È solo una questione di fiducia.

L'arrivo di Jace mi trova composta anche se non propria concentrata sulla questione "noi".
Ho fatto in tempo a lasciare il casco alla dependance e afferrare lo zainetto della Beacon sfilando davanti a un assonnato Stephen al bancone della cucina intento a fare colazione.

Stephen boffonchia risposte assurde a Jace: da quando è arrivato gli parla, ma Jace non ha ancora capito che la mattina il secondogenito dei Covenaugh ha i riflessi mentali e motori di un bradipo in letargo. Io ho rinunciato da un pezzo a stare dietro ai suoi presunti discorsi.
Emetto un lungo sospiro e strattono Jace all'ingresso.
Dobbiamo andare a scuola e parlare, e non in ques'tordine. Il rombo della moto di Byron riempie l'aria; trattengo la mano sulla porta in attesa che se ne vada conscia di non volerlo incrociare.
Ora voglio sapere, devo sapere quando Jace si è confrontato con Byron, ma sopratutto cosa si siano detti.
Mentre saliamo in auto per un attimo un'aura di imbarazzo ci coglie smarriti, io mi sento in colpa per la mia fuga di stamani e per la giornata di ieri, che avrebbe dovuto vedere solo Stephen indiscusso protagonista.
Guardo Jace in attesa.
I suoi occhi mi seguono timorosi mentre inserisce la chiave nel quadro di accensione.
Afferro il suo volto e ci concedo un bacio che gli ricordi cosa siamo noi insieme, semplicemente noi.
Sorride sulle mie labbra e mi attira a sé. Ridacchio perché le sue mani sulla mia vita cercano di farmi il solletico che non soffro.

《Puoi dirmi quando hai scoperto del legame tra Byron e Marissa...e perché me lo hai taciuto?》
Jace sapeva questo chiarimento sarebbe arrivato: ci siamo concessi un giorno intero per riflettere, persino per scegliere le parole.
Emette uno sbuffo rassegnato.
Il suo sguardo schiva il mio e si fissa sul parabrezza o oltre quello, quasi assente mentre guida.
《Rammenti la notte del ballo? Quella in cui scappasti troppo sconvolta per la presenza di Byron.》
Inutile negare, annuisco nervosa stringendo l'orlo della gonna fra le nocche, ma lui non guarda me, fissa l'ignoto.
《Trovai Byron fuori la dependance.
Tu eri scappata, Daniel e Connor erano estremamente preoccupati, come me. Gli altri li rassicurai dicendo loro che ti avrei visto a breve. Mentii per non farli preoccupare, ero fottutamente in ansia per te.
Ti avrei aspettato anche tutta notte.
Ma tu non arrivavi; fu Byron a presentarsi fuori dalla casetta in piscina.
Era sconvolto: gesticolava frenetico, per un attimo mi sorse il dubbio si fosse fatto di qualcosa. Mi chiese dove tu fosti e io in risposta alzai le spalle; non lo sapevo dannazione. Non avevo comunque nulla da dire a colui che aveva rubato il cuore alla ragazza dei miei sogni.
Mi disse che aveva sbagliato a tornare, si muoveva sul posto nervoso stringendo fra le mani un pezzo di stoffa che non riconobbi immediatamente, la tua mantella capii poi.
Mi disse che Marissa era sua sorella un guaio enorme, un casino assurdo, ma che lui voleva tu fossi felice. Mi pregò di starti accanto e di amarti se ne avessi avuto l'occasione perché lui sarebbe ripartito a breve per New York e mi promise non sarebbe più ricomparso.
Poi un guizzo di follia gli attraversò lo sguardo. Affermò che era scappato dalla festa lasciando Marissa a casa, aveva bisogno di schiarirsi le idee prima della partenza, non voleva vederti però, era quindi andato al Faro.
Lì però aveva trovato la tua mantella, si ricordò di come una sera ti avesse raccontato la storia "degli amanti suicidi".
Passò alle minacce: qualora ti fosse accaduto qualcosa la colpa sarebbe stata mia... esclusivamente mia perché ti aveva lasciata e io non ero stato in grado di apprezzarne il gesto, di prendermi davvero cura di te.
Ecco quanto: poi tu arrivasti e ci dividesti. Dalle parole alle mani è  stato un attimo e non so bene neanche io perché.
Ora sai la verità.》
Torna a puntare il suo sguardo cristallino su di me e io abbasso il capo per nascondere quelle maledette lacrime che questo racconto hanno richiamato al mio volto.
Sfrego le guance nervosa, non riesco a crederci.
《Pe-per-perché non me ne hai parlato prima?》balbetto.
《Avrebbe cambiato le cose?》
《No... sì... forse, d'accordo non lo so.》 Affermo caustica.
Jace rallenta e imbocca il viale del parcheggio.
Vorrei essere ovunque fuorché qui;
la testa esplode per le mille domande cui io, lui, noi non possiamo dare risposta. Non certo ora.
《Perdonami. Non posso credere che mi senta così minacciato da lui quando tu hai scelto me.》
Afferma.
E io mi sento uno schifo.
Per ieri ...il tempo trascorso placida sui campi da golf quasi chiarendomi amichevolmente con Byron.
E stamani...altri attimi rubati alla nostra storia.
Devo dirgli tutto e sperare nel suo perdono, nel suo amore, nel suo credere ci sia un noi nonostante questo. Stasera gliene parlerò, ora il tempo stringe.

