Il falò di fine estate.

La domenica trascorro buona parte della giornata alla villa. Non esco molto dalla dalla mia camera; sono d'umore nero. Stephen gira a largo, quando stamani ha provato a parlarmi, gli ho lanciato un cuscino addosso e gli ho intimato di levarsi dai coglioni.
LETTERALMENTE.
Lui non può sapere che stanotte ho abbracciato Kallie e ho cercato di rassicurarla: strappandola a un mondo di incubi, demoni e paranoie.
Non può sapere come io sia stato bene con lei.
Ignoro il cellulare: mi impedisco di guardare fuori, la dependance. Mi dedico ostinatamente allo studio arretrato. Quando esco sono ormai le cinque. Incrocio Stephen che mi chiede se io sappia dove si trovi Kallie, ha ricevuto solo un breve suo messaggio ore fa in cui gli diceva di stare tranquillo, che era in giro, alzo le spalle e me ne vado, fingendo disinteresse, mi devo trovare con Adam e sono in ritardo. Lo avviso subito che ceno fuori.

Perché lei mi sta ossesionando?

Adam mi aspetta davanti casa. Lasciamo il suv per l'escalade. Andiamo a farci un giro: mi porta da un meccanico fuori la Valley, cerca un pezzo per un motore che si ostina a voler riparare. Il suo hobby gli porta via un sacco di tempo.
Forse dovrei trovare anche io qualcosa, oltre il footbal.
La calma placida di Adam mi rasserena pur avendo io quel chiodo fisso in testa: Kallie Davenport.
Nell'abitacolo le note di un gruppo locale mi distraggono.
《Non credo fosse casuale, sai da quando lei e tuo fratello...》
Contraggo involontariamente la mascella.
《Da quando cosa?》 Gli chiedo, obbligandomi a concentrarmi sulle sue parole che trovo irritanti.

Vivono con me non posso essermi perso qualcosa, anche se è ovvio a tutti quanto si siano avvicinati.

《Beh lo sai, tutti ci aspettiamo che a breve Stephen faccia la sua mossa, stanno bene insieme.》

Non dirlo Adam. Taci!

《Non mi intrometto nella vita sentimentale di mio fratello, se ne ha una, e perché lo hai detto a me e non a lui, della Clary?》
《Perché me lo ha chiesto Kallie... cioè di non dire nulla a Stephen. Ma non mi ha detto di non dirlo a te! Stiamo solo attenti in futuro...tutto qua.》 E così dicendo alza il volume.
Finisco il mio caffè, ormai freddo, mi perdo nel paesaggio, oltre il finestrino.

Non amo i social ma mi si sono adattato: quando Marissa riteneva fosse virale e vitale per la nostra storia.
Una sera, un mese fa, ho eliminato tre quarti delle foto della nostra relazione ma alcune le ho tenute, quelle di gruppo.

Inspiegabilmente non la trovo da nessuna parte!
Non su Instagram o Facebook o Twitter
Nada.
Merda penso ancora a lei!
Persino quella  sfigata della Donovan ha un noioso account in cui posta concorsi letterari o recensioni di libri classici o meno.

A casa Strotman una cena, arrangiata da Adam, ci rifocilla.
Non dovrei permettermi di giudicare i suoi genitori assenti, visto che casino hanno combinato i miei; ma cazzo! Non ci sono mai! Nonostante la poca attenzione io dedichi a Moussad o Gonzalo, loro sanno essere fedeli dipendenti. Qui invece ogni volta vedo passare un nuovo volto: indifferente a questi due fratelli che a tutti gli effetti vivono praticamente soli.
La madre di Marissa è in Europa: annientata da un esaurimento nervoso; il padre, famoso gallerista della City, non ha tempo per i suoi figli, ed io li prenderei a scarpate nei denti.
Non solo per Marissa, ma anche per Adam.
Porca Troia.

Stasera giù alla spiaggia, nei pressi del molo, ci sarà il nostro consueto falò di fine estate.
Ormai è quell'abitudine/ consuetudine cui non riusciamo più a rinunciare.
Sono un cane con il morso serrato. E ho pure invitato Stephen e i suoi amici: sono proprio un cretino.
Ripenso alla situazione famigliare di Marissa: non sono un adulto,  ma certe cose non le permetterei.

Porto Marissa con me al falò, lei merita la mia presenza: se tutti vedono una stronza saccente e non capiscono quanto  sia solo una ragazza estremamente sola, fragile, abbandonata dai propri affetti, questo mi ferisce e mi esaspera.
Lei è mia sorella; non le negherò mai il mio supporto.
Giusto o sbagliato che sia.

Marissa sta seduta su un materassino, giocherella nervosa con alcune ciocche di capelli, Adam ed Eric si danno la schiena condividendo un plaid, vicino a loro le scorte idriche per la serata. Jordan e Melissa stanno seduti abbracciati su una sdraio sprofondata nella sabbia.
Charlie e Cloe dall'altra parte del fuoco su enormi salviettoni da spiaggia. Connor sta a gambe incrociate nella sabbia, strimpella ed accorda la chitarra. Cattura decisamente la mia attenzione.
Forse è un bene questa nuova congrega.
Sto bevendo una birra quando Kallie e Stephen arrivano, lui si siede accanto ad Eric mentre lei si fionda tra Charlie e Cloe ottenendo un minuscolo spazio fra loro.
Sorrido impercettibilmente.
Dio quanto è piccola!

Stephen ha portato una torta.
Che l'abbia cucinata lei?
Marissa, la pilucca, e io la finisco, apprezzando davvero il gusto, a prescindere, constato.

《Sei pronto per la prima partita di stagione, Byron?》 Mi chiede Adam ad alta voce distogliendo la mia attenzione da lei.
《Nato pronto Strotman.》Confermo.
《Venerdì allora altra vittoria per la Beacon! 》dice Eric 《...e a seguire tutti a fare baldoria.》
Brindo all'augurio di Eric, fissandolo intensamente.

《 No...scusate ma la squadra di Lacrosse non gioca venerdì al Bearford?》 chiede Kallie la cui voce fende l'etere titubante.
《Noi non andiamo in trasferta, ci perderemmo le feste e gli eventi qui a Beacon!》 Le spiega Marissa. Il suo tono sembra fintamente paziente come se si rivolgesse ad una bambina: un moto di rabbia mi insorge dentro.
《State scherzando; vero?》 La voce di Kallie mostra sconcerto. Tutti dicono la loro, ho sempre pensato che così doveva essere e stava bene a tutti, mi stupisce scoprire che ognuno ha una visione differente.
Kallie si alza, guarda tutti:《Io non vi conosco bene ma credo che tra: non ci sia nessuno che abbia difficoltà a pagarsi il college, alcune famiglie potrebbero permettersi di pagarlo ad un'intera classe, ma non è così per tutti, qualcuno magari spera nella borsa di studio per meriti sportivi e voi disertando le partite, lo private di questa possibilità. Anche il prestigio della scuola che dite di amare ne è compromesso. Prendersi un impegno comporta responsabilità, forse per voi non è così?!》
Ascolto rapito le sue parole.
Marissa batte ironica le mani. Le poso una mano sulla spalla e l'avverto mutuamente, con quel gesto, di finirla lì. Eric ruba la chitarra a Connor, la conversazione riprende a gruppetti con toni più sommessi, si parla di tutto e di niente.
A fine serata porto Marissa a casa: si lamenta di quanto possa essere petulante Kallie.
Ma non era solo lei a pensarla così, Ripenso alle parole meste di Charlie a Stephen, prima di andarcene:"Solo perché si fa da sempre una cosa non vuol dire questa sia giusta."

LUCI ED OMBRE

La settimana che inizia, sembra cupa come le nuvole addensatesi nel cielo.
Marissa stamani mi ha comunicato che mangeremo in mensa per essere solidali con Melissa e sostenere pubblicamente la sua relazione con Jordan. Dire che sarebbe stato patetico rimanessimo in caffetteria: lei, suo fratello ed io, sia mai.
Beh, allora non butto il sacchetto di Moussad, me lo porto in mensa e lo condivido con lei. Trovo strane le dinamiche al tavolo, ma noi ci aggreghiamo, quindi, mi deve stare bene così.
Molly Donovan e Kallie: mangiano e leggono una di fronte all'altra, a una estremità del tavolo; alla destra di Kallie siedono Charlie e Cloe; di fronte a Cloe, in ordine: Stephen, Connor ed Eric, davanti Eric, Jordan e Melissa. Non capisco i posti lasciati vuoti, comunque Adam, Marissa ed io stiamo all'estremità del tavolo. Rimpiango solo l'ottimo caffè che non berrò con la stessa frequenza di prima.
Eric è andato a cercare qualcosa di dolce ma torna di pessimo umore e si siede come un bisonte sulla panca, manifestando tutto il suo disappunto.
《Non c'è un dessert decente in questa fottuta mensa...magari avessimo qui una fetta della torta di ieri: Kallie devi rifarla ASSOLUTAMENTE!!!》Sbraita con fare teatrale.
《Veramente l'ha preparata lei!》Ribatte Kallie indicando con l'indice la Donovan. Guardiamo tutti da Kallie a lei, la Donovan, il cui viso si è fatto paonazzo. Siamo tutti sorpresi, per non parlare di Adam la cui espressione è fin comica.

Esco da mensa e vado al mio armadietto a recuperare il materiale per l'ora successiva, incrocio Stephen che mi dice di aver detto a Kallie di non poterla portare a casa.
《Ci pensi tu?!》Mi urla dietro, correndo nella direzione opposta alla mia.

Merda.

Kallie non verrà certo a cercarmi, praticamente non mi ha più rivolto la parola.
Tuoni e lampi scuotono la scuola.
Vado a lezione.
A fine pomeriggio guadagno il parcheggio, Marissa é andata via con Melissa, ma mi ha fatto perdere un sacco di tempo. Non vedo traccia di Kallie.
Salgo in auto; se non si è fatta dare un passaggio, magari pensa di tornare a casa a piedi, ragiono velocemente.
Scruto il cielo perplesso. Una tempesta sta per abbattersi con ferocia su Beacon.

Tiene l'ombrello con due mani appoggiato alle spalle, cammina piano, il viso reclinato.
Mi avvicino con l'auto, lei prosegue, senza nemmeno accorgersi della mia presenza.
Serro le nocche al volante, e i denti stridono in bocca.
La sua espressione è quella assorta, quella dei demoni dentro. Mi riavvicino e le spalanco lo sportello del passeggero, mi ignora deliberatamente, volutamente, allora la seguo a passo d'uomo. Alcune auto suonano il clacson, ma me ne frego.
Si gira e mi guarda con espressione tesa.
《Che vuoi?》
Sento rabbia nelle sue parole e qualcosa che non capisco, non la guardo, stringo il volante e spero solo mi ascolti.
《Sali, per favore.》
Sale.
Non parla.
Non le parlo.
Guarda fuori dal finestrino, lo sguardo velato, assente.
La spio di nascosto.
Quando siamo davanti la villa non faccio in tempo a spegnere l'auto che lei ha già raggiunto la dependance, scomparendo al suo interno.

Non so quanto tempo passa, ne ho perso la cognizione. Sto fuori dalla dependance, le mani sullo stipite della porta, la paura che senta il richiamo della pioggia. E aspetto. La tempesta infuria.
Ad un certo punto la porta si spalanca.
Sono intorpidito.
La guardo. Credo.
Mi tira dentro.
Mi spinge in bagno e con gesti frettolosi inizia a spogliarmi, non riesco a collaborare, come se per qualche istante ci fosse un black out dentro di me; pian piano sento le sue mani, mi sveglio da questa trance.
《Fatti una doccia calda...Byron ti prego!》 Le sue mani sulle mie...la sua voce trema, vibra, strappandomi dall'apatia.
Armeggia a vuoto con la cintura della divisa, le copro le mani, ora posso pensarci io.
Esce in fretta dalla stanza.
Mi faccio una doccia bollente, schiarisco i pensieri: devo smetterla di preoccuparmi per lei.
Devo assolutamente piantarla di sentirla dentro.
Chiudo l'acqua, vado al lavandino, passo una mano sul vapore che vela lo specchio. Il telefono di Kallie è qui. Vibra insistente.
Michael. Solo questo nome, anonimo e sconosciuto lampeggia.
Ma che diavolo credevo? Che lei non avesse nessuno?! La sua figura fragile ed esile trae in inganno.
Lo ignoro ed esco, sento la porta aprirsi.
《Kallie? 》 La chiamo incerto.
《Aspettavi qualcun altro?》 Mi chiede divertita, e io azzero le barriere erette.
Mi lancia una mia tuta, torno in bagno e come un coglione mi vesto sperando...pensando...

Mi rivesto frettolosamente, devo mettere una certa distanza fra noi: non fisica ma emotiva. E pare che sconvolga solo me.
Quando esco dal bagno prendo la tazza che mi tende, la stringo fra le mani. La raggiungo, lei imperscrutabile, seduta sul divano, io, stupidamente, vulnerabile e a piedi nudi; fra noi c'è questo silenzio che sta diventando pesante.
《Saresti andata a correre prima?》Chiedo con un sottile tono di rabbia.
Mille volte meglio la rabbia trapeli che non la preoccupazione che ha roso, ha scartavetrato l'anima.
《No!》Afferma convinta.
Poggio la tazza sul tavolino, raccatto il mucchietto di vestiti bagnati e decido che per oggi ho davvero messo in ridicolo il mio essere oltre ogni dire. Sulla porta le lancio uno sguardo serio e interrogativo, scuote la testa e lascio la dependance. Credo alla sua frase. E devo fare in modo non me ne importi davvero.
Mi sono già reso abbastanza patetico. Mi dirigo alla villa evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo, in tre falcate, sono salvo.

Basta arrivare a domani.

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