11 - La resa dei conti*

Il sole del mattino di maggio inondava la stanza di luce naturale e rendeva gli eventi ineluttabili. Tutto diventava reale sotto i raggi del sole.

L'incredulità per il succedersi rapido degli eventi sopraffece Artemide, che si sentì di nuovo catapultata in vortice emotivo anche se non era ancora completamente sveglia. Nel continuo accarezzarsi la testa e il viso cercava di fare mente locale e organizzare gli eventi della giornata che l'aspettava tentando di non soffermarsi troppo su quelli della notte appena passata.

In cima al suo rinnovato elenco di compiti da svolgere era riprendere i contatti con la sua famiglia, così prese il suo telefono ormai carico e lo accese. Trovò una cinquantina di messaggi. Li scorse veloce, sua madre, suo padre, suo fratello, tutti tra le ventuno e ventidue del giorno prima, roba vecchia. Era riuscita a sentire suo fratello poco dopo ed era tranquilla. Ma il pensiero di ciò che lui le aveva tenuto nascosto le tornò alla memoria. Così lo chiamò e attivò il viva voce:

«Pronto Artemide!» La voce da uomo del fratello era attiva e rispose dopo uno squillo.

«Buon giorno fratellone!» Il suo finto entusiasmo accompagnò la risposta al saluto.

«Siamo gemelli e sei tu la più vecchia sorellona.»

«Caro il mio bel fratellone, ho una sorpresa per te!» Annunciò fiera.

«Mi sembri allegra nonostante sia un momento di merda, che sorpresa?» Artemide fece cenno a Temistocle di avvicinarsi e gli mise il telefono vicino di modo che si sentisse tutto per bene.

«Ciao amico!» Improvvisò Temistocle. Soffocarono le risate sul nascere, provando un certo senso di colpa nel mettere in difficoltà Achille in un momento così brutto.

«No!» Urlò dall'altra parte.

«E invece sì fratellone.... Il caso cosa combina, visto? Sentito chi è? Non puoi più nascondere bigliettini e rose, non puoi più tenere i segreti...coglione!» La ragazza scoprì una certa rabbia risalire le sue corde vocali, mentre si imponeva sul fratello.

«Artemide calmati! Dimmi dove siete vi raggiungo e parliamo.» Propose Achille, mentre Artemide stava caricando rabbia come un toro. Temistocle prese il telefono.

«Ti mando la posizione, ci vediamo al bar dell'albergo tra un'ora, può andare bene?»

«Ok.» Il torace del giovane vibrava così come la sua voce nel capire che le sue bugie avevano trovato il capolinea.

Temistocle vide l'agitazione di Artemide. La rabbia.

«Adesso vuole parlare! Ne ha avuto di tempo per parlare e non ha mai detto niente! Ma ti rendi conto?! Io mi sentivo inadeguata, cercavo di proteggermi dalle mie paure, e chi mi ferisce di più?» Ella era furiosa, impegnava molte energie per impedirsi di piangere o strillare in modo convulso. Voleva mantenere un contegno di fronte al momento delicato di Temistocle, ricordando il motivo per cui si trovava lì.

Egli capì la sua rabbia e in un certo qual modo intese anche come stesse reprimendo alcune emozioni per rispetto nei suoi confronti. La abbracciò, la cullò e la calmò.

«Ce la puoi fare, sarai in grado di passare anche questo. Io sarò con te, tutto il tempo necessario.» Artemide annuì e si scostò da lui. «Sei bellissima anche così.» Si abbracciarono di nuovo.

Ella sentì l'orgoglio scorrerle nelle vene. Voleva essere una versione migliore di sé stessa, di quello che era stata fino a poco tempo prima. Le braccia di Temistocle la fecero sentire forte, quella forza che lui aveva visto in lei prima che ella stessa se ne rendesse conto. Tentò quindi di riprendere il controllo.

«Vediamo di cosa mi omaggia tua madre» si avvicinò al porta abiti e aprì la zip, si svelarono due vestiti «Oh porca troia!»

