15 - Inaspettato*
Il fiato corto, le emozioni pesanti come quei passi sui gradini antichi. L'ampia volta non era sufficiente a sollevarli da quel senso opprimente di cordoglio.
Tuttavia quando giunsero alla sala trovarono l'atmosfera meno tesa.
In poco tempo l'oloproiezione che appariva sul piccolo palcoscenico aveva reso l'ambiente molto meno formale. Scoprirono si trattava del concerto di un'artista pop molto conosciuta ai tempi di Dama Torre, Madonna, durante il suo primo concerto in Italia a Torino nel 1988.
Artemide pensò che se tutti all'interno di quella sala cantavano la canzone che veniva trasmessa, l'artista dovesse essere stata veramente importante e che la nonna di Temistocle avesse cresciuto i suoi figli in un ambiente musicale eterogeneo e moderno. Osservando sia la proiezione sia le persone che timidamente ballavano e cantavano, si rese conto di quanto la musica potesse muovere anche gli animi più maturi.
Gli abiti succinti che indossava la protagonista del palcoscenico suscitarono un certo sgomento.
«Ma cosa?» Era evidente il suo stupore mentre si rivolgeva al giovane che teneva per mano.
«Mia nonna mi aveva raccontato di quel concerto, fu uno dei suoi momenti memorabili, c'è la storia del pop in quel evento a suo dire. Lei era là. Anche se molto, molto giovane. Per questo oggi viene proiettato.» Temistocle la informò mentre distratto veniva rapito dallo spettacolo.
«Ma chi è?» Insistette curiosa e affascinata.
«Una famosissima cantante pop, dalla lunghissima carriera, molto scandalosa, dai racconti di mia nonna che in adolescenza era sua grande fan.» Le raccontò breve.
«Direi che il testo è interessante» Sottolineò Artemide.
«Trovi?» Chiese Temistocle. Artemide arrossì.
«"Mi fai sentire come una vergine che viene toccata per la prima volta"» tradusse rapida «sottintende che vergine non è, o sbaglio?»
«Davvero vorresti avere una risposta alla tua domanda?» il suo tono languido e mellifluo indugiò malizioso «tu come ti senti quando ti tocco?»
«Che c'entra, io sono vergine» disse completamente senza filtro. Temistocle si irrigidì, lei lo sentì e sorrise senza guardarlo «solo perché so... gestire alcune situazioni non significa che sono andata oltre» Sentì il volto avvampare e distolse lo sguardo.
«Ahn» Non seppe cosa rispondere.
«Paura?» Chiese sempre con un sorriso stampato sulle labbra. Il suo silenzio la stava innervosendo.
«No. Sono felice di saperlo, ho mille pensieri su...noi due...» Questa volta fu Artemide ad irrigidirsi.
«Sai cosa ci vuole?» Ella rispolverò il tono birichino e irriverente della sera precedente.
«Dimmi» Temistocle era curioso di conoscere la sua idea.
«Una bella sbronza!» Ruppe così il momento, fu la sua fuga virtuale. Chiamò il fratello, l'amica, il cugino Giulio e si presentarono davanti al bancone del bar.
Iniziò una lunga fila di shottini di rhum, alternati a balli sfrenati e vorticosi.
Artemide sentiva una carica forte partire dallo stomaco, dove il potere dei bassi risuonati nell'ampia sala le dava un'energia e una spinta emotiva del tutto nuova.
Si scoprì così a ballare ritmi sconosciuti fino ad allora.
Si ritrovarono tutti al centro della pista da ballo. Lei, Temistocle, Achille, Vittoria e Giulio circondati dai numerosi cugini altrettanto coinvolti.
Qualcuno di loro si univa di tanto in tanto al loro cerchio ballerino, tentando di coinvolgere Temistocle in danze sconnesse e fuori tempo. Nessuno di loro aveva mai ballato la musica house. Artemide notò che non tutti i cugini di Temistocle erano caucasici, giovani di diverse sfumature di colore, spaesati da ritmi così inconsueti, si facevano coraggio tra loro, lasciandosi andare alla musica.
Temistocle li abbracciò tutti uno per uno, commosso e in evidente alterazione alcolica, alcuni furono circondati dalle sue flessuose braccia con maggiore enfasi. Artemide lo osservava.
