8 - Un piccolo segreto*
I loro cuori battevano ancora forte quando si affacciarono al corridoio buio. Il silenzio sembrava irreale per loro, che sentivano solo il ritmo affannato dei respiri. Era difficile non pensare a quello che era successo sul letto poco prima. Era altrettanto difficile constatare che c'era bisogno di una pausa.
Il cono di luce della torcia illuminava il loro cammino, e come poche ore prima Artemide si ritrovò ad essere accompagnata da quella meravigliosa mano, la ricordava affondata nei suoi capelli, alla base della sua nuca, mentre lui la baciava. Un brivido caldo le percorse la schiena.
Quando rinvenne dai suoi pensieri, si accorse di essere di nuovo nella tromba delle scale e di percorrerle in senso opposto, andando verso l'alto.
Temistocle la conduceva con passo deciso sui gradini, dava l'impressione di sapere cosa stesse facendo, anche se nella sua testa ancora si ripetevano le immagini di Artemide nelle sue braccia, sentiva ancora il suo sapore sulle labbra.
Fu egli stesso, raggiunta ormai la cima, a rompere il silenzio con la sua voce calda e misurata ed un accenno di fiato corto:
«Ieri ci hanno detto che il bar sul terrazzo è sempre aperto, anche di notte, per dare un comfort in più ai loro ospiti. Ora mi rendo conto di cosa significasse, immagino che non tutti siano disposti a coricarsi alle dieci di sera, no?». Temistocle le aveva affidato la bottiglia di vino, mentre lui faceva strada con la torcia.
«Già, guarda noi. Ma se fosse chiuso?» Artemide si mostrò timorosa, con una blando istinto di rifuggire dalla situazione.
«Torneremo giù o ci inventeremo altro.» Rispose tranquillo il ragazzo.
Il maniglione antipanico della grande porta bianca, si collocava pochi centimetri sotto la targa di ottone che recava un'elegante scritta "Roof Top Bar - 24h -". Fu la mano con la torcia a spingere il maniglione per regalare loro un panorama inconsueto.
Si aveva l'impressione che la città fosse stata sedata, obbligata al buio e al focolare domestico. Su qualche tetto piccole file di luci delineavano il profilo geometrico degli edifici, così come sulla terrazza dell'hotel di lusso.
Non c'erano molte persone, un paio di camerieri, lanterne sparse un po' dappertutto. Temistocle vide un divanetto in vimini bianco, il più lontano da quell'ingresso. Spense la torcia, la infilò in tasca.
«Vieni.» La sua voce riprese un tono più vicino alla consuetudine.
Artemide sussultò. Non le sembrava vero che ci potesse essere ancora vita al di fuori dell'austerità del coprifuoco. Indugiò di nuovo su quella mano. Quella mano che l'aveva accarezzata delicatamente. Era diverso ora. Poche ore prima era semplicemente un appiglio, qualcosa di carino da guardare per non cadere dalle scale, ma ora era altro. Sembrava il suo ossigeno, il suo respiro. Si accorse di aver trattenuto il fiato per tutto quel tempo, come se il solo contatto con quella mano potesse tenerla in vita.
Non si era resa conto di quanto fosse uomo o forse era solo lei, il suo momento fragile che la confondeva ed emozionava profondamente, forse stava per entrare in una nuova fase della sua vita, una bellissima, emozionante ed eccitante parte. Si sorprese a desiderare che quella notte non finisse mai.
In cuor suo Temistocle pensava solo a farla stare bene, a toglierle quel disagio, quell'ansia che l'aveva fatta saltare lontano da lui. Arrivati alla meta che egli aveva individuato, si accomodò e le fece spazio accanto a lui.
«Ho già detto che questa città è spettacolare?» Temistocle ruppe subito il silenzio, senza distogliere lo sguardo dal cupo panorama.
«Ma se è buio pesto? Come fai a dirlo?» Ella usò un tono di voce poco comprensivo, provando un improvviso disagio.
«Sarà il vino, sarà la memoria o saranno i tuoi occhi ad illuminare il mio mondo» Quando il giovane si espresse con parole troppo ardite Artemide esplose in una risata, sentiva la necessità di respirare da sola, di riprendere il controllo e il solo modo che le sembrava giusto era creare un certo distacco.
«Ahaha... questa è proprio da copione... ma nemmeno nelle tube opera lo dicono, dovrei chiamarti Hollywood! Adesso ho capito! Segui i corsi di scrittura per diventare sceneggiatore, altro che vino!» Lo canzonò senza mezze misure, stava scavando un fossato per tenerlo lontano, non si aspettava che Temistocle si sarebbe unito alle sue risate, sapeva di aver detto qualcosa di completamente zuccheroso e melenso, ma era felice di averla fatta ridere in quel modo. Se fosse stato possibile i suoi occhi non erano più la cosa più bella del pianeta.
«No no, niente di tutto questo» Alzò una mano per richiamare l'attenzione del cameriere che si avvicinò con estrema eleganza.
«Buona sera, cosa posso portarvi?» Si introdusse gentile.
«Buona sera, abbiamo quella – disse Temistocle indicando la bottiglia di vino aperta – potremo avere dei calici? Sarebbe possibile avere anche dell'acqua?»
«Acqua?» Chiese Artemide.
«Sì acqua – affermò deciso – senta mi sa dire l'ora? Non abbiamo più i telefoni e siamo un po' persi...»
«È quasi l'una – rispose cortese il cameriere – posso portarvi altro?»
«Fino a che ora siete aperti?» Chiese di nuovo Temistocle.
«Tutta la notte, a dire il vero.»
«Ahn» rispose monosillabico.
«Arrivo con i vostri calici e l'acqua. Potrei suggerirvi anche una tisana, la offriamo a quest'ora per conciliare il riposo e riscaldarsi un po'».
«Noi non vorremo conciliare il sonno – Il tono birichino nella voce di Artemide fece sorridere Temistocle – cosa consigliate per questo scopo?» Chiese tentando di avere un approccio formale, ma con esiti piuttosto goffi.
Il cameriere li osservò, tentò di capire dove quella giovane donna volesse arrivare, ma era quasi l'una, sapeva che non sarebbero potuti uscire dall'hotel e che forse si stavano godendo la fine della loro vacanza, così propose:
«Possiamo preparare un "tenera è la notte": un caffè da moka shakerato con una grappa morbida al miele ed un tocco di caramello.»
«Caramello? Il mio preferito, io prendo quello!» Disse decisa senza farsi problemi.
«Potresti portarne un paio, con qualcosa da mangiare, qualsiasi cosa andrà bene, grazie. La stanza è la 324.»
«Prego, torno subito.»
I calici arrivarono pochi istanti dopo, insieme ad una ciotolina di patatine e qualche oliva. Temistocle versò il vino nei calici, come aveva imparato a casa, da anni oramai, con una grazia e decisione di chi ha esperienza.
«Toglimi una curiosità, - Artemide iniziò a sentirsi a suo agio, infilò una gamba sotto l'altra assumendo una posizione che le permetteva di stare appoggiata allo schienale della comoda seduta – come pronunciano il tuo nome gli americani?» Temistocle rise allontanando il calice dalle labbra prima di dover essere costretto a sputare. La guardò con gli occhi nocciola ridenti.
«Timaistokly – rise pensando all'incontro con la preside della scuola che avrebbe dovuto frequentare appena arrivato – era impossibile da sentire, così diventai Tim, Tim Torre, sembra un gioco di parole, oltre tutto pronunciano Torre con la "r" masticata, esce qualcosa tipo Tim Towgne.»
«Tim... com'è riduttivo...Temistocle è un nome importante, ha delle radici...Tim è volatile, leggero, di passaggio.» Ragionò ad alta voce.
«E non ti piacciono le cose di passaggio, o leggere?»
«Non credo ti rappresentino.» Lo guardava negli occhi, ad una distanza sufficiente perché non si creasse nessuna strana atmosfera.
«Non ti ricordavi nemmeno di me fino a poche ore fa, ora pensi di conoscermi?» Chiese con tono interrogativo, piacevolmente interessato dall'eventuale risposta, con la sua voce calda e piena che riempiva gli spazi.
