CAPITOLO 23
Vell venne tirata indietro, sbattuta sul pavimento mentre tentava di afferrare la maniglia del bagno per aprire la porta. Il colpo fu di una tale intensità da sentire una lancinante fitta al petto che le tolse perfino il respiro. Non riuscì nemmeno a gridare, la voce le morì in gola e dalla laringe s'irradiò un bruciore acuto che la costrinse a deglutire. Faceva male. Faceva paura.
«Il capo sarà felicissimo quando la vedrà» gongolò il primo sinnal, piegandosi sulle ginocchia e afferrandole il viso con una mano. «Non immagini quanto gli manchi.»
Vell si cercò di sottrarre alla presa, il disgusto per quel tocco le faceva venire voglia di vomitare. La paura accentuava ogni sensazione come le casse di un amplificatore.
Con uno strattone venne afferrata per un braccio, risollevata da terra e spinta contro il lavandino. La sua immagine riflessa nello specchio era quella di un fantasma, il colore era sparito dal suo volto lasciandola dinanzi al guscio di se stessa. Si sentiva catapultata indietro di settimane, quando ancora era tra le mura della villa di Marius e stentava a vivere.
«Quelle iene del cazzo hanno ottenuto solo un po' di informazioni inutili torchiando quel ragazzino... davvero ridicoli!» disse il più vicino, alitandole sul collo fino a farla tremare. «Peccato che il moccioso non fosse a conoscenza di questa festa. Noi l'abbiamo scoperta per puro caso chiacchierando con un paio di umani rinchiusi come noi in qualche bettola a scolarsi scotch.»
Vell strinse le mani sul lavandino cercando di fare leva sulle braccia per darsi la spinta necessaria e liberarsi dalla presa del sinnal. L'altro però fu previdente e afferrandola per la vita la bloccò contro il proprio corpo ingabbiandola in una stretta da cui difficilmente sarebbe sfuggita. «È stato un giochetto da ragazzi intrufolarci qui. Non hanno nemmeno un servizio di sicurezza come si deve... luridi umani. Son più ingenui di quanto credessimo.» Con la mano libera tracciò una scia lungo il corpo della leonessa, accarezzandole il fianco fino a risalire verso la gola, che strinse fino a strapparle un rantolo. «Non immaginavamo nemmeno fossi tanto sciocca da venire in un posto così agibile. Pensavamo quasi sarebbe stato un buco nell'acqua... e invece...» Lasciandola di scatto la spinse in terra. Vell incespicò nelle pieghe del vestito, finendo col rotolarsi nel mare di raso e tulle. Cercò di risollevarsi sulle mani ma il tulle sotto i palmi la fece scivolare con il viso in avanti, batté il mento e mentalmente imprecò.
«Se – se mi lasciate andare... vi darò più denaro di quanto vi ha promesso Marius» farfugliò, ancora stesa in terra. A dir il vero lei non aveva un soldo ma era certa che Arthur sarebbe stato ben disposto a sganciare una quota abbastanza elevata pur di tenerla al sicuro. «Tantissimo denaro... davvero tantissimo.»
Più offriva, conscia che non aveva nulla; più si convinceva che Arthur avrebbe accettato la cifra di buon grado. Di lui ormai si era fatta un'opinione: i soldi non valevano nulla a confronto degli affetti. E lei era sicura di essere entrata tra questi ultimi.
In qualche modo poi si sarebbe sdebitata.
Anche perché in quel momento non le veniva in mente idea migliore se non corromperli.
Uno dei sinnal sghignazzò e le rivolse uno sguardo carico di pietà. Vederla lì in terra, arrotolata nel proprio vestito e con lo sguardo liquido di terrore la rendeva al pari di una bestiola. Si abbassò su di lei a elargirle una carezza pari a quella che avrebbe dato a un cane. «Mi dispiace ma non credo che tu riesca a darci quello che ci è stato promesso.»