«Scusa?» La riprese Temistocle.

«Tua mamma è pazza!» Replicò in un misto tra emozione, agitazione e confusione. Sfilò i due Appendini dal copri abiti, e li agganciò all'anta dell'armadio. Erano due abiti neri di un noto e famoso brand, uno più casto con una piccola scollatura rotonda perfettamente confezionata, senza cuciture in vista. Il tessuto era morbido ma spesso con l'aspetto di essere un po' caldo. L'altro aveva una scollatura a onda asimmetrica, era appeso da due laccetti perché lasciava scoperte le spalle ed aveva lunghe maniche con un ricamo delicato. La parte sotto si apriva con una leggera forma ad A. Era in taffetà a più strati, quindi piuttosto rigido, ma sembrava fresco. Artemide era rapita dalla bellezza dell'abito.

Si guardò intorno ed esplorò il contenuto delle altre buste. La mamma di Temistocle aveva un ottimo intuito e un gusto eccellente che poté constatare sia con il contenuto delle scatole da scarpe, sia con quello dell'intimo di pizzo prezioso che le aveva procurato. L'ultimo sacchetto più piccolo e modesto era forse il più prezioso, con ciò che l'avrebbe aiutata a mostrare le gambe senza imbarazzi.

«Grazie a Dio!» esclamò brandendo il rasoio. Temistocle rise. «Faccio una doccia rapida così ti lascio il bagno.»

«Faccio in fretta, vado io per primo»

Fu veramente veloce e quando rientrò nella stanza ella sollevò lo sguardo e lo vide in tutta la sua bellezza. Era alto e di questo se ne era ben accorta, le spalle grandi e le clavicole ossute avevano i piccoli segni dei suoi morsi. Il petto glabro, era teso e tonico, gli addominali segnati erano accompagnati da una sottile peluria che si dirigeva in alto ed in basso, dove ora lo sguardo di Artemide si era bloccato. L'asciugamano copriva il resto. Rimase interdetta per qualche secondo. E lui le disse:

«Mi dai i boxer?»

«Ma li ho portati tutta la notte...»

«Non ci sono molte alternative, non posso certo mettermi questi – Temistocle sollevò lo slip brasiliano in pizzo trasparente che sua madre aveva scelto o fatto scegliere per Artemide, - strapperei tutto, anche se onestamente è la fine che vorrei fargli fare» disse con un filo di voce.

Artemide si alzò dalla poltrona, tolse dalle mani di Temistocle il suo nuovo intimo ed una volta che fu dietro di lui si spogliò totalmente e lanciò boxer e t-shirt sul letto, correndo in bagno.

***

L'ingresso elegante e raffinato del Due Torri Baglioni mise in soggezione il giovane Achille, che non era abituato ai fasti e alla raffinatezza di un valletto che con mano guantata apriva le porte agli ospiti.

I suoi passi incerti lo condussero al bar, dove avevano fissato l'appuntamento, poco distante dalla reception. Sentì le guance in fiamme quando il bar tender lo osservò entrare dalla sua postazione dietro al ricco bancone di legno intarsiato sovrastato da marmo bianco. Sentì il disagio corrergli per la spina dorsale. Ebbe anche l'impressione che la luce naturale procurata da moderne installazioni di luci e specchi, mettesse in maggiore evidenza il suo imbarazzo.

Nella sua aria persa, nel rimirare l'ambiente tra classico e moderno, perfettamente equilibrato, una voce catturò la sua attenzione:

«Ha vinto un premio.» Una voce melliflua e calma lo accolse così. Achille si riprese e cercò a chi appartenesse quella voce. Era il barista che stava sistemando alcune tazze e bicchieri.

«Come scusi?» Achille non capì il senso di quella affermazione.

«Il light designer di questo bar ha vinto un premio, per essere riuscito a dare all'ambiente un'atmosfera simile. Ha usato materiali di riciclo per realizzare gli specchi che in realtà sono lastre di alluminio, creando una parete che sembra un rampicante, perfettamente in tono con le contorte volute del bancone e lo stile classico dell'hotel. Sono in molti a rimanerne affascinati.» spiegò il giovane addetto «posso servirle qualcosa?»

