Casa Covenaugh (Kallie)

《Callie Davenport!?》

Nonostante il mio nome venga pronunciato in maniera scorretta,
mi volto verso quella voce, davanti a me c'è un uomo di mezza età: bella presenza, alto, elegante, un timbro morbido, un sorriso cordiale.

La stanza nella quale sono stata condotta dovrebbe essere uno studio o una biblioteca privata, circolare, arredata con pannelli in mogano.
Mr Covenaugh è seduto presso un'enorme scrivania meticolosamente ordinata: al mio arrivo si è alzato e mi ha teso la mano.
Persa nei miei pensieri non ho reagito, allora lui mi ha chiamata.
Sto ancora cercando di mettere a fuoco il contesto ed il personaggio appena incontrato quando, alle mie spalle, sopraggiunge una voce bassa, roca, vagamente ostile.
《Allora è lei!》

Girandomi lentamente scorgo un ragazzo: sta pigramente appoggiato ad una delle maestose librerie, i pollici nei passanti dei jeans; la sua posa indolente mi fa capire che non sono propriamente la benvenuta, mi squadra da capo a piedi ed è allora che mi presento.

Mezza piroetta su me stessa e torno a guardare il padrone di casa, sfodero un sorriso timido e gli tendo la mano.
《Kallie, signore! È un piacere fare la sua conoscenza.》La mia voce esce aggraziata, modulata; mi guarda ed abbozzo un timido sorriso.
《Piccola, il piacere è nostro. Tua madre è una cara amica: sarà un piacere averti fra noi quest'anno.
Lui è mio figlio Byron!》
Il ragazzo non accenna un passo, mantiene una posa rigida.
Serro le labbra in un sorriso tirato, cercando di non dare a vedere quanto io sia sopraffatta.
《Presto conoscerai anche Stephen, l' altro mio figlio.》
Mr Covenaugh si passa stancamente una mano fra i capelli, sembra vagamente a disagio, in effetti, per lui  tre adolescenti da gestire non sarà certo una passeggiata.

《Moussad ti accompagnerà a fare un giro della casa e poi potrai sistemarti; sarai stanca, il jet lag, tante novità, ma ti garantisco: ti troverai bene con noi! 》mentre pronuncia le ultime parole il suo sguardo corre impercettibilmente al ragazzo alle mie spalle, forse un monito.

Un uomo sulla quarantina si avvicina, abbastanza anonimo, non mi guarda, l'atteggiamento di deferenza tipico di un servitore mi rasserena subito.
È scrupoloso Moussad: mi mostra l' intera proprietà mentre il sole sta calando.
Sono affascinata dalla casa: un'enorme villa in stile vittoriano, piscina privata, dependance, due piani con ben cinque camere da letto.
Ho sempre vissuto in appartamenti o in alberghi, estremamente lussuosi, ma questa è una casa, una casa vera e mi fa un certo effetto.
Moussad non mi parla, o meglio, non parla con me: come un esperto venditore mi elenca le qualità di questa splendida dimora.
Il giro si è praticamente concluso e ci ritroviamo in una cucina abitabile molto accogliente.
《Adesso l'accompagnerò nelle sue stanze signorina Davenport!》mentre parla, mi porge delle fragole succose appena lavate: sono invitanti e ne addento subito una, seduta al bancone immacolato; la testa pregna di pensieri vaghi.

《Sono tornato!》
Alle mie spalle sbatte una porta, un uragano si precipita in cucina.
Colgo un cipiglio divertito in Moussad che si ricompone velocemente.
《Ho massacrato quella mezza cartuccia di Dawn. Sapessi quanta polvere ha ingoiato quel finocchio!》
Il ragazzo urla, praticamente con la testa nel frigo; è talmente buffo che non riesco a non scoppiare a ridere.
La mia risata ed il silenzio di Moussad lo hanno fatto emergere: addenta un panino e mi guarda con un sorriso sghembo, per poco non gli va di traverso .
La scena diventa comica: io appollaiata su uno sgabello lo guardo divertita, mentre lui a momenti si strozza con un panino al tacchino. Moussad batte energicamente la schiena del ragazzo: pezzetti di pane e pollo si spargono sul candido pavimento della cucina .

