanti lei. Era in tenuta sportiva e aveva il viso imperlato di sudore. Nonostante tutto sorrideva. «Ehi, Marlene... che ci fai in giro a quest'ora?»
Vederlo fuori casa sua, le fece molto strano soprattutto perché lui abitava veramente distante da lì. Il primo pensiero della giovane fu che Nick in qualche modo la stesse controllando. Era assurdo ma in tutti quegli anni di lavoro fianco a fianco non aveva mai parlato della sua passione per il jogging. E insomma... uno che usciva alle tre di notte per correre, doveva esserne certamente un amante. Scosse un po' le spalle e decise comunque di non rispondere alla sua domanda. Non erano affari suoi. «Un giro, con amici.» Disse vaga.
Nick si limitò ad osservarla attentamente. Era vestita così sensuale che quegli amici avevano sicuramente un privilegio a cui lui poteva per il momento soltanto ambire. Quando era uscita con lui, era sempre stata impeccabile ma non così peccaminosamente erotica. «Sei bellissima stasera.»
Marlene arrossì e finalmente la sua stretta si serrò attorno al mazzo di chiavi. «Grazie mille, Nick. Devo salutarti però... è veramente tardi per me.»
Ma prima che potesse salire gli scalini che la separavano dal portone principale del condominio, Nick l'afferrò per un polso stringendola rudemente. Lo fissò allibita, sorpresa di quello scatto tanto rapido e soprattutto di quella presa così salda. «E te ne vai così?»
E in che altro modo avrebbe dovuto andarsene? La giovane non capì quella frase. Lasciò cadere lo sguardo sulla mano serrata attorno al suo polso e si stupì maggiormente quando si accorse che Nick non la lasciava. «Mi spiace Nick, mi piacerebbe restare a chiacchierare ancora un po' ma domani è una giornata pesante per me.» Non era vero ma, nuovamente, pensò che non fossero affari suoi.
Lui sorrise con la bocca, ma non con gli occhi. Quel sorriso le sembrò tutto fuorché sincero. «Ho guardato i turni. Domani hai il giorno libero.»
Le aveva guardato i turni? Marlene si accigliò. Non pensava di essere il fulcro d'interesse di Nick. Non fino a quel punto per lo meno.
Con uno strattone si divincolò dalla presa e si massaggiò automaticamente il polso indolenzito. Era la prima volta che Nick si prendeva quel genere di libertà nei suoi confronti e quel gesto non le era affatto piaciuto. «Lo so, questo non vuol dire che io non abbia molte altre cose da fare.»
«Esci con qualcuno?»
La domanda l'infastidì. Lei e Nick non erano nulla di concreto, solo due colleghi che erano usciti un paio di volte e a cui non era andata nemmeno bene. Non avevano nessuna storia e nessuna imposizione che gli vietasse di veder altri. «Sì, ho alcune commissioni da fare.»
Questa risposta infastidì molto il medico che si sistemò nervosamente l'orlo della tuta con un tiro scortese al tessuto. Odiava questo suo resistergli. «Ah, peccato. Allora direi che non hai proprio tempo per me.»
Marlene dal suo canto non lo capiva. Ad ogni uscita non cercava contatti di nessun genere con lei facendole dubitare perfino il proprio interesse e ora a quella risposta sembrava addirittura infastidito. «No, domani no. Ho promesso ad una mia amica di aiutarla col trasloco.»
Nessun uomo in vista. Questa cosa lo rasserenò molto. Forse aveva ancora qualche possibilità di conquistarla. «I traslochi sono molto estenuanti.»
Alla fata non le andava di restare un'ora fuori casa sua a parlare di un inesistente trasloco nel mezzo di una fredda notte di ottobre, così annuì svogliatamente. «Verissimo, infatti credo proprio di aver sbagliato star sveglia fino a quest'ora.»
Nick sembrò capir l'antifona e facendo qualche passo indietro le lasciò spazio per salire i gradini di casa. Marlene lo salutò gentilmente prima di entrare nel condominio e chiudersi la porta alle spalle. Ci mancava solo Nick in quella folle giornata.
