6- Bu Bu Settete*

"Toc toc". 

La densità si dissolse, il tumultuoso tamburellio si fermò improvvisamente, mentre loro non avevano ancora chiaro cosa sarebbe potuto succedere se nessuno li avesse interrotti. Una voce dalla porta d'ingresso si fece riconoscere:

«Tim are you there? Sei qui? Hai visto che buio?» La porta d'ingresso attutiva il suono di quella voce, ma anche senza il filtro ligneo, era facile capire che fosse femminile, matura e apparentemente calma.

«Sì mamma sono qui.» I loro sguardi rimasero incastrati, appesi a quell'agitazione primordale di pochi istanti prima. Lasciare quel posto privilegiato a Temistocle parve come una condanna. Le sue labbra carnose mimarono un tiepido "scusa" rivolto a. Il tumulto divenne un tiepido disagio, le spalle di Temistocle si fecero rigide, coma la sua postura. Non voleva che la presenza della madre sciupasse quel momento e aprì la porta quel tanto per poterla vedere in viso. Desiderava che la densità delle emozioni non scivolasse fuori da quella stanza.

«Ciao! – Tentò di camuffare la sua voce donandole un posticcio senso di rilassatezza – siete rientrati ora?»

«Sì, tuo padre è già in stanza, questo coprifuoco ci ha colti alla sprovvista, da tuo zio Tiberio non sembrava fossimo i benvenuti, è quasi stato meglio così. Tua nonna mancherà a tutti, Taddeo era distrutto, poverino, Tobia piangeva a comando, come si Tiberio sapesse dov'è il suo tasto..» Il timore che la donna rovinasse l'atmosfera che si era creata in quella stanza era concreto. La voce calma che si era palesata dietro la porta, divenne un fiume in piena che il giovane dovette arginare.

«Mamma! - la sua voce delicata ma decisa la interruppe - sono stanco, hai bisogno di qualcosa?»

«Abbiamo incrociato Taz...Giulio uscendo dalla casa di zio Tiberio, mi ha detto che ti ha perso di vista e ci siamo preoccupati, non rispondi al telefono. Mi hanno anche detto è pericoloso girare di notte con il coprifuoco, e se ti rapissero?» Il tono dolce e apparentemente calmo che si era palesato dietro la porta, assunse toni aspri, rigidi e spigolosi.

«Mamma! - Temistocle impose la sua presenza interrompendo il flusso di pensieri della donna, quasi rimproverandola - Mamma sto bene sono qui, Giulio dovrebbe lavarsi le orecchie e bere meno – affermò mentendo – comunque ti assicuro che sto benissimo. Ti auguro buona notte, saluta papà. Ci vediamo domani.»

«Si va bene, tesoro, mi raccomando, il completo di Gucci che ti ho messo nell'armadio e metti la cravatta, per favore. – Il tono che assunse nel donare quel consiglio materno era l'esatto opposto dell'asprezza di poco prima – dobbiamo essere dagli zii alle 12, ci vediamo nella hall. Tu hai idea a che ora servano la colazione?» Chiese obbligandolo a quella conversazione da pianerottolo..

«No, sarà come sempre negli alberghi mamma, guarda il materiale cartaceo ci sarà nella tua stanza» Suggerì nel tentativo di chiudere la conversazione.

«Ah si giusto, ma visto che siamo qui non puoi controllare tu? – l'insistenza della donna aveva sempre la capacità di mettere alla prova la pazienza della controparte. Qualcuno in famiglia aveva persino azzardato che fosse una tecnica studiata per ottenere chissà quale oscura verità. Il ragazzo tuttavia si pose rigido sullo stipite della porta, negandole ogni accesso e lasciando trasparire la tensione che lo accompagnava.

«Mamma dai, sono stanco voglio dormire, per piacere.»

«Ok ok, non serve che ti arrabbi. Buona notte amore mio!» Lo salutò con melliflua dolcezza.