《Signorino Stephen, Miss Davenport!》
Scendo con grazia dallo sgabello, appoggio le ballerine al pavimento e abbozzo un inchino: le mie origini orientali me lo impongono.
《Hei! Beh, ciao!》Stephen sembra imbarazzato.
Guardo allora Moussad, chiedendogli se posso sistemarmi: inizio a risentire davvero del jet lag.
Prendiamo una scala a chiocciola che non avevo visto in precedenza.
Saluto con la mano: il ragazzo mi fissa come fossi una strana creatura.

Dopo aver salito svariati gradini, arriviamo in cima ad una torretta annessa alla proprietà con una vista mozzafiato sull'oceano, un grazioso letto a baldacchino si trova nel centro della camera, stona con il resto della mobilia ma trovo l'ambiente circostante gradevole, luminoso e pittoresco.
《Non posso stare qui!》
《Signorina non è di suo gradimento?》

Ho parlato a voce alta... No, no, no! Che vergogna!

《Mi scusi, io...》farfuglio.
Si sente un gran trambusto da basso ed involontariamente ripercorro a ritroso la strada, guidata dalle voci che si fanno sempre più alte e chiare man a mano che ci avviciniamo, anche Moussad ha deciso di seguirmi.

《QUELLA, LÀ NON CI DEVE STARE!》 Byron sta abbaiando contro suo padre e sembra sul punto di esplodere.
Una vena pulsa, ad intermittenza, alla base del collo che ha preso dei toni purpurei inquietanti.
La scena alla quale assisto ha un che di grottesco: i due ragazzi sono vicini, si sfiorano le spalle e guardano furenti il padre, pronti a fare a botte?!

O mio dio!

Moussad mi supera e si porta al centro della stanza.
《Mr Covenaugh, signorini, temo abbiamo un piccolo problema!》
Tutti mi stanno guardando e la cosa mi mette a disagio.

Maledizione; non l'ho chiesto io di venire a vivere in questa casa.

È calato il silenzio, sembriamo tutti inchiodati al suolo.
Moussad riprende la parola:《Vede signore, temo non abbiamo preso in considerazione...Ecco i gusti della signorina Davenport.》

Ma come? Cosa? Io non ho detto nulla, anzi, mi sono sperticata in elogi nei confronti di questo mausoleo.

《Credo la signorina non possa trovarsi a suo agio nel vecchio studio di madame, temo soffra di vertigini.》
Mentre parla mi viene incontro ed io vorrei sprofondare: non voglio fare la figura dell'ingrata.
Moussad sorride e mi strizza l'occhio.
Il gruppetto alle sue spalle si rilassa visibilmente.
Il simpaticissimo Byron butta indietro le spalle e abbandona il suo atteggiamento minaccioso per mostrare, ora, solo scherno.
《Oh, alla principessa il vecchio studio della mamma non va bene!》
《BYRON!》la voce di Mr Covenaugh è un sibilo sferzante.
Il ragazzo incrocia le braccia al petto e pare mi sfidi a negare.

Non so cosa dire, ovviamente non soffro di vertigini e la torretta pur essendo deliziosa, non mi sembra il posto ideale, ma che cavolo mi invento?

《Ok. Beh, a pianterreno non ci sono camere da letto, ma potrebbe sistemarsi nella dependance.》 propone Stephen grattandosi la base della nuca.
《Era esattamente quello a cui stavo pensando, signorino.》
A me nessuno chiede niente; vedo Mr Covenaugh perplesso, forse ci sta pensando.
Porto le mani dietro la schiena ed incrocio le dita, lo so è un gesto infantile e scaramantico, abbasso timidamente il capo, sarebbe perfetto, ma temo che se dimostrassi troppo entusiasmo, il "simpaticone" troverebbe ancora qualcosa a riguardo.

《Col cavolo!》 sbotta Byron.

Ecco appunto!!!

《Credo, invece, sia un'ottima soluzione.》 ne conviene Mr Covenaugh.
《Ma quello è il posto dove mi rintano con gli amici!》Byron ora suona petulante.
《Figliolo, scegli: o lì o lo studio di tua madre!》
Byron serra i pugni, è visibilmente infastidito ma annuisce ed esce di scena senza guardare più nessuno.
《Io non volevo creare problemi...》me ne esco con un filo di voce.
Moussad scuote la testa, Mr Covenaugh non sa come scusarsi per l' atteggiamento sgarbato del figlio maggiore.
Stephen, invece, mi ignora, seduto al bancone, a mangiarsi le mie fragole?!