Forse l'alcool rimescolato a quelle potenti vibrazioni le stava facendo un effetto strano: cupo, profondo, meditativo. Si scostò per un attimo dal gruppo avvicinandosi al bancone del bar.
Temistocle la raggiunse portando con sé altri cugini.
«Mia cara,» disse con un tono fintamente formale «vorrei presentarti due miei carissimi cugini che nella scala Elisabbetiana di importanza gerarchica appartengono alle famiglie più importanti della secolare progenie dei Torre» i cugini lo guardarono divertiti, altrettanto alterati, altrettanto confusi dalla situazione che si era creata «Ti presento mio cugino Touluse Torre Pinault, figlio di mio zio Taddeo e di zia Mathilde Pinault, grazie a lui abbiamo un servizio di sicurezza degno di un reale!»
Il ragazzo che introdusse Temistocle rise coprendosi il sorriso con una mano, con un gesto che Artemide trovò di un'eleganza surreale. Il ciuffo biondo perfettamente acconciato sovrastava una fronte ampia con occhi azzurri sorridenti e un portamento ineccepibile. Touluse quindi allungò la mano verso di lei e si produsse in un altrettanto elegante baciamano.
«Qui alla mia sinistra, non meno degno di nota, il signor Tyler Torre Vallet, figlio di zio Taddeo e Pedro Vallet. Principe dell'hotellerie mondiale, secondo solo a sua sorella Tilly Torre Hilton. Tyler è un grande conquistatore, quindi non so se dovrei presentartelo.» lo guardò di sottecchi, mentre il grande sorriso smagliante si presentava sul volto del giovane dalla pelle scura. I capelli cortissimi di un riccio fitto, contornavano una testa tonda e un volto glabro. Sia Touluse sia Tyler sembravano avere la stessa età di Temistocle.
«Non fare caso a quello che dice Tim, sono uno come tanti altri, con l'immensa fortuna di essere stato adottato dai miei genitori» Tyler le prese la mano e con molta naturalezza le sfiorò la pelle con le labbra carnose. L'educazione formale della loro giovane età la colpì molto, era un modo di fare che Temistocle non le aveva propriamente mostrato.
«Lieta di conoscervi» rispose con un tono imbarazzato e divertito.
«Ho sentito chiamarmi!» Una voce femminile, con un forte accento inglese, si introdusse nel loro piccolo cerchio pittoresco. «Tyler, tesoro, finalmente riesco ad abbracciarti» La donna bionda e alta, in un elegante abito nero e dei tacchi vertiginosi coprì il giovane ragazzo di colore, che contraccambiò il gesto con commisurato trasporto.
«Signore e signori Tilly Torre Hilton! Quale onore per noi poveri mortali!» Temistocle si produsse in un tono vagamente derisorio, accennando un inchino. La giovane donna, sulla trentina colpì molto Artemide, la osservò mentre salutava i cugini, il suo sguardo diretto era affinato da una posizione particolare del mento, leggermente verso il basso, mentre le spalle dritte e la testa alta la distinguevano per postura ed eleganza. Le parve come fosse sospesa nel vuoto, eterea. I suoi movimenti delicati spiccavano confrontati a quelli dei cugini: il modo in cui piegava il polso per appoggiare la mano sulla spalla prima di prodursi in un saluto familiare, il sorriso ampio ma non sguaiato e gli occhi, languidi e severi. Artemide si ritrovò in silenziosa ammirazione.
«Ciao, io sono Tilly, la sorella di Tyler» la notizia confuse non poco Artemide, vista sia la loro differenza di pigmentazione sia per la distanza di età «sono la figlia del primo matrimonio di mio padre Taddeo. Tu sei la famosa Artemide, desumo» Tilly allungò la mano verso Artemide e si presentò.
«Il piacere è tutto mio» Ella non capiva bene cosa stesse accadendo, sentiva nomi ridondati, che aveva letto solamente sulle app di gossip che Vittoria le mostrava di tanto in tanto. Tuttavia era chiara davanti a lei l'immagine dei piatti di alta gastronomia premiati da testate giornalistiche di settore, fotografati sui sontuosi tavoli degli hotel Hilton o Vallet. La loro capacità di ingaggiare chef emergenti e capaci era nota. Il volto di Artemide si dipinse di un'aria trasognata.
