Intese sui campi da golf

Attendo proprio l'ultimo minuto prima di entrare nella villa per unirmi alla famiglia ed andare a pranzo al club.
Trovo gli uomini di casa nel soggiorno: chi afferra dal tavolino le chiavi dell'auto; chi lezioso si scosta il ciuffo ribelle, infagottato in una delle sue mise che lo contraddistinguono sempre, dolcissimo Stephen; chi assente: Byron, fissa oltre la vetrata un punto imprecisato perso nei suoi pensieri.
Stephen: il mio faro, raggiungo lui, mi catapulto tra le sue braccia, perché è la scelta più comoda, quella più semplice, colui che mai si è erto giudice.
Mi stringo a lui incerta, non vorrei mai lasciare questo sincero abbraccio fraterno, l'unico che non contempli sottintesi dolorosi;  ne aspiro l'odore: una fragranza di talco e menta che placa i miei demoni.

Per ora.

Mr Covenaugh ci esorta a lasciare la magione; non c'è la sua vettura ad attenderci con tanto di autista, bensì il suv nero di Byron. Saliamo tutti mentre lui stesso si mette alla guida, mi faccio piccola nella mia seduta posteriore e mi impongo di ignorare Byron, seduto a trenta centimetri da me.
La sua premura di ieri, le sue parole, tutto, non è abbastanza per annullare le distanze fra noi.
Abbraccio il poggiatesta di Stephen e lascio cadere il mio braccio sul suo petto, mi carezza dolcemente la mano mentre in auto un quieto silenzio avvolge i presenti, alla radio una melodia triste fa da sfondo ai pensieri più intimi di ciascuno di noi.

Raggiungiamo il club presso il molo, mirabile ed unico, egregio contesto.
Mr Covenaugh ha un sorriso che gli tende gli zigomi e ne deforma i tratti; sembra un bambino cui hanno offerto un carrello di dolciumi: averci tutti e tre, pare sia per lui, una goduria immane.

In auto resto dietro con Byron, un glaciale silenzio incombe fra noi, ci sarebbe ancora così tanto da dire ma non credo di volerlo affrontare ora.
Quando raggiungiamo l'entrata del club gli altri scendono spediti mentre io armeggio con la chiusura della cintura di sicurezza. Il valletto in livrea apre la mia portiera tendendomi una mano ma io lo guardo imbarazzata per questo stupido gancio che non vuole liberarmi.

《Permetti?》
La voce di Byron alle spalle del ragazzo si insinua: alzo il viso e lo vedo ridacchiare, incrocio per la frazione di un secondo il suo sguardo.
《Solo a te succedono queste cose!》 Dice liberandomi dalla sicura con mano esperta.
Sbuffo guardandolo ed alzando gli occhi al cielo frustrata.
《Non c'è niente da ridere》sbotto.
Il suo sorriso sghembo stampato sul volto mi ricorda che abbiamo già vissuto questa scena, sembra secoli fa.
《Sa tanto di deja-vue, non trovi?》 afferma entrando di prepotenza nel corso dei miei pensieri. Annuisco e mi concedo di fissarlo mordendomi il labbro inferiore.
La sua mano attende la mia ed io nonostante non voglia, mossa da una volonta propria, la afferro sicura e scendo dalla vettura, permettendo al ragazzo del parcheggio di portare via l'auto.
Entriamo al circolo così, tenendoci per mano; tento invano di sfilare la mia dalla sua, ma lui rinforza la presa e non mi lascia. Step affianca mr Covenaugh poco dinnanzi.
Con il pollice Byron carezza il dorso delle nostre mani intrecciate ed io sento scariche elettriche irradiarsi da quel punto di contatto, lungo tutto il corpo; non è una sensazione spiacevole, anzi tutt'altro, ma non posso cancellare con un colpo di spugna le barriere erte contro di lui. Ora posso capire meglio molto, ma come gli ho precisato ieri notte tra noi non cambia nulla. Amo Jace, nonostante tutto.
Veniamo introdotti nel patio dell'ala nord che spazia per visuale sui meravigliosi campi da golf: un tavolo d'angolo sapientemente allestito con un bouquet di genziane al suo centro, ci attende.
Pranzare all'aperto sembra essere una scelta addotta da molti dei frequentanti il posto oggi, grazie anche alla splendida giornata di sole condita con un filo di brezza marina.
Spazio con lo sguardo ed ammiro le estese dei campi, le buche, i green curati.
Conoscendo la location mi sono concessa un look elegante ma non troppo: un abito accollato sul davanti che si allaccia al collo lasciando la schiena scoperta, di un giallo oro con piccoli dettagli perlati sulla gonna a campana sopra il ginocchio, un sandalo in pelle aperto color sabbia, completa il tutto, una borsa piccola in pelle color cuoio.
Ho cercato di elaborarare una sofisticata acconciatura ma mi sono arresa ad uno studiato chignon cui sfuggono, volute, alcune ciocche.
Byron è maledettamente elegante nel suo completo nero con la giacca aperta su una camicia bianca ed il gilet a righe: il fascino del bello e dannato.