Byron non gli ha mai detto che voleva me. Gli ha detto che dovendo andarsene voleva fossi al sicuro, stessi bene; questo sì, ma con Jace, lontano da lui.
Aveva il terrore avessi commesso un gesto sconclusionato e che potesse essergli attribuito.
Lui comunque sarebbe sparito...Di nuovo!

E allora perché diamine è tornato?
Marcisse all'inferno.

Mi ricompongo sentendo la mano di Jace cercare esitante la mia.
Lui solo ha sempre voluto me.
Scelto me.

Al castagno inondato da fulgidi raggi di sole troviamo il gruppo ridente.
Afferro la mano di Jace e sfodero un enorme sorriso mentre li raggiungiamo.

A cavallo tra la terza e la quarta ora, che per me si sono rilevate inconcludenti, incrocio Clarissa nervosa agli armadietti.
《Che hai?》 le chiedo al volo.
《Astinenza.》 Sentenzia burbera.
La mia faccia si tinge di imbarazzo quando afferro il senso implicito.

Potrei imparare a tacere ogni tanto.

Sbatte con forza l'antina dell'armadietto.
《Capannone?》 Le chiedo mentre mi supera rapida.
Si gira e annuisce, i pollici, confermano le parole, puntando verso l'alto.
《Potrebbe essere il giorno buono che ti affronti piccola Davenport. Stai in guardia!》 mi dice percorrendo a ritroso il corridoio.
Rido per la minaccia velata.
E sono in ritardo.

Mentre stringo un paio di libri al petto sento qualcuno soffiarmi nei capelli, o meglio sulla nuca lasciata scoperta da una coda alta approntata alla seconda ora con una matita.
Mi giro convinta di trovarmi dietro Jace o Connor ma mi paralizzo nel vedermi davanti Gabriel: mani in tasca, atteggiamento fiero nel bel mezzo del corridoio del primo piano della Beacon.
《Ma-Ma-Ma sei impazzito!》gracchio.
Prima che possa replicare gli scaravento i libri al petto tolgo la giacchetta con cui copro la sua testa e lo trascino verso uno sgabuzzino implorando mentalmente che nessuno l'abbia ancora visto, ma sopratutto che non sia scappato da scuola per cacciarsi nei guai.
Lo spingo nello sgabuzzino di scope e detersivi, dove ho prontamente acceso l'interruttore della luce prima di entrarvi.
Uno spazio angusto e per nulla simpatico ma ora necessario più che mai.
Gli tiro uno schiaffo sulla nuca mentre si leva la mia giacca dal volto, atta a celarne l'identità.
《Ti da di volta il cervello?》 Esclama stordito.
《Che cavolo ci fai qui?》
Ride mentre io gli punto un dito in pieno petto.
Lo guardo un attimo perplessa.
《E quando cavolo sei cresciuto così tanto?》 Chiedo allibita.
Mi supera di una testa!
《Hei ciao anche a te comunque!》
《Eh... fa pure il simpatico lui.》lo interrompo seria.
《Sono qui con la scuola a visitare il vostro istituto in previsione del prossimo anno scema.》
Sgrano gli occhi.
《E non potevi dirlo subito.》 Tiro un sospiro di sollievo.
La luce si spegne all'improvviso e io afferro a pugno la camicia di Gabriel nervosa.
Ci giriamo entrambi verso la porta.
Un pugno si abbatte contro l'uscio.
Faccio un salto indietro e sento il braccio di Gabriel stringermi la vita, protettivo.

《Credevo davvero scegliessi noi!
Invece lui è tornato e tu scegli lui.
Sceglierai sempre lui.
Non è vero? Non sei mai stata mia.》
La voce di Jace supera l'ostacolo della porta e per un istante mi rasserena.
Ma un altro colpo, presumibilmente un pugno si abbatte con ancora più forza contro la porta raggelandomi sul posto.
Devo chiarire subito questo sciocco malinteso.
Sto per parlare quando la mano di Gabriel si posa sulla mia bocca, intimandomi di tacere.
Sento la chiave nella toppa girare ed un altro pugno scagliarsi crudele.
《Giustifica questo ora ai tuoi amici se ne sei capace.》
Inizio a tremare.
Odio gli spazi chiusi e angusti.
Gabriel ascolta i passi di Jace allontanarsi e poi mi serra in un abbraccio.
《È già successo?》Mi chiede lui non lasciandomi.
《Che cosa?》 Chiedo intontita.
《Che fosse violento.
Rispondimi! È già successo?》
《Lui non...》
Per un brevissimo istante taccio e ricordo la notte di capodanno quando un suo pugno si era abbattuto a pochi millimetri dal mio volto per la messinscena per Andrew.
《Nooo.》 Esalo in un soffio contro il suo petto.
《Non mentire, Kallie.》
《Se non ci fosse stata questa porta lui...》
《No Gabry, no!》
《E se tu fossi stata con chi lui credeva, anziché con me?》 Mi interroga tranquillo.
Chiudo gli occhi e tremo.
《Non so. Non tradisco Jace.》
《Mai detto questo Kallie;
ma anche se una ragazza tradisse il suo lui...se ecco lei...》
《Io non...》
《...non meriterebbe comunque che un ragazzo la colpisse!》finisce di spiegarmi lui.
Gabriel mi serra al petto e inizio a piangere davvero.
《Non l'ho tradito.》
《Lo so. Non lo faresti mai, a costo di essere infelice. Non è nella tua natura.》
《Io... 》cerco di replicare tirando su col naso.
《Shhhh.
Stai calma.》
《Non posso.》
《Hei lui...》
《No Gabriel. Non lui. Noi. Qui ora.
Io-io ho paura degli spazi chiusi.》
dico tremando come una foglia tra le sue braccia mentre ci accasciamo al suolo.
《Pensa ad altro!》suggerisce.
《Distraimi.》supplico.
《Ehm...
...
Aisha...Mi piace.》
《Lo so Gabry...》sbuffo per questa rivelazione scontata.
Un lieve velo di sudore mi imperla la fronte, sto per cedere a un attacco di panico in piena regola.
《Chiamiamo qualcuno dei tuoi amici per liberarci!?》propone Gabriel.
Respiro velocemente mentre rifletto.

Già ma chi?
Charlie e Cloe sono a educazione fisica; Molly non si porta mai il cellulare appresso e a Clarissa l'ha sequestrato quella della prima ora perché si messaggiava con Anne Lee.

Connor.
Dio Connor .

A Connor ( 11.43)
Sono chiusa nello sgabuzzino dei detersivi a piano terra, quello vicino l'aula di arte puoi venire a liberarmi?

《Fatto. Speriamo ora lo legga. Gabriel parla perché sto per cedere al panico.》

《Mmm...》
Gabriel mi scosta una ciocca dal viso, siamo seduti a terra in un polveroso ripostiglio avvinghiati, io impaurita.
Inizia a parlare, la sua voce cristallina e ridente mi racconta qualche buffo aneddoto scolastico.

Da Connor (11:48)
Che diavolo ci fai chiusa in uno sgabuzzino e perché non chiedi a Jace? Devo essere interrogato. Oddio non mi dire che sei con lui?! 😍😍😍

Il bip di risposta ci rasserena ma leggendo viene voglia anche a me di tirare un pugno a qualcosa.
Lo mostro a Gabriel che se la ride di gusto.

A Connor (11:50)
Mi ci ha chiuso lui. Poi ti spiego ma ora vieni a liberarmi. Soffro di claustrofobia. Ti prego.
Non passa un minuto che la risposta sopraggiunge.

Da Connor (11:50)
Arrivo.

Gabriel e io ci alziamo da terra nell'ottica di uscire a breve, mi sto calmando anche se dentro di me prego vivamente Connor metta le ali ai piedi.

