Incontri fuori dal tempo

Incontri fuori dal tempo

Alla villa non ho che il tempo di una doccia che Matthew è già lì; in attesa appoggiato all' auto, impaziente come se a causa mia avesse atteso ore.
Sbuffa.
Salgo in auto dove ogni due per tre  sbadiglio, Matthew mi guarda indulgente .
《Credi nel destino Ofelia?》mi chiede abbassando il volume dello stereo.
Dalle casse esce una fastidiosa melodia jazz, involontariamente scuoto il capo, ma lui concentrato nella guida non può vederlo.
《Non particolarmente, tu?!》
Lo guardo mentre guida disinvolto . 《Forse. Non sempre!》replica indifferente.
Tace .
I

o non ho nulla da aggiungere.
Proseguiamo  per un buon quarto d 'ora che mi sembra decisamente di più.
Generalmente amo viaggiare e perdermi nel paesaggio che sfila, ammirare i campi o le città che il veicolo attraversa: la magia delle stagioni che muta l'ambiente , creando coreografie  inimmaginabili.
Non oggi.
Sono terribilmente stanca: una stanchezza emotiva che non riesco a gestire, nonostante la promessa di Jace  e la presenza confortante  della persona più acida e scontrosa che conosco.

Localizziamo una residenza sontuosa sulla sommità di una collinetta.
Sembra una villa post coloniale, annesso un giardino imponente .
Matthew rallenta ed io trattengo il fiato. Un lungo viale di cipressi ci accoglie.

Cosa diavolo ci faccio qui?

《Matthew, mi dispiace! Sono una brutta persona che fa solo soffrire chi le sta accanto!》dico, memore degli eventi  , mentre posteggia,  spostando lo sguardo a terra e fissando un punto imprecisato del tappetino.
Spegne l'  auto e serra le nocche sul volante.
《 Non farlo,  non giocare la carta della vittima con me. Davvero sei così  cieca da non avvedertene? Fai splendere il mondo circostante , rischiari la via di chi incrocia il tuo cammino,  purtroppo sovente a tuo discapito. Ma è  questo che significa crescere.》
Ignoro le sue parole.
《 Dovrei lasciarli andare, lasciarli andare tutti : come un' erbaccia putrida,  faccio marcire le persone che ho accanto. Rovino tutto!
Jace, Molly, Marissa...Byron. Chanel, Sunny!》
《Smettila!!! Hai aiutato quelle persone; cosa era la signorina Donovan prima di conoscerti?  Una pavida creatura che non lasciava emergere il suo lato emozionale; tu le hai permesso di sbocciare,  prendere vita e spiegare le ali;  Donovan era la parvenza di un essere umano , un involucro vuoto,  piacevole ma che non permetteva alle emozioni di attaccarlo. Sai perché non è disposto a perderti? Nessuno di loro lo è , nonostante quello che credi. 
Nessuno è  disposto  a perdere, a lasciare andare qualcosa che lo ha fatto stare bene, lo ha reso migliore  O semplicemente vivo.
Allora  si rinegozioniano  i termini; la trattativa può sembrare sfavorevole per una delle due parti,  ma se la si accetta- come ha fatto lui- è  perché si è consapevoli se ne trarrà enorme beneficio!  Ricordalo Ofelia prima di trattare.  Ricordalo sempre!》
Ascolto le sue parole, cerco di assorbirne l 'essenza.

Un infermiere ci accoglie all' ingresso,  serio; indossa un camice coordinato alle braghe, celesti, ai piedi calza delle ciabatte blu.
Attraverso un dedalo di corridoi raggiungiamo un 'ala vivacemente dipinta e diversa dal restante contesto.
Matthew sospira prima di entrare nella stanza; è  la prima volta che lo vedo nervoso, per me è insolito. Strizzo  gli occhi.
La stanzetta in penombra è sui toni del verde mela e sorrido. Il mio immaginario mi descriveva una asettica stanza bianca .