«Sto aspettando qualcuno, mi siedo là va bene?» Il bar tender colse il suo imbarazzo da scolaretto al primo giorno di scuola. Le sue guance glabre e il suo viso pulito tradivano la sua giovane età.

«Certamente signore, mi faccia un cenno quando sarete pronti ad ordinare.»

«Grazie.»

Achille prese posto al tavolino più distante, quello in un angolo e si sedette in modo da poter vedere chi entrava nella hall o la attraversava. Non poteva ancora credere a quello che era successo, era nervoso e le mani gli sudavano. Il suo unico pensiero era "adesso cosa le racconto? Cosa le dico? Merda" ... rimase lì ad attendere giocando nervosamente con le mani.

***

Il rumore della zip che si chiuse suggellò quel momento.

Come la sera prima si ritrovarono davanti allo specchio. Lui era bello da morire, con i suoi capelli in disordine, la pelle liscia e quegli occhi nocciola che la spogliavano di tutto tanto che la scrutavano. Il suo completo gli calzava a pennello, le spalle, le maniche, non una piega rovinava la superficie liscia della lana pettinata. La camicia in cotone misto seta aveva dei piccoli disegni a rilievo appena percettibili, ma l'assenza della cravatta, nascosta nella tasca interna della giacca, e i primi bottoni slacciati lasciavano intravvedere il suo torace che tanto la distraeva.

Lei era da mozzare fiato e forse iniziava a sentirsi come lui la vedeva, come le aveva fatto vedere la sera prima davanti a quello specchio, forte, luminosa, potente. Il vestito le calzava a pennello, esaltando le sue poche forme. Le spalle nude erano una tentazione, soprattutto quando i capelli raccolti in una coda bassa le accarezzavano. Aveva messo della matita nera attorno agli occhi ed evidenziato le ciglia con il mascara. Sulle labbra un lucido rosa chiaro ed un po' di fard per una nota di salute sulle sue guance pallide.

«Avrei molte cose da dire e tantissime altre cose che vorrei fare ora, con te» come la sera precedente la guardava dallo specchio, e la memoria di entrambi corse a quel momento creando un fuoco caldo tra i loro corpi. «Tuo fratello sarà già arrivato ed è meglio se andiamo...»

Uscirono dalla stanza mano nella mano, carichi di emozione, per la prima volta sarebbero usciti alla luce del sole insieme. Attesero l'ascensore, che si aprì con un soave scampanellio.

«Me lo immaginavo più grande, che ci si può fare in un cubicolo del genere, possono mettere tutti gli specchi che vogliono ma resterà sempre un piccolo ascensore.» Osservò Artemide entrando e trovandolo vuoto. Non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò appoggiata alla parete riflettente con lingua di Temistocle in gola. Un bacio profondo, passionale, ricco di significato. Il tragitto corto non gli permise di esaudire ogni suo desiderio.

«Visto? Si possono fare diverse cose in un ascensore così piccolo.» La voce profonda e provocante tornò ad accompagnare un sorriso pieno di malizia. Artemide ricambiò il sorriso.

«Mi hai tolto tutto il lucidalabbra.»

«Tieni» glielo porse estraendolo dalla giacca «sapevo sarebbe successo, non ti avrei mai lasciata portarlo tutto il giorno.»

«Si ma ora ce l'hai tu. » Sottolineò facendogli notare le ampie e disordinate sbavature attorno alla bocca.

«Sono pronto» Estrasse un fazzoletto in tessuto dalla tasca dei pantaloni e si ripulì. Erano già complici dopo solo dodici ore, cosa sarebbero potuti diventare con più tempo? Era una domanda che entrambi si ponevano.

Temistocle le prese la mano ed insieme avanzarono verso il bar. Videro Achille nervoso ed agitato, nel suo abbigliamento casual che li aspettava guardando l'installazione luminosa.