L'espressione di Vell si sgretolò, tornando ricolma di paura. Se un attimo prima le era passata in mente la fugace speranza di riuscire a convincerli, con quell'affermazione le avevano rotto ogni precaria illusione. «Ma – ma io ho i soldi... tanti soldi.» Quella bugia stridette così fortemente nelle sue parole che lei stessa stentò a crederci.
Il sinnal chino su di lei le afferrò una ciocca di capelli dall'elaborata acconciatura e tirò con crudeltà. «Marius ci ha promesso un harem... hai un harem da darci per caso?»
L'aria uscì dai polmoni di Vell con un fischio. «Un – un harem?» E dove lo avrebbe preso Marius? Si chiese d'impulso. Per un attimo pensò che pur di averla gli avrebbe ceduto le proprie femmine, però conosceva lo spiccato senso di possesso di Marius ed era conscia che non avrebbe mai ceduto nulla di suo. Improvvisamente un torbido e crudele pensiero si fece strada nella sua mente, e capì. Che Marius gli avesse promesso le leonesse dell'harem a cui lei aveva chiesto rifugio? Tremò. «Vo – volete delle leonesse tutte per voi?» Sapeva che i sinnal non potevano regolarmente ambire a un harem. Essere leoni mannari nati da leonesse che non fossero la Prae ti classificava automaticamente alla posizione di sinnal, uno scarto della società dei King. «B – bé, possiamo accordarci... potete – potete accordarvi anche con me.»
I due si scambiarono un'occhiata sorpresa. «Hai un harem?» domandò uno, scoppiando a ridere.
«Sì, ce l'ho... cioè... più o meno.»
Per un attimo, un solo attimo, si vide fare qualcosa di estremamente crudele e abietto.
Tutto pur di ottenere la libertà. Tutto pur di sfuggire di nuovo alla prigionia di Marius e, ovviamente, a ciò che le avrebbe fatto una volta rimesse le sue luride mani su di lei.
Alla mente le vennero i sorrisi delle ragazze, di Dakota, di Cearra, di tutte. Sarebbe davvero stata disposta a sacrificare altri per la propria libertà? Sì, egoisticamente sì. Non esisteva nulla più importante di se stessa.
Il sinnal più vicino scosse il capo quasi volesse darle della patetica, però prima che il pensiero si tramutasse in parole, il viso gli si illuminò di una macabra luce. Guardò il compagno e ghignò. «Ehi, Brad... hai mai scopato nel bagno di una villona di questo calibro?»
L'altro colse subito la nemmeno tanto sottile proposta dell'amico ma non ne sembrò allettato, più che altro si accentuò l'apprensione tipica di chi trattava con uomini come Marius. «Il capo la vuole sana e salva, integra sotto ogni punto di vista... lo sai che abbiamo ordine di non toccarla.»
«Il capo non è qui, Brad. Quando l'avremo riportata da lui sarà così occupato a darle il ben servito che nemmeno ci farà caso.» Agguantò per i capelli Vell, tirandola verso di sé. La leonessa tremava così tanto ed era così tanto spaventata che non le usciva nemmeno un filo di voce. La sentiva incastrata in gola, troppo debole e fragile per acquistare l'espansione sonora. Se fino a quel momento le era sembrato di assistere tipo spettatore a un incubo di qualcun altro, ora sentiva sulla pelle la strisciante consapevolezza di essere lei la protagonista di quell'incubo.
Si cercò di dimenare tra le sue braccia, già sentiva anche attraverso i multipli strati di tessuto la viscida erezione premergli sul fianco. «Ferma! Buona, puttanella! In fondo è solo una scopata, no? Chissà con quanti te la sarai spassata per arrivare a questa bella cena di gala tutta agghindata come una principessa.»
Vell aprì la bocca per gridare, per chiedere aiuto; eppure dalle sue labbra non uscì alcun suono. Il suo corpo fremette da cima a fondo, fu tramortito da brividi di puro terrore e si rese conto che lo shock che stava provando era talmente potente e devastante da averle tolto perfino la forza per ribellarsi, anche solo con un grido.
Era fragile, rotta, debole. Rassegnata al proprio triste destino che sembrava non volerla mollare.