《Can che abbaia non morde, piccola!》sussurra Stephen mentre gli passo accanto.

Fingo di non avere sentito, fingo che tutto mi vada alla perfezione, in realtà sono confusa e pure dannatamente scocciata, sarà pure casa loro ma non l'ho chiesto io di essere catapultata qui.

Sono già le 23.00: Moussad mi ha portato un piatto freddo col monito di mangiare e non farmi scuotere dagli eventi della serata. È solo il primo giorno, andrà sicuramente meglio quando ci conosceremo e prenderemo confidenza.

Ma io non è quello che voglio, rivoglio la mia vita, mi manca la mamma e le mie amiche.

Mi sono installata nella dependance: è un luogo carino, senza troppi fronzoli, la carta da parati alle pareti è sui toni del beige e del bianco; c'è anche un bagno enorme ed un mini cucinino. Il letto si trova in una camera forse un po' spersonalizzata per i miei gusti, ma non è volgare.
Il bagaglio che Moussad ha portato si trova all'ingresso: quattro enormi bauli, due valigie e un paio di sacche.
Cercare il laptop per fare una videochiamata alla mamma si rivela un'impresa inutile, come sempre.
Sospiro e nervosamente guadagno il bagno; la vasca che ho preparato è immensa, mi serve calmare i nervi e fare il quadro della situazione.
Mi immergo e metto le cuffiette dell' ipod, ascolto Aretha Franklin, la compilation l'ha preparata Sunny. Sorrido mentalmente pensando alla mia migliore amica.
《Merda... SUNNY!》
Balzo fuori dalla vasca e caccio un' imprecazione degna di un carcerato o uno scaricatore di porto professionista.
Non ho preso né l'accappatoio, né le ciabatte, arranco fino alla minuscola salvietta appoggiata vicino al grande lavabo e mi ci arrotolo dentro.

Faccio un nodo ai capelli, trattenendoli alla sommità del capo con un fermaglio rosa e sgocciolo verso la camera.

Sento le mie urla e non riesco a smettere.

Una mano calda si abbatte sulla mia bocca cercando di impedirmi di gridare.
《Smettila, ti prego!!!》
Sto tirando calci alla cieca e devo essere andata a segno: ai miei piedi, ripiegato su se stesso, giace Stephen.
《No. E che cavolo!!!》
Non mi interrogo a riguardo, sono in parte scioccata.
Stephen balza in piedi agile e mi blocca le braccia dietro al busto, ora la lotta è tra i nostri sguardi e credo di essere io quella più arrabbiata.
Seppur lasciandomi, mi intima di tacere.

《Sei piuttosto forte per essere così piccola!》ride e mostra due fossette intriganti .
《NON SONO PICCOLA!》 Batto il piede a terra come farebbe una bambina e realizzo di essere mezza nuda davanti allo "Strambo."
《Scusa, ma non si bussa, di solito?》 Mi ricompongo alla velocità della luce, prendendo un trapuntino dimenticato sul comò ed avvolgendomelo intorno al corpo.
Scorgo sul viso del mio interlocutore un luccichio malizioso e un sorriso contagioso.

Ok! Forse, non è uno stronzo arrogante come il fratello ma che ci fa qui?!

《Scusami, davvero, io non pensavo, volevo solo chiarire che beh...Buona notte, ci vediamo domani!》

SCAPPA!
Nel senso che potrebbe usare la porta che da sul giardino interno verso l' abitazione e invece spalanca una finestra e salta fuori.
D'accordo; qui sono tutti matti!

Faccio il giro della casetta e blocco porte e finestre.

°°°

Mi sveglio piuttosto riposata ma confusa, strizzo gli occhi per abituarli alla penombra della stanza. Sono sola ad affrontare questa nuova esperienza, la voce della mamma mi darebbe conforto, ma non la sento da tanto tempo. Troppo.

Cosa non darei per un caffè e un muffin al cioccolato.

Scorro velocemente il contenuto dei pensili del cucinino: nulla di veramente commestibile e per andare nella casa padronale è sicuramente troppo presto.
Dopo essermi lavata il viso e i denti, cerco le scarpette da running, fortunatamente le trovo rapidamente, appronto una coda alta e vado a correre.