Mr Covenaugh come da tradizione ha già scelto le portate per tutti, spiega, pregandomi di non essere troppo severa nel giudicarlo.
Annuisco perplessa vedendo dei camerieri portarci un sontuoso antipasto a base di pesce.
L'atmosfera rilassata mi scioglie: tra risa ed ottimo cibo scruto i ragazzi scherzare col padre ed io scorgo per la prima volta Byron rilassato in presenza di questi.
《Sta per arrivare la portata principale bambolina.》 Mi dice Stephen strizzandomi l'occhio eccitato come un bimbo, la vigilia di Natale.
I camerieri dopo aver sparecchiato, portano dinnanzi ciascuno di noi dei piatti enormi ricoperti da campane d'argento.
Quando le tolgono soffoco una risata nel tovagliolo, ma non riesco ad impedirmi di sorridere davanti ad un gigantesco hamburger con contorno di patatine fritte.
《Erano due bambini quando Stephen si unì alla famiglia, fu sicuramente la pietanza più indicata allora e per tradizione ordiniamo sempre quella.》Mi spiega mr Covenaugh alquanto imbarazzato.
Guardo Stephen addentare il suo enorme panino e le mie mani afferrare coltello e forchetta.
《Ohhh... ti prego.》Mi guarda sardonico Byron, imitando il fratello.
《Sacrilegio bambolina!》 mi sussurra Stephen portandomi via le posate.
Afferro il mio panino a due mani e, al diavolo l'etichetta, lo mangio come se fossimo in un fast food.
Sazia, felice e rilassata come non mai guardo l'allegra comitiva.
Byron si scusa e chiede al padre di assentarsi un attimo.
《Dovresti smettere di fumare. Sai?》
《Lo farò pa'!》Dice con un tono leggero allontanandosi.

Già, dovresti, dannazione!

Stephen salta in piedi.
《Hei c'è Brian. Vado a salutarlo.》
Scappa alla velocità della luce seguito dallo sguardo amorevole di Mr Covenaugh.
Restiamo solo noi due al tavolo; porto il tovagliolo alla bocca ripulendo inesistenti briciole ed azzardo una domanda che occupa la mia mente da un paio di giorni.
《Posso farle una domanda?》
《Certo.
Non sono io il padre di Marissa se è questo che ti chiedi bambina!》
Lo fisso scioccata e scuoto il capo.
《Noooo. Io non ho mai pensato questo.
Non ho mai preso in considerazione potesse essere lei.》
Mi guarda sereno.
《Vedi bambina non sono stato un buon padre per questi ragazzi. È da solo un paio d'anni che cerco di stare loro accanto lavorando da casa. Per tutta la loro infanzia, nonostante non fosse una moglie fedele, Isabelle è stata una madre fantastica sia per Byron che per Stephen.》
Agito la mano cercando di fermare il flusso delle sue parole.
《Io, veramente, volevo chiederle come mai il primo giorno di primavera fu la data in cui Stephen venne qui.
Mi era parso di capire che i suoi fossero venuti a mancare durante le feste natalizie.》
Ride, forse sollevato per la mia indiscussa fiducia.
《La burocrazia ed alcuni parenti di Stephen che cercarono di impugnare la volontà del di lui padre.
Lungaggini credimi.》
《Ohhh.》Non so che altro replicare.

Ovvio che sciocca.

《Non ho mai pensato potesse essere lei il padre di Marissa.》 Ripeto convinta; Mr Covenaugh allunga la mano sul tavolo e stringe grato in una presa delicata ed affettuosa la mia.

《Signorina mi scusi, è attesa alla reception.》Un valletto compare al mio fianco.

Chi potrà mai essere?

Mi scuso con mr Covenaugh che si accende un sigaro e mi liquida con un gesto garbato.
Incuriosita ripercorro a ritroso il percorso incrociando Byron che rigira nervoso fra le mani una sigaretta che non ha ancora acceso, gli passo accanto con un sorriso tirato e raggiungo la reception sentendomi il suo sguardo addosso.

《A-A-Andrew?》balbetto.

O
mio
Dio
!