«Non ti curar di loro,» la voce calda e divertita di Tilly la colse all'improvviso, come anche il suo prenderla a braccetto come vecchie amiche «ho fatto da baby sitter a questi mascalzoni durante le vacanze estive, tendono a esagerare un po' le cose. Tu invece so che studi cucina, secondo la press release di zia Betty.»
Artemide rimase di stucco a quella domanda, quasi impietrita. Forse non tutto ciò che Elisabetta Torre Boselli faceva produceva effetti devastanti.
«Sì, sto terminando il quinto livello di alta gastronomia e sono al terzo di antropologia culinaria». Rispose con una precisione tale che Tilly si ritrovò ad essere ancora più curiosa.
«Questo non era specificato nella mail di zia, dovrò farle osservazione, non si tralasciano certi dettagli» Sollevò il sopracciglio sinistro mentre pronunciava quelle parole, facendo intendere una sorta di scherno nei confronti della parente. Colse al volo anche gli occhi brillanti di Temistocle che si prodigò in una supplica inattesa.
«Oh sì, Tilly! Ti prego! Vai da mamma e spiegale come si fa una cartella stampa corretta, dille che ha sbagliato! Ti prego!» Il quadretto dei cugini affiatati e uniti che le si pose davanti suscitò in Artemide un moto di orgoglio e un piccolo senso di appartenenza.
Fu l'arrivo impetuoso di Giulio che trascinava Vittoria al bancone del bar che interruppe il loro momento.
«Perdonami Temistocle, ma la biondina con Tazio chi è?»
«Ti prego Tilly, chiamalo Giulio, non sopporta quel nome!»
«È la mia migliore amica, Vittoria, anche lei era in con noi alle medie.» Artemide si intromise nel dialogo tra i due cugini.
«Non ho ricevuto nessuna release su di lei» il tono serio con cui pronunciò quelle parole lasciò interdetta Artemide e infastidì Temistocle «dovrei informare il mio capo della sicurezza. Artemide mi spiace ma non sono abituata a incontrare persone sconosciute, preferisco essere avvisata.»
«Vittoria è con me» interruppe Temistocle «è una brava persona, non ti devi preoccupare».
«Esatto!» Giulio si intromise con rinnovata prorompenza «siamo al sicuro con le tue guardie del corpo armate dei più innovativi strumenti che la Torre Difesa SpA possa offrire al mercato. Sia di azione che di indagine, sanno tutto di tutti, non te ne devi fare un cruccio, cugina!»
«Giulio tu parli sempre troppo» lo redarguì Tilly «Tosca mi ha detto che ogni tanto ti lasci andare anche in pubblico, lo sai che non dovresti. Forse sarebbe meglio smettere di bere, che ne dici?» L'eleganza con cui formulò quell'invito parve surreale agli occhi degli spettatori così come il gesto di sfilargli l'ennesimo bicchiere dalla mano, lasciando basita Artemide che improvvisamente si rese conto di chi fosse Giulio: il figlio minore di Tobia Torre nato dall'unione con una Beretta ed erede delle imprese del padre e della madre impegnate nella produzione di armi.
Il clima rilassato e divertito di poco prima, divenne improvvisamente teso e pesante. Fu Temistocle a interrompere il clima serioso.
«Basta discutere di lavoro! Andiamo a ballare!!» Incoraggiò tutti con una generosa pacca sulla spalla, mentre Tilly e Giulio necessitarono di una spinta un po' più esplicita. Così li condusse per mano al centro della pista seguiti a ruota da Artemide e Vittoria.
La sala grande era gremita di persone, la musica suonava forte ed i bassi penetravano dritti nello stomaco. Le giacche formali erano sparite, molte donne avevano rinunciato ai tacchi e ballavano scalze, anche se il pavimento iniziava ad avere una strana patina appiccicosa.
Qualcuno si abbandonava molle sulle poltroncine e divanetti sparsi sul perimetro. Il tasso alcolico era molto alto, le scorte del bar sembravano infinite. Il "tum tum" tumultuoso li faceva saltare all'unisono, poi tutto si interruppe. Sul palco continuavano ad essere oloproiettati video musicali.
