12 - Cordoglio e Orgoglio*
La hall dell'hotel risuonava del tacchettio causato da Artemide e dai suoi passi corti e concitati che seguivano quelli più lunghi e decisi di Temistocle. Tuttavia né l'elegante ingresso, né il valletto alla porta riuscirono a distoglierla dai suoi pensieri.
Uscirono alla luce del giorno, la temperatura era piacevole. Qualcuno di passaggio si girò a guardarli mentre a passo svelto si incamminavano verso San Nicolò.
Si erano da poco congedati da Achille, quando una domanda le parve spontanea.
«Ma senti un attimo, la cerimonia è alle tre, durerà un'ora se il prete la tira lunga, fino alle venti che facciamo?»
«Tu non hai idea ti cosa ti aspetta, vero?» Temistocle come da sua vecchia abitudine, la conduceva per mano nelle strade del centro storico, sorrideva immaginando lo stupore che avrebbe provato Artemide.
«Mi spaventi così» ammise mentre saltavano l'ennesimo marciapiede porfido sconnesso. Percorsero tutto il centro storico con grande alacrità, era da anni un'area pedonale, ciononostante era sempre dissestato. Per un momento la voce di Temistocle parve ovattata nella testa di Artemide, perdendosi in pensieri concreti sul mal rifacimento di quel manto stradale.
Quand'egli fu certo di catturare la sua attenzione, le spiegò non nascondendo il fiato corto.
«Mia nonna era la matrona: sette figli tutti sposati qualcuno più di una volta, quindi circa nove nuore, perché verranno tutte, sappilo, ventiquattro nipoti, otto pro nipoti con le rispettive tate. Nella sua vita ha sostenuto l'Opera e il Filarmonico, è stata una grande mecenate. Conosceva tutti, ma proprio tutti. Quindi il suo funerale ha un event planner, non un'agenzia di pompe funebri. La cerimonia sarà accompagnata dall'orchestra e dal coro della Fondazione, per quello che ci sta nella chiesa, suoneranno il requiem di Verdi, per lo più, insieme ad arie d'opera che le erano care, come la Madama Butterfly. Ci sarà il sindaco, il presidente della regione, il questore, il comandante dei Carabinieri di Verona e quello dei Vigili urbani e questi sono i personaggi che hanno un posto riservato. Ci saranno gli steward ad accompagnare ognuno al suo posto o dare indicazioni a chi per affetto volesse partecipare alla cerimonia, che probabilmente durerà almeno un paio d'ore.»
«Cosaaa?!!» Esclamò Artemide che aveva già il fiatone e faceva mille acrobazie per non rimanere incastrata nei sampietrini.
«Temo di sì, cara mia. Sarà un luuungo pomeriggio.» Il tono rassegnato della sua voce le fece capire quanto si stava rendendo conto che era il funerale della nonna. Quando raggiunsero via Stella, il passo si fece più controllato, solamente per adeguarsi a quello più composto della gente che si stava avviando ad assistere.
«Fermati!» Esclamò lei, «devo prendere fiato. Sono sudata come un cammello.»
«Sì, capisco.» Temistocle approfittò di quel momento per estrarre la cravatta dalla tasca interna, e specchiandosi in una vetrina si rimise in ordine. Ora era tutto abbottonato, con la sua bella cravatta e la giacca ad un bottone. Artemide sorrise pensando che sotto portava i boxer che aveva indossato lei per tutta la notte. «Che c'è da sorridere? Sono buffo?»
«No, pensavo a noi due.»
La piazza era gremita. Il servizio d'ordine imponente. Molta gente si era presentata per omaggiare la mecenate. Un gruppo di archi suonava al centro della piazza, esaltando il momento di raccoglimento. La giornata era splendida, il cielo terso e l'aria frizzantina.
La stampa era presente con numerosi giornalisti che si alternavano nell'intervistare i personaggi di spicco del panorama lirico che si presentavano per gli ossequi. Uno di questi, un uomo in frac attirò l'attenzione della giovane nonostante fosse concentrata a non inciampare.
Quello sforzo fu interrotto dal gracchiare delle radio che annunciavano l'arrivo del corteo funebre, mentre una donna in completo nero e camicia nera li avvicinava con discrezione. Nel suo fare riservato ed elegante, Artemide notò una coccarda di raso nero apposta al suo braccio sinistro.
«Temistocle Torre Boselli, giusto? I miei ossequi.» Nell'orecchio aveva un auricolare ben nascosto ed un tablet, con la foto di Temistocle e quella di Artemide.
«Grazie. Sì, insieme ad Artemide Rossi Bolla.» Il tono serio che usò li fece entrare nell'atmosfera formale e austera che richiedeva il momento.
