10 - Confessioni*
La sua nuova coscienza era un'anima appena nata, quando si riguardò riflessa nello specchio del bagno, le esperte Ansia, Fuga e Distacco tentarono di irretirla, di far riemergere la ragazza senza stima in sé stessa.
Le tornarono alla memoria le parole di Temistocle, di come la vedesse forte, potente, piena di luce e immensa. Non credeva di corrispondere a quella descrizione, non con quel suo viso scarno, con le sue fughe improvvise, con le sue tante, troppe, fragilità. Gli errori di valutazione che aveva fatto negli anni che l'avevano tenuta lontana dal mettersi in gioco sul serio. Eppure lui vedeva tutto questo in lei e le parve incredibile.
Pensò che quello che credeva di essere non era il quadro completo, ma anche quello che suscitava negli altri contribuisse a renderla ciò che era. Qualcosa che comunque non sapeva controllare perché apparteneva a qualcun altro.
Artemide aveva preso i vestiti che le aveva lasciato, una t-shirt bianca e un paio di boxer di cotone a quadri. Il profumo del pulito degli indumenti la rassicurò nuovamente. Le sue gambe magre spuntavano da sotto i boxer di Temistocle e si imbarazzò per la situazione in cui si era ritrovata.
Quando riapparve nella stanza, non diede il tempo al ragazzo di accorgersi della sua presenza e si diresse quasi correndo sotto le coperte.
Lui la raggiunse, spense la torcia e rimasero con l'illuminazione di poche lucine sul comodino.
«Non fa caldo per stare sotto le coperte?»
Ella all'improvviso sentì un pruriginoso imbarazzo cavalcarle le spalle. Aveva già fatto un gran numero di cose fuori dalla sua zona di comfort, quello che voleva celare sotto le delicate lenzuola di cotone era forse una facezia in confronto.
«Non sono... "in ordine".» La voce delicata con cui pronunciava quelle parole indicava quanto l'argomento le fosse caro e quanto avrebbe preferito non si fosse indagato oltre.
«In che senso?»
«Le mie gambe... non sono in ordine.» Ribadì sottolineando il concetto e scandendo le parole.
«Ah... e ti da fastidio che io le veda?» lei annuì in modo quasi infantile. «Guarda! Anche io non sono in ordine... » Indicando le sue gambe che erano normalmente coperte di villosità maschile. Artemide rise e Temistocle si unì a lei. Come successe sulla terrazza, anziché allontanarlo sembrò che la sua fragilità fosse il suo pane. Egli si dimostrò accogliente, i suoi occhi ridenti la mettevano a suo agio, così come la sua risata e il suo modo unico di farla stare bene.
«Non pensavo fosse vero» Disse lei continuando a ridere.
«Cosa, di grazia?» Le chiese Temistocle mentre si sedeva sul letto in modo da poterla guardare negli occhi.
«Un consiglio che mi diede mia nonna qualche anno fa, dopo un litigio dei miei in cui lei aveva messo lo zampino.» Ricordò.
«E che consiglio ti diede? "Trovati un uomo con le gambe in disordine"?» Enunciò con un tono teatrale che fece ridere entrambi.
«"Trova un uomo che ti faccia ridere." » Lo guardò negli occhi con il viso ancora intento a sorridere, i suoi occhi erano una fessura divertita, le sue guance rosee.
«Ah, io ti faccio ridere?»
«Sì, ma non solo quello.» Guardò in direzione dello specchio, che in prospettiva era alle spalle del ragazzo. «Non riuscirò più a guardarmi allo specchio come prima.»
«Volevo che vedessi ciò che vedo io.»
«Direi che abbiamo visto molto,» disse con una nota imbarazzata. Temistocle capì subito la sua fragilità e le si avvicinò delicato. Le accarezzò il viso e con il pollice le sfiorò la parte vicino all'occhio.
«Quello che è successo stasera è stato unico. Non ho mai provato quello che ho provato qui con te. MAI. Dal pasto che abbiamo consumato sul pavimento, al bar e lo specchio. Mi sono sentito guidato, da te, dagli eventi, dal mio istinto. È come se avessi aspettato fino ad ora per essere scoperchiato e tu avessi tutte le chiavi necessarie per aprirmi e lo hai fatto. Cazzo se l'hai fatto. Fidati di me, io non ho nessuna intenzione di ferirti o approfittare di te.»
Artemide sospirò forte.
«C'è una parte di me che ti ostini a non vedere» Aggiunse.
