Capitolo 24 - Alex
Alex
Lei era qui, non era una visione della mia immaginazione, ancora pochi attimi e l'avrei toccata.
Il mio cuore si è fermato nel momento in cui ho alzato lo sguardo in quel maledetto bagno.
Ogni cellula che compone il mio essere era proiettata verso quella donna che ha nel pugno della propria mano la mia felicità.
Era come se la scena si stesse svolgendo a rallentatore, le nostre anime pronte ad unirsi, i nostri corpi attratti l'uno dall'altra, i miei occhi persi nei suoi e viceversa.
Come in uno di quelle stupide commedie romatiche, dove finalmente i protagonisti si rincontrano e vivono felici alla fine.
Questo non è un film, è la mia vita e lei non è fra le mie braccia.
É impossibile che solo io abbia percepito tutto questo.
Perché ha ancora la nostra foto sul telefono?
Chi era quel ragazzo che l'ha portata via?
Sospiro frustrato passandomi la mano fra i capelli, se Chiara non mi avesse fermato forse l'avrei raggiunta, forse avrei potuto parlarle.
Non posso credere che si sia dimenticata di me così in fretta, me lo hanno confermato i suoi occhi carichi di lacrime alla vista della mia ex.
"Alex, mi dispiace, non sapevi stesse con un altro?"
Speravo di avere un attimo di pace qui fuori, invece mi ha seguito.
Non rispondo, non la guardo nemmeno, non può avere ragione lei.
"Quando sono entrati in auto hai visto anche tu come lui era affettuoso accarezzandole il viso."
Serro la mascella, cazzo vorrei urlare e spaccare tutto al solo ricordo, una rabbia ceca mi invade.
Vorrei solo odiare quella rossa, farle del male come lei lo sta facendo a me.
La odio.
Odio lei, odio me stesso, odio questo maledetto muscolo intrappolato nel mio petto che continua a battere, che continua ad amare ed ha una volontà tutta sua.
Odio questi ricordi di noi che mi tormentano con immagini vivide, ogni volta che chiudo gli occhi.
"Alex, stai bene?"
Posa una mano sulla mia spalla.
No cazzo, non sto affatto bene.
Mi sembra di risvegliarmi da una trance nella quale cercavo di rifugiarmi per proteggermi da una realtà scomoda.
Come se solo ora il dolore e la consapevolezza di averla persa, mi avessero investito come un auto a centottanta all'ora.
"Chiara, scusa ma devo andare via. Finiamola con questa cazzata degli agenti segreti, parlerò con Claudio e tu con Rebecca. Poi sarà una loro scelta."
Non ho la testa per pensare a questo ora, mi sento come intorpidito e poco connesso con la realtà.
Sto per andarmene ma lei mi blocca.
"Aspetta, in realtà se non li aspettiamo, io avrei bisogno di un passaggio a casa."
Ci mancava questa.
Non lascerei mai una ragazza alle dieci di sera sola ad aspettare un taxi.
"Ti accompagno ma ho la moto."
La informo.
"Come ai bei vecchi tempi, dovrò solo tirare un po' su il vestito."
Sorride, ma ignoro questo atteggiamento, dove vuole andare a parare?
"Dove abiti?"
Chiedo distrattamente porgendole il casco.
"Nel nostro appartamento."
Dice salendo per poi allacciare le braccia intorno alla mia vita per tenersi.
Dopo una ventina di minuti fermo la moto davanti il portone del suo palazzo, fa un po' strano ritornare qui.
Dopo quel giorno in cui di fretta ho preparato due valigie per andare via, non sono mai più tornato.
"Hai lasciato un po' di roba tua, l'ho messa in uno scatolone, se sali un attimo te lo prendi."
Aspetta una mia risposta.
"Magari un'altra volta."
Mi sta venendo un forte mal di testa,tolgo il casco, chiudo gli occhi e massaggio le tempie in cerca di sollievo.
"Te lo mando giù per l'ascensore insieme ad un pillola per l'emicrania, hai una bottiglietta d'acqua almeno?"
Sembra preoccupata.
"Va bene salgo un attimo."
Ho proprio bisogno di un antidolorifico, ora che l'adrenalina si è scaricata sono senza forze e tramortito.
Saliamo le scale, l'appartamento si trova al primo piano, una strana sensazione mi invade.