Andrew Kilkenny si staglia davanti a me con un sorriso a quarantadue denti, mi abbraccia e resto paralizzata, le braccia lungo i fianchi a guardarlo.
《Hey ciao. Sono venuto a trovare Brian con mio padre e stiamo per iniziare una partita a golf quando ti ho vista seduta ad un tavolo e ...beh volevo salutarti. Sei stata una delle poche persone che hanno parlato con me a capodanno.》
Sbatto le palpebre presa in contropiede dalla raffica di parole che emette.
Per come lo conosco parla a macchinetta quando è nervoso;
istintivamente poggio una mano sul suo avambraccio.
《Respira!》 gli dico prendendolo in giro.
Ridacchia.
《Scusa, spero di non averti disturbato.》Si gratta la nuca.
《Sono qui per un pranzo in famiglia.》 dico buttando una breve occhiata oltre le mie spalle dove scorgo Mr Covenaugh al tavolo e Byron aspirare rapide boccate da una sigaretta, il suo sguardo fisso su di noi.
Mi irrigidisco all'istante.
《Sì ti ho vista. Senti...c'è anche Anne Lee che vuole giocare in coppia con Brian, i nostri padri pure, non è che ti andrebbe di unirti a noi, giocare in coppia con me?》

Oddio noooo!

《Non sono vestita in maniera adeguata temo. Sei molto gentile ad aver pensato a me...》annaspo ed accampo scuse.
《Kallie dobbiamo tornare al tavolo: il dessert ci aspetta.》
Accanto a me compare Byron interrompendoci, squadra da capo a piede Andrew.
Poggio una mano sul suo braccio e lui si avvicina a me.
《Perdonami, ci reclamano.》 Sono vistosamente sollevata e grata nei confronti dell'opportuna interruzione.
《Certo scusami. È stato un piacere rivederti. Comunque piacere Andrew Kilkenny.》replica Andrew garbato, fissando intensamente Byron.
Byron tace e gli stringe la mano.

《Mi fermo al club a giocare con Brian!》
Urla Stephen comparando dal nulla al nostro fianco interrompendo il mio saluto di commiato.
Faccio un sorriso tirato ad Andrew, serro il tessuto della manica di Byron con forza: avrei voluto mettere quanta più distanza fra Andrew ed i Covenaugh.
《Vedo hai trovato il partner a quanto pare.》Affermo laconica.
Step saltella entusiasta.
《SIIIII. Tu sei Andrew l'amico di Brian. Hai un viso vagamente famigliare.》 Dice Stephen.
Andrew annuisce.
《Ci siamo conosciuti alla festa di capodanno.》
《Certo.》 Finge di ricordare Stephen che quella sera aveva occhi solo per la sua innamorata.
《A dopo.》

Mi rendo conto di stringere, ancora,  fra le dita, in maniera convulsa, il tessuto della giacca di Byron quando ormai siamo al tavolo. Mi scosta la sedia e torno a sedermi con i commensali, nonostante la sua occhiata di brace.
《Pa' mi fermo a giocare a golf, posso prendere la tua sacca?》
Chiede Stephen riportandomi con prepotenza al presente.
《Certo. Prenderò un taxi per tornare a casa.》 lancia le chiavi a Byron.
《Voi che fate?》Ci chiede gentile.
La mano di Byron si posa sulla mia prima che io possa esprimere il mio vivo desiderio di rientrare con lui.
《Restiamo a guardare Step rendersi ridicolo, ovviamente.》
Byron mi guarda e le parole di protesta muoiono sulle mie labbra sotto il suo sguardo indagatore. Annuisco, vagamente a disagio.

《Prendiamo delle golf cart per giocare?》 Ci chiede Stephen a fine pasto. A breve dobbiamo incontrare gli altri presso l'inizio del percorso.
Arriccio il naso indispettita per essermi lasciata coinvolgere in questa situazione, temo non porterà a nulla di buono. Potrò perlomeno tenere d'occhio i fratelli ed impedire rovinose confidenze che mi metterebbero seriamente in difficoltà con Andrew.

Non poteva farsi un viaggio nel Montana, in Arizona, nella Virginia del sud, che ne so...
Il destino sembra proprio volersi far beffa di me.
Suvvia quante possibilità c'erano che lo incontrassi al club nell'unico giorno in cui ci rimetto piede da mesi, e, nella sua seconda volta, a Beacon quest'anno.
Dea bendata sei proprio infame!

《Mmm...》 commento assorta.
Trovo Byron a neanche due centimetri dal mio viso e sussulto.
《Direi di no Step!》 Lo sento dire al fratello.

In realtà neanche ci ho riflettuto; chi affronta diciotto buche per un percorso di circa sette chilometri con dei tacchi, tacco dodici.
Mi tiro mentalmente un ceffone in fronte.

Guardo gli altri salire sui cart a due posti e mi sento a disagio: come posso impedire a Stephen ed alla sua boccaccia senza filtri di non uscirsene con qualcosa di estremamente inopportuno?!

Byron scuote il capo guardandomi;
quasi avesse letto in una nuvoletta immaginaria sopra la mia testa queste considerazione prende a nologgeio un cart anche per noi e sale alla guida.
Gli siedo accanto. Non gli ho più parlato da prima che si alzasse da tavola per andare a fumare la sigaretta ed io incontrassi Andrew.
《Non fare i salti di gioia.》mi dice secco.

《Scusa.》 Mormoro mordicchiandomi nervosa il labbro e seguendo il paraurti della macchinetta con lo sguardo.
《Cosa c'è che non va?》
Punto il mio sguardo sul cart davanti al nostro che procede zizzagando a causa della guida di Stephen che si atteggia a pagliaccio con Andrew e non rispondo.
Dopo forse una manciata di minuti che seguiamo la colonna di macchinine davanti a noi Byron sterza lasciando la pista principale per una stradina sterrata, secondaria.
Giro il capo seguendo gli altri e boccheggio sgomenta.
《Che diavolo fai?》Chiedo io.
E per "par condicio" al mio mutismo di prima non risponde neanche lui.
Mi arrendo ad essere sequestrata per una destinazione ignota da colui che riesce a rendermi polvere e fuoco con la facilità di un battito cardiaco.
《Posso sapere dove stiamo andando almeno?》 Chiedo sbuffando ed incrociando le braccia al petto.
Ovviamente non replica.

Ci fermiamo in uno spiazzo sperduto nei pressi di non saprei quale buca, dal momento che Byron non mi ha risposto e non ha seguito l'itinerario canonico.
Scende e dal retro del cart preleva un cestino ed un plaid che non avevo notato.
Lo seguo controvoglia perché si è chiuso in un mutismo ostinato ed alle mie domande non ha mai risposto.
Si sdraia ed accavalla le gambe.
Al suo fianco ad una ragionevole distanza cerco di sedermi anche io, con grazia.

《Chi è il tizio che ti ha, a dir poco, terrorizzato e che sta giocando con Stephen?》
Socchiudo gli occhi.
Si mette a sedere e mi fissa con le sue iridi verde bosco puntate nelle mie, una collisione di universi.
Prendo un lungo respiro.
《Si chiama Andrew Kilkenny. Abita a New York nell'upper east side.
Sua madre era una modella di fama mondiale, si è ritirata da tempo per dedicarsi alla famiglia che avrebbe voluta numerosa ma dopo Andrew non arrivarono altri figli; il padre gestisce un'azieda per titoli quotata in borsa: sposta i capitali di varie aziende e li fa fruttare al meglio delle sue possibilità.  Viene considerato un mastino nel suo settore e questo è il nomignolo con cui è conosciuto nell'ambiente.》
《Lo conosci bene.》
《Sì.》
《Eppure sembravate entrambi piuttosto disagio.》
《Lui non mi ha riconosciuta.
Non sono la persona che ha lasciato New York un anno fa.》
《Cazzate!
Come può non riconoscerti dopo solo un anno se eravate buoni conoscenti?》
《Eravamo ...di più, Byron.》 Ammetto cercando di impedire alla mia voce di tremare.
Sussulta alle mie parole.
《Era il mio migliore amico... e per un breve periodo è stato il mio ragazzo.》
Byron si alza.
《Perché me lo dici ora?》tuona.
《Un segreto per un segreto.》
Sì gira di scatto un'espressione confusa.
《So di Marissa. Sai di Andrew.》
《Non ha senso.》
《È più complicato di così ma non posso davvero dirti altro.》
Faccio per andarmene ma lui mi afferra il polso.
《Aspetta. Non andartene. Fingi di non odiarmi almeno per oggi.》
Lo guardo a bocca aperta, sconvolta dalla sua richiesta.
《Ma io non ti odio!》
I suoi occhi si schiantano nei miei e fremo per la confessione appena fatta.
Porta la mia mano alla sua guancia ma poi si ferma; non siamo più quelli di una vita fa.
Ritiro la mia mano, ma lui fulmineo la afferra e se la posa sul cuore dove sento i suoi battiti correre veloci quanto i miei.
《Se non mi detesti allora non andartene!》Mi supplica lui fissando un punto lontano.
E non lo faccio .

Una persona la senti per quanto casino ti lascia dentro. E tu sei una sinfonia assurda, un casino enorme per me. Non riuscirò mai a lasciarti andare davvero Byron.

Spazio autore: dedicò questo capitolo a Marika.
È  una ragazza straordinaria che vive la mia quotidianità ricordandomi ogni singolo giorno con i suoi messaggi quanto sia bello esserci per qualcuno.
Grazie bambolina. Sei davvero unica!

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