Una vecchina siede su una carrozzella, guarda persa fuori dalla finestra il rigore dell' inverno farsi pressante: bruciare, nella sferzante morsa del gelo, le punte dei rami degli alberi, inaridire i prati.
Un grammofono gracchia nell' ombra, arriccio il naso involontariamente.
La musica sa di vecchio,  di decadente,  al contrario della stanza che con i suoi toni accesi pare sfatare la sua  ospite; la mobilia, spartana ma essenziale, di un acceso arancione laccato, rende gradevole l 'insieme.
La signora, con i suoi riccioli turchesi sorride beata alla vetrata persa in un mondo suo, quasi fuori di lì,  vi fosse l' esplodere rigoglioso  della primavera.
Un sorriso e due occhi limpidi trapassano i vetri.
《 Ha l' alzheimer ! 》 mi sussurra Matthew .
Lei reclina il capo verso di noi.
《 Alaric?》
《 Sì  zia...Sono io!》
Guardo Matthew confusa, ma , ovviamente mi ignora, non prova a  darmi alcuna spiegazione; trattiene le mani in tasca, unico segno  di disagio.
Eppure è lui che ha insistito nel volermi portare.
《 Alaric , voglio del té, procuralo per cortesia, mentre mi intrattengo con tua figlia.
Le assomiglia tanto. Ha un aria così di famiglia ...》
Apro la bocca e resto così per un attimo prima che lo sguardo di Matthew mi imponga di ricompormi.
Non sono avvezza alla frequentazione di persona anziane.
Nonna Mi Sun, dal versante paterno, è  un arzilla vecchina che gestisce  una palestra di arti marziali, dove eccelle la preparazione di atleti per Il sum do. Non è  mai venuta in America e noi siamo state a farle visita solo in sporadiche  occasioni, davvero memorabili tra l 'altro.
Di mia nonna materna invece non so nulla, prese le distanze da mamma quando decise di sposare mio padre, abbandonare l 'università per dedicarsi alla carriera cinematografica.
Questa signora potrebbe essere lo stereotipo, confuso, della nonna perfetta.
Resto in piedi vagamente a disagio .
《 Ofelia?!》
Tende le mani davanti a sé; raggiungo l' area ove lei possa individuarmi e trattengo quelle fragili ossa segnate dall' incedere  impietoso del tempo.
Il suo viso, incartaperito e trasfigurato da una serenità ultraterrena,  suscita in me  un moto di grande rispetto;  un sentimento strano nasce verso questa ignara signora che benevola mi accoglie .
La sua voce rievoca  qualcosa; apre un cassetto della memoria ormai  chiuso ed io trovo la similitudine con l' anziana Rose, che nel celeberrimo film Titinic, racconta  la storia drammatica di un grande,  ed a parer mio, sopravvalutato amore. Vibrante nostalgica.

Piombo nuovamente  nella stanzetta e mi accomodo  su una sedia a dondolo di mirabile pregio.
《Ofelia, ricordi ?》
Non so cosa rispondere,  sposto nervosa lo sguardo alla porta ma Matthew non torna ed io non so cosa replicare a questa disarmante vecchina.
《 Ama Ofelia! Non aver paura dei tuoi sentimenti.》
Mi raddrizzo interdetta.
《 Come? 》 le chiedo con un  filo di voce.
《 Con tutto il tuo cuore , con l' ardore dei tuoi anni e l'audacia del tuo tempo.》

D'accordo,  Matthew mi ha detto sia malata e confusa , quanto dice suona intellegibile anche se un qualcosa di logico  c' è , sono solleticata, curiosa.
La sua mente si estranea,  volta nuovamente il capo alla vetrata.