Da Connor (11:54)
Aspetta che il corridoio sia libero.

Sentiamo la chiave girare nella toppa e vorrei fiondarmi fuori ma Gabriel mi trattiene mostrandomi il messaggio, che in sintesi rinvia al successivo.

Da Connor (11:56)
Ora.

Usciamo nel corridoio e come preannunciato non c'è anima viva. Tengo la mano di Gabriel stretta alla mia, nonostante il nulla ci circondi mi trovo a sussurrare.
《Dovresti raggiungere i tuoi compagni. Spero non passi dei guai.》
Mi guarda serio.
《Io spero invece tu abbia capito con chi hai avuto a che fare fin'ora!》mi dice lui serio.
Posa una mano sulla porta dell'angusto luogo che ci ha visto segregati per meno di un'ora, che a me è parsa decisamente molto di più.
Vedo delle macchie di sangue, fisso scioccata il battente.
Gabriel a sua volta guarda la porta poi inchioda il suo sguardo nel mio.
《Non permettere mai a nessuno di farti vacillare, di minacciarti, di non farti sentire abbastanza. E ricorda: un rapporto si basa sulla fiducia non sulle minacce. La fiducia è alla base di tutto.》
Annuisco voltandogli la schiena perché sebbene tra noi non sia stato detto, né chiarito tutto, il gesto di Jace ha davvero dimostrato tanto.
Raggiungo il bagno dove mi ricompongo, certa di aver perso un'ora di lezione ma aver avuto una lezione di vita in meno di un'ora.

La campanella suona. Lascio il suo trillio svuotare le aule e freno la mia voglia di raggiungere la mensa per definire questa cosa che mi arde e divora.
Quando faccio il mio ingresso con il sacchetto del pasto ben serrato nella mano raggiungo l'enorme tavolata dei miei amici.
E sono tutti lì.
Solo la mia sedia è vuota.
Clarissa mi guarda perplessa ma poi torna a mangiare la sua insalata e stuzzicare Molly, persa nella lettura.
Jace non ha nemmeno sollevato lo sguardo dal suo vassoio.
Mi fermo di fronte a lui, fremente di rabbia.
《Tu...》sibilo, il petto si alza e si abbassa velocemente, mi impongo di dominare la furia che mi domina in questo preciso istante.
Mi ignora e la cosa mi manda in bestia; con una mano gli rovescio il vassoio addosso, furente.
Scatta in piedi i pugni serrati e le nocche bianche, vedo il sangue rappresso.
《Vuoi davvero chiarirti qui, ora?》chiede gli occhi ridotti a due fessure.
Al tavolo sono tutti confusi: saltano in piedi anche Connor e Byron, dopo una frazione di secondo Stephen li imita.
《Che succede Kallie?》 Chiede Stephen premuroso.
《Già... che succede Kallie?》 gli fa il verso Jace.
《Succede che sei uno stronzo patentato.
Mi hai chiuso in uno stramaledetto sgabuzzino con una persona perché non ti fidi di me e non credi io possa amarti come ti abbia detto e dimistrato in più occasioni.
Succede che avendo scorto Gabriel a scuola e temendo si fosse cacciato nei guai l'ho sottratto da sguardi indiscreti.
Ma tu dovevi pensare il peggio di me vero?
Non ti è mai bastato il mio amore. Non ci hai mai creduto davvero?!》grido.
Jace dapprima arrogante e irabondo mi guarda, poi sposta lo sguardo e vede a pochi tavoli dal nostro Gabriel che lo saluta.
Molly si tiene le mani premute sul volto scioccata.
《Sai quanto tengo a quello stupido ragazzino, non ti avrei mai tradito. Ora, con questo hai messo in chiaro le cose tra noi: non esiste più nessun noi.
Addio Jace!》sputo amaramente.
La consapevolezza lo trafigge fulminea, impotente resta spiazzato sul posto, vedo le sue certezze crollare al suolo e la verità abbattersi su di lui annientandolo.
Mi giro ignorando i mormorii, raggiungo Gabriel e alcuni suoi amici per proseguire il pasto, anche se non ho fame, vorrei solo andarmene ma dimostrerei a Jace e a tutti i presenti che hanno assistito al litigio che questa cosa fa male anche a me. La mano di Gabriel serra la mia sotto il tavolo, impedendomi di scappare da questa sala.

Una soddisfazione simile non gliela concedo.

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