Capitolo 61
Jack
Sono in auto che fuggo da lei, da noi.
Sono solo un codardo, un verme, lei è così perfetta e io l'ho sporcata, ho creduto per un attimo di poter essere perfetto con lei, ma il risultato è che ho fatto la cazzata più grande della mia vita, alla persona più importante della mia vita.
Sì, perché alla fine ho capito cosa non andasse, cosa mi rendesse confuso, cosa mi avesse mandato il cervello in black-out.
Era così evidente...
Mio padre lo sapeva, il mio corpo lo sapeva, il mio cuore lo sapeva, solo il mio cervello non lo voleva ammettere, non lo accettava e purtroppo non lo accetta ancora ora.
Io la amo.
Questo è il caos che si è scatenato in me, mi sono innamorato perdutamente di lei, o forse lo sono sempre stato, non lo so.
So solo, che ora, mi ritrovo con niente.
Ho il cuore a pezzi, e mi fa male, mi fa tremendamente male, sempre di più ad ogni metro che mi allontano da lei.
Questa notte ho lasciato vincere le mie emozioni e ho provato quello che ti raccontano nei libri, quell'emozione che ti sovrasta, quella simbiosi perfetta tra un uomo e una donna, che tutti cercano, ma che non tutti sono fortunati da avere. E io sono così coglione, da fuggire da essa.
Rimpiangerò per tutta la vita la mia scelta di oggi, quella di questa notte no. Perché nonostante mi rimprovero di averlo fatto, sono così egoista di essere felice di averlo provato almeno una volta nella vita, anche perché mi rimarrà solo questo di lei. Sospiro affranto. Sono certo che non mi vorrà più vedere dopo la mia fuga.
Non penso che la mia lettera sia stata di consolazione per lei, come non lo è stata per me che l'ho scritta, ma non potevo andare senza lasciarle niente, neanche delle spiegazioni sul mio comportamento da idiota, se pur inutili sono servite a chiarire che io non l'ho usata, perché lei è, e resterà per sempre, la cosa più importante per me.
Corro verso il campus in questo momento, spero che ritornare alla mia vita, possa far scomparire questi ultimi giorni, ma so che non sarà così, perché Beatrice è in tutto quello che mi riguarda, nel mio studio, nella mia famiglia, nei miei amici, nella mia stanza e nella mia mente.
Non c'è ricordo bello, che non abbia il suo dolce sorriso come parte fondamentale e io quel sorriso, oggi, l'ho ucciso.
Colpisco il volante con forza, le lacrime mi scendono sul viso, non me ne vergogno, non le asciugo neanche, perché lei ne vale la pena, perché il mio cuore ha bisogno di questo sfogo. Ha perso la lotta contro il mio cervello, le mie paure, il mio essere piccolo e indegno del suo sentimento così puro e meraviglioso.
Ricaccio infondo alla mente le immagini di questa notte, non potrei sopportare di rivedere quello che è stato, non ora, stanotte si. Lascerò che a tenermi compagnia sia il ricordo di quello che ho perso, quando ho deciso di salire su quest'auto.
Il telefono comincia a squillare, so che non è lei, non lo farebbe mai di chiamarmi, lo afferro senza nessuna intenzione di rispondere solo per farmi male nel vedere, che non è il suo nome, quello che lampeggia sul display.
E' Jason.
Jason, il mio migliore amico, mio fratello che sono certo non mi vorrà più parlare quando scoprirà cosa ho combinato. Non abbiamo mai avuto problemi noi due, siamo sempre stati molto uniti, ma sono certo che non mi perdonerà di aver preso la purezza della nostra Bea, questo è troppo anche per l'affetto che prova per me.
Riposo il telefono, non posso parlare con lui, è troppo pesante il dolore che porto dentro, per sopportare i suoi rimproveri.
Vedo il campus, finalmente, le strutture tutte uguali con mattoni rossi, la gente che si muove come tante formiche e sento un leggero sollievo, ora potrò nascondermi nella mia stanza e leccarmi le ferite. Quando avrò ritrovato un po' di equilibrio affronterò tutto.
Il mio unico problema è che vorrei sapere come sta lei, vorrei poterla consolare, come ho fatto milioni di volte da quando è nata, vorrei poterle dire che le passerà perché lei è forte.
Posteggio l'auto e mi lascio andare, poggio la testa indietro e chiudo gli occhi, sento il peso nel petto opprimermi. Sto così qualche minuto, mentre il mio telefono riprende a suonare, questa volta non guardo neanche.
Quando penso di aver recuperato un po' di forze asciugo gli occhi e indosso gli occhiali da sole, cerco di darmi un contegno, indossando la mia espressione di indifferenza, il mio obiettivo è raggiungere la mia stanza velocemente.
Mi preparo ad affrontare i miei coinquilini, purtroppo non posso evitare, mi spiace per Tom, lo ferirà il mio atteggiamento ne sono certo, ma ora non riesco a parlare, mi scuserò al più presto.
Scendo dall'auto dopo aver recuperato telefono e sacca, che avevo abbandonato nei sedili posteriori, me la carico in spalla e mi avvio verso l'ingresso della confraternita.
Come mi aspettavo urla e pacche mi accolgono già all'ingresso.
"Ehi Jack, sei tornato?"
Un colpo mi arriva sulla spalla è Marc uno dei miei coinquilini.
"Si Marc, proprio ora."
"Giusto in tempo per la festa, ce la spasseremo."
Mi dice strizzando l'occhio, cerco di sorridere.
"Già, ora vado che non ho chiuso occhi e sono stanco."
"Okay, a dopo fratello."
Ed ecco un altro colpo alla spalla. Accelero il passo per evitare altre chiacchere, saluto i ragazzi che stanno guardando qualcosa in televisione nel soggiorno e mi fiondo su per le scale. Fortunatamente Tom non è nei paraggi.
Finalmente posso chiudermi la porta alle spalle, mi appoggio e lascio cadere la sacca. Lancio gli occhiali sul comò ed ecco arrivare le immagini di lei nella mia stanza, nel mio letto, sconfitto mi butto sul letto e chiudo gli occhi. Cercando di chiudere tutto fuori.
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