Capitolo 70

Jack

Il sole bussa alle persiane e io mi sveglio furioso e con un mal di testa da far paura. Mi lamento, portando la mano al capo mentre mi tiro su dal letto di Jason, alla fine mi sono messo qua, visto che lui dormiva sul divano ed io ero troppo brillo per mettermi in auto.

Mi trascino in cucina per un caffè, sbadiglio entrando nel salotto dove do un'occhiata a Jason che, ancora, dorme beato.

Sono contento per come è andata la discussione tra noi, lascio quella stanza per entrare in cucina, metto la caffettiera sopra e vado in bagno. Mi sciacquo il viso, sperando di migliorare sia l'umore che il mal di testa, speranza vana. Finito mi guardo allo specchio e sto proprio da schifo, delle occhiaie nere circondano i miei occhi verdi, i capelli sono più in disordine del solito e la barba ispida mi prude, devo tagliarla.

Sento l'odore del caffè nell'aria e mi precipito nuovamente in cucina, per non farlo bruciare. Me ne verso una tazza grande e mi siedo in contemplazione di quel meraviglioso liquido nero, che riesce sempre a mettere tutto a posto.

Sono arrabbiato per la scoperta di ieri sera, di lei che era uscita per locali mentre io aprivo il mio cuore a Jason, dimostrando che lei è, sempre più, al centro dei miei pensieri.

Sbuffo infastidito.

"Non posso credere che è uscita, la stronza!"

"Quale stronza?" Biascica Jason, che non è certo messo meglio di me. Non riesce neanche ad aprire gli occhi e in testa si ritrova un cespuglio biondo. Si trascina verso il tavolo, emettendo versi di sofferenza.

"Ti sei svegliato?"

"Sì, l'odore del caffè fa resuscitare i morti. Dammene un po', ti prego!" pronuncia lasciandosi cadere sulla sedia.

Scuoto la testa, siamo proprio degli uomini duri. Con fatica mi alzo e lo accontento. Gli porgo la tazza mentre lui mi chiede, nuovamente:

"Allora, quale stronza?" porta la tazza alla bocca ma i suoi occhi sono fissi su di me.

Mi risiedo davanti a lui e confesso: "la tua amica Bea, ieri era uscita. Con precisione era in un bar dove si fa festa."

"Ha fatto bene!"

Vedo che gli è tornata la forza per infastidirmi.

"Ma da che parte stai?"

"Da quella giusta, e non mi guardare così! Vedi è questo quello che intendevo ieri sera, se non la vuoi... abituati a non sapere cosa fa e con chi lo fa."

Sento che questa volta la testa mi scoppierà sicuramente. "Ma cosa deve aver fatto? L'avranno costretta ad andare, conoscendola." Cerco di farlo ragionare, l'argomento non mi piace per niente.

"Non capisci Jack, il punto è che non sono fatti tuoi! Vedi me, io sono solamente un amico, è sono felice che sia uscita. L'importante per me è che sia tornata sana e salva, non se abbia o meno baciato qualcuno, purché lo voglia lei ovviamente." Precisa guardandomi con quell'aria da saputello, immagino quell'espressione mentre fa gli esami. I suoi studenti lo odieranno, come lo odio io in questo momento.

Non resisto più, mi alzo sbattendo la tazzina ormai vuota.

"Che sia chiaro, lei non bacia nessuno. Capito!" Mi passo la mano sui capelli frustrato, sento che la stanza è diventata troppo piccola.

"Sarà meglio che vada."

"Sì, vai a farti una doccia e pensa a tutto questo. Se pensi di poter sopportare di svegliarti la mattina non sapendo cosa abbia fatto la notte, la scelta è facile." La sua mano accompagna le sue parole, come a dire di lasciarla andar via.

Borbottando mi allontano da quella casa, e sempre borbottando arrivo alla mia di casa.

In auto ho rimuginato sulle parole di Jason e sul modo in cui Tom mi ha liquidato, come se non fossi in diritto di lamentarmi o di sapere cosa stessero facendo. Alla fine, sono arrivato ad una conclusione, che non credo che sia quella sperata da Jason.

Apro la porta di Tom e non badando al fatto che stia dormendo, se lo merita lo stronzo, mi ha chiuso il telefono in faccia. Per essere certo che senta urlo "stasera ci sarò alla festa!"

Il malcapitato, Tom, salta in aria sul letto.

"Ma che caz..."

"Hai capito. Vengo con voi alla festa e mi farò una figa stratosferica!"

Tom cerca di focalizzarmi, cercando di aprire li occhi. "Ma sei impazzito? Primo non si entra in stanza delle persone che dormono urlando in questo modo; secondo non ti farai proprio nessuno, idiota!" Ha finalmente aperto gli occhi e ora mi guarda arrabbiato.

"E invece sì!" dico convinto, con la mano ancora sulla maniglia della porta. Non riuscirà a farmi cambiare idea. Sono stufo di tutto questo schifo.

"Piantala Jack, non ti farò fare cazzate."

Gli faccio cenno con la mano di lasciar stare, ormai ho deciso. Esco dalla stanza sua stanza per dirigermi nella mia a passo svelto. Mentre Tom continua ad urlare.

"Proprio un amico idiota doveva capitarmi. Torna qui Jack. Ho detto torna qui, stronzo!"

Idiota il cazzo, ha ragione Mike, una bella scopata e tutto tornerà a posto. Basta sentimenti inutili, basta emozioni. Un bell'orgasmo e siamo tutti felici.

"Jack. Jack!" Tom continua ad urlare il mio nome, ma non ho intenzione di ascoltarlo né di spiegargli il motivo per cui ho preso questa decisione. Perché mi farebbe cambiare idea, ma io non voglio. Devo togliermela dalla testa!

Mi chiudo in bagno pronto a rilassarmi con una doccia calda, ignorando il mio amico che, a fatica, ha trovato la forza di trascinarsi dietro la mia porta per continuare ad urlare di non fare lo stronzo. Mi infilo sotto il getto caldo per non sentire le sue prediche, e vorrei che fosse così facile, anche, zittire la mia voce interiore che si dispera per la mia scelta.

La giornata mi passa tra mal di testa e la fastidiosa voce di Tom che mi tormenta per farmi ragionare. Mi ha anche raccontato che ha trovato Bea, seduta in un angolo con un tipo che la importunava. Lui è intervenuto, hanno parlato un po' e gli è sembrata molto giù.

In questo momento siamo seduti sul divano e io tento di guardare un po' di tv mentre la sua voce perfora i timpani. "Te lo ripeto, per l'ultima volta, non me ne fotte un cazzo!"

Robert e Mike ridono, della nostra scenetta.

"Dai Tom, lascialo stare. Finalmente è tornato il nostro Jack e stasera ci divertiremo."

Batto il cinque a Mike complice, mentre Tom sbuffa e va via sconsolato.

"Te ne pentirai!" Mi dice andando. "E non hai idea di quanto."

Lo osservo allontanarsi e mentre Mike ride, io sento l'insicurezza insinuarsi nel mio cervello, ma non demordo.

Mi osservo allo specchio e qualcosa non va, ho indossato i soliti blue jeans e una camicia nera, i capelli sono ravviati indietro ma i miei occhi non hanno la solita luce di eccitazione per la festa di stasera. Mi osservo bene e mi sembra di sentire il mio cuore spezzarsi, pronto a sanguinare.

Al diavolo, urla il mio cervello, e ancora una volta ha la meglio. Afferro il cellulare dal comò ed esco in cerca degli altri.

"Allora, Mike, andiamo o vuoi stare ancora qua a fare il coglione?" urlo nel corridoio. Lo vedo uscire dalla cucina.

Mi strizza l'occhio prima di dire: "ci divertiremo amico."

Colpisce la mia spalla felice e insieme ci avviamo ad affrontare la serata.

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