Capitolo 4

L’aria di Sester si era fatta improvvisamente più gelida, segno che la stagione fredda era di nuovo alle porte nell’emisfero della città: ogni anno si ripetevano le stesse scene, le stesse temperature che attanagliavano tutto il pianeta.

Stretto nel cappotto logoro, Kaeler si avvicinò alla balaustra di uno dei tanti terrazzi del palazzo in cui si era rifugiato per evitare la tempesta che, ormai, sembrava essersi spostata verso le zone desertiche che circondavano l’ex base del Patto della Frontiera: era la prima volta, dopo anni, che non sentiva la pioggia sbattere con forza sulle lamiere che sembravano volersi spezzare sotto la violenza insistente della natura. 

Alzò lo sguardo, fissando le nuvole nere che ancora si distendevano sopra Sester, facendo apparire scura la città che si estendeva tutt’intorno a lui, con i suoi grattacieli che si annalzavano fin dove l’occhio poteva arrivare. Riusciva a vedere fino in fondo alla città, un lontano accenno che indicava la presenza dello spazioporto, solo perché la geometria ordinata delle strade glielo permetteva e non doveva far zigzagare lo sguardo tra gli edifici. 

Pian piano, molte luci si accendevano, lanciando bagliori che si riflettevano sull’asfalto bagnato. Era vuota, Sester: aveva perso tutto il brulicare della vita che l’animava nei tempi in cui il Patto poteva rappresentare uno dei due poli di forza della Proxima Hemitea e in quel momento, forse, oltre agli Affiliati, c’erano solo le nutrie che infestavano buona parte dei canali che attraversavano i bassifondi.

Strinse le mani sulla ringhiera di metallo, formata da sbarre arrotolate che andavano a creare un motivo geometrico che contrastava con l’ordine con cui era stata costruita Sester. 

La Confederazione continuava a non sospettare niente, non immaginavano che in buona parte dei territori che nel corso degli anni avevano conquistato e soggiogato, la presenza degli Affiliati della Mano Scarlatta era cresciuta: il Chow aveva rappresentato la loro unica via di fuga da quella realtà in cui i piani alti del Patto li avevano costretti. Quella droga era ciò che li spingeva a continuare a vivere, era ciò per cui avrebbero combattuto. 

Ma alla Confederazione non piaceva: stravolgeva le menti di chi ne faceva uso, li portava a credere cose che non erano reali o che, se lo erano, potevano mettere in discussione la purezza di ideali di chi aveva l’intenzione di unire la galassia e consegnare il comando della stessa a poche persone. 

Mosse le dita, in modo da alzarle e riabbassarle e tornare a stringersi una di seguito all’altra sulla barra orizzontale che correva per tutta la lunghezza del terrazzo. L’aria era carica di umidità, l’odore della pioggia - per una volta - sembrava sovrastare il puzzo che caratterizzava la città: molti di coloro che la tenevano pulita avevano preferito lasciare la zona e andare a cercare lavoro nelle altre città di Kiaphus, preferendo il rischio di attraversare il deserto a quello di dover sottostare agli Affiliati della Mano Scarlatta su cui giravano voci che, a seconda dei casi, potevano rivelarsi fin troppo veritiere. 

Il silenzio nascondeva tutti loro: Kiaphus era ritornato nella sua condizione precedente alla guerra: inutile, ai limiti della Proxima Hemithea, vicino a quella frontiera che, se attraversata, portava ad altre galassie, ad altri mondi e da cui il Patto aveva preso il nome. Avevano combattuto per tenerla aperta, per permettere l'arrivo di altri ed erano stati vittime dei loro stessi obbiettivi. Erano crollati, uno dopo l'altro. Di ciò che avevano costruito non rimaneva altro che la città di Sester, ormai abitata da pochi e occupata da coloro che erano stati relegati in quei bassifondi che il Consiglio preferiva ignorare. La Mano Scarlatta era solo uno dei tanti problemi che il Patto della Frontiera aveva preferito nascondere sotto un tappeto, come si faceva a volte con la polvere. Ma lo spazio non era infinito e il marcio era cresciuto. 

Non l'avrebbe mai immaginato che in quella fase del conflitto la Mano Scarlatta aveva contatti su vari pianeti: le navi commerciali avevano rappresentato un metodo per spostarsi. Bastavano poche stecche di Chow per convincere i comandanti a prendere a bordo qualche Affiliato e portalo di nascosto su altri pianeti. La rete della droga permetteva loro di muoversi indisturbati e in molti accettavano di aiutarli solo vedendo quel simbolo rossastro sul collo: la Mano Scarlatta controllava il mercato del Chow, il Patto aveva creduto di averli in Pugno e per la Confederazione non rappresentavano un problema. 

Avevano nelle mani ciò che poteva portare a far perdere consensi alla Confederazione, sempre più orientata a controllare ogni minimo dettaglio della vita nella Proxima Hemithea, a partire dalla regolarizzazione del Chow, ormai prodotto in un modo che era non troppo segreto, ma fuori controllo fabbriche farmaceutiche della galassia. Gli scarti c'erano, l'opportunità di guadagno anche: sarebbe stato da stupidi non sfruttare l'occasione e avere un'entrata piuttosto grossa. Kaeler volse lo sguardo verso destra: nella zona desertica, continuava a imperversare la tempesta e i rombi dei tuoni arrivavano sommessi. Qualche fulmine, ogni tanto, veniva attratto a terra: la concentrazione di materiali conduttori lì era tale da non permettere la crescita di nessun tipo di vegetazione e servire da punto di scarico. Qualcuno aveva proposto di usare il luogo come punto di raccolta di energia, ma la proposta non era mai andata a buon fine. 

Tornò all'interno, attraversando il salotto: non era sicuro di aver mai visto qualcosa di così grande, nemmeno quando abitava fuori da Sester. L'opulenza che i politici e i piani alti della flotta erano soliti ostentare, contrastava molto - troppo - con la vita che facevano passare a chi aveva preferito seguire il proprio pensiero. 

Perché se la Confederazione cercava di imporre il proprio pensiero, il Patto non era da meno: cercavano sempre di tenere stretti a sé gli equipaggi, alla minima deviazione erano pronti a urlare al tradimento. Avevano paura. Sapevano di non avere i mezzi necessari a vincere il conflitto e cercavano di tenere quanti più sostenitori possibili stretti a sé. Le notizie delle condanne, solo in un primo momento ritenute uccisioni rituali, si erano sparse velocemente all'interno della flotta, portando sempre con sé il nome di Briya Anderz: la Discordia si muoveva con una lunga scia di sangue dietro di sé, risultato dell'intransigenza che Briya aveva preteso dal momento in cui la spilla che indicava il suo nuovo grado le era stata appuntato sul petto da Jareth Edam. 

Si avvicinò a una fotografia sistemata sul bordo superiore di un camino elettronico, al cui interno erano sistemati ancora dei pezzi di simil-legno per dare l'impressione che le fiamme prodotte dall'ologramma fossero reali. Rappresentava un gruppo di persone sorridenti, davanti a cui spiccava il volto con la bocca sdentata di un bambino: non sapeva chi fossero, in che momento fosse stata scattata. Era solo un ricordo lasciato lì nella probabile fuga del proprietario dell'appartamento. La polvere copriva ogni angolo, facendo apparire sfumature grigiastre sullo schienale e seduta di poltrone che un tempo erano bianