CAPITOLO 1

Anche quella notte il Brums pompava la solita musica assordante. Nella pista gremita si scatenavano uomini e donne dai look più stravaganti. Lasciandosi trasportare dal ritmo, si strofinavano gli uni con gli altri emanando intense vampate di feromoni.

Amos storse il naso sorseggiando la sua quarta birra della serata. Osservare quel pullulare di vita lo metteva di cattivo umore. Aveva sempre odiato i posti troppo affollati. Specie se ad ogni passo rischiavi di venire abbordato da qualche umana troppo ubriaca per reggersi anche solo in piedi.

Al suo fianco l'amico Duba distese le gambe sul tavolino, spostando con il tacco degli stivali la pila di birre ormai scolate. I due erano restati per una buona mezz'ora ad osservare la pista, nessuno dei due aveva detto nulla e vista la loquacità di entrambi, a loro andava bene così.

Mentre Amos si accendeva una sigaretta, Duba tracannò l'ennesima sorsata di birra. «Hai sentito di Phillip?»

«La tigre del tuo branco?»

«Esatto. A quanto pare si è sposato.»

Amos emise una secca risata, lasciando penzolare a lato della bocca la sigaretta. «Povero coglione, non capirò mai questa smania di legarsi ad una sola sottana.»

Duba si colpì la gamba ridendo con gusto. «Dici bene, fratello.»

Proprio mentre i due ragazzi stavano per cimentarsi in una lunga discussione sul farsi incastrare o meno da una femmina, all'entrata del privè fece capolino Victoria.

Dall'alto del suo metro e settanta, Victoria era una giovane e procace donna sempre in cerca di dolce compagnia. Era stata per qualche mese un'ottima distrazione per Amos, peccato che non fosse riuscita a tenerselo stretto come avrebbe voluto. Avevano rotto ancor prima che lui si chiudesse per l'ennesima volta la zip dei jeans. Il bastardo aveva troncato nello stesso istante che lei aveva pronunciato le due fatidiche e temute paroline magiche.

La giovane annusò l'aria lasciandosi sfuggire un mugolio compiaciuto. «C'è un buon odore qui dentro.» Lasciò scoccare la lingua sul palato e sorrise con aria peccaminosa ad Amos che tentò di ignorarla.

Duba si alzò dalla poltroncina su cui stava sdraiato scompostamente e trattenendo la sua birra in mano fece l'occhiolino all'amico. «Ehi, bello, ci si vede.»

Amos alzò la bottiglia in saluto e si accinse a bere. «Fanculo, fratello. Fanculo.»

La tigre mannara se ne andò ridendo e lasciando i due soli nel privè. Victoria approfittò di quel loro attimo di intimità per sedersi nella poltroncina accanto ad Amos. Quella sera, come tutte quelle precedenti da un anno a questa parte, voleva tentare l'ennesimo approccio con il suo ex e magari riuscire finalmente a catturare ancora una volta la sua attenzione.

La giovane si scostò la lunga e liscia chioma bionda, sbattendo i candidi occhi verde smeraldo. Qualsiasi altro uomo avrebbe fatto carte false per stare almeno una notte nelle sue grazie ma non Amos. «Che programmi hai per stasera, dolcezza?»

Il ragazzo sospirò spostandosi nervosamente sulla poltrona, il tessuto della camicia gli fasciava le possenti spalle limitandone i movimenti e ricordandogli per quale motivo odiava indossare quella roba.

Che situazione del cazzo.

Aveva tentato di restare solo il meno possibile con Victoria, eppure lei non si era scoraggiata e aveva preso questa sua sfuggente natura come una sfida personale.

«Credo che finirò questa birra e me ne tornerò a casa.»

«Tutto qui? Avanti, dolcezza, mi immaginavo una notte folle.»

Amos inarcò il sopracciglio lasciando cadere il mozzicone di sigaretta dentro una delle birre vuote sul tavolino. «Immaginavi male.»

Victoria si sporse verso di lui, annusando il forte profumo che emanava. Era un misto tra aghi di pino e un prepotente odore maschile che la mandava su di giri ogni volta che lo aveva affianco. Istintivamente inspirando l'aria si lasciò sfuggire un breve sibilo felino. «Speravo di poterti offrire un po' di divertimento.»

Amos appoggiò la bottiglia di birra sul tavolino con un tonfo. «Speravi male.»

«Avanti, Amos, ti piaceva una volta.»

Gli occhi ghiacciati del giovane incontrarono quelli di Victoria. «Hai detto bene, una volta.»

La ragazza soffiò ferita. «Sei proprio un gran figlio di puttana.»

«Uno dei migliori, non posso darti torto.»

Se non fosse stata così tenacemente testarda, quell'ultima risposta sarebbe stato un ottimo segnale per farle levar le tende e invece, Victoria rimase al suo posto e allungò la mano passando le unghie sul braccio di Amos. Il cotone era teso nella zona dei bicipiti, così tirato allo stremo che sarebbe bastato un movimento sbagliato per far strappare le cuciture. La giovane era affascinata ed eccitata al contempo al ricordo delle scintille che avevano fatto sotto le coperte e il pensiero di quel corpo marmoreo totalmente nudo nel suo letto la fece nuovamente sibilare. «Lo sai che insieme saremmo formidabili.»

