Capitolo 40

Jack

Dondolo lentamente con le gambe mentre guardo le onde del mare infrangersi a riva.

In realtà non vedo il magnifico panorama perché nella mia mente rivivo gli attimi in cui quei due tenevano Bea al porto, sento ancora lo stomaco che si contrae alla sola idea di quello che avrebbero voluto farle.

Lei è la purezza, la mia perfezione, nessuno può solo pensare di farle del male e passarla liscia, li avrei uccisi ne sono certo.

Continuo a dondolare, apparentemente tranquillo, quando dentro sento, ancora, la belva chiedere vendetta, perché non ho neanche potuto dare un pugno a quel verme.

Vengo distratto dal rumore della portafinestra che si apre.

"Sei qui? Ti ho cercato dentro"

Si avvicina a me e vedo che si è cambiata, indossa il sotto di una tuta grigio e una canotta bianca e in una mano stringe una coperta che si avvolge addosso non appena si siede sul dondolo accanto a me.

"Avevo bisogno di un po' d'aria"

le rispondo dolce girandomi verso di lei, guarda verso il basso, assorta nei suoi pensieri ma vedo che ha gli occhi gonfi.

"Hai pianto"

Ed ecco di nuovo la rabbia crescere dentro di me, le scosto i capelli dal viso per vedere meglio. Non mi risponde, continua a fissare il terreno.

Sembra così indifesa. Ho bisogno di sentire che sta bene, le afferro le gambe poggiandole su di me e con un braccio le cingo la vita stringendola.

Lei mi poggia la testa sulla spalla.

"Avevi ragione, mi dispiace di non averti dato retta"

le accarezzo la vita con una mano e con l'altra i capelli.

"A me dispiace che queste cose accadano ancora"

Le dico piano serio. La sento avvicinarsi a me e poggiare il viso sull'incavo tra il collo e la spalla. La sento respirare il mio odore e io faccio lo stesso sui suoi capelli. E' finalmente capisco che sta bene, che è qui con me.

Riprendo a dondolare. Vorrei chiederle il perché sia andata con loro, ma forse ormai non ha più importanza.

La sento rilassarsi fino a quando il suo respiro diventa regolare, si è addormentata, le do un bacio sul capo e continuo a tenerla stretta.

Il tempo passa fino a colorare di arancio il cielo, ed io dopo giorni di confusione, di passione e di litigi mi sento bene. Mi basta averla tra le braccia, niente di fisico, il mio unico desiderio è di starle accanto di sentire il suo calore, il suo profumo. In questi momenti tutto nella mia testa ritrova un senso.

E mentre il sole cede il posto alla luna, mi rendo conto di non poter rimandare oltre, devo fare chiarezza dentro di me, sfuggire a quello che sta accadendo non è una soluzione perché non posso starle lontano.

Poggio il capo sul suo ed ecco, come per magia, riaffiorare nella mia testa un ricordo di quella serata: la sto baciando con ardore, sento la mia coscienza ribellarsi con fatica, la allontano guardandola sconvolto. "Sarà meglio andar via" le dico senza fiato. Lei mi fissa, con i suoi grandi occhi verdi pieni di stupore e desiderio, non dice niente tiene le sue mani posate sul mio petto e sono certo che senta il mio cuore battere impazzito. "Andiamo" mi risponde lei e mano nella mano scappiamo dalla festa. Saliamo di corsa le scale e ci dirigiamo nella mia stanza la lascio entrare e mi giro per chiudere la porta a chiave. Prendo un lungo respiro mi volto e la vedo è bellissima, il mio cuore mi rimbomba nelle orecchie mentre il desiderio di averla mi fa fremere.

Il flash finisce così e mi dispero nel ricordo del mio ultimo pensiero di prenderla e farla mia.

Mi irrigidisco, sono preoccupato, cosa è successo dopo? Le mormoro sfiorandole il viso, mi perdo nel guardare la sua bellezza

"Eccoli lì ho trovati"

grida John

"Shhh"

gli faccio cenno verso Bea.

"Oh scusate"

Mormora.

"Siamo tornati e volevamo sapere se vi andava una pizza"

faccio cenno di si.

"Ok, appena arrivano vi chiamo"

ancora una volta abbasso la testa. John rientra in casa e lo sento spiegare agli altri che siamo noi fuori e che Bea dorme.

Purtroppo, il nostro momento sta per finire.

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