La magia del Faro
Pur non avendo dormito molto e avendo saltato i pasti per occuparmi di Kallie, mi sveglio riposato e sereno come non mi capitava da tempo.
Nel sonno l'ho abbracciata inconsciamente, e ora, un suo lieve movimento mi ha svegliato.
Lei mi guarda con quegli occhi enormi che sembrano leggermi dentro. Deglutisco a vuoto perché in quegli occhi potrei perdermici!
Che pensiero assurdo!
Sorrido sistemandole dietro l'orecchio una ciocca di capelli che è sfuggita alla sua treccia; la fronte fresca e il suo colorito roseo mi danno prova del suo stato di benessere.
Non ho mai dormito soltanto con una ragazza. Questa è decisamente un'esperienza nuova per me.
Mentre la guardo ripenso ai sentimenti di mio fratello: averla vista così fragile lo ha scosso più del dovuto.
《Penso sia meglio tu non venga a scuola oggi!》Affermo con una freddezza che non riesco a celare, vorrei sembrare più distaccato, ma il mio volto tradisce incertezza.
《Nooo! Sto bene, davvero!》Afferma imbarazzata saltando fuori dal letto come se fosse stata morsa da una tarantola.
《Ah beh, allora!》 Affermo raggiungendo la porta. Devo allontanarmi, ora; prendo l'accappatoio senza voltarmi. Questa anonima sconosciuta mi sta dando più pensieri di quanto possa permettermi, penso andando a farmi una doccia fredda.
Serro le palpebre frustrato e rivedo vivido quel visetto pulito: potrebbe fottermi in un attimo, e poi a Stephen piace, e io non entro mai in competizione. Non voglio, non con lui almeno.
Mi accascio sotto il getto bollente della doccia, la fronte poggiata alle mattonelle ghiacciate, devo rimuovere questo fastidioso profumo di mughetto. Non ho bisogno di ulteriori distrazioni.
Quando scendo per andare a scuola prendo il sacchetto del pranzo, l'ennessimo che finirà nell'immondizia, la caparbia di Moussad sconfina nel ridicolo; dei ragazzi non c'è traccia.
Il tragitto in auto mi sveglia definitivamente: sarà Adam ad accompagnare Marissa a scuola, oggi. Il cd parte in automatico nel lettore e lo ascolto distratto mentre il vento sferza clemente attraverso i finestrini abbassati. L'auto sfila nel traffico mattutino.
Quando cazzo manca alla fine di questo anno?
Nel parcheggio poche anime affrettano il passo verso l'ingresso della Beacon; mi soffermo a guardare quei pochi ignari stolti, preservati da demoni o incubi.
Raggiungo la prima aula con la spiacevole sensazione, quasi una premonizione, di un disastro imminente.
Pochi mesi e me ne andrò, devo tenere duro; posso farcela.
Pochi. Mesi.
Auverchaz, insegnante ebreo dall'aspetto scialbo e retrò, parla a ruota libera di storia romana e prendo diligentemente i miei appunti: un autonoma disinteressato, uno studente con una media decisamente ammirevole. Fingere questa doppia vita talvolta grava e pesa sull'anima.
Le ore trascorrono pigre e sebbene incroci Marissa, lascio sia la sua migliore amica, Melissa, a starle accanto, a prestarle le attenzioni che necessita per sopravvivere, anche lei, a quest'ultimo anno di studi.
Durante la pausa pranzo però non posso evitare di incontrarla; spero solo non mi chieda inutili spiegazioni sul weekend, perché non vorrei mentirle.
Mentre raggiungo Marissa agli armadietti qualcosa si abbatte contro di me.
Dannati primini che ignorano poche e semplici regole nei corridoi.
Automaticamente porgo le mani in avanti per bilanciarmi ed evitare che entrambi cadiamo malamente. Un corpicino caldo per la frazione di un istante sgela i miei tratti irrigiditi.
Ed eccola la ragazzina della dependance che si massaggia il volto scrutando il linoleum.
Fa quasi tenerezza.
Non riesco a impedirmi di fare una stupida battuta prima di raggiungere Marissa all'armadietto per andare a pranzo nella caffetteria, e sorridere stupidamente alla sua espressione mortificata nonostante la mia testa mi ordini di relegarla in un abisso lontano.
In caffetteria studio per un po' il mio dolce fratellino che non smette di voltarsi verso la porta, in attesa la ragazzina ne varchi la soglia.