Non appena chiuse il portone il medico afferrò il cellulare annotando qualcosa e facendo una chiamata. «Si? Sono io.»
Una voce al di là della cornetta gli impartì qualche ordine che a lui non piacque. Richiuse la chiamata con una parolaccia e fissò la luce nell'appartamento di Marlene accendersi. Aveva fretta di convincerla a seguirlo a casa sua.
Nel frattempo Marlene era entrata in casa e aveva salutato Peanut. Si stava svogliatamente spogliando quando il cellulare iniziò a suonarle freneticamente in borsa.
Appena lesse sul display il nome di Victoria, un brivido le fece desistere dal rispondere subito. Restò a fissare il cellulare per qualche attimo prima di prender coraggio a accettare la chiamata. «Pronto?»
«Marr? Sei arrivata a casa?»
L'amica sembrava tranquilla. La fata tirò un sospiro di sollievo. Forse non si era accorta della tensione che lei e Amos trasudavano. O forse sì e lei cercava solo d'illudersi del contrario. «Si, proprio ora. Mi son ritrovata Nick fuori casa.»
«A quest'ora? Ma che vuole?»
«Ah, proprio non lo so. Abita a molti isolati da qui. Era in tenuta da jogging.»
Victoria rise. «Ma chi, Nick? Non mi sembra proprio il tipo che va a correre a quest'ora della notte.»
Ad esser sincera, nemmeno a Marlene sembrava un tipo del genere eppure se l'era ritrovato davanti casa. Bizzarro, vero.
Dall'altro capo della cornetta, la mannara sospirò. «Ti volevo ringraziare per il regalo. È bellissimo. Proprio quello che avevamo visto settimane fa.»
Marlene sorrise. Era felice che l'amica avesse apprezzato il regalo. Non era facile comprare qualcosa a lei. «Speravo tanto ti piacesse... avevo paura te lo fossi già comprata.»
«Volevo ma non ho fatto in tempo.» Victoria si morse nervosamente il labbro. Non era per quello che l'aveva chiamata ma non sapeva come introdurre il discorso. «Senti, Marr... posso farti una domanda?»
«Certo.» Non era stupida. Sapeva perfettamente cosa voleva chiederle l'amica. Doveva solo mantener la calma. Certo, peccato che Amos e calma nella stessa frase erano assurdamente incompatibili.
«Come conosci Amos?»
Le avrebbe detto la verità. In fondo non c'era nulla di male nell'essere sincere, almeno sul loro incontro. «A dire il vero non posso dire di conoscerlo. È stato un mio paziente qualche giorno fa. È venuto in ospedale con una ferita alla mano che si era procurato sul posto di lavoro.»
Victoria strabuzzò sorpresa gli occhi. Niente storia? Niente sesso? «Tutto qui?»
«Sì. Stasera era la seconda volta che lo incrociavo. Non pensavo che il mondo fosse così piccolo a dire il vero.»
La notizia fece tirar un sospiro di sollievo alla mannara. Per lo meno Marlene non era una delle tante scopate di Amos. Non ancora. Conoscendolo, sapeva quanto poco ci metteva per far cambiare idea a qualche femmina. «Ecco, lui è... quel ragazzo di cui ti parlavo oggi.»
«Lo avevo capito subito vedendoti così avvinghiata.»
Victoria ridacchiò nervosamente «Ti ha infastidito?»
Marlene si morse la lingua. Non poteva dirle che per un attimo era stata accecata di gelosia. Oltre a non aver senso, sapeva che quella risposta l'avrebbe ferita. Quindi si limitò a dirle una mezza verità. «Un po'... ma solo perché temevo che ti saresti spogliata nuda davanti a me pur di sedurlo.»
A quella risposta l'amica scoppiò a ridere. Sì, forse aveva esagerato ma era brilla. Dopo la scarica di potere di Amos la sbronza le era completamente passata ed ora era lucida. Anche troppo lucida. Il ricordo della sua reazione l'aveva rabbuiata improvvisamente, di nuovo.
