CAPITOLO 12
Amos non voleva andare alla festa di Victoria ma le aveva promesso che avrebbe fatto un salto, in amicizia. In realtà non gliene fregava un cazzo di quella stupida festa. Ogni anno era pullulata da spocchiosi figli di papà con la puzza sotto il naso che non facevano altro che ostentare le loro auto sfarzose e tutti i loro fottutissimi vestiti di marca.
Ovviamente, nessuno preso coi propri soldi. Quelli nemmeno sapevano cosa voleva dire lavorare. Non certo come lui, che era stato abbandonato dal padre e si era dovuto rimboccar le mani fin da piccolo per portare avanti un'intera famiglia. Si era mangiato l'infanzia in un baleno e da unico uomo di casa, aveva dovuto assumersi responsabilità non adatte a un bambino di dieci anni. Aveva iniziato a lavorare a tredici.
Si era cercato di sistemare i capelli. Li aveva ravviati indietro con del gel. Non stavano proprio come si era immaginato ma sembravano meno ribelli del solito.
Quando si guardò con la coda dell'occhio allo specchio sorrise soddisfatto. Era un bel tipo. Indossava una camicia nera su dei pantaloni di pelle che gli fasciavano le gambe sottolineando i possenti muscoli delle cosce. Aveva un bel fisico, forse era per questo che le donne non gli mancavano. La vita stretta si allargava a V aprendosi su un ampio petto e spalle larghe. Il suo aspetto suscitava i pareri più discordanti.
Soddisfatto di ciò che lo specchio gli rimandava, uscì di casa salendo in auto e si avviò verso casa di Victoria.
Aveva passato il pomeriggio da Damian e avevano discusso molto su come muoversi dopo gli ultimi avvenimenti. Secondo il Mithpala, bastava pattugliare la zona con costanza, secondo Amos bisognava passare all'offensiva. Nonostante le discussioni accese, quel pomeriggio si era concluso con la solita presa di posizione di Damian.
Avrebbero dovuto fare delle cazzo di ronde.
Nemmeno aver dalla sua parte Corey e Glenn aveva fatto smuovere il Mithpala, che si era espresso con decisione e aveva dato il suo ordine definitivo.
Quando Damian partoriva queste decisioni prive di palle, Amos si incazzava follemente. Gli sembrava di star sotto un cazzo di smidollato.
Sicuramente il capo aveva le sue ragioni, solo che ad Amos entravano da un orecchio e uscivano dall'altro.
Mentre stava costeggiando il Herintage Park, notò un branco di mannari trasformati che si stava muovendo velocemente al limitare della strada. Inchiodò prendendosi degli insulti da quelli dietro e parcheggiò al bordo della corsia, scendendo per veder meglio.
Da dietro i cespugli uscì un giovane ragazzo, con ancora il petto nudo ma i pantaloni al loro posto. Le tigri mannare si stavano ritrasformando e rivestendo.
«Ehi, amico... chi sei?» domandò il ragazzo non appena si accorse di essere osservato attentamente.
Amos accennò un breve sorriso, gli occhi diventarono gialli e il ragazzo sembrò calmarsi. Forse temeva di esser stato scoperto. «Siete una pattuglia di Duba?»
A sentire il nome del loro Sumtrae il giovane annuì con una certa reverenza. «Sì, ci siamo fatti quattro ore di giri nelle zone boschive.»
«Avete trovato qualcosa?»
A quella domanda il giovane rispose con un'altra. «Tu chi sei?»
Il pasura a quel punto allungò la mano. «Amos White.» Non appena i due si strinsero la mano, Amos rilasciò la sua energia sul giovane.
Il potere del leopardo lo colpì in pieno petto costringendolo a piegarsi leggermente, come se qualcuno gli facesse pressione sulle spalle obbligandolo a inginocchiarsi. La stretta era così bollente che la mano sembrava andar a fuoco. La tigre si lasciò sfuggire un ringhio basso e doloroso. «John Carter... mi chiamo John Carter.» Si affrettò a dire.
Amos gli diede uno strattone riportandolo in piedi e gli lasciò la presa. «Ah, sei il poliziotto.»
John annuì febbrilmente stringendosi la mano e massaggiandosela con dolore. Chiunque fosse quel mannaro, aveva una massiccia dose di potere. Con quella presentazione, era chiaro chi dei due si sarebbe ritrovato a gambe all'aria in caso di scontro.
«Quindi? Avete trovato qualcosa?» Ripetersi non piaceva ad Amos. Era un tipo che se faceva domande, si aspettava risposte... e anche rapide.
«No. Ci era sembrato di trovare una pista ma seguendola non ci ha portato a nulla.»
«Questi figli di puttana devono avere un covo.»
«Sì, lo dice anche Duba.»
Per quanto il gruppetto di cacciatori attualmente sembrasse aver preso di mira solo i leopardi mannari, averli sul territorio del Michigan rendeva tutte quante le razze mannare a rischio.
«I miei inizieranno un giro a breve.» Guardò l'orologio. Erano le otto di sera, il cielo si era scurito e sicuramente i cacciatori sarebbero usciti allo scoperto per cacciare.