Lascio i ragazzi a metà del pasto e raggiungo i campi.
Il sole oggi rende magnifica la vista; l'erba è tagliata di fresco, brilla di un verde scintillante; incrocio qualcuno della manutenzione ma non mi sbarrano l'accesso e raggiungo indisturbato gli spogliatoi. Erano una seconda casa, una vita fa.
Raggiungo il mio armadietto e contemplo la maglia da quaterback, lo scorso anno ci tenevo così tanto ad indossarla ed ora invece...
Quasi mi pesa giocare ma almeno sfogo in campo la rabbia, quando abbatto un avversario mi figuro la faccia di quel traditore di mio padre e un ghigno maligno si stampa in volto e una scarica di adrenalina mi riempie di soddisfazione.
Rientro in classe per le successive ore che si snocciolando con un incedere snervante.
A fine scuola posso allenarmi un paio d'ore e parlare con il coach Davis dei nuovi schemi pensati da Adam.
Credevo davvero la ragazzina si sarebbe ancorata a Stephen come una cozza invece la vedo meno di quanto serva, inizio anche io a percepirne l'assenza, la presenza; trascorre il tempo a casa chiusa nella dependance, talvolta ne esce per andare a correre, in villa solo i pasti.
Stephen passa tutti i giorni in camera mia: talvolta si siede sul mio letto e resta a lanciare la palla verso il soffitto per poi riprenderla.
Non parliamo molto ma mi piace pensare che abbiamo un buon rapporto.
《 Hey B. Ti disturbo?》
Il fatto che la porta fosse chiusa e fossi alla scrivania intento a redigere il compito di algebra non sembrano chiari segnali direi.
Sbuffando ruoto la sedia e lo guardo appropriarsi del mio letto: prendere la palla ovale e lanciarla verso l'alto.
《Che succede? Non hai combinato nulla vero?》
《No, ma che vai a pensare?》 Ribatte piccato.
《Chiedevo.》
Sorride guardandomi e riceve la sfera in volto.
Sobbalza ed io mi piego in due dalle risate.
《Ma quanto sei imbranato?!》Constato tra le lacrime.
Lancia con forza nella mia direzione ma il riflesso incondizionato del mio ruolo da atleta, fa si che afferi la palla prima che si infranga contro le mensole.
《Pessima mira.》Borbotto.
《Senti B...》
《Spara che hai?》
Si issa a sedere e dondola nervoso le piante dei piedi dall'esterno verso l'interno, fissando il parquet. Sta innervosendo anche me.
Esala un lungo sospiro.
《Tu, Marissa e gli altri non potreste uscire con noi?》 Mi chiede impacciato.
《Noi? Intendi te, Eric e Connor?》Specifico per capire.
《E Kallie.》 Aggiunge debolmente.
《Capisco.》
Fingo di grattarmi il mento pensoso.
《Non ...》Inizio a parlare ma mi interrompe velocemente.
《Ti prego non conosce nessuno e... voglio si trovi bene con noi. Visto che conosce poche persone io pensavo...》
《D'accordo.》 Concedo evitando ulteriori spiegazioni inutili.
《Ma in mensa non ci vengo.》Chiarisco.
《E chi ha parlato di andare in mensa?》 Salta in piedi facendo una faccia disgustata.
《Certo, certo, tempo una settimana e scodinzolerai anche tu in mensa come Cloe e Charlie.》Lo prendo io giro bonariamente.
《Anche se fosse?》Dal tono di Stephen recepisco un tono insolitamente stizzito, non da Stephen comunque.
《Scherzavo.》 Alzo le mani in segno di resa incondizionata.
《Quando vuoi che facciamo questa uscita collettiva?》Chiedo ilare.
《Venerdì sera potremmo andare tutti al cinema.》
Una smorfia campeggia non voluta sul viso alle sue parole.
Ma appena lo guardo e lo scopro a pugni serrati dannatamente serio annuisco.
《Sia. Ora levati dalle palle che devo finire i compiti e tu forse dovresti fare i tuoi.》
Sbuffa ed esce sbattendo la porta, borbottando cose senza senso.
Uscire insieme?! Mettere un po' di persone fra me e Marissa potrebbe distrarla e mi rendo conto potrebbe essere riposante non vivere una serata come se stessi camminando sulle uova. E proviamoci allora.
Ormai i compiti non ho più voglia di farli; apro la porta finestra del balconcino ed esco, per aspirare la brezza marina di questa sera insolitamente mite.