Entriamo e ha fatto dei cambiamenti da quando me ne sono andato, c'è un nuovo divano che ha messo sotto la finestra, dei quadri astratti appesi ai muri.
"Tieni."
Mi porge la pillola e un bicchiere d'acqua, sono ancora in piedi vicino la porta e mi sembra così sbagliato essere qui.
"Ti piace come l'ho sistemata? Ho solo cambiato la disposizione dei mobili, un divano nuovo, quella lampada ed è già più carina non trovi?"
Spiega con un bel sorriso.
Annuisco.
"Dov'è questo scatolone?"
Voglio andar via, stasera non sono in me, mi sento come se avessi fumato tre spinelli di fila, fuori dalla realtà e stare qui con lei è strano.
"In camera da letto, è pesante devi venire tu a prenderlo."
Si avvia verso quella stanza e la seguo cercando di capire a quanta roba io possa aver lasciato per aver addirittura riempito uno scatolone.
Prenderò l'essenziale, il resto può buttarlo, oppure tornerò con la macchina uno di questi giorni.
La camera è rimasta uguale, semplici mobili bianchi, ha aggiunto un mobiletto per la tv e un grande specchio, per fortuna la casa era già arredata.
"Alex, mi dispiace per questa situazione che stai vivendo, è dura perdere qualcuno, io lo so."
Accarezza il mio braccio.
"Però puoi capire il vero valore di una persona, è quello che è successo a me."
Mi guarda con i suoi occhi azzurri e ha un tono di voce basso e rassicurante.
"Alex, io sono qui, lei no."
Chiara accarezza il mio viso e cerca di avvicinarsi.
"Io Ti amo e voglio solo te."
Le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie e io non ci sto capendo più nulla, non comprendo le sue parole.
Immagini della mia rossa con quel ragazzo che le accarezza il viso in auto arrivano come proiettili nella mia testa, voglio solo ferire Emily in questo momento, voglio vendicarmi per il male che sento a causa sua.
Accorcio le distanze con una lentezza esasperante, ma non appena sfioro leggermente le sue labbra un fastidio invade tutti i miei sensi.
É un leggero tocco e con repulsione il mio corpo reagisce da solo staccandosi, istintivamente faccio un passo indietro e scuoto la testa.
Quelle labbra non sono le sue, piene, rosee e morbide, quegli occhi non sono i suoi, verdi intensi misti ad un tenue nocciola, dolci e combattivi, il profumo che respiro non è alla vaniglia.
Lei non è Emily, ed io mi faccio schifo, nonostante probabilmente la fonte dei miei guai ora sia con un altro.
Questo misero bacio, se così si può chiamare, è durato meno di tre secondi, sono stati anche troppo, non stavo ferendo Emily, ma solo me stesso.
"Non posso, tu non sei lei, mi dispiace ma la amo con ogni fibra del mio essere."
Mi volto e vado via.
Scendo di corsa queste scale con il fiato corto, ho solo confusione in testa e nel cuore, devo trovarla, devo...non lo so che cazzo devo fare, ma non posso arrendermi.
Afferro il telefono dalla tasca del giaccone e compongo il suo numero, ormai lo conosco a memoria per quanto io l'abbia fissato indeciso se premere quella maledetta cornetta verde.
Ogni volta che l'ho fatto, non è mai servito a niente e anche stavolta è così.
Non mi curo affatto dell'ora e busso vigorosamente alla porta delle ragazze, ho percorso la distanza fino a qui correndo come un pazzo con la moto.
Michele apre la porta, sono giorni che ormai vive qui.
"Alex ma sei impazzito? Ci hai spaventate."
Emma mi rimprovera.
"Mi dispiace, credetemi, ma voglio delle risposte."
Mi faccio largo entrando in casa e vado dritto nella stanza di fronte l'ingresso, ovvero in salotto.
"Dov'é Emily? Chi era quel ragazzo con lei?"
Chiedo duro mentre ho ancora il fiatone e non credo sia per aver fatto le scale di corsa.
Sara abbassa gli occhi, Michele scuote la testa, solo Emma mantiene il sangue freddo rispondendomi.
"Il suo nuovo ragazzo, quindi dimenticala."
Noto il cipiglio che ha Sara, quindi mi rivolgo a lei.
"Per favore, dimmi la verità."
Quasi supplico, ma non posso crederci, non dopo aver visto la sua reazione nel vedermi con Chiara, non dopo aver visto quella foto.