Damian aveva indetto un coprifuoco per i leopardi giovani e si era raccomandato con gli adulti. Quella sera molti sarebbero andati al compleanno di Victoria, questo era uno dei tanti motivi per cui Amos presenziava alla festa. Il suo interesse non si limitava solo al puro divertimento.
John accennò un sorriso, allacciandosi la camicia con disinteresse. Per i mannari il nudismo non era mai stato un problema, a fatica si imbarazzavano per questo. «Perfetto, speriamo che riescano a stanarli. Magari con il buio escono a cacciare.»
Amos trattenne un ringhio che gli uscì basso e minaccioso. «Speriamo... perché non vedo l'ora di sbranarli uno a uno.»
Il poliziotto venne percorso da un brivido. Quel mannaro lo inquietava. Duba glielo aveva descritto come un tipo particolarmente irritabile, arrogante e poco magnanimo verso chi metteva in pericolo la sua gente. Per un attimo si chiese come mai non fosse salito al potere, sapeva che il Mithpala era un altro eppure lui sembrava particolarmente propenso a essere un leader. Il ruolo gli sarebbe calzato a pennello visto l'aspetto minaccioso e la prepotenza con cui si poneva agli altri.
Prima di lasciare il gruppo di tigri ai loro affari, Amos sfilò una sigaretta dal pacchetto e se la accese meccanicamente. «Non so se Duba ve lo ha detto ma noi leopardi mannari vi siamo molto grati per questo aiuto.» Sollevò lo sguardo fissandolo in quello del poliziotto. Il giovane rabbrividì nuovamente a quel contatto visivo. Amos lo intimoriva.
Il pasura accennò un sorriso. Era divertente spaventare i pivelli. Aspirò a fondo la sigaretta e la gettò in terra risalendo sul pick up senza aspettare alcuna risposta da parte di John. Non c'era nulla da dire. Anzi, quel novellino doveva sentirsi fortunato... non aveva usato così tanto potere quando si era presentato.
La tigre rimase a osservalo mentre rientrava in carreggiata e si allontanava sino a diventar un puntino all'orizzonte. A quel punto tornò dai suoi.
La guida di Amos era lenta e svogliata. Se quel pomeriggio non avesse promesso a Damian di sorvegliare i mannari della festa, avrebbe volentieri fatto dietrofront.
Casa di Victoria era uno schiaffo in faccia alla miseria, inoltre definirla casa era decisamente riduttivo. Si trattava di una gigantesca villa, situata in una zona rialzata di uno dei quartieri più snob dell'intero Michigan. Ogni volta che Amos andava in quel posto, veniva assalito da un senso di disgusto. Tutta quella ostentazione lo faceva imbestialire.
I cancelli si aprirono automaticamente lasciandolo passare. Guidò per il vialetto ciottolato, parcheggiando il veicolo vicino ad altre lussuosissime auto scintillanti. Solo una di quelle, valeva quanto tutti gli stipendi della sua vita. Non se ne sarebbe mai potuta permettere una e a dire il vero, nemmeno ci teneva ad averla.
Non era un tipo materiale. Non gli fregava un cazzo di aver sotto il culo uno di quei gioiellini. Poi per come guidava, era meglio non possederne una. La sua guida aggressiva, aveva reso il suo pick up un vero reduce di guerra.
Quando raggiunse il portone fu stupito che ad aprirgli fu Logan e non uno dei tanti domestici della festeggiata. I due mannari si salutarono con un breve sorriso e il pardo si spostò abbastanza da far entrare il pasura.
«C'è la birra, vero?»
Logan scoppiò a ridere. «Certo, fratello. Credi che sarei qui se non ci fosse?»
Si spostarono nella zona cucina. Il piano di lavoro era disseminato di enormi tinozze piene di ghiaccio e bottiglie di birra ghiacciata. Amos ne afferrò una e aprendola con le mani ne sorseggiò subito il contenuto. Il liquido freddo che gli colò in gola lo fece rabbrividire e contemporaneamente sospirare. Non c'era cosa più buona di una birra fredda.
Si appoggiò svogliatamente al bancone e si guardò attorno. Decine e decine di fighetti con la puzza sotto il naso stavano ballando e ridendo come starnazzanti galline. Lo spessore intellettuale di quella festa era al pari di una pozzanghera. Non c'era nulla di divertente in quel mucchio di sfigati.
Inoltre, quel posto gli ricordava fastidiosamente il suo periodo passato insieme a Victoria. Non c'era posto di quella casa su cui non ci avessero scopato sopra. Al pensiero, gli venne un brivido di repulsione.
Ancora doveva capire cosa cazzo ci aveva trovato a quel tempo in quella femmina. Viziata, maleducata, supponente e per nulla affine col suo carattere.
Certo, sapeva scopare bene... ma non era bastato. Come sempre. Con lui non bastava solo quello.
«Ehi, amico... vado a farmi un giro.» Lo avvisò Logan, dileguandosi nella folla.
Amos annuì assorto nei propri pensieri. Non si aspettava di incontrare qualcuno di interessante quella sera. Il mondo dei fighetti, non era il suo mondo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top