«Notte...» Sollevato di essersi liberato della presenza ingombrante della madre, appena chiusa la porta, si accorse che l'atmosfera era cambiata. Quella densità accogliente era dissolta nelle mille chiacchiere profuse, ma soprattutto Artemide non era dove l'aveva lasciata.

Come se le sue energie fossero sparite in un vortice, non appena Temistocle si fu allontanato per aprire la porta, Artemide sentì la forte necessità di sdraiarsi. Il grande letto con biancheria broccata rosso e oro le era sembrato allettante. Ad aggravare la sua situazione si sorprese terrorizzata da quella voce a tratti aspra, a tratti dolce, che veniva dall'altra parte della porta.

Trovò un sollievo che non sapeva di poter provare una volta stesa sull'elegante giaciglio. Le parve come di sdraiarsi per la prima volta nella sua vita, sentì il corpo leggero e il dolore, la tristezza, la confusione che aveva provato in quelle ore, la stavano lasciando, scivolando fuori dal suo corpo disteso.

Temistocle si sentì perso quando non incontrò gli occhi di Artemide là dove li aveva lasciati. Alzò quindi lo sguardo e la trovò sdraiata sul letto ancora fatto, adagiata su un fianco rivolta verso il centro del giaciglio. Nel vederla egli si avvicinò, osservandola, nei sui jeans attillati e la t-shirt morbida. I capelli si erano scompigliati e grosse ciocche le cadevano sulla guancia. Sedendosi di fronte a lei non seppe resistere alla tentazione di scostarli, così allungò la sua mano forte e disegnata e con la massima delicatezza di cui poteva essere capace, le portò il ciuffo dietro l'orecchio. Artemide emise una sorta di gemito, un respiro profondo. Senza aprire gli occhi, con un filo di voce pose una sola domanda:

«Ma tu non sei stanco?» respirando ancora rumorosamente.

«Più o meno, dipende.» Temistocle usò un tono inconsueto, ma constatò egli stesso che quella sera gli riusciva spontaneo essere vagamente allusivo e provocante.

«Dipende da cosa?» Anche se era stremata, la curiosità era una bestia difficile da domare e soprattutto era una creatura che non riposava mai.

«Da te» Di nuovo quella voce che non si riconosceva, di minuto in minuto si scopriva sempre più audace e ammiccante. Avrebbe voluto tornare ai piedi del letto, vicino al tavolino da caffè per capire se anche quelle labbra potevano essere glaciali come gli occhi. In quel momento, mentre la osservava, sentiva qualcosa agitarsi in lui.

«Me?» La curiosità, mista a quel frizzantino formicolio delle piccole malizie pettegole, stavano pompando l'adrenalina necessaria affinché tutte le funzioni principali si rimettessero in moto, mandando rigorosamente Morfeo a farsi un giro. Primo grandissimo sforzo: aprire gli occhi: fatto.

«Ti ho detto che dovresti avvisare le persone prima di aprire gli occhi, potresti fare danni seri!» Temistocle si sentiva attirato come un magnete, le si era sdraiato di fronte per poterla guardare bene da vicino.

Artemide dovette tentare di dire qualcosa di appropriato. Ma cos'è appropriato in quella situazione? L'adrenalina stava calando, troppe energie consumate per ogni respiro, doveva farsi dire qualcosa di stuzzichevole, prima di cedere, Morfeo aveva già ricominciato a bussare alla porta. Fece una cosa stupida, una sciocchezza: si coprì gli occhi con le mani, sottraendole al morbido nascondiglio sotto al cuscino, e recitò il vecchio intramontabile giochino che si fa ai neonati:

«Bu bu...Settete!» Disse spalancando le mani, gli occhi e protendendosi verso Temistocle.

«Oddio! Mi hai sparato!» rise lui portandosi una mano al petto e facendo finta di cadere esanime. Artemide lo rifece, alzandosi un po' e avvicinandosi ancora.

«Bu bu.. Settete!»