Achille li vide avvicinarsi. Mano nella mano. "Cazzo" pensò "sono proprio nella merda fino al collo". Li guardò. Riconobbe i tratti dell'amico anche se non era più il ragazzino delle medie, ma un gran ragazzo. Dovette ammettere che era diventato ancora più bello. Si alzò per prepararsi a salutarli.

«Ciao» riuscì a dire, non sapeva come affrontare Temistocle, che aveva palesemente tradito, così come aveva fatto con sua sorella. Era profondamente rammaricato.

«Buon giorno!» Lo salutò piccata Artemide. «Non saluti Temistocle il tuo migliore amico delle medie? Achille?» Temistocle si sentiva in imbarazzo, avrebbe voluto abbracciare quel ragazzo ora uomo, come lui, ma sentiva il tradimento che spezzava il cuore e sballottava lo stomaco. Ebbe solo una domanda:

«Perché lo hai fatto?» Egli sentiva che non poteva fingere un interesse diverso e la domanda arrivò spontanea.

«Non saprei spiegarlo di preciso. È stato tutto molto istintivo.» Iniziò «Possiamo sederci? Io non so se... » Si avvicinarono al tavolo e si sedettero, subito dopo apparve il cameriere.

«Posso portarvi qualcosa?» Chiese cordiale.

«Potremo avere tre prosecchi per piacere?» Temistocle non esitò nella sua richiesta.

«Perfetto, arrivano subito»

Non che volesse bere, ma fu la prima cosa che gli passò per la testa.

«Continua..» Lo esortò Temistocle, mentre Artemide era sempre più furente. Non si erano mai lasciati la mano, che Achille osservava come se fosse perso nel vuoto, si facevano forza per affrontare quella situazione e lui tentò di nuovo di spiegare:

«Io e te» indicando Temistocle «eravamo migliori amici. Facevamo un sacco di cose insieme, ti ricordi? Il basket, l'atletica, i compiti, le uscite pomeridiane. Io non lo chiedevo mai ad Artemide di venire con noi, anche se tu mi avevi detto che ti piaceva e mi chiedevi sempre di invitarla. Ma io non lo facevo. Non la volevo intorno. Io volevo stare con te, volevo solo essere il tuo amico. Credo di avere avuto una cotta mostruosa e di non essermene mai reso conto del tutto.»

Ammutolirono, tutti. Mentre il cameriere adagiava i prosecchi sul tavolo insieme a piccole ciotole per aperitivo, si ritrovarono a guardarsi negli occhi. Ebbero tutti la stessa reazione. Presero il prosecco e lo bevvero tutto d'un fiato. All'unisono, nemmeno si fossero allenati. Il cameriere non fece in tempo a posare l'ultima porzione di stuzzichini che raccolse i bicchieri vuoti. Temistocle fece un cenno con la mano, chiedendo un secondo giro.

«Dite qualcosa vi prego – supplicò Achille. – è la sola spiegazione che ho da fornirvi non posso dire altro.»

«Ma la storia che ti piaceva Anna?»–

«Chi?» chiese Achille.

«Anna Bozzi Bellini... la biondina con gli occhi azzurri...»

«Ah si... lo dissi solo per passare più tempo con te. Ogni volta che tu mi confidavi che Artemide ti aveva sfiorato ed eri trasalito, i brividi che ti faceva venire ogni volta che le prendevi la mano per farle attraversare la strada, tutte le cose che mi raccontavi, mi facevano capire che non eravamo possibili. Volevo che anche voi non aveste alcuna possibilità. Nella speranza che un giorno ti sarebbe passata, o che qualcosa avrebbe interrotto tutto quanto. Ed è arrivato il tuo trasloco. Mi sono spezzato quando te ne sei andato.» Il tremore che accompagnava quelle parole ne sottolineava la sincerità, l'incapacità del giovane di guardarli negli occhi la sua vergogna.