Sara non risponde ma evita ancora il mio sguardo.
"Alex dovresti chiamarla e parlare con lei perché solo Emily può darti le risposte che cerchi. Non provare a cercarla di persona, lo dico per la tua incolumità."
Le parole di Michele mi ghiacciano, "per la tua incolumità" e leggo nei suoi occhi azzurri dispiacere.
"Scchh"
Si affretta a riprenderlo la fidanzata.
"Lei dov'è?"
Chiedo duramente, non mi arrendo, ma non ricevo risposta.
Il telefono della biondina combattiva squilla, guarda il display sgranando gli occhi e poi istintivamente Michele e Sara, avvicina il telefono al suo corpo come se volesse proteggerlo.
"È lei?"
Chiedo subito.
"No, ora devo rispondere a mia madre."
Si allontana inoltrandosi in casa, ma non me la bevo.
Cedo le armi ma solo per questa notte, rientro in casa e Claudio non è ancora tornato, ultimamente non c'è mai e quando è presente, lo è solo fisicamente.
Afferro il pacco di sigarette e ne accendo una, mi sposto nel balcone per evitare di intossicare casa, bastano i miei polmoni. Ultimamente sto fumando più del mio solito, cioè solo in casi critici, forse perché è tutto un periodo critico.
Sento il portone delle ragazze sbattere con forza e dopo due minuti vedo dalla mia postazione perfetta correre loro e Michele verso l'auto.
É la mia occasione, me lo sento.
Mi precipito fuori di casa e quasi non vedo le scale per quanto io corra, salgo sulla moto e cerco di seguirli mantenendo le distanze.
Per fortuna il traffico di Roma mi permette di non dare all'occhio, ma anche quasi di perderli, maledizione.
Si fermano in un palazzo e corrono letteralmente dentro, non prima di fissare a terra qualcosa.
Sono sicuro che lei sia lì.
Mi avvicino e guardo l'oggetto misterioso, un cellulare sfasciato fucsia, è il suo.
Inizio a citofonare a caso.
"Chi è?"
La voce mettallica attraverso l'interfono chiede giustamente.
Che cazzo rispondo ora?
"Io."
Azzardo, in genere uno risponde così.
"Chi?"
Non ha funzionato.
Riprovo con un altro e un altro.
"Chi è?"
"Io."
"Alfredo sei tu? Sei tornato presto."
Chiede la vecchietta.
"Si, apri."
Al terzo tentativo ha funzionato. Scusi signora.
Penso sentendomi in colpa.
L'ascensore segna l'ultimo piano e spero di non sbagliarmi, attendo con ansia che le porte si aprino e una volta che succede, non so che fare.
Davanti a me due porte, busso ad una e non succede niente, sto per scoraggiarmi, busso all'altra dove sento un vociferare che si blocca.
Poi la porta si apre e compare lui, ancora vestito come al ristorante, serro la mascella e i pugni chiusi, vorrei rompere quel naso e fargli sparire il sorrisetto compiaciuto che gli nasce nel vedermi.
"È tutto ok."
Dice rivolgendosi a chi c'è in casa, poi mi osserva con le braccia conserte guardandomi dall'alto.
"Complimenti, sono compiaciuto.
Sei arrivato in tempo per risolvere le cose con lei, prima che si spezzi del tutto."
Non capisco bene le sue parole, almeno fino a quando non mi fa cenno di entrare e vedo gli altri qui, vedo lei.
I suoi occhi talmente gonfi, il naso rosso, le labbra intrappolate fra i denti, appena mi vede posa una mano sul suo cuore.
"Sei proprio cocciuto, ci hai seguiti."
Spezza il silenzio Emma.
"No, è innamorato."
Risponde Sara sorridendo ad Emily.
"Forza ragazze andiamo."
Cerca di trascinarle via Michele.
"Sul più bello?" "Ma io voglio sentire."
Le ragazze si lamentano andando via.
"Forse è meglio andare di là a chiarirvi."
Quest'intruso dice alla mia rossa aprendo la porta che dà sulla camera da letto.
L'energumeno si avvicina a me.
"Non fate molto rumore, sarebbe un po' imbarazzante."
Sussurra e non ci sto capendo un cazzo, so solo che lei è lì, è in condizioni peggio delle mie, so solo che sta soffrendo quanto me e voglio stringerla fra le mie braccia.
Tutto il resto del mondo può andare a quel paese.
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