«Hai ragione, ma prima ero molto più sbronza. Adesso direi che sto molto bene. – Tentò di camuffare il purpureo velo di imbarazzo che le si formò sulle candide gote, solo ripensando ai momenti passati in camera da letto, grazie ai quali la sua lucidità era tornata improvvisamente – mi ricordo quando mi facevi attraversare la strada, quando in classe partecipavi alle lezioni, alzavi spesso la mano, mentre io gattonavo sotto i banchi per non essere interrogata – lo sguardo di Artemide era trasognato, guardava in alto come se richiamasse a sé tutti i ricordi possibili – tu eri un secchione... sei uscito con la pagella d'oro! – lo appuntò come se avesse scoperto un sordido segreto. – adesso mi ricordo! Ci facevi sentire una manica di ignoranti. Se non ci avessero accorpati perché eravamo quelli con i nomi strani forse non saremmo mai stati amici.» Affermò con uno sguardo interrogativo.
«Può essere, ma non ci giurerei, con Achille l'amicizia è nata per altri motivi, e quindi forse noi due ci saremmo comunque incontrati.» Rispose tranquillo appoggiando la schiena al divano. Erano uno in fronte all'altro. L'impeto di pochi minuti prima era messo da parte, mentre volevano chiaramente sfiancare paura e dubbio.
«Qual'era il motivo per cui siete diventati amici?» Il suo sguardo sinceramente interessato accompagnava la domanda.
«Ad Achille piaceva Anna, te la ricordi? Era in un'altra sezione, capelli biondi, occhi taglienti.»
«E tu cosa c'entravi?»
«Anna abitava vicino a casa mia, facevamo un pezzo di strada a piedi tornando da scuola ed eravamo nello stesso gruppo di atletica. Quindi Achille voleva che gliela presentassi.» Ricordò con un bel sorriso sulle labbra.
«E tu? – lo incalzò con la sua spontaneità – chi ti piaceva alle medie?» Degustava il suo vino con piccoli sorsi alternandolo a qualche patatina mentre poneva le sue domande.
«Quella che piaceva a tutti e che non poteva essere di nessuno» La sua voce parve come un sottile filo di seta che ondeggia nel cielo, laddove il suo sguardo la cerca.
«Scusa?» Quel filo troppo sottile si perse nell'immensità del volto celeste.
«Nessuno- Rispose riprendendosi da quel tuffo nel passato – ero un secchione impegnato a studiare e basta.»
«Mmm.... Non mi convinci, ma non insisto. Se non vuoi dirmelo.» Chiosò.
«Ecco a voi i vostri "Tenera è la notte", vi ho portato anche qualche piccola dolcezza secca dalla nostra pasticceria. Buon proseguimento. Signore prego se mi firma la ricevuta.» Il cameriere porse a Temistocle una piccola cartellina in pelle, dove all'interno vi era la comanda da firmare per l'addebito sulla stanza.
Posarono i loro calici di vino ormai vuoti sul tavolino e ammirarono ciò che il cameriere aveva portato loro. Erano bicchieri da Martini con un liquido scuro e denso che aveva fatto una leggera schiuma in superficie, dove alcune piccole gocce solide di caramello galleggiavano.
«Sembra delizioso – disse lei – dovrei imparare a destreggiarmi con lo shaker, ne uscirebbero di sicuro combinazioni più insolite di caffè con grappa.» A quella affermazione Temistocle sorrise, notando una piccola inflessione di presunzione e orgoglio.
Presero entrambi i calici facendo attenzione a non rovesciarne il contenuto.
«Il profumo è buono.» Disse Temistocle avvicinandolo al naso.
«Annusi sempre il cibo che mangi?» Con il naso a sfiorare il liquido scuro Artemide pose la domanda come se fosse un test scientifico.
«E tu osservi sempre le persone mentre mangiano o bevono? Lo sai che le metti in imbarazzo?» Il sorriso ampio che accompagnò la risposta del ragazzo, le fece capire di volerlo conoscere ancora più profondamente.
«Potrebbe essere, sarà perché cucino e la prima impressione è sempre quella che mi interessa. Ma capisco fino ad un certo punto le persone che annusano il cibo o le bevande prima di consumarle.»