«La lettera. Porca troia, la lettera!» Temistocle ricordò improvvisamente e guardò Achille severo «non le hai dato nemmeno la lettera.»

«Quale lettera?» Artemide fu scioccata dall'improvviso cambio di tono di Temistocle, prima accogliente e comprensivo, ora arrabbiato e aggressivo.

«Certo, me la consigliasti tu, la lettera. "La mia grafia era così bella ed elegante che le parole avrebbero avuto un altro significato scritte a mano", mi avevi detto così, no? Invece di una mail o un messaggio, ed io coglione che ti ho ascoltato e non ho nemmeno più provato a contattarti» rivolgendosi ad Artemide «nemmeno via social, perché non avevi risposto alla lettera!» Achille aveva gli occhi lucidi. «ovviamente non gliel'hai data.» L'agitazione di Temistocle era sempre più evidente, cercando di calmarsi secondo i canoni imposti dalla sua educazione nei luoghi pubblici.

«No»

«Quale cazzo di lettera?» Insistette Artemide.

«Una lettera in cui dichiarava il suo amore per te» disse Achille sull'orlo del pianto «in cui "ti consegnava il suo cuore come uno scrigno di cui tu possedevi la chiave, la sola chiave che poteva aprirlo".

Di nuovo erano impietriti, e di nuovo quando il cameriere appoggiò i calici sul tavolino li bevvero tutti d'un fiato.

«Ho letto quella lettera centinaia di volte, sperando e sognando che fosse rivolta a me. Mi dispiace. Sono stato un cretino, mi rendo conto. Il fatto che Artemide non esternasse nessun sentimento nei confronti di nessuno mi faceva pensare di non sbagliare, che probabilmente tenervi separati fosse la cosa migliore per entrambi. Dovevo raccontarmi qualcosa per sopravvivere. Ma è evidente che il destino avesse altri piani» Le lacrime oramai rigavano il volto di Achille, scorrendo rapide sulle sue guance glabre.

Artemide lo fissava. La mano che teneva Temistocle era sudata e appiccicosa. Le sembrava che improvvisamente l'avessero messa in un bagno turco. Temistocle al suo fianco non era da meno.

«Ho passato molto tempo a sentirmi sotto attacco, credevo fosse il giudizio il mio peggior nemico, mi sono resa asettica, imperscrutabile, fredda, perché dovevo proteggermi e sapere che saresti stato tu ad infliggermi il colpo di grazia mi distrugge. - Lo guardava negli occhi con una tenerezza che non si riconosceva. Rimase in sospeso per qualche secondo.

«Ma non posso odiarti, non posso nemmeno darti del coglione, anche se sarebbe liberatorio.» Ammise Artemide che lasciò la mano di Temistocle e raggiunse il fratello. «Posso solo immaginare quello che hai passato e posso capirlo solo ora. Se lo avessi scoperto per caso, o me lo avessi confessato un giorno qualunque non so quale reazione avrei avuto. Adesso però comprendo.» 

Achille alzò il viso e la guardò con i suoi stessi occhi glaciali pieni di lacrime.

«Lo so che ti può sembrare impossibile, azzardato ed incosciente, forse perché sono la prima a pensarlo, ma queste ultime dodici ore sono state fondamentali. Il vuoto che ho provato quando la nonna è spirata è scomparso grazie a lui, e mi ha scaldato da quel brivido di morte che mi attanagliava le ossa. Poteva solo essere così per noi due.» Lo disse guardando Temistocle negli occhi, con lo sguardo di chi incoraggia al perdono. Con quelle parole lo abbracciò mentre Achille si copriva il volto e piangeva. 

Temistocle ascoltò il discorso di Artemide e ne capì perfettamente il senso. Anche se la manipolazione di Achille fu bieca, capì che quello che aveva avuto quella notte era il frutto del loro stato d'animo, di una lunga rincorsa fatta di amore non corrisposto, di pianti (i suoi) in un paese lontano. Se non avesse pianto così tanto per lei, non si sarebbe mai fermato in quel vicolo.