Correre è la mia medicina, esaurire le forze e portarmi allo stremo mi impedisce di pensare.

È talmente presto che nessuno farà caso a me, quindi esco dalle porte antistanti la piscina, l'aggiro e mi ritrovo sul sentiero che conduce alla spiaggia di Beacon Beach. Ho messo un bracciale con cardio frequenza e musica annessa, mi rilasso e pompo.

Scelgo lo stesso look del giorno prima, ragazza simil bon ton, afferro: una gonna a palloncino blue navy, una canotta crema e metto il mio sempiterno pendente, nulla di che, un laccetto di raso con un cammeo, ballerine avorio e due treccine; ho il viso acqua e sapone della brava ragazza.
Sto ancora decidendo se avvicinarmi alla villa quando sento un discreto bussare, Moussad mi attende all'esterno: dopo avermi augurato una serena giornata ed elencato gli impegni del suo datore di lavoro, mi invita a colazione.

Nell'enorme cucina Mr Covenaugh mi accoglie con un sorriso radioso, distogliendo per una frazione di secondi gli occhi dal quotidiano che sta leggendo; abbarbicata sullo sgabello ammiro il bancone coperto da ogni ben di dio.
Apprezzo il fatto che Mr Covenaugh non si senta obbligato a fare conversazione; mi passa una serie di quotidiani e scelgo il Post.
Sto sorseggiando la mia seconda tazza di caffè quando arrivano, a poca distanza l'uno dall'altra i fratelli.
Li guardo dal bordo della tazza scendere le scale, arriva prima Stephen: indossa dei pantaloni della tuta oversize grigi calati sulle anche ed una canotta stretta bianca che ne delinea i pettorali, i capelli sono parecchio disordinati, il ciuffo castano chiaro gli scivola di continuo sulla guancia e lui ripetutamente lo sposta.
Quando si accorge di me, appaiono due fossette, sento i suoi occhi cercare un contatto visivo ma mi fingo estremamente impegnata ad esaminare il contenuto sul fondo della mia tazza.
Quando ormai lo sento armeggiare alle mie spalle con una confezione di cereali avverto un vago disagio.
Guardo verso le scale ed ecco Byron; è indubbiamente un bel ragazzo, come suo fratello d'altronde, ma il viso altamente espressivo, sembra votato al cruccio da quando mi conosce e non gli ho ancora rivolto la parola.
Byron è poco più alto di suo fratello: moro, profondi occhi verdi, mascella squadrata, lui indossa... Direi praticamente niente: un paio di boxer.
Sebbene vorrei ridere per il siparietto che andrà a crearsi a breve, abbasso il viso in modo che nessuno veda la mia espressione .
Mr Covenaugh sospira, temo in parte rassegnato, in parte non saprei dire.
《Byron, non hai dei pantaloni?
C'è in casa una signorina ora, sarebbe il caso di comportarsi in maniera adeguata》 la voce di Mr Covenaugh è fiacca, pare non avere molto mordente sui ragazzi.
Byron grugnisce e mi guarda, nient' affatto a disagio, si sistema sordo alla richiesta del padre di fronte a me; allunga una mano per prendere il bricco del caffè nello stesso momento in cui lo faccio io: le nostre mani si sovrappongono e lui non toglie la sua.

Sussulto per l'ombra che mi si avvicina, di spalle.
Moussad depone due eleganti cartelline rilegate davanti la sottoscritta, mollo la presa dal bricco del caffè e sposto la mia attenzione al contenuto: una rossa e l'altra marrone cuoio.
Byron prosegue falsamente indifferente la sua colazione, noto con disappunto non perda una mia mossa.
Apro la cartelletta rossa e scorro velocemente il planning lavorativo e personale dei vari impegni di Mr Covenaugh: cena alle diciannove con la famiglia, rimango perplessa a riguardo perché ho notato Moussad deporre davanti la postazione dei ragazzi la stessa cartellina, ipotizzo con il medesimo contenuto.

...ma che problemi hanno?!

Questa famiglia è davvero strana.
Apro dopo averne accarezzato i bordi quella marrone e scopro, non con poco sgomento, che fra ventiquattro ore, riprenderó il mio corso di studi presso la Beacon High School.
《Ho già provveduto a farle avere la divisa.》mi dice Moussad.
Lo guardo e benché abbia un trilione di domande da fare, resto zitta.
Annuisco grata.