Si creò un gran silenzio tra le due, tanto che Marlene sentì quasi la necessità di spezzarlo con forza. Silenzio equivaleva a pensieri... e alle tre di notte, i pensieri non erano mai dei migliori. «Sei riuscita a farci qualcosa?» Non sapeva perché le aveva fatto quella domanda. Forse era pura curiosità o forse la sua stupida parte infatuata continuava a interessarsi a lui.
Victoria si lasciò sfuggire uno sbuffo. «Direi proprio di no. Si è incazzato.»
Marlene si raddrizzò ascoltando con più interesse. «In che senso?»
«Non saprei Marr, forse voleva provarci con te.»
Il volto della fata divenne subito un'escalation di colori. Le guance scottavano da quanto erano arrossite. Il pensiero che ora Amos avesse perfino il suo numero di cellulare, la agitava. Forse non l'avrebbe mai chiamata dopo quella sera. Ma se lo avesse fatto? «Con me? Ma non dir sciocchezze. Non ci pensare nemmeno.»
Victoria avrebbe tanto voluto non pensarci ma la reazione di Amos era stata così chiara che non c'erano molti dubbi da dissipare. Il velo di terrore che aveva letto nel suo sguardo quando gli aveva detto che Marlene era sua migliore amica, non l'avrebbe mai dimenticato. Era stata l'espressione di uno a cui manca la terra sotto i piedi. Per non parlare di quel ruggito che aveva lanciato prima di andarsene. Al ricordo le tornavano i brividi. «Tranquilla, era solo una curiosità la mia.» Sapeva di non poter incolpare l'amica per quello che era successo. Purtroppo però non riusciva a levarsi dalla mente la reazione di Amos. Sembrava molto più coinvolto di quello che avrebbe dovuto, considerando che si erano a malapena visti due volte. O così l'amica le voleva far credere.
Marlene era sicura che Victoria fosse gelosa o quantomeno sospettosa. Non sapeva come rassicurarla. In ogni caso, tra lei e Amos non era successo nulla di così compromettente. «Tesoro, tutto okay?»
La mannara si riscosse dai propri pensieri negativi. Doveva lasciarsi scivolare addosso quella serata. Doveva credere alle parole di Marlene. Forse l'interesse c'era solo da parte di Amos, in fondo l'amica non sembrava così coinvolta tanto che ne parlava tranquillamente. «Sì, scusa... ancora sento un cerchio alla testa per via dell'alcool.» Che scusa banale.
«Comunque è stata una bella festa. Son felice di esser riuscita a venire questa volta.»
Victoria sorrise. «Son contenta anche io, Marr. Ti ringrazio di esser venuta.» Oppure no. Magari se non fosse venuta, con Amos sarebbe andata diversamente.
La fata si lasciò sfuggire uno sbadiglio facendo ridere la mannara. «Scusa, son ancora in deficit di ore di sonno.»
«Ti lascio dormire allora. Notte, tesoro.»
Chiusero la chiamata come sempre, senza un saluto effettivo.
Marlene non era sicura di aver convinto Victoria con le proprie parole. Eppure c'era così poco da dire. Alla fine lei e Amos si erano visti effettivamente solo quelle due volte. Okay, non le aveva parlato del forte interesse che le aveva suscitato ma poteva benissimo non farlo. Avrebbe represso quell'interesse. Non avrebbe più pensato a lui. Mai più. O meglio... ci avrebbe provato.
Si allungò sul divano e subito Peanut le si accoccolò affianco. Accarezzò dolcemente la gatta e prima di chiudere gli occhi mandò un messaggino a Karen, sua sorella. La mancanza di casa era dovuta soprattutto a lei. Sin da bambine erano state inseparabili e ora la distanza si faceva sentire. Soprattutto quando la sua presenza sarebbe stata un'ancora di salvezza.
Karen rispose subito. Ti voglio bene anche io, Marr.
Ora poteva dormire serena.
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