«Cin cin allora!» Fece piano Temistocle per evitare che il liquido che toccava il bordo del bicchiere si rovesciasse
«Cin cin!»
«Lo sai che sei bellissima, vero?» Lo chiese con l'occhio stanco e languido.
«Forse è la grappa a farti parlare» Fu il suo ultimo tentativo per non perdere il controllo conquistato con fatica.
«Perché? Lo so benissimo che è un approccio banale, da tube opera, ma è la verità spogliata di tutte le sovrastrutture imposte da un lungo percorso di drammi, sei bellissima. Punto. Non ti devo paragonare a una rosa, o ai primi raggi di sole del mattino, o al cinguettio di un usignolo. Sei bellissima perché sei tu. I tuoi occhi, il tuo sorriso, la tua pelle. Tutto è bello ma solo perché ci sei tu. Le stesse cose addosso a qualcun altro sarebbero solo sprecate.»
Artemide arrossì visibilmente.
«Forse la grappa al miele ti ha reso un po' sdolcinato» Cercò di allentare l'imbarazzo, ma il suo tentativo fallì palesemente. Temistocle infatti appoggiò il bicchiere oramai vicino al fondo, e le si avvicinò. Le loro gambe si sfiorarono, i loro busti erano uno in fronte all'altro. Il suo viso e quegli occhi nocciola erano ad un palmo, intensi, persi nel mare glaciale.
«Ma non ti se mai chiesta chi ti mandasse i biglietti a San Valentino? Chi ti lasciasse un fiore il giorno del tuo compleanno?» Le chiese serio.
«Di cosa stai parlando?» L'ultimo sorso accompagnò la domanda della ragazza, mentre si allungava per appoggiare il bicchiere al tavolino e prestare attenzione al racconto di Temistocle.
«Quattro anni di biglietti rosa con cuori glitterati che compravo in cartoleria con lo stesso imbarazzo con cui potresti comprare dei preservativi, e la commessa che ti chiede se hai la fidanzatina, o il fioraio, a cui dicevo che erano per mia mamma. Tu non ti ricordi?» Chiese senza distogliere lo sguardo.
«Io non ho MAI ricevuto fiori o biglietti rosa con i cuori – disse con convinzione. Ma tentò ugualmente di fare un altro viaggio nel passato – però so chi li riceveva.»
«Cosa stai dicendo tu?» Il ragazzo era visibilmente turbato dalle parole di Artemide.
«Achille! Ogni anno riceveva un biglietto per San Valentino e alla fine della scuola per il nostro compleanno trovava sul banco una rosa rossa.»
«Non era certo sul suo banco! Bell'amico!» Temistocle era scosso e si alzò in piedi di scatto dirigendosi al parapetto. Artemide lo seguì, gli toccò l'avambraccio diventato rigido e teso.
«Eri tu?»
«Sì, ma certo non erano per lui.»
«Beh è un bel ragazzo.»
«Artemide! Non erano per lui. Lui lo sapeva.»
«Cosa?»
«Ma mi prendi in giro?» La voce calda e vibrante la scosse, come se il suo tremore fosse la misura del sentimento che provava.
«Cosa sapeva?»
«Che mi piacevi tu.»
«Non è vero.»
«Perché?»
«Non è possibile, Achille me lo avrebbe fatto capire almeno, avrebbe detto qualcosa... non è possibile.»
«Io ogni anno ci rimanevo male, è vero che non firmavo mai i biglietti né i fiori, ma almeno un po' di entusiasmo per un regalo inaspettato, ma tu eri sempre distante e glaciale. Ho creduto che non ti interessassero i maschi, o le relazioni in genere.» Confessò senza lasciare mai la balaustra, con le vene gonfie e gli occhi lucidi.
«Mi dispiace non so cosa dire.»
«Ma io...io...un po' ti piacevo?» Chiese in preda ad un misto tra la disinibizione alcolica e la voglia di togliersi un grosso macigno dalla scarpa.a.
Artemide lo fissò, lo guardò bene, mantenendo una certa distanza. Lo scrutò, quasi lo studiò. Tentò ancora di ricordare quegli anni.