《 Era l' estate del 1936; la guerra che l' Europa ci aveva obbligato a vivere aveva lasciato dolorosi strascichi su molte famiglie. Nelle città si veveva l' esaltazione industriale ma le campagne rimanevano terra inesplorata, arretrate per mezzi di sussistenza e mentalità.
Lavoravo a servizio presso la famiglia Archibald da ormai  quattro anni.
Mio padre,  al ritorno dai campi da guerra, non era che il pallido riflesso dell' uomo che mia madre aveva amato: incapace di provvedere a sé stesso, figuriamoci ad una famiglia numerosa come la nostra .
Isaac, mio fratello maggiore ,cercava di gestire i campi, ma questo  lavoro era al di sopra delle sue forze e capacità; man mano che le femmine di casa crescevano si allontanavano dalla ridente cittadina della contea per integrare i magri guadagni famigliari.
Fui fortunata, a trovare lavoro a poche miglia da casa: lavoravo sei giorni su sette e la domenica tornavo nella mia casetta  d' infanzia a riabbracciare i miei affetti e rievocare i tempi felici.
Quell' estate,  Isac  aveva promesso di accompagnarmi alla Fiera del fieno, ed io, dopo tanto tempo trascorso in sordina, non vedevo  l' ora di godere della sua compagina e vivere un evento di festa.
Isaac  era, non so bene ancora come ciò fosse possibile,  amico del primogenito  della famiglia presso la quale lavoravo.
In casa e nella mentalità della contee era ben delineato il concetto di classe sociale e nessuno osava frequentare persone di livello  inferiore o superiore al proprio.
A metà luglio, di un afosa estate in cui i raccolti soffrivano più del dovuto,  mi accompagnò  alla festa campestre: annuale evento cittadino dove la borghesia si mescolava idistintamente alle classi inferiori.
Avevo sedici anni  ed ero una  brava ragazza: seria e mite.
Isaac  mi condusse con sé  all' annuale festa campestre;  non vi erano grandi svaghi, ero lieta, però, del tempo dedicatomi  e tolto al lavoro nei campi.
Indossai per l 'occasione l' abito della festa  un vestitino  azzurro, di lino con ricamati dei ranuncoli; a quell' evento mi presentò  il giovane Archibal,  rampollo della famiglia  presso la quale  ero  a servizio.
Quattro anni in cui avevi vissuto come un  fantasma cercando di svolgere le mie mansioni e non rendermi inopportuna ai signorotti di casa.
Ribadisco,  non seppi mai come mio fratello conobbe  il signorino Archibal, e come mai quella sera si diedero appuntamento, ma in quel frangente la mia giovane vita cambiò.
Guardai in  quegli occhi ridenti  e persi il lume della ragione.
Lui passò  la serata a darmi il tormento,  trattarmi con alterigia ed indulgenza,  ed io ne fui infastidita e frustrata oltre misura.
Nonostante a metà serata ebbe la possibilità di raggiungere la sua  cerchia di amici, non lasciò  mai mio fratello e me, ci condusse , persino, a  casa con la sua auto.
Lo rividi la settima seguente.
Lavoravo alla villa da  tanto tempo ormai ma era la prima volta che sceglieva di trascorrervi  il suo.
Mi corteggió con audacia  e rispetto,
nonostante l 'evidente discrepanza sociale ; per mesi lo ignorai, finché una sera di fine agosto,  complice il caldo, mi ritrovai sotto i tralicci  del pergolato, in attesa che un refolo di vento allevviasse il mio corpo  dalla cappa di quell' anomala calura estiva.
Restai muta al suo arrivo.
Era bello, bello davvero!
Il desiderio di non disonorare la mia famiglia vacillava sotto le sue attente premure.
Avrebbe potuto avere chiunque.
Ed invece voleva me.
Quella sera mi si fece vicino e le sue braccia mi avvolsero timide, un casto  bacio sulla nuca, nulla più. Ma i tumulti del cuore colsero entrambi impreparati .》
Con la cosa dell' occhio vedo Matthew appoggiato allo stipite della porta.
Scuote la testa sconfortato.
《 Fra noi vibrava il fremito delle farfalle quel batter d' ali inconsueto, preludio del primo amore.
Non me lo ero immaginata, lo sentiva anche lui.
Non lo rividi fino all' estate successiva... I sentimenti, inespressi,  fra noi,  ripresero dal punto interrotto e da lì, non vi fu via di ritorno.
Mi ammaliava la sua bellezza, la sua classe innata e l "arroganza che aveva, dettata  perlopiù dal suo stato sociale, ma con me lui sembrava un timido studentello, quale era.
Nel frattempo in Europa gli echi di una possibile nuova guerra abitavano le masse. Lo sentivo irrequieto nervoso.
Accettai di amarlo e lasciarmi amare; a patto che la mia e la sua famiglia aspettassero ad averne la lieta novella. Non erano pronte .
Ci sposammo in una chiesetta alle pendici del Rivedale, quel giorno di maggio l' aria era incautamente frizzante .
Il mese successivo si  arruolò per l' Europa ed io vidi l 'amore della mia vita,  scappare dalle sue responsabilità, da me.
In alcune lettere mi scrisse che scappava dalla vita che la famiglia gli aveva cucito su misura e nella quale io non avrei mai fatto parte. Se avesse affrontato la guerra , affrontare i suoi e rivelare il nostro amore sarebbe stato una passeggiata.
Morí in Europa.
Senza sapere che io attendevo in grembo suo figlio.
Nei nostri cari incontri,  mi aveva messo in guardia verso il pregiudizio della sua altolocata famiglia. L 'unico reale affetto era sua nonna. Se mai avessi dovuto cercare protezione , indi confidava.
Ahimè la vita.
Andai da lei aprendole il cuore.
Credetti di essere compresa .
Mi accudì ed accolse come una figlia, fino alla nascita di Conrad.
Poi ... Fui buttata in strada, privata del mio certificato di nozze e dell' unico figlio che attestava il mio amore per Archie .
Lasciai la contea .
La mia famiglia mi ripudiò; all' epoca una donna sola era una macchia : un onta per tutti.
Partii. 
Qualche anno dopo ebbi la fortuna di incrociare sul mio cammino George. Gli parlai di Archie e di Conrad non mi giudicò,  mai.
Mi amò  di un amore tenero, tenue ed amicale .  Ed io lo amai. Ci sposammo ma dalla nostra unione non nacque alcun figlio.  Ecco perché quando mia sorella mi contattò parlandomi  di Alaric lo accolsi a braccia aperte.
Non ero degna di essere riaccolta fra le loro  braccia, ma potevo occuparmi di suo figlio.》
Ascolto rapita: l' anziana tiene le palpebre abbassate mentre parla, il viso proteso alla finestra.
Matthew ha servito a tutti  noi una tazza di te.
Lei trattiene la sua tra le mani e non ne ingolla un sorso.
Vedo tanto di Byron  e Jace in questa storia.
Dopo una breve pausa riprende.
《Alcuni anni dopo, seppi che la famiglia Archibald si candidava alle elezioni; ero curiosa , magari avrei potuto vedere mio figlio, quanto fosse cresciuto.
George mi accompagnò  in quel viaggio senza speranza, anche se lo avessi visto, come potevo presentarmi a lui? Non avevo nulla da dargli, la famiglia che lo aveva cresciuto in mia vece gli avrebbe consentito una vita di agi. Offrirgli grandi possibilità per il futuro.
Andammo a sentire il comizio elettorale; pensai che quel giorno freddo, si sarebbe rivelato l 'ultimo della mia vita.
Archie era lì ;  accanto una donna bellissima con un inequivocabile rotondità sul ventre. Un bimbetto di quasi 10 anni serrava la sua mano.
Mio figlio.
Nostro figlio. Ne ebbi la certezza solo guardandolo.
Non udii il discorso ma quanto vidi uccise una parte di me.
Archie scese tra la folla: per strette di mano e sorrisi con i futuri elettori.
Quando mi raggiunse, ebbe un attimo di incertezza. Mi identificò come la cameriera di casa, voleva addirittura presentarmi sua moglie e suo nipote, nato mentre lui era oltreoceano.
A seguito delle sue parole, e dopo aver visto mio figlio al suo fianco e rinnegato il nostro amore con banali e frivole frasi, morì  la restante parte di me.》
Muove lievemente  la testa persa nei ricordi.
《 Non avrei dovuto credere alle parole della sua famiglia, dovevo lottare per il mio amore e per nostro figlio, invece mi adagiai nel tiepido rapporto con George.
Archie ,come la sua stessa famiglia, mi esiliò dal suo cuore, ed io andai avanti. Dovetti.》
《 Qualche anno fa , un uomo venne a cercarmi nella mia isolata casa nella Virginia del Sud; ero vedova . George mi aveva lascita da tempo ormai. Questo giovane mi disse che sul letto di morte il padre gli aveva confessato  che ero la sua prima moglie e pur avendomi  amata follemente,  da vigliacco non aveva fatto nulla per cercarmi,  si era piegato ai voleri della sua famiglia, ai dettami sociali.
Questo giovane voleva conoscere sua madre.
Me.
Mi disse che non mi considerava tale.
I suoi genitori non avevano lottato per crescerlo  insieme, ero solo un estranea.  Un' estranea che non aveva lottato abbastanza per tenere quell' amore nella propria vita.
Se ne andò  come io feci con lui molti anni prima.》la sua voce vibrante si spegne.
Resto ammutolito.
Matthew scuote la testa.
《 ...e sono tornata dove tutto inizio,  in questa casa ottant' anni fa.》
Tace.
La storia suggestiva che ha appena raccontato,  mi accapona la pelle, fa piangere; sa di antico,  di doloroso  passato.

《 Zia Mae, non ho trovato la coperta che volevi per Natale, forse non mi ci sono impegnato molto.》
Matthew parla per stemperare l' atmosfera cupa che si è  creata.
《 Porta via il carrello, con le tazze.》
Agita la mano nella sua direzione.
Appena esce prendo la parola.
《 In realtà è  colpa mia. Lui l 'ha data a me, ma rimedierò.  Davvero!》
Esala un sospiro significativo.
《 Non la voglio. Potresti farmi un regalo, Ofelia?》
《 Certo.》
Allunga un mano sul tavolino che le sta a fianco e porge al vuoto un libro.
Lo afferro.
Ne accarezzo i bordo, la copertina. Il titolo non evoca nulla.
《 Metti in una bella cornice la foto del mio matrimonio.》
Apro con religioso rispetto il libro e nella prima pagine vedo l' immagine di due giovani, vicini, ridenti.
Sorrido ed annuisco, anche se so lei non può vederlo.
Matthew mi raggiunge.
Saluta sua zia e le promette a breve una vera visita con l 'agoniata coperta.
Non ci saluta,  il suo sguardo cieco è  tornato alla finestra , dalla quale ora  so capta ma non vede la bellezza.
Usciamo mesti.
Un labirinto davanti a noi; varie volte giriamo a vuoto.
Voglio spezzare questo imbarazzante silenzio.
《 La storia d' amore di tua zia è  stata davvero toccante. 》
Camminiamo uno a fianco dell' altra.
《 Era una storia. Esiste solo nella sua testa. Ha avuto solo zio George.》Mi confida lui.
Passiamo in un'ala molto vecchia di questa dimora: vari quadri  fanno mostra alle pareti.
Si intravede la scalinata che porta all' uscita.
Per un istante mi fermo attonita.
Porto un braccio a fermare l 'avanzata di Matthew.
《 Che hai?》mi chiede quasi infastidito.
《 Guarda!》
Indico un ritratto, il dipinto raffigura il precedente proprietario della residenza.
《E allora?》mi sollecita.
Apro il libro con dentro la foto.
È  lui , accanto a lei, in una versione molto giovane.
Guarda il tutto perplesso e poi prosegue.
Lo seguo muta.
Rientriamo a Beacon , tra noi non una parola.
Mi lascia alla villa, mentre apro la portiera per andarmene parla.
《 Ho ripreso a scrivere!》emette d'un fiato.
Sgrano gli occhi.
《 Quando?》chiedo .
《 La settimana seguente al tuo elaborato di ammissione al mio corso.》
Mi tende un pacchetto e con la mano mi scaccia.
Guardo l 'auto allontanarsi.
Strappo la carta che riveste l" oggetto.
Un libro. Accarezzo i caratteri in rilievo della prima pagina.
Un' opera di Alaric Sant' James. Lo giro ed un giovane Matthew Saltzam mi sorride stampato sul retro della copertina.
M'incammino verso casa Covenaugh.

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