«Tua sorella è sempre stata la più forte di tutti, benché non fosse in grado di attraversare la strada da sola,» un sorriso apparve sulla loro bocca e spezzò la tensione «sa affrontare gli avvenimenti con una consapevolezza rara. Tutto questo mi fa pensare solo che voglio stare con lei, e forse la tua manipolazione ha reso questa volontà ancora più forte. Mi dispiace non aver capito i tuoi sentimenti per me. Sul serio, alla fine quello che sta soffrendo sei tu.» Achille lo guardò con gli stessi occhi glaciali.

«No Temistocle, non hai colpa di nulla, mi sono fatto un film ed ora il mio dispiacere è solo perché sono stato un cretino. Non ho più una colossale cotta per te, tranquillo, anche se devo dire che sei cresciuto bene e magari ci ripenso.» La voce nasale intasata dal pianto rendeva la dichiarazione quasi buffa.

«Cretino!» Artemide gli diede una pacca sulla spalla.

«Ahn, quasi sono deluso» Rincarò Temistocle.

«Cretino Due!» Lo rimproverò lei e nel tentativo di allungargli lo stesso gesto, lui le prese il polso e la trascinò sulle sue gambe. Si abbracciarono e si diedero un timido bacio.

«Si beh, non è che sono di pietra» li rimproverò. Ma poi osservandoli, il suo sguardo cambiò, divenne quello di un fratello che vedeva sua sorella coinvolta, desiderosa e desiderata «siete proprio belli insieme,» ammise «come mai così eleganti? Matrimonio?»

«Funerale» ammise Temistocle «siamo tornati a Verona per il funerale di mia nonna. Che sarà tra poche ... guardò il telefono e si accorse che il tempo era trascorso più velocemente di quanto avesse percepito «minuti... Il funerale... Artemide dobbiamo andare.» Il senso del tempo si era completamente perso in quel turbinio di confessioni e sentimenti.

«Tu vai con lui?» Achille stesso si stupì della sua domanda, sapeva quanto la sorella rifuggisse certe situazioni e lo sorprese che non fosse così, forse era sul serio una persona nuova.

«Oggi io con lui, domani lui con me. Noi due.» sottolineò ancora mentre si alzavano dal tavolo. «Dì a mamma che mi dispiace essere latitante. Oddio, non ti ho nemmeno chiesto come stai tu. Sono una pessima sorella. Ma voglio farmi perdonare, lo prometto. È un momento inaspettato e sorprendente sotto milioni di punti di vista.»

«Se vuoi puoi venire al ricevimento dopo la cerimonia.» Temistocle fu gentile e sincero nel rivolgergli l'invito.

«Perché c'è un ricevimento?» L'invito stupì anche Artemide che era all'oscuro del programma della giornata, o quanto meno non si aspettava ce ne fosse uno.

«Certo, mia mamma non si sarebbe data tanto da fare solo per una cerimonia, sarà al primo piano della Gran Guardia.»

«Ahn » rispose Achille monosillabico  «a che ora?»

«Per le venti» gli disse, «ti aspetto, ma devi metterti un po' elegante, non posso fare un dispetto a mia madre oggi, porta pazienza, spero tu capisca.»

«Ok, nessun problema. Ci vediamo dopo.» Finalmente si salutarono come fanno i buoni amici, con un bel fraterno abbraccio. Artemide gli diede un bacio sulla guancia ancora umida, lasciando un po' di lucido.

«A dopo, fratellone»

«A dopo, sorellona»

Nota Autrice

Aggiornamento del 18 novembre

Due scene si alternano per divenire una. Spero che questo gioco di cambio scena vi sia gradito.

Abbiamo così incontrato Achille il gemello di Artemide, ci sarà modo di conoscerlo meglio più avanti. Rileggere questo capitolo mi ispira per il suo futuro.

Per chi lo ha già letto, sono cambiate le distribuzioni delle scene, ho spezzato monologhi che erano muri di teso, spero di non aver pasticciato troppo.

A presto

Ci leggiamo in giro

OD

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