«Mi spiace, Rodney. Io mi attengo al piano iniziale... ma se tu la vuoi, spassatela pure.» Brad, l'altro sinnal, si appoggiò con tutto il corpo contro la porta, a chiudere l'unica via di fuga di quel bagno cieco. Incrociò le braccia al petto e mise su un ghigno lascivo mentre l'amico si dava da fare per sollevarle la gonna.
Stringendola per il corsetto, il sinnal la spinse fino al muro, tirando con la foga di un animale, una bestia primitiva e priva di raziocinio. Il tessuto si lacerò rivelando la biancheria semplice che spiccò sotto la pomposità del vestito.
Vell cercò di coprirsi come meglio poté, facendo da scudo al proprio corpo con mani e braccia. Solo che proporzionalmente la forza di un leone mannaro contro quella di una leonessa non era nemmeno paragonabile. In pochi secondi ebbe la peggio.
Venne strattonata con forza, gettata contro il water. Ci sbatté le costole ed espirò con un fischio, sentendo la fitta di dolore irradiarsi a raggiera dal punto in cui aveva colpito a tutto il corpo.
Le girò la testa ma si impose di rimanere il più lucida possibile. Se fosse svenuta, sarebbe stata alla loro completa mercé; se avesse resistito abbastanza, magari Arthur non vedendola tornare avrebbe sospettato qualcosa e la sarebbe andata a cercare.
«Aiut-» cercò di gridare, tappata abilmente dalla mano pesante del sinnal che subito le schiacciò la faccia contro il pavimento del bagno. Un dolore martellante le si estese dalle tempie a tutta la testa. La vista si annebbiò per un attimo, offuscata da un rivolo di sangue.
Il bastardo sollevò la mano libera e le unghie si iniziarono lentamente a modificare, si spaccarono dalla punta delle falangi da cui iniziarono a uscire lunghi e affilati artigli. «Visto che non ho un coltello...» disse, iniziandole a squarciare il vestito come se fosse burro.
Dimenandosi sotto la potenza del suo corpo, Vell cercò di tutti i modi di ritardare quel barbaro modo di spogliarla. Scalciò con forza, cercò di sollevare il busto con ogni briciola d'energia, tentò di scuotersi abbastanza da rendersi inaccessibile. La voce che sembrava tornata in auge non riusciva però a uscire, trattenuta da quel ruvido palmo bollente, il corpo ancora premuto in terra mentre il sinnal le stava bellamente a cavalcioni sopra. «Vieni almeno a darmi una mano, Brad.»
Con un sospiro rassegnato l'altro si mosse dalla porta, scivolò vicino all'amico e tappando la bocca della ragazza con una mano l'altra gliela passò attorno alle braccia bloccandogliele lungo i fianchi, contro di lui. Come un anello indissolubile.
Doveva ammetterlo, quella situazione lo stava eccitando.
La paura negli occhi di Vell, la sua impotenza, le sue lacrime che gli bagnavano la mano, il loro prevaricante dominio... erano tutte stravaganti ed eccitanti componenti che facevano impennare tutto il sangue proprio nel suo uccello. Lo sentiva pulsare come mai prima d'ora. Forse non sarebbe restato passivo come si era promesso. Forse avrebbe partecipato, in fondo.
Rodney, libero finalmente da ogni impaccio, iniziò a strappare ciò che ne restava del vestito. Strisce di azzurro chiaro che si sgretolavano come il cielo all'arrivo di una tempesta. Lo scenario più raccapricciante a cui qualcuno possa assistere. «E questo che cazzo è?» domandò, fissando la crinolina. Lo scheletro del vestito era ormai l'ultimo e triste ornamento che ne restava di quella che era stata una volta la principessa Vell, anche solo per una sera.
Lo ruppe senza indugi, gettandosi sul corpo di lei e annusandone la pelle madida di sudore. Più scalciava e sudava sprizzando il suo odore di femmina mannara, più l'eccitazione schizzava alle stelle.