Ed eccoli seduti nel patio insieme a chiacchierare.
È gia corso da lei.
Ahia ...prevedo che si scotterà il mio caro fratellino.
Rientrano e lo faccio anche io; la sveglia proietta l'orario, di cena, scendo per non farli aspettare.
Venerdì
《Oh cazzo. Ma come ti sei conciato?》
Entro in camera di mio fratello e lo trovo nel suo bagno privato: in testa una spropositata quantità di gel.
Innoridisco ai suoi abbinamenti nel vestire.
Intercetta il mio sguardo nello specchio e fa una faccia da cane bastonato. Lo vedo levarsi con stizza la camicia blue aperta sul davanti e utilizzare la canottiera arancione per sfregarsi dai capelli il gel in eccesso.
《Non farò mai colpo su di lei vero?》
Lo dice piano ma lo sento forte e chiaro.
D
eglutisco avvilito.
E per trenta fottuti secondi mi sento un idiota.
《Non avremo lo stesso dna per il vestiario ma nessuna potrebbe resistere alla tua simpatia idiota. Sei un Covenaugh!》Affermo orgoglioso.
Mi tira una spallata.
Raggiungo l'anta del suo armadio e mi sento catapultato in un camerino di prova di un grande magazzino dove felpe, magliette e pantaloni giacciono alla rinfusa a terra.
《Puliti o sporchi?》Chiedo ghignando.
Mi fulmina con gli occhi.
Raccolgo una felpa total black, oversize con cappuccio e gliela lancio.
Sui suoi jeans chiari sta a pennello e poi, come cazzo fa a dire di non poterle piacere. I suoi capelli biondi e lo sguardo da cucciolo lo fanno adorare dai due terzi delle cheerleader, il problema è che si atteggia sempre a pagliaccio.
Si veste in silenzio e mi guarda ansioso.
《Perfetto dai.》Lo liquido veloce.
《Sii te stesso ma non fare troppe battute, sennò la uccidi prima ancora di conquistarla.》
Annuisce serio. Troppo serio.
《Vado a prendere Marissa. A dopo.》Dico gettandogli un'ultima occhiata.
《Grazie B.》
《E di cosa? Sei mio fratello.》 Affermo guardandolo negli occhi prima di andarmene.
Non lo siamo per davvero, la faccenda della sua adozione non mi ha mai causato problemi; mi auguro non se ne faccia lui.
Marissa indossa un microabito che non lascia molto all'imaginazione; la guardo scocciato per un attimo e poi riparto dopo averle bonffonchiato uno pseudo saluto. Se ne avessi la possibilità la rimandare in casa a coprirsi; lei è mia sorella porca miseria.
Si scatta un paio di selfie e poi digita sulla tastiera.
《Perché il cinema Byron?》
《Perché no Marissa? Non sei stanca delle solite feste? Solita gente e soliti giri.》
《È per lei...》Ringhia con un tono di voce basso e sottile.
Siamo fermi a un semaforo.
Meglio non sappia viva alla villa.
Mi giro a guardarla e le afferro il mento con due dita, affinché possa guardarmi in faccia.
《È per lui, sciocca.》 Ammetto guardandola con tenerezza.
La sua gelosia mi faceva impazzire un anno fa, ora invece la trovo davvero fuori luogo e sproporzionata visto "cosa" siamo.
Sbatte le lunghe ciglia interdetta.
《Tuo fratello?》
《E chi altri?》 Confermo ridacchiando e rievocando la sua ridicola chioma sommersa di gelatina per capelli.
Annuisce rinfrancata e intreccia la sua mano alla mia sulla leva del cambio.
Il film scelto dalle ragazze è una di quelle improponibili commedie romantiche eppure restano incollate allo schermo, nonostante la veridicità della trama metterebbe in crisi anche mio nonno.
Ogni tanto qualcuno del gruppo fa assurdi commenti sui zuccherosi protagonisti ed io mi ritrovo a ridacchiare mio malgrado.
Molto meno peggio del previsto.
La serata prosegue al Faro di Beacon: ci andiamo tutti come se fossimo sempre stati uniti; e mi fa strano trovarmi a mio agio con mio fratello e i suoi amici.
Dopo aver ordinato le consumazioni resto a fissare affascinato la calma placida che guida i gesti di tutti: Connor e Stephen si sfidano a braccio di ferro; le ragazze parlano piano fra loro. Marissa e Melissa non mollano i cellulari e commentano i rispettivi post su insta.
Poi vedo lei alzarsi e rifiutare l'offerta di Step di accompagnarla fuori a godere del panorama. Lo strapiombo affascina molti.
Non so cosa mi spinga a seguirla nella mia testa mi convinco di poter mettere una buona parola per Step e magari cancellare le prime impressioni in cui con lei mi sono comportato da perfetto stronzo.
Appena esco resto un attimo a guardarla incantato; Kallie si staglia a piedi nudi a filo dello strapiombo il suo corpicino ondeggia sferzato dal vento.
Per la frazione di un secondo vorrei strapparla da quel pericolo, ma mi avvicino cauto, titubante di poterla spaventare.
《Non soffri di vertigini allora?!》 Esclamo alla sua schiena.
Non si gira, non sussulta; la sua voce risulta bassa e carezzovelo mentre replica.
《Già, ma tu questo lo sapevi.》Afferma serafica.
Non lo sapevo ma non importa.
Flette un ginocchio in avanti come se un immaginario terreno sia sotto i suoi piedi.
La distraggo raccontandole la storia dei due adolescenti amanti suicidi che da questo picco si sono buttato togliendosi la vita.
Voglio si levi da questo fottuto strapiombo!
Anziché esserne allarmata sembra esserne oltremodo affascinata.
Annullo lo spazio che ci divide e le cingo le spalle. Un terrore viscido mi ha fatto credere potesse spingersi oltre.
E le sue parole.
《Basterebbe un passo, un solo passo..》
Deglutisco forte. Perché anche io l'ho pensato più di una volta venendo in questo posto ma sentirlo da lei mi innervosisce parecchio.
《Sarebbe da vigliacchi; non credi?》
Le prendo la mano che scopro piccola morbida e una scarica, un formicolio si irradia lungo il braccio.
La tiro indietro, le indico casa e voglio rientri con me, ora.
Ma alla mia richiesta temporeggia.
Non è stata una buona idea uscire.
《Solo un minuto ancora.》 Sussurra al vento, senza mai guardarmi.
I suoi capelli mi scherzano il viso e quel dannato profumo di mughetto che l'avvolge diventa un campanello d'allarme per i miei sensi.
Stringo con forza i pugni obligamdomi a rientrare.
Da dove diavolo viene questa ragazzina?
Al tavolo nessuno sembra essersi accorto della mia assenza.
Le ragazze parlano dei progetti per il weekend con nonchalance come se ci dovessero includere ancora e questa serata non sia solo un evento casuale ma la normalità.
L'imbarazzo di Stephen vola alle stelle nel sentirsi ricordare da Cloe che ci sarà la festa di compleanno di Clarissa Clary; ha invitato tutta la scuola.
Kallie è rientrata e seduta fra Charlie e Cloe ascolta inglobando notizie, informazioni; il volto concentrato. Si porta spesso la mano al collo dove carezza un laccio che glielo cinge. Seguo ipnotizzato il movimento.
Poi mi risveglio dalla trance del gesto e confermo ai presenti che a quella stupida festa non ci andrei mai.
Quella strega rossa ha ossessionato mio fratello per alcuni mesi ed era una seccatura enorme.
Abbasso le ciglia e gioco con il collo della bottiglia.
Guardo ancora mio fratello che fissa Charlie, Cloe e Kallie.
La ragazzina cerca di nascondere uno sbadiglio dietro la mano e Step sorride in maniera assurda.
Siamo tutti stanchi? Nah ma meglio tornare a casa.
Mi alzo e dichiaro conclusa la serata.
Mentre riporto Marissa a casa ascolto le sue impressioni sul film. Lo sguardo perso oltre il vetro dell'auto, perso nella notte buia.
《Non ha fatto schifo come credevo questa uscita sai?》Mi dice.
《Ne sono felice.》
La guardo scendere dall'auto e sorridermi incerta.
Me ne vado prima che mi proponga di fermarmi.
Giro per un'ora sulla costa prima di tornare.
E mi chiedo se Stephen si sia fatto avanti con la ragazzina mentre tornavano insieme.
Questo pensiero mi fa contrarre involontariamente la mascella.
Parcheggio il SUV e raggiungo la mia stanza. Non dovrei spiarlo ma apro l'uscio della sua stanza e lo scopro dormire sereno.
Non sono insieme! Sorrido contento prima di andarmene anche io a letto.
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