«Addio mondo crudele! – Recitò con quel nuovo timbro di voce che sembrava essere la cifra della serata, pur se in tono canzonatorio e libero da ogni pensiero – ti lascio trafitto dagli occhi più belli del pianeta! Ti lascio lacerato dal sorriso più dolce che possa illuminare la notte! Addio mondo crudele!» Recitò ridendo facendo il verso agli attori classici, contorcendosi, mentre la risata di Artemide riempiva l'aria.

Quando il gioco si calmò, si ritrovarono di nuovo uno di fronte all'altra. Morfeo era fuggito, e loro erano avviluppati in una nuova atmosfera, quella vellutata delle risate sincere, quella setosa della grazia dei corpi distesi, l'atmosfera tesa di chi non ha mai avuto a che fare con seta e velluto.

La brezza notturna delle notti di maggio entrò dalla finestra, smuovendo le ciocche ribelli che si erano disordinate ancora una volta. Temistocle le portò di nuovo la mano sul viso e con la stessa tenera delicatezza le scostò dietro l'orecchio, aggiungendo con un sussurro:

«I moribondi di solito possono esprimere un ultimo desiderio...»

«Ah si? – rispose lei, sentendo chiaramente il frizzantino fruscio dell'emozione salire dai piedi fino alle guance – e quale sarebbe il tuo desiderio?»

Temistocle non attese oltre, con la mano dietro al suo orecchio aprì il palmo ed infilò le dita nei capelli scompigliati di Artemide, ormai completamente privi di disciplina, e portò le sue labbra sulle sue.

Fu un primo contatto tenue, leggero, soffice. Le labbra calde di entrambi erano rilassate grazie alle risate di poco prima. Poi ci fu il secondo, al terzo ci fu quello che si può definire un bacio, quando le labbra socchiuse si incastrarono e si cercarono e si assaggiarono. Piccoli, soffici, teneri bocconi che li guidavano l'uno nell'altra, e poi il calore dei loro corpi sempre più vicini e sempre più tesi. La vibrazione ed il tremore, l'eccitazione e la paura. Artemide appoggiò la sua mano calda sulle ossute clavicole che incorniciavano il suo petto glabro e tonico, mentre le mani di Temistocle desideravano solo sparire nei suoi capelli.

Artemide sentiva battere il cuore di Temistocle solo appoggiando una mano sul suo petto, per un attimo pensò che era in perfetta armonia con il suo che stava correndo come un treno. Le mani che egli insinuava sulla sua nuca le procuravano brividi sconosciuti, e la spingevano nelle sue braccia, voleva di più.

Si ritrovarono in ginocchio sul letto, uno di fronte all'altra, con sguardi increduli, sorpresi. Ma la necessità di capire e conoscere non ebbe tempo di recriminare la propria emergenza. Fu l'impeto che a grandi falcate si prese il loro autocontrollo, le loro paure e i loro dubbi, lì spostò con veemenza e si fece spazio.

Temistocle impazzì quando sentì i suoi seni sul petto nel momento in cui la cinse. Gli parve di cadere in un vortice caldo. Tutti i suoi sensi si accesero, sentiva l'odore della pelle, il sapore delle sue labbra, il profumo dei suoi capelli, la sua lingua fresca, il suo respiro affannato. Il cuore rimbombava in tutto il suo corpo.

Fu l'impeto a spingerli sempre di più l'uno verso l'altra. I piccoli bocconi di assaggio si trasformarono in altro. La lingua umida e morbida di Temistocle, che portava con sé il sapore del vino e dell'oblio, indugiava sulle labbra di Artemide, quasi volendo chiedere il permesso. Ci fu una pausa e si guardarono. Non c'erano più densi e vibranti tamburellii o sete e velluti, solo un deciso tumulto, un ritmico battere dei loro cuori, i respiri corti e affannati ed alla fine di nuovo quei baci, lunghi, delicati, morbidi.