«Se è brutta vorrei pensarci... » Disse ancora ridendo
«Sono seria.»
«Sì questo tuo lato lo conosco.»
Erano così vicini. Artemide sentiva la sua mano calda sulla guancia, gli diede un tenero bacio e lo scostò.
Ora era lui seduto con la schiena appoggiata alla testiera del letto tutta ricoperta di velluto rosso con volute e fregi dorati. Lei gli era di fronte. E lo guardò negli occhi:
«Mi sono sempre sentita inadeguata. Ho sempre avuto questo martello nella testa che continuava a sottolineare impetuosamente i miei errori e celebrava con timidi sorrisi i miei successi. Ho cercato per anni di dimostrare che ero brava, che ero capace di fare le cose senza l'aiuto degli altri, ma non ottenevo mai un risultato soddisfacente.» Alcune parole tremavano nella sua voce mentre si mordicchiava il labbro inferiore, Temistocle ne rimase colpito e le diede tutta l'attenzione che gli era possibile.
«Così cambiai atteggiamento, iniziai a disinteressarmi del parere degli altri, ma per farlo dovevo anche tenerli lontani dai miei progetti, e magari distrarli con altro. Ecco perché prendevo le parti di chi veniva preso in giro, che fosse per il modo di parlare o per l'apparecchio ai denti. Non era giusto. Non volevo essere considerata per i miei voti, che potevo gestire benissimo, e non tolleravo che qualcuno prendesse in giro gli altri per ciò che non potevano cambiare, che loro stessi per primi subivano. Avevo smesso anche di studiare, non volevo l'attenzione su di me, mi tenevo su una media accettabile. Credo di aver avuto tanta paura, una fottutissima paura di deludere gli altri.» Selezionava le parole con una certa precisione, vagando con lo sguardo come se fossero sospese nell'aria.
«Sentivo che mi dovevo proteggere, credo. Tu,» lo guardò negli occhi «tu mi hai sempre sorvegliata, aiutata. Quando mi eri vicino non provavo i brividi o emozioni strane tipica da dodicenne, ma mi sentivo al sicuro. Questo provavo con te. E in quel momento era tutto ciò di cui avevo bisogno.» Il suo sguardo era sincero, così come quelle parole. Si era aperta a lui, gli aveva mostrato i suoi sentimenti.
«E ora di cosa hai bisogno?» Le chiese con la sua voce calda e suadente.
«Di questo» Artemide gli prese una mano, ed in un movimento fluido si portò il suo braccio attorno alla spalla, lui scivolò sdraiandosi su un fianco e lei si accoccolò appoggiando la schiena al suo petto. Si attorcigliò le sue braccia attorno alla vita ed al petto e lui seguì le sue gambe mentre si rannicchiavano. Quando la manovra fu finita, Temistocle si ritrovò immerso nei suoi capelli leggermente scompigliati, con le sue mani aggrovigliate a quelle di lei, con le gambe incastrate. Sentì il suo corpo abbandonarsi al riposo, sentì il suo respiro tranquillo, e si lasciò andare. La strinse a sé come meglio poteva, avrebbe voluto inglobarla se gli fosse stato possibile. Voleva lei e solo lei e doveva trovare un modo perché ciò avvenisse.
«Ti stanno bene i miei boxer» le sussurrò all'orecchio «sono gli ultimi che avevo... » Lasciò tutto sotto inteso, ma la sentì ridere e questo fu meraviglioso.
Morfeo arrivò con le prime luci del giorno e li coccolò nelle sue braccia.
Un tramestio improvviso, il rumore della chiave magnetica che aveva rifatto la sua comparsa. Il suono dei passi attutito dai tappeti. E la voce:
«Temistocle non possiamo più aspettarti, hai acceso almeno il telefono?»
Elisabetta Torre Boselli era una donna dalla corporatura piuttosto regolare. Il petto abbondante, il ventre rotondo e delle gambe snelle facevano di lei ciò che si definisce una donna mela. Ma la classe innata ed il gusto ineccepibile, facevano in modo che nessuno avesse mai l'opportunità di scambiarla per un frutto.
I lineamenti del viso erano femminili e delicati, il risultato di estrema cura e perseveranza. I suoi occhi nocciola erano della stessa luce del figlio anche se il taglio era più dolce e morbido. Il trucco discreto e raffinato era accompagnato da un'acconciatura raccolta ed una veletta nera le sfiorava la fronte. Il vestito nero lungo fino al ginocchio, scopriva solo parte di quelle quelle gambe snelle, sostenute da un paio di décolleté dal tacco discreto. L'abito Metteva in risalto le spalle ampie e le braccia sode, mentre nascondeva il punto vita con un'abilità di una grande casa di moda.