«Sì, certamente» confermò. Premette un tasto pop up sul tablet e disse monotono «Accoglienza: Temistocle Torre Boselli e Artemide Rossi Bolla, siamo in A1.»
Poco dopo apparve un ragazzo giovane dall'aria seria ed emaciata.
«Sig. Torre Boselli, le nostre condoglianze, vogliate seguirmi.» Il giovane macilento portava la stessa fascia a lutto, ma con una coccarda viola. Erano in molti con quella coccarda ad ognuno era stato assegnato qualcuno da accompagnare.
Al loro ingresso in chiesa, non appena la vista si adattò al sole abbacinante del primo pomeriggio, li accolse un tripudio di gigli neri ed edera che cadevano dalle colonne della navata principale, come anche dai banchi della navata principale. L'orchestra era al proprio posto, così come il coro, mentre suonavano alcune musiche di accompagnamento. Il ragazzo li lasciò al loro banco, il quinto dall'altare, vicino ad alcuni cugini che salutarono Temistocle con un cenno della testa.
Si sedettero.
Artemide era agitata, nervosa, trovandosi lì, estranea a tutti. Il lieve brusio venne interrotto, tutti gli addetti al servizio che portavano la coccarda nera ed il tablet fecero cenno che il feretro era arrivato. L'uomo in frac raggiunse la sua postazione e diede inizio alla cerimonia. Gli archi, i corni, il coro, fu imponente. Un'onda travolgente di note e armonie li sopraffece. Si tennero forte per mano. Artemide sentì il fremito del corpo di Temistocle. Intrecciò ulteriormente le sue dita intorno a quelle del ragazzo. Cercò il suo sguardo. Lo trovò ricolmo di lacrime, che la lasciarono senza fiato.
Realizzò solo in quel momento che erano tornati alla realtà e che lui aveva perso un membro importante della sua famiglia, nonostante non fosse molto nonnesca. Continuava a guardarlo negli occhi e con le labbra mimò "noi due", stringendo ancora più forte la sua mano.
La porta spalancata della chiesa permise di intravvedere l'arrivo del carro trainato dai cavalli. Il celebrante, che stranamente non era il Vescovo ma il prete della parrocchia, seguito da uno stuolo di chierichetti con il suo aspersorio per incenso, accolse il feretro in una bara d'ebano laccato e scolpito. I sette figli sollevarono il feretro con l'agevole strumento dell'organizzazione e lo sospinsero al centro della navata.
Le persone si alzarono tutte in piedi, non c'era più uno spazio libero. L'aria era pesante, e qualcuno aveva azzardato un ventaglio tra tutte quelle velette e volti lacrimosi. Artemide vide passare il celebrante, i chierichetti seguiti dal feretro della nonna, accompagnata dai figli, molto emozionati, il volto tirato, gli occhi segnati; al seguito le mogli, ex mogli ed altri parenti che presero posto nelle prime file di banchi a loro assegnati.
La cerimonia fu un susseguirsi di musica, canto lirico, cori, candele, incenso, alzarsi, sedersi, stringersi la mano, e ancora preghiere, alzarsi, sedersi. Era tutto di un altro pianeta, era un tripudio di glorificazione, di pentimento e di suppliche. Le lacrime sul volto di Temistocle si sostituirono con una mascella rigida e contratta. Artemide intercettò lo sguardo di sua madre che li fissava in tralice. Immaginò quanto meno fosse lei, visto che non l'aveva incontrata. Temistocle era teso, nervoso. Ella non volle indugiare troppo su tutti i partecipanti a quella cerimonia, era un'ospite dell'ultimo secondo, forse anche sgradita, mantenne lo sguardo basso. Si concedeva solamente un cenno di incoraggiamento a quel giovane sofferente a cui stringeva la mano.
Si avvicinò a noi un'addetta con la coccarda nera e gli fece un cenno, lui annuì.
«Torno subito» Le sussurrò all'orecchio.
La musica si interruppe di nuovo. Oramai era passata almeno un'ora e mezza dall'inizio. Artemide vide Temistocle avvicinarsi all'altare. Il celebrante, nella sua palla viola ricca di ricami neri e oro, introdusse il discorso del nipote preferito. Temistocle apparve sul leggio dedicato solitamente alle letture. Artemide ne fu sorpresa, ma d'altronde non avevano mai parlato di quel giorno, e lei mai si sarebbe immaginata una cerimonia del genere quando accettò di parteciparvi.
