CAPITOLO 40

Le mani di Bröna tremavano. Le ragazze erano tutte riunite in camera sua. Sedute sul letto. Aspettavano. Tutte tranne Vell. Lei si era barricata in camera da quella mattina e non c'era stato modo di tirarla fuori.

Bröna strinse il cellulare e cercò il numero nella rubrica. Quando la chiamata partì per poco non lasciò cadere il telefono.

Uno squillo. Due. Tre.

C'era un silenzio pesante a far loro compagnia. Nell'aria si respirava angoscia.

«Pronto.» Era lui. Marius.

A Bröna si torse lo stomaco. Cercò lo sguardo di Dakota che con un cenno del capo la invitò a parlare. «Sono... sono io...» balbettò. «Bröna King.»

Silenzio. Lungo, opprimente, spaventoso. Per poco non fu tentata di richiudere la chiamata.

Poi dall'altra parte si udì un respiro pesante. «Sapevo che non mi avresti deluso, difettosa...»

Difettosa. Lei. Lo aveva sempre pensato, sempre saputo. Ora ancor di più.

Brividi. Bröna fece un respiro e parlò ancora. «Arthur starà via alcuni giorni... quindi...» Strinse il telefono e le lacrime presero a correrle lungo il viso. Non voleva farlo. Dannazione. Dakota le strinse una spalla, incoraggiandola. Lei scosse il capo ma poi parlò: «Quindi puoi venire a prendere Vell e le ragazze» lo disse tutto d'un fiato, liberandosene il prima possibile. Alla fine, lo aveva fatto. Le aveva vendute. Come da accordi.

Marius sbuffò una risata. «Come ci si sente a essere delle schifose traditrici?»

Naomi si morse il labbro, obbligandosi a tacere. Avrebbe tanto voluto strappare a Bröna il cellulare di mano e insegnare a Marius delle nuove parolacce di cui probabilmente non conosceva nemmeno l'esistenza.

«Va' al diavolo» sibilò Bröna.

Lui rise. «Oh, tranquilla... ci andrò volentieri. Tu intanto goditi pure tutte le attenzioni del tuo fratellone... finché dura.» La chiamata si interruppe e Bröna lanciò il cellulare lontano, con un grido, con rabbia.

Dakota le circondò le spalle con un braccio posandole un bacio sulle tempie. «Brava. Hai fatto quello che andava fatto. Te lo avevamo detto noi, tranquilla... te lo avevamo detto noi.» La strinse, cercando di mitigare i suoi fremiti. «Ora li aspetteremo... e ci faremo portare da lui.»

Gli occhi di Naomi scintillarono di giallo. «Già. E poi gli strapperemo il cuore dal petto e glielo ficcheremo in culo. Oh, sì... lo ammazzeremo proprio come un cane.» Si infilò una sigaretta tra le labbra e se l'accese. «Ha fatto incazzare l'harem sbagliato.» 

«Questa volta tocca a noi proteggere Arthur.» Phoebe gli sfilò la sigaretta prendendone una boccata. Si lasciò cadere sul letto e con la mano libera cercò quella di Cearra intrecciando le dita alle sue.

Tutte le leonesse annuirono convinte, serie. Lo avrebbero fatto. Era deciso ormai.

Solo che Bröna si sentiva comunque in colpa, responsabile, spaventata. Si strinse i gomiti. Aveva freddo. Era sfinita, stanca. Vecchia. Le sembrava essere invecchiata anni luce negli istanti di quella breve chiamata. «E Vell?» La odiava ma non poteva fare a meno di pensare che meritasse una scelta anche in quella situazione.

Dakota si staccò da lei. «Andrò a parlarle adesso. Se vuole restare con noi per farsi prendere e poi andare a uccidere Marius, ben venga. Altrimenti è meglio se scappa via subito... non sappiamo quanto tempo abbiamo prima che arrivino i suoi uomini a prenderci.»

Bröna annuì e fissò un punto lontano della stanza. Non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione spiacevole, quello spaventoso presentimento.

Starò via poco... solo un paio di giorni, leannan...

Leannan...

Leannan...

E allora perché era convinta che quei giorni di lontananza sarebbero stati molti di più?

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