Non sono pronta.
Ma lo sarò.
Per forza.

Moussad mi porge un foglio dattiloscritto, sopra scorro indirizzi utili del luogo: farmacia, biblioteca, centro commerciale, centro benessere, scuola e tanto altro.

《Si goda quest'ultima giornata di vacanza per prendere confidenza con la sua nuova residenza; da domani comincia la scuola.
Generalmente i ragazzi vanno all 'istituto con Byron, non credo ci siano problemi al fatto Lei si aggreghi!?》
Ennesima bomba buttata lì e non capisco se a mio beneficio, o
all'indirizzo di Byron che alza la testa dalla scodella dei cereali, la allontana malamente e infilando una fetta di pane tra i denti, se ne va non prima di avere espresso il suo disappunto a riguardo.
《Se proprio devo!》

Byron lascia la cucina; inizio a credere se la sia presa sul personale, ma sono qui da talmente poco che non riesco a capire cosa io possa avere fatto per inimicarmelo a tal punto.
Mr Covenaugh si è eclissato.

《Non sei tu!》
Stephen sospira e mi guarda.
《Era quello che volevo spiegarti ieri sera. Tu non c'entri: il fatto è che Byron non tollera ti sia stato destinato come alloggio lo studio dove sua madre dipingeva.
Lei...Se n'è andata da un po' di tempo; lui continua a sperare lei ritorni.》
《Oh!》 non so che altro dire, questo non spiega il suo palese astio ma me lo faccio andare bene.

In realtà questo non spiega nulla!

《Ok. Io vado!》 annuncio, per niente convinta.
Stephen sfodera un enorme sorriso, afferra il mio polso mentre salto a terra per guadagnare il più velocemente possibile la dependance, bloccandomi.
《Non siamo tutti degli orsi. Dacci una possibilità, ho sempre voluto una sorellina e quando ho saputo del tuo arrivo ho pensato: evvai!!!》
Rido; anche se non sia nello stato d' animo migliore.
《Guarda che abbiamo la stessa età!》 tengo a precisare.
《Davvero?》 ribatte lui sgomento.
Lo guardo male perché noto che ne è genuinamente sorpreso.
《Nostro padre non ci ha detto molto di te, in realtà praticamente nulla, solo che saresti arrivata e che ti fermerai per un anno circa.》
Sorrido finalmente serena e gli prendo le mani fra le mie con infantile entusiasmo.
《Piacere, io sono Kallie!》 dico, lo sguardo carico di aspettative inespresse .
《Stephen! Onorato, coetanea eh!?》Mi guarda trattenendo il riso.
Scoppio a ridere e lui si aggrega.
《Quindi!? Io andrei a disfare il bagaglio; ieri sera non ho fatto molto.》 Mi giustifico.
《Lascia perdere, hai un sacco di tempo!》
《Passa la giornata con me, ti farò da cicerone e conoscerai in quattro e quattr'otto Beacon Valley.
Devo vedere degli amici alla pista da skate più tardi, per te sarebbe un modo per socializzare; vedrai non ti mangio.》
《SIGNORSÌ!》 Accenno un saluto militare.

Stephen preleva il contenuto dalla mia borsetta e me lo agita davanti.
《Ti vibra il cellulare.》Si impossessa dell'apparecchio e a nulla vale la mia occhiata in cagnesco; lo tiene sopra la testa sfidandomi a sfilarglielo.
《Michael!》 Legge il nome sul display.
La nostra finta lotta si ferma e mi paralizzo, Stephen deve avere colto qualcosa in me perché smette di opporsi e posa il telefonino sul marmo del bancone, avvicinandomelo.
In realtà ha smesso di vibrare, ho perso la chiamata ma non riesco a smettere di fissare il display.
Sospiro.
《Il tuo fidanzato?》Mi chiede.
Scuoto impercettibilmente la testa, penso brevemente a Michael .
《Compagno di scuola? Potenziale pretendente? Stalker?》Chiede, il tono pressante ma ilare.
Serro la mascella involontariamente.
《Stalker? Oh no...Ecco, lui è...
É complicato!》dico caustica.

Non è un argomento che voglio affrontare ora e non so se mai lo vorrò.

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Sto pubblicando Around 2
La storia da un altro punto di vista. Chi fosse interessato faccia un salto.
Grazie.

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