«Ahn» Nonostante tutte le sue doti, Elisabetta non riuscì a dire altro mentre osservava suo figlio, il suo tenero cucciolo, il suo bambino adorato, abbracciato a quella ragazza, le ricerche della notte precedente erano state utili. Avrebbe sperato nella sua scomparsa alle primi luci dell'alba e non di trovarla accoccolata nelle braccia del figlio, ma era preparata.
Lei aveva tutti i capelli scompigliati che le coprivano il viso, ma indossava chiaramente indumenti di suo figlio, mentre lui abbandonato sul suo corpo, la stringeva con un'intimità che non le era familiare. Al suo monosillabo Temistocle trasalì. Nel tentativo di aprire gli occhi, si mosse sfilando un braccio da sotto il corpo di Artemide e stropicciandosi il viso si rese conto che sua madre era in piedi di fronte al letto con lo sguardo severo.
«Buon giorno mamma» La voce del mattino era sempre profonda e molto rauca.
«Buon giorno a te, mio principe» lo canzonò «cosa succede qui?» L'ampio gesto delle mani ad indicare il disordine della stanza accompagnava il suo interrogatorio piccato «Chi è?» Chiese con un vago intento ostile. I suggerimenti di Schiavon si rivelarono corretti, ella ben sapeva chi giaceva nel letto e in via precauzionale aveva già mosso le prime pedine.
«Non so se ti ricordi di Artemide Rossi Bolla, la sorella gemella di Achille Rossi Bolla, erano compagni delle medie.»
«La tua crush?» Chiese.
«E tu come lo sai?» Temistocle rimase colpito dall'affermazione della madre.
«Una mamma sa sempre tutto.» Gli sorrise sorpresa e cambiando atteggiamento «Mi piacerebbe avere i dettagli, ma non abbiamo tempo. Sono le dieci, io e tuo papà dobbiamo andare a casa di nonna, non ci incontriamo nella hall, ma direttamente a San Nicolò se preferisci. La cerimonia sarà alle quindici, ma noi partiremo con il corteo funebre dal monumentale. Ci vorrà un po', il desiderio di tua nonna era di essere trasportata con la carrozza trainata dai cavalli... Un po' eccentrico non trovi? Nel duemila quarantanove trovare un tale servizio non è stato semplice. Quindi se vuoi risparmiati questo, ci vediamo in chiesa.»
«Mamma, Artemide verrà al funerale con me» per quanto Temistocle fosse ancora assonnato e si dovesse riprendere dal riposo, la sua voce uscì con un tono deciso. Non era una domanda ed Elisabetta se ne accorse. Nella mente della donna si proiettarono numerosi scenari, proiezioni che non avrebbe potuto monitorare quel giorno. Valutò molti dettagli in quei pochi secondi e decise che avere la ragazza al funerale era la via più semplice per tenere tutto sotto controllo.
«Rossi Bolla hai detto?» Finse sorpresa e dissimulando il suo fastidio iniziò a digitare convulsamente sul telefono.
«Sì perché?»
«Addetto stampa, devo far controllare e informare. Che taglia porta?»
«Perché?»
«Lascia stare, ci penso io... quando arriverà la consegna dille che non c'è niente di personale e che avrò piacere di scambiare due parole con lei dopo la cerimonia.»
«Mamma?»
«A dopo e non fare tardi.» Elisabetta si avviò verso la porta mentre era già al telefono «Elena, buon giorno, allora mi mandi quello che ha visto nella mail di stamattina...» Temistocle non capì bene la situazione, ma sicuramente la madre avrà avuto le sue ragioni.
I telefoni che avevano lasciato sulla ricarica Wi-Fi in attesa che si ripristinasse la corrente erano ormai carichi. Temistocle prese il suo e lo accese, una ventina di WhatsApp tutti dei suoi cugini che chiedevano che fine avesse fatto. Appoggiò il telefono sul comodino e si avvicinò ad Artemide.
La osservò mentre ancora dormiva, non si era nemmeno mossa all'ingresso di sua madre. Le scostò i capelli dal viso, era incantevole con la luce del giorno, forse anche più bella della sera precedente. La memoria del suo volto trasfigurato dal piacere lo fece emozionare, ed esalò un forte respiro, era pazzamente perso in quella ragazza, forse innamorato, chissà se poteva usare questa parola. Sapeva di sicuro che voleva trascorrere più tempo possibile con lei. Respirò ancora forte e un sorriso apparve sul suo viso mentre Artemide iniziò a svegliarsi.