Quando la luce si spense, apparve un uomo alto, magro, in giacca, il volto in penombra, musica elettronica iniziava a rompere il silenzio con un ritmo insolito. L'uomo oloproiettato iniziò a muovere le mani e la voce diceva "this is my church... ". Il pubblico impazzì. Per quanto il brano fosse loro sconosciuto, sentivano in quelle parole, in quel ritmo crescente, una forza trascinante irresistibile. Quando il brano finì con "For tonight God is DJ" sembrarono in preda all'eccitazione massima. Artemide e Temistocle erano in mezzo a loro e si lasciarono trascinare.
Le luci si accendevano e si spegnevano, erano tutti uno vicino all'altro, schiacciati, appiccicati. Iniziavano a non capire dove finisse uno ed iniziasse l'altro, per poi ritrovarsi un quinto braccio o una quinta mano. Gli occhi chiusi le braccia in alto, sussultare, saltare, mani, gambe, braccia, teste, tutti vicini come se non si potesse fare altrimenti.
Artemide cercò di capire di chi potessero essere tutte quelle superfici calde e sudate con cui entrava in contatto, distinse a mala pena Temistocle, l'alcool che aveva ingerito le suggeriva che tenere gli occhi chiusi fosse meglio, tentando di tenere l'equilibrio appoggiandosi al braccio semi nudo di Temistocle, la cui camicia era sbottonata fino quasi all'ombelico e le maniche arrotolate fino al gomito.
Artemide aveva caldo, le maniche lunghe di quel bellissimo abito la stavano costringendo in modo insopportabile, ma non aveva possibilità di alleggerirsi in quel fiume umano. Sentì delle labbra baciarle il collo sudato, non le importava in quel momento, la musica pompava, i bassi facevano vibrare il pavimento che sentiva bene sotto i piedi scalzi, altre labbra le baciavano la bocca, braccia le cingevano la vita, il suo bacino si scontrava con altri, muovendosi al ritmo della musica. Allungò la sua mano verso un collo dietro di lei, verso un pettorale davanti a lei.
Temistocle era completamente perso nel flusso della musica, la ripetizione sincopata del ritmo, faceva muovere le sue mani sul bacino stretto di Artemide, scivolando sotto la sua gonna, fremendo al contatto con la sua pelle nuda, pensieri dolci e pungenti lo trascinavano dove sapeva non c'erano protezioni, ma la mano di Artemide sul suo petto, o almeno sperava fosse la sua, che giocava con le sue clavicole, con i suoi capezzoli, che le carezzava gli addominali fino a raggiungere i pantaloni, una mano esile e leggera, gli impediva di andare oltre, voleva godersi quel momento.
La musica pompava, una ripetizione di suoni elettronici, di effetti sonori, di percussioni più o meno tribali, e altre mani, sulle sue natiche, sulle sue spalle. Una lingua, tra i pettorali, i capelli soffici e setosi sotto il suo naso. Poi le sue labbra sulle sue labbra. La sua lingua con la sua lingua, e mani, mani ovunque.
La musica non smetteva. Nessun pensiero, solo il rhum che ottenebrava la coscienza e quel tumulto che si prendeva tutto, cuore, stomaco, inguine, consapevolezza, pudore. Un'ipnosi di gruppo, di anime vorticanti e danzanti.
Le luci si spensero. La musica svanì. Buio. Silenzio. Tutti fermi esattamente dov'erano. Le mani scivolarono via, rimasero solo le loro labbra, il loro abbraccio e quel sussurro:
«Ti amo.»
https://youtu.be/zXUrVJNIcgA
Angolo Autrice
In questa revisione che sto compiendo, uno degli obbiettivi è di regolarizzare la lunghezza dei capitoli, per questo alcuni sono stati divisi e ricomposti, arricchiti in alcuni casi, come questo, di dettagli che sono importanti.
Il mio augurio è che la musica trascinante di questo momento coinvolga anche voi, lasciandovi alle spalle la formalità di un funerale o regole sociali legate ad esso.
A presto
OD
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top