Ma l'impeto è un velocista, mentre la paura, il dubbio, la coscienza ed il solo avere la capacità di elaborare sono tutti grandi maratoneti, che riescono a correre anche nei meandri più articolati ed intricati.

«Aspetta!... » Artemide con un sussurro si allontanò da lui, dal letto, mentre l'impeto stramazzò al suolo privo di energie.

Artemide era in piedi al bordo del letto, lo guardava con i suoi occhi di ghiaccio che fendevano l'aria come una spada. Come se si stesse sbracciando per tenere tutta quella confusione lontana da lei.

Via la densa tumultuosa tamburellante atmosfera emotiva.

Via la seta, il velluto e i respiri corti.

Via l'impeto e i suoi languidi baci.

Fendette quella spada di occhi glaciali per tenere lontane quelle clavicole che vorrebbero solo essere baciate e leccate. Desiderava con tutta sé stessa tornare in quell'atmosfera voluttuosa, tuffarsi in una piscina di emozioni ed esserne completamente avvolta.

Via quelle mani vigorose, quell'anello argentato, anche se vorrebbe solamente altre carezze sul viso e sentire quelle dita sfiorare la base della sua nuca e la schiena.

«Cosa?..» Il tono incerto della sua voce morbida, era una dichiarazione e una richiesta d'aiuto. Avrebbe tanto voluto tornare tra le braccia di Temistocle, tuttavia sentiva l'urgenza di capire cosa stesse succedendo.

«Non so dirtelo» Il cuore del ragazzo batteva ancora all'impazzata, il suo fiato corto non gli permetteva di elaborare frasi complesse. Era smarrito come lei ma non voleva capire, desiderava solo baciarla ancora. La sua risposta era al pari di chi raggiunta una vetta non ricordasse la fatica della salita, ma sa solo apprezzasse la vastità del panorama.

«Mi sento sbagliata, forse ho bevuto troppo! O troppo poco!» Si rammaricò distogliendo lo sguardo. L'agitazione mista ad ansia le salì dallo stomaco. Sentì mutare il suo corpo. Lo stato di grazia di pochi secondi prima divenne un muro di ansia.

Temistocle la guardava, sentendo ogni fendente del suo sguardo, ogni colpo ben assestato era un sasso nel diaframma togliendogli il fiato, ogni parola, ogni gesto erano lame fredde. Nemmeno lui capiva. Non sapeva se voleva capire quello che era successo, sicuramente capiva il sentimento di Artemide. Doveva fare qualcosa, liberare quell'oppressione del dovere alla tristezza.

«Prendi le tue scarpe» Le ordinò.

«Non posso tornare a casa, è troppo lontana, non ho la borsa, non ho soldi, ho il cellulare scarico...dove vuoi che vada!» Artemide era sconcertata dalla sua richiesta.

«Come preferisci, se vuoi salire sul tetto a piedi nudi accomodati, ma così come il tuo sguardo anche le tue parole feriscono - finalmente si alzò dal letto e la raggiunse. Erano uno di fronte all'altro – non ti manderei mai e poi mai via di qui. Se dovessi fare una scelta per il futuro, ora, non ti allontanerei mai da me. Quindi prendi le tue scarpe, io prendo il vino».

Artemide fu in imbarazzo, senza parole. Cos'era? Una dichiarazione? L'impeto di Temistocle era più maratoneta del suo che stava ancora riprendendo fiato? Prese le calze e le scarpe e come un automa si rivestì, prese anche la giacca, mentre Temistocle infilò le sue ginniche ed una felpa leggera.

Angolo autrice

Ancora un'altra interruzione, ce la faranno a capirsi?

Non ci resta che proseguire nella lettura

Aggiornamento del 5 novembre 2023

Sto iniziando a spostare pezzi di capitoli per renderne la lunghezza più omogenea. Quindi se state seguendo i capitoli con gli asterischi, continuate su quel percorso, altrimenti la storia sarà confusa o ripetitiva.

Ho cambiato il titolo del capitolo...

A presto

OD

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