Temistocle salì sul pulpito evidentemente emozionato. Fissò il feretro, si rese conto che dentro a quella bara lucida ed elegante a pochi metri da lui c'era sua nonna. Fece di tutto per calmarsi e cercò lo sguardo di Artemide. Lei lo sostenne, sapeva che tutti avrebbero visto e saputo. Drizzò le spalle, incrociò elegantemente il piede sinistro dietro la caviglia destra e tenne le mani sul grembo. Occhi negli occhi. "Noi due", mimò ancora una volta.
«Cara Nonna» Iniziò «Carissima Nonna. Quando mi hanno chiesto di pronunciare un discorso al tuo funerale ne sono stato onorato e restio. Perché io? Sono capitato nella tua vita tra altri nipoti molto in gamba e seri, mentre io ero un bambino comune, facevo la mia vita e i pranzi a casa tua non spiccavo mai come il genio che durante la settimana aveva risolto chissà quale problema. Non sono nemmeno il nipote sportivo che colleziona medaglie, non sono nemmeno il più bello della tua stirpe.» Un sorriso apparve sulla bocca di molti, come solo lui era in grado di suscitare «eppure hai chiesto di me. Così ho ripensato alle ultime volte che ci siamo visti, alle cose che mi hai detto e da come mi hai illuminato. E oggi nel momento più buio vedo la tua luce. Io ero il solo che restava con te, nello studio ad ascoltare le sinfonie e le opere che tanto amavi. Nel momento di estasi o di dramma più assoluto, tu mi spiegavi "senti questo passaggio" oppure "questo è difficile, la soprano è divina", mentre tu a occhi chiusi mimavi i gesti del direttore d'orchestra. Credo di essere stato il solo a condividere questa passione con te. Insieme a disastrose quantità di tè Queen Anna e dolcetti di pasta di mandorle. Avevi ribattezzato il tuo assistente vocale con "Maestro", così chiedevi: "Maestro, daccapo" e le sinfonie ricominciavano.
Grazie nonna, perché in questo momento buio per tutti noi qui riuniti per te, tu mi guidi, mi illumini il cammino con ciò che più ami. Farò tutto quello che mi è possibile per proseguire il tuo retaggio, facendoti onore ogni giorno della mia vita. Per ringraziarti di quello che se stata per me e per tutti noi, ti salutiamo con l'aria che tu amavi tanto e non ti stancavi mai di ascoltare o cantare.
Ti vorrò bene per sempre, il tuo Tim Terrible, l'Americano.»
Uno scroscio di applausi sordi, fatti insolitamente con il dorso della mano furono l'abbraccio che tutti gli avrebbero voluto rivolgere. Ripercorrendo la strada verso il suo posto Temistocle si portò una mano alla bocca, la baciò e la appoggiò alla bara, in segno di saluto. Tornò accanto ad Artemide, che mantenne il suo contegno e gli prese la mano, abbassò la testa e sussurrò
«Vorrei tanto abbracciarti, ma non so se posso». Le voce delicata di Artemide lo raggiunse come un velo di seta, lo circondò e lo abbracciò. Così, fasciato in quelle parole di affetto e rispetto, prese l'iniziativa e si strinse forte a lei, lasciandosi andare ad un pianto contenuto. Ella lo cinse con tutto il rispetto che le era possibile, gli accarezzò la testa delicatamente. Sentirono tutti gli occhi su di loro, tanto che anche la cantante ed il direttore d'orchestra sembrava stessero aspettando loro. Ripresero il loro contegno staccandosi in silenzio e tenendosi per mano.
La cantante esegui l'aria "Un bel dì vedremo" dalla Madama Butterfly.
Artemide rimase incantata dall'esecuzione del brano, mentre Temistocle lo seguiva con commosso interesse, mimandone a tratti il fraseggio. Quanto ancora non conosceva di quel ragazzo, e quanto avrebbe voluto scoprirne. L'emozione portò anche lei alla commozione.
Dopo l'aria della Madama Butterfly, tutto sembrò scorrere in modo più tranquillo, forse il peggio era passato. Ci furono ancora canti, cori, alternanza di soprani e discorsi di varie personalità.
Quando la celebrazione in chiesa si concluse, Temistocle le spiegò che tutti si sarebbero recati al cimitero monumentale per la sepoltura nel piccolo mausoleo di famiglia.
A tal fine uscirono semi composti, loro due sempre mano nella mano. Dovevano ancora sbrigare le ultime incombenze dettate dalle volontà della nonna. Artemide trovò bizzarro come alcuni partecipanti si portassero via le decorazioni floreali.
Quando la salma fu caricata sulla carrozza antica, tutti si diressero ai mini van che li attendevano, autorizzati da uno zio di Temistocle che era in consiglio comunale e appoggiati dalle numerose amicizie, ovviando alle limitazioni sul traffico delle auto private.