Amos alzò gli occhi al cielo. «No, Victoria... non posso darti ciò che tu vuoi.»

Lei si sporse in avanti cercando di catturare il suo respiro nel proprio ma il giovane indietreggiò contro lo schienale della poltrona per evitare che si avvicinasse troppo. «Non mi rifiutare.»

Senza aspettare la sua ennesima mossa, che ormai conosceva bene, Amos si alzò afferrandola per le spalle e spostandola quanto bastava per poter uscire da quella trappola che gli stava abilmente tessendo attorno «Va' a casa, Victoria... è tardi.» Detto questo, uscì dal privè camminando a passo sicuro verso l'uscita del Brums.

Mentre attraversava il locale si lasciò invadere dal profumo dei corpi avvinti l'uno all'altro, del sudore traboccante in soffici goccioline sulla pelle e dal forte e pungente odore di feromoni liberatori che aumentavano la carica sessuale di quel posto.

Un brivido lo scosse dal profondo, nulla di quel caos lo allettava.

Con la coda dell'occhio intercettò l'amico Duba che si stava lavorando una tipa in un angolo del Brums. Gambe e braccia avvinghiati fino a fondersi. Era umana.

Amos accennò un breve sorriso prima di ricercare nel pacchetto l'ennesima sigaretta.

Che vizio del cazzo.

Quando varcò l'uscita una pungente freschezza notturna gli pizzicò la pelle del viso, contemporaneamente colpì con una spallata qualcuno e senza rendersene conto venne investito dal suo profumo.

Fu costretto a sorreggersi all'arcata della porta, inspirando a pieni polmoni. Quell'odore lo aveva travolto come una secchiata d'acqua fredda e non riusciva a riprendersi. Non aveva mai sentito nulla di così delicato e allo stesso tempo persistente. Nulla di tanto fresco e allo stesso tempo avvolgente come una coperta.

Socchiuse per un breve attimo gli occhi cercando di riprendersi da quell'assalto e si voltò per veder chi potesse emanare un odore così buono ed eccitante.

La soglia del locale era però stipata di gente e in quella folla riconoscere la persona che aveva colpito diventava un lavoro troppo grande per il suo interesse.

Si staccò dalla porta accompagnando alla bocca la sigaretta, la mano tremante lo sorprese. Quello scontro a fine serata lo aveva profondamente colpito e nel tragitto che lo separava dal suo pick-up non riuscì a pensare ad altro se non a quell'aroma così eccitante.

Abbassò lo sguardo sui pantaloni e un leggero rigonfiamento gli fece scuotere la testa con rassegnazione. «Devi scopare» borbottò a se stesso con rimprovero.

Erano diversi giorni che nonostante la persistente voglia non aveva trovato tempo di sfogarsi a dovere. Di certo non sarebbe andato con Victoria. Eppure le donne non gli mancavano.

Non appena salì sul suo pick-up si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Anche quella giornata di merda era finita. Dopo aver passato dieci ore al cantiere, era andato comunque a fare un salto al locale per salutare la compagnia ma quella sera aveva trovato soltanto Duba. Non che gli dispiacesse, la compagnia della tigre mannara era quello di cui aveva bisogno quella sera. Due tizi taciturni che bevono in compagnia.

Guidare fino a casa non fu un grosso problema, il Brums non distava molto da dove abitava. Svoltò a sinistra imboccando la Royal Avenue e quando arrivò a metà del viale parcheggiò nel vialetto di casa, davanti al garage. Quella sera non aveva nemmeno voglia di mettere dentro il pick-up.

Si trascinò sul portico con stanchezza crescente, frugò nelle tasche e quando trovò le chiavi aprì il portone svogliatamente lanciando il mazzo sul divano e chiudendo la porta con il tacco della scarpa.

La prima cosa che fece fu togliersi la camicia, lasciandola cadere in terra. Si passò le mani sul petto glabro alzandole sopra la testa e allungandole. Bicipiti e tricipiti guizzarono dilatandosi mentre entrambe le teste dell'omero schioccavano rumorosamente.

Fanculo, finalmente libero.

Mentre si lasciava cadere sul letto sopraffatto dalla stanchezza della giornata, si fissò con lo sguardo nel lampadario ad eliche e il suo pensiero tornò a quel profumo. Gli era rimasto impregnato nelle narici ed ora non riusciva a levarselo dalla mente.

C'era qualcosa di accattivante ed estremamente gustoso in quel profumo. Si passò una mano sul ventre e sospirò chiedendosi a chi potesse mai appartenere un odore tanto piacevole.

Per un attimo s'incolpò di non aver approfondito la questione.

Gli sfuggì un sospiro prima di socchiudere spossato gli occhi. Quell'odore... quell'odore così eccitante... quell'odore così sensuale.

Non l'avrebbe dimenticato tanto facilmente.

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