«Io di te ho un bel ricordo. Eri intelligente, gentile, anche quando scherzavi con Eros, non eri mai fastidioso. A scuola non ho mai avuto un sentimento felice in genere, ho sempre sentito la necessità di stare sulla difensiva, da chi ci prendeva in giro per i nostri nomi, per il mio modo stravagante di scrivere, per il fatto che passavo il tempo a guardare fuori dalla finestra, e vivevo in altre dimensioni. In mezzo a tutto questo non ho mai pensato a un ragazzo, mai. Non ho mai avuto la sensazione di potermelo permettere.»
«Non dire cazzate, puoi dirmelo che non ti piacevo senza inventare una nuova filosofia o fondare una religione.»
«Che cretino. – lo guardò con disappunto – è meglio che tra noi due quello che beve sia io, a te prende male.»
«Che bella cosa che hai detto.» la guardò dolce, girando lo sguardo verso di lei, con gli occhi veramente molto lucidi.
«Che non reggi l'alcool? Non mi sembrava un complimento.»
«Noi due – sottolineò Temistocle. – prova a ridirlo.»
«Mmm.... Noi due.» Ripeté imbarazzata.
Come se una bolla gigante si fosse depositata su loro due, si creò di nuovo quell'atmosfera densa. Come se fossero stati in una folta giungla circondati da indigeni sul piede di guerra, sentivano i loro cuori battere come tamburi pronti a sfidarsi. Ma la densità li univa, li schiacciava. Erano loro e i loro tamburi. Paura e dubbio si erano persi nella stessa giungla ed erano ostaggi dei tribali. La mano di Artemide, le sue unghie corte e ben tenute, sfiorarono l'avambraccio di Temistocle, lui ebbe un fremito, e fu evidente dalla reazione della sua epidermide. Continuava a fissarla. L'impeto non si presentò ai blocchi di partenza. Ma arrivarono convinzione e certezza. Temistocle si scostò dalla balaustra, si pose davanti a lei. Sfiorò le punte delle sue dita, incastrò la sua mano in quella morbida e liscia di Artemide.
«Noi due» Ripeté.
Artemide sorrise ad annuì. Era decisamente stordita, quella era una cosa che non aveva mai ipotizzato né tanto meno sognato. Una totale sorpresa. Quello che la stava maggiormente spiazzando era il suo sentimento per lui, qualcosa di concreto, non una cotta, o un piacere fisico. Sapeva che lui l'avrebbe protetta, come aveva sempre fatto durante le scuole, ed ora poteva deporre le armi.
La densità era sempre più densa, il tumulto più tumultuoso. Era l'occhio del ciclone, loro un punto fermo, tutto il resto vorticava intorno.
Temistocle le scostò una ciocca di capelli, e una folata di vento gli venne in aiuto, portando con sé il profumo intenso dei gelsomini in fiore. Poi la pace. La calma. La luce. Le loro labbra si unirono di nuovo. Si incontrarono delicate, soffici e caute. Si esplorano, si scoprirono, con la lingua, con le mani. Si avvicinano ancora di più, i loro corpi si incontrano, le loro braccia si avvinghiarono. Non ci fu più niente che li confondesse.
«Torniamo giù? Ti va?» Le sussurrò all'orecchio.
Ella annuì senza parlare, immersa nell'incavo del suo collo, appoggiata alle clavicole attraenti. L'odore della sua pelle, il battito del suo cuore, le sue mani che la cingevano erano uno stato di grazia totale.
Angolo Autrice
Sono teneri e dolci nelle loro emozioni e rivelazioni. Scrivo questa nota dopo più di un anno dalla pubblicazione, mentre revisiono refusi e correggo le sviste causate dall'impeto.
Come vorrei che quell'onda magica che ha guidato le mie dita sulla tastiera potesse tornare a descrivere momenti come come questi.
Ci leggiamo in giro
OD
Aggiornamento del 5 novembre 2023
Cambio titolo e cambio di alcune parti. Ho tolto una descrizione sugli studi di Artemide che ho visto non aveva catturato più di tanto, sempre nell'ottica di rispettare una certa lunghezza di capitoli.
Spero apprezzerete.
A presto
OD
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