A cavalcioni su di lei, usò un artiglio per romperle il reggiseno e subito si abbassò a prenderne un capezzolo in bocca. Succhio avido come un neonato mentre gli occhi diventavano gialli e un brontolio inumano si faceva strada lungo la sua gola. Un basso e vibrato ringhio gli uscì come fusa.
Le lacrime di Vell le avevano sciolto il trucco creando sul viso una maschera grottesca e spaventosa, colavano come un fiume in piena rendendo viscida la presa dell'altro leone che le chiudeva la bocca con sempre più difficoltà. Il sinnal risalì con la lingua fino al collo, mordendo con intensità fino a sentire sul palato il sapore del sangue. Senza fermarsi scostò la mano del compagno e si prese quelle labbra, quella bocca.
Affondò la lingua in lei come se fosse ben altro ad affondare. La scopò con la lingua. Vell cercò di morderlo, con le mani ancora bloccate sui fianchi lo colpì con rabbia, graffiandolo con le unghie.
Nel frattempo il sinnal strizzava entrambi i capezzoli, tanto duramente da procurarle un dolore che le arrivava dritto al cuore. D'istinto la leonessa inarcò la schiena, cercando di sottrarsi a quella tortura. Dietro di lei la bocca dell'altro si posò sulla sua pelle e ben presto quel bacio si tramutò in un morso. Le morse il collo, una spalla, le scapole; affondò i denti con rabbia prendendosi ciò che credeva ormai proprio.
Vell grugnì, nel suo sguardo una scintilla di insania, di follia. Cercò di respirare, soffocata dal bacio dell'altro sinnal, così potente e profondo. Sentì un sapore metallico poi una mano le lasciò un seno e scivolò ad accarezzarle l'interno coscia. D'impulso si scosse come se fosse preda di una crisi epilettica, muovendosi con frenesia folle nella speranza di liberarsi.
Rodney si staccò dalla bocca e l'amico fu celere nel tappargliela ancora con la propria mano.
Tra i due sinnal ci fu uno scambio di sguardi complici, compiaciuti.
«Sai, ci ho ripensato» ansimò Brad. «Credo di voler anch'io la mia fetta.»
L'altro si mosse strofinando la propria erezione tra le cosce di lei. Solo un leggero strato di slip la separava dal corpo di lui, così pronto da fare male. «Mi va bene... ma ora ci sono io» boccheggiò, iniziando ad armeggiare con i pantaloni per aprirsi la zip. Aveva fretta di concludere. Si sentiva già sull'orlo dell'orgasmo. «Chiudile bene la bocca, tu. Non voglio che gridi sul più bello.» Si calò i pantaloni fino alle ginocchia, non indossava biancheria. L'erezione fu liberata in un attimo e priva di ogni limitazione seccante restò dritta contro il ventre, pronta per essere usata. Pronta per ricevere il sollievo che agognava.
Quasi a volersi prendere gioco delle sue pietose condizioni, il sinnal le passò le dita sugli slip, spingendo leggermente fino a farla gemere. La giovane scrollò il capo, si dimenò, cercò di disarcionarlo. I singhiozzi la fecero sussultare, scossa come un terremoto.
Era certa che non vi era più alcuna via di scampo. Aveva resistito finché aveva potuto. Ci aveva provato. Aveva sperato, pregato.
Qualcuno però bussò con forza alla porta, facendoli sussultare proprio a un passo dal momento clou. Masticarono un'imprecazione silenziosa, scambiandosi sguardi allarmati.
«È occupato?» domandò una voce anziana. Al di là della porta una signora imbellettata picchiettava con insistenza sperando che il bagno si liberasse presto. «Signorina, la prego di fare in fretta... ho preso un diuretico e non mi sento molto bene.»
Le dita del sinnal si allungarono per trattenere la maniglia che veniva abbassata con perseveranza, questo però gli fece perdere la presa sulla bocca della leonessa che subito ne approfittò.
Nessun tentennamento. Nessuna esitazione.
Vell prese respiro e, con tutta la forza che aveva, gridò l'unico nome dell'unica persona che sapeva l'avrebbe salvata.
Il nome di Arthur King esplose come un boato per tutta la villa.
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