Non dissero una parola mentre prendevano posto all'interno di uno di questi. Temistocle, nonostante fosse stato ufficialmente battezzato come nipote prediletto, si mantenne defilato, mentre il celebrante eseguiva gli ultimi riti.
Corone di gigli neri, rose viola ed edera, invadevano tutto lo spazio antistante. Gli addetti con le coccarde erano spariti, rimanevano solo i membri della famiglia ed i vari parenti. Quando il feretro venne calato nell'antro buio al centro del piccolo mausoleo, Temistocle ebbe un sussulto.
«Addio nonna» Disse con un filo di voce rotto dall'emozione. Artemide gli strinse il braccio. Si allontanarono prima che la gli addetti chiudessero l'apertura con la pietra secolare. Mentre camminavano sotto il porticato del perimetro del cimitero, una voce li raggiunse.
«Tim!» Lo chiamarono.
Temistocle si voltò e salutò il cugino con un abbraccio. Poco dopo si staccò da lui e si tolse la cravatta con un gesto liberatorio, il cugino fece altrettanto.
«Bel discorso in chiesa.» C'era qualcosa nel formulare quella frase che colpì molto Artemide, era una questione di postura, di accento, non riusciva bene a comprenderlo. Si accorse tuttavia che avevano qualcosa in comune che forse poteva essere ricondotto alla loro educazione. Anche il loro abbraccio era particolare, non liberatorio, non sbavato da sentimentalismi, eppure emozionato.
«Grazie, ero sincero. Penso le sarebbe piaciuto».
«Scrivi solo di ciò che sai, no? Ce lo ha insegnato lei,» ricordò «piacere sono Giulio» Il ragazzo si rivolse ad Artemide introducendosi, con la stessa impostata eleganza con cui aveva abbracciato il cugino. Forse era più vecchio di loro, con una bellezza raggiante, il viso tondo e gli occhiali sottili.
«Piacere Artemide» Ricambiò.
«Artemide Rossi Bolla» precisò, lasciandola interdetta.
«Mia mamma...» intuì Temistocle «l'addetto stampa». Temistocle sembrò fare dei calcoli matematici complessi mentre alzava gli occhi al cielo quasi esasperato.
«Esatto» confermò Giulio, «volevo avvisarti di modo che siate preparati. C'è molta curiosità. Ci vediamo al ricevimento, ho la macchina che mi aspetta. A dopo». Artemide non capiva il senso del loro discorso per tanto cercò insistente lo sguardo di Temistocle.
«Di cosa stava parlando?» Chiese Artemide curiosa.
«Mia madre non ama molto le sorprese. Quindi quando è entrata stamattina in camera mia mentre tu dormivi, non le è stato particolarmente gradito, meno male che non sei una sconosciuta, questo ha reso le cose un po' più semplici, per così dire. Ha dato il tuo nome e cognomi al suo addetto stampa che ha redatto il tuo profilo con cose che lei sapeva ed il resto l'ha preso dai tuoi social. Dopodiché ha inoltrato il tuo profilo a tutti. Tutti sanno chi sei.»
«Ahn... mi sento improvvisamente il fenomeno da circo. Io però non potrò contraccambiare, non ho i profili di tutti. Farò una figuraccia.»
«Non me ne preoccuperei. Sei con me. Siamo noi due. Ricordi?» La guardò sorridendo.
Percorsero il lungo colonnato che descriveva il perimetro del cimitero, seguendo il flusso di persone che uscivano, evitando con destrezza altri parenti del ragazzo.
Avevano il fiato corto ed erano accaldati. Salirono sulla macchina che li stava aspettando. La prima di una lunga fila che era stata assoldata per portare tutti alla Gran Guardia.
Angolo Autrice
Il preludio a ciò che avverrà per celebrare la vita di una mecenate.
31 luglio 2024
Ho sistemato qualcosina, aggiunto dei piccoli dettagli che saranno utili per il futuro.
Ci tengo a precisare che quel "Noi Due" pronunciato spesso dai protagonisti, non è un elogio alla notte appena trascorsa o a una chissà quale unione carnale, al contrario simboleggia la loro connessione cerebrale, intima, che ha preso forma nelle ultime ore grazie al loro passato. Se questo non fosse chiaro, mi piacerebbe avere la vostra opinione, così da poterlo aggiustare.
Grazie mille a tutti coloro che sono arrivati fino a qui, si sono prodigati in consigli e si stanno affezionando ad Artemide e Temistocle.
Ci leggiamo in giro
OD
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