«Buon giorno, Temy» La salutò delicato.
«MMMhhh...» si stiracchiò tentando di ricordare dove fosse, la memoria arrivò veloce con lo sguardo nocciola. Sorrise, stava bene, aveva dormito forse poco ma benissimo, tra le braccia di un ragazzo sorprendente «Buon giorno, Temy» Lo salutò a sua volta.
«Ti sei persa mia mamma, Elisabetta la Condottiera!» Enunciò solenne e sorrise.
«Co..cos...cosa? Tua mamma è stata qui mentre noi due eravamo così?» Si sedette di scatto e con le sue braccia mimò la loro posizione in un modo buffo e goffo. Temistocle sorrise di nuovo.
«Dillo ancora...ti prego» Artemide si calmò e lo guardò con tenerezza.
«Noi due» sorrise accarezzandogli una guancia. Lui la baciò, un piccolo bacio sul labbro inferiore, poi indugiò con la sua lingua e lei ricambiò. Fu fugace e sferzante, tralasciando gli strascichi di una notte alcolica. «Ci sarà uno spazzolino da denti nel set di cortesia?»
Si impiantarono così, sul letto, persi negli occhi l'uno dell'altra. Quando bussarono alla porta. Temistocle si alzò rapido anche se mal volentieri.
«Chi è?» Chiese.
«Ho una consegna per la sig.ra Rossi Bolla.»
«Cosa?! » esclamò Artemide alzandosi rapidamente dal letto.
Temistocle aprì la porta e fece accomodare il fattorini.
«Buon giorno, abbiamo questa consegna per la sig.ra Rossi Bolla da parte della signora Torre Boselli. Posso appoggiare qui?» chiese il fattorino in imbarazzo visto il disordine che regnava dalla sera precedente. «Chiamo qualcuno per portare via?» Chiese nuovamente indicando i taglieri, gli asciugamani ed i vestiti sparsi.
«No no, non serve tra poco usciamo, grazie.»
La luce del sole entrava nella grande stanza elegante, rimasta in disordine dall'impeto dei due ragazzi. Le buste che i fattorini avevano lasciato prima di lasciare la camera erano grandi, nere e lucide, così come le scatole per scarpe poste al loro interno. Ad Artemide sembrò di vivere in un'altra dimensione, non le parve vero che quello fosse lì per lei.
«Cosa significa tutto questo?»
«È fatta così. Le ho detto che volevo che venissi al funerale con me e ha provveduto a suo modo». La voce del ragazzo era sconsolata, ormai abituato a quanto sua madre organizzasse la sua vita.
«E se non volessi? Intendo, è il funerale di tua nonna, io non sono nessuno, non so se sia il caso, perché le hai detto così?». Le sembrò un'ottima via d'uscita dall'ennesima situazione sconosciuta che le si poneva davanti, eppure non ne era convinta, sapeva che fuggire non era più nelle sue corde, soprattutto quando era con lui.
«Perché no? Io non voglio starti lontano, non so quanto tempo avremo in futuro e oggi ci sarà talmente tanta gente che sarai l'ultimo dei pensieri. E poi tu oggi vieni con me, io domani con te. Non voglio che tu vada via.» La guardò serio, lei annuì ed ancora stordita, tentò di riprendere contatto con la realtà «È per te, senza dubbio» Enunciò allungandole una busta.
Ella aprì il cartoncino spesso e raffinato, con un T e una B impressi a rilievo in basso a destra, lesse quella calligrafia elegante:
«Gentilissima Artemide, sarà un piacere conoscerti anche se in un momento così infausto per la nostra famiglia. Immagino che non fossi preparata a tanto, mi sono permessa di procurarti qualcosa che potrebbe farti sentire più a tuo agio. Spero di avere indovinato la taglia. A presto, ETB.»
Angolo Autrice
Aggiornamento del 18 novembre 2023:
Spero ai nuovi lettori questo capitolo sia piaciuto, svelando dei lati di Artemide e rivelando quello che lei pensa di sé stessa.
Cosa ne pensate?
Per chi ha già letto questa parte, ho spezzato il capitolo. Era troppo lungo con muri di testo eccessivi. Ho voluto concentrare l'attenzione sulla nostra protagonista. Spero sia gradito.
Ci leggiamo in giro
OD
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