San Valentino a due... A tre.
Nella dependance con una calma che non credevo potessi provare visto lo svolgersi degli ultimi eventi, finisco di prepararmi.
L'occhio cade al taccuino di pelle lasciato aperto sul comodino, tante frasi, ricordi, foto; mi si stringe sempre lo stomaco quando lo prendo fra le mani.
Ne accarezzo la delicata copertina, inalo il profumo di cuio invecchiato e torno a perdermici, seduta sul letto sfatto:
"...La vertigine è qualcosa di diverso dalla paura di cadere. La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere dal quale ci difendiamo con paura." Milan Kundera.
Giro le pagine assorta: date memorabili balzano prepotenti alla memoria, annotazioni confuse, altre chiarissime.
Leggo a mezza voce.
"Una volta ho letto in un libro che l'amore non esiste per renderci felici, ma per ricordarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore." Alessandro D'Avenia.
I ricordi sono pezzi di noi . Siamo la somma dei nostri sbagli delle nostre esperienze e senza di esse non esisteremmo.
Chanel manca come l'aria.
Un discreto bussare mi distoglie da questo sofferto viaggio sul viale dei ricordi, con un sorriso dolce amaro ripongo il libricino nel cassetto del comodino.
《Stephen?!》
Stephen si fa strada nella dependance un cipiglio inquieto gli deforma i tratti.
《Che succede?》Provo a chiedergli.
Si gira e mi abbraccia con forza, cedo a questo gesto nonostante il suo silenzio mi confonda un poco.
《 Cosa ne pensi del fatto che è tornato bambolina?》
Non fa molti giri di parole ed arriva diretto al punto, mi fissa con uno sguardo grave e sorrido.
Alzo le spalle, ammettere di essere in balia di una tempesta emozionale non gioverebbe ad entrambi.
《 Hey... È giusto sia tornato. Dovresti sforzarti di sistemare le cose con lui.》
Ci sediamo sul divano a gambe incrociate uno di fronte all'altro. Gli sguardi seri e pensosi.
Solleva la testa di scatto alle mie parole e mi fissa perplesso.
《Mai!》 Soffia rabbioso.
Scuoto il capo.
《E cosa risolvi odiandolo?》
《Ma Cristo Kallie... Si è comportato come un idiota ed asseriva di amarti. Non lo sopporto!》
《Perché?》 chiedo con ingenuo stupore.
《Se posso perdonarlo io ed andare avanti; perché non puoi farlo tu?》
Strizza gli occhi a due fessure e mi solleva il mento con due dita.
《 Come puoi perdonarlo?》 mi chiede ed avverto il dolore celato dietro la rabbia, oltre le parole.
《Voglio stare bene. Non voglio sprecare energie a odiare nessuno. L'odio è un sentimento che non dovrebbe esistere ed avvelena inutilmente la vita delle persone.》
Socchiude gli occhi per un istante ed accosta la sua fronte alla mia.
《 Come fai ad essere...Così!》 Sospira sul mio volto.
Poi si ritrae, espira sonoramente ed alza gli occhi al cielo facendo la sua espressione buffa che riesce sempre a strapparmi una risata.
《Okkei. Ci posso provare.》Concede.
Mi abbraccia ed allunga la mano a prendere il telecomando dal tavolino.
《 Guardiamo qualcosa?
In casa Gonzalo e Moussad hanno ribaltato il soggiorno per le pulizie straordinarie e stanno sbattendo tappeti e facendo un macello assurdo.》Ammette frustrato. Annuisco anche se avevo pensato di riposarmi un po', come da accordi in camera di Byron, ma se la casa è una bolgia caotica meglio trovare rifugio qui, nella dependance.
Step ha messo un film ed io mi rifugio fra le sue braccia spalancate, mi accoccolo al suo fianco grata.
Poggia il mento sul mio capo e sospira rasserenato, non so se per i farmaci o per la spossatezza nel giro di breve il sonno mi coglie.
Una carezza mi scuote dal mio torpore, sorrido mesta ancora persa in un sogno lontano.
Sbatto più volte le palpebre e mi trovo a fissare il volto risente di Stephen.
《Cavolo Kallie russi!》
Arrossisco violentemente e sprofondo nell'imbarazzo prima di cogliere il cipiglio divertito di lui che mi sta solo prendendo spudoratamente in giro.
Gli faccio il solletico ridacchiando,
frana a terra con un tonfo sordo; con un agile balzo arretra e salta in piedi,
tira le braccia oltre la testa sgranchendosi le membra indolenzite.
《Vado, devo prepararmi!》
Fa una smorfia tragicomica, come se anziché dovesse portare la sua amata ad un ballo lo aspettasse l'inquisizione spagnola.
Alzo gli occhi al cielo e gli do un finto pugno sul braccio.
《Muoviti o farai tardi!》 lo ammonisco gentile.
《Come No? Devo solo fare una doccia.
Mica come voi dolci pulzelle che impiegate ore, se non giorni a prepararvi per una farsa di festa.》
Gli faccio la linguaccia.
Sia Charlie che io non stiamo giorni a prepararci, siamo al di sotto della media; il genere femminile dovrebbe esserci grato di questo, pure quello maschile credo.
Step se ne va; una breve occhiata alla sveglia da parete quasi mi allerta ma non ho nulla di concreto da fare, in realtà.
Raggiungo il bagno solo per darmi un veloce ritocco.
Non sarò la dama da favola perfetta stasera che Jace merita al suo fianco ma starò con lui.
Mentre nella mente iniziano a formarsi altre domande un bussare mi distrae quasi opportuno ed accolto con gratitudine.
Jace, semplice ma elegante davanti la porticina, un braccio ripiegato dietro la schiena, nasconde qualcosa.
Lo guardo e non riesco a non sorridere, non riesco a non esser felice di averlo qua a riempire i miei vuoti, a dedicarsi a me.
Mi guarda ammirato nonostante non sia la principessa del ballo.
《Sei bellissima!》
La sua voce vibrante tocca le corde della mia inquietudine.
Mi mordicchio le labbra e scuoto il capo conscia di questa sua meravigliosa bugia, atta a farmi stare bene.
Cerco invano una risposta da dargli ma le sue labbra si posano fulminee sulle mie, dolci, morbide, in un crescendo famelico; mi circonda la vita ed attira più vicino a sé, siamo ancora sull'uscio.
Mi scuoto nonostante l'ebbrezza del momento ed afferrandolo per i risvolti della giacca lo tiro dentro continuando a baciarlo.
Si stacca da me e mi mette sotto il viso un magnifico bouquet di peonie color lavanda.
Il loro delicato profumo investe le mie narici e si mescola a quello speziato di Jace.
《Non dovresti essere qui!》 mi dice.
《 Già, ma le grandi manovre erano previste in soggiorno e sono rimasta qui tutti il giorno, poco fa se n'è andato Stephen.》
Mi guarda scettico, un bagliore nello sguardo biricchino e malizioso.
Scuoto nuovamente il capo inconsapevolmente: non mi sono nascosta da Byron, se è questo che pensa, ma non glielo confesso.
Sistemo i fiori in una brocca sul piano del cucinino.
E recupero il mio regalo per lui.
Che senso ha aspettare?
È squallido ma non sono riuscita a rimediare altro.
Jace ha un'espressione comica mentre gli tendo la grossa ciotola con la composizione di bonsai.
Ridacchia in parte impressionato:
uno scrigno delle dimensioni di un pugno chiuso campeggia fra due bonsai uno grande ed uno più piccolo, attorniati da muschio e pietre multicolore che creano un piccolo sottobosco con tanto di ponticello nella decorazione.
La cassa è aperta e si intravede qualcosa brillare al suo interno.
Poggia sul pianale del cucinano il coccio ed estrae il piccolo tesoro dalla cassa dorata.
Sghignazza divertito tenendo fra due dita la catenella e l'oggetto annesso che ciondola fra me e lui.
Guarda la porta poi me, annuisco e sorrido.
Mi abbraccia teneramente.
《Ti amo!》
Mi perdo nel suo abbraccio e rispondo inconscia, quasi meccanicamente.
《Lo so!》
Più di quanto dovresti! Aggiunge la mia mente infame.
Intreccia la sua mano alla mia dopo aver fatto scivolare nella tasca interna della sua giacca una copia delle chiavi della dependance agganciata ad una catenella.
Da perfetto cavaliere quale è, mi apre la porticina scortandomi fuori.
Siccome ci stiamo scambiando alcune battute sulla sua trascorsa giornata scolastica di cui voglio essere aggiornata non bado entrando alla villa all'assenza di luci accese.
Appena varchiamo la soglia del soggiorno resto ammutolita ed emozionata.
La sala è illuminata fisicamente da una decina o forse più di lanterne, sul pavimento come a delineare piccole pozze immaginarie un'infinità di petali di rose, bianchi, opalescenti.
Scalzo le ballerine ed affondo i piedi in quel prato improvvisato, piroetto su me stessa serena e scorgo una quantità spropositata di palloncini che sfiorano il soffitto di varie forme e colore, sebbene in prevalenza cuori.
Il basso tavolino in vetro da soggiorno apparecchiato per due ed una candela rossa a stelo accesa nel mezzo.
Guardo ammirata il mio splendido ragazzo che ha organizzato tutto questo per scacciare il pensiero di mamma, l'ombra incombente di Byron e dimostrarmi ancora quanto tenga a me.
Sediamo in ginocchio, uno davanti all'altra gustando pietanze cinesi e bevendo del tè coreano.
Mentre degustiamo le portate tutte a disposizione sul tavolo, mi faccio raccontare la sua giornata e mi beo della sua genuina compagnia.
Appena terminato il pasto, mi aiuta ad alzarmi e mi fa accomodare su un lato del divano, dove rannicchio le gambe cercando di non far caso al crescente fastidio dovuto alla cicatrice fresca di intervento.
Jace veloce sparecchia e porta un invitante dolce ai frutti di bosco e panna con dei calici, infine torna con un secchiello ed una bottiglia di champagne, presumo.
Batto le mani estasiata, con gioia infantile, mi sorge davvero il dubbio io non meriti tutto questo.
《Vuoi mangiare ora il dessert? 》
Nego perché abbiamo mangiato tanto e di tutto.
《Fra un pochino?》chiedo ammirando il dolce.
Annuisce e si avvicina alla tv che accende sul lettore dvd già preimpostato.
Nell'aria parte la colonna sonora di Love Story, non so se ridere o piangere perché ha ricordato il film preferito di mamma in questo giorno.
Con garbo si siede accanto a me e delicatamente mi aiuta a stendermi al suo fianco.
《Dopo faremo un brindisi a tua madre; sarà di buon auspicio.》
L'emozione blocca le parole in gola pertanto annuisco e gli stringo forte la mano rilassandomi contro il suo petto semplicemente grata e felice.
La felicità che non credevo potesse essere presente oggi in me, invece trabocca da ogni singola cellula del mio essere grazie a questo meraviglioso ragazzo.
Ascolto rapita pur conoscendo a memoria i dialoghi del film, ogni tanto la mia mano stringe più forte quella di Jace, quando una luce abbacinante rischiara il salone, accecandomi e stordendomi.
《Ma è saltata la corrente in questa casa?》grida quasi una voce.
Byron.
Accende tutte le luci della sala ed ignorando palesemente l'intimità che si era voluta creare viene a spezzare la magica atmosfera.
Sento Jace fremere contro la mia schiena.
《No, era solo una cena a due in cui non era contemplata la tua presenza!》 asserisce sferzante Jace.
《 Desolati.
Vivo qua.》Replica Byron.
Byron cerca di essere divertente?
Nel frattempo Byron si è avvicinato al divano e noi, scattati a sedere come molle, ci siamo seduti; Jace guarda perplesso quello che prima era l'intreccio delle nostre mani e che io ho sciolto al suono della voce di Byron.
《 Che guardate di bello? Pensavo di mettere su un horror?》
《Sei stupido o cosa?》
Non riesco ad interrompere questo pensiero che si tramuta in parole.
Mi alzo stizzita a piedi scalzi e gli vado incontro.
《Questo è il mio San Valentino con Jace, vattene!》
Rafforzo il concetto mettendo anche le mani sulle anche, guardandolo fisso negli occhi, furente.
Vattene Byron, non rovinare tutto ...Ti prego!!!
Supplico mentalmente.
《Avete cenato e fino a prova contraria questa è casa mia, non ho una tv in camera e mi sono rotto di ascoltare musica.》Sentenzia petulante.
Mi mordo il labbro perché mi stanno salendo una serie di imprecazioni tali che farebbe arrossire entrambi temo.
Guardo Jace avvilita e sconsolata.
Il suo viso è teso, ma è incontestabile l'affermazione di Byron, ed io non posso lasciare questa casa, sopratutto ora dopo la promessa fatta a Mr Covenaugh.
《Certo accomodati.》Gli dice secco.
Byron guarda il divano e la poltrona dislocata a lato, prima di sedersi esattamente fra noi.
Sgrano gli occhi annichilita; ora, so per certo lo ha fatto apposta per provocarci.
Serro i pugni e mi sistemo meglio dal mio lato, mettendo distanza fra noi, Jace al lato opposto.
《Magari vuoi anche una fetta di torta?》Chiedo a denti stretti.
《Certo sarebbe una splendida idea.》
A me la mascella cade metaforicamente, non coglie l'ironia,il nervoso?
Lo sguardo di Jace è cupo come l'oceano in tempesta, per una frazione di secondo temo il peggio, lo fisso negli occhi con la muta richiesta di soprassedere, avremo altre occasioni.
Mi rassegno a guardare uno schifo di film conscia del sorrisetto trionfante di quello "stronzo" di Byron.
D'accordo Byron, vuoi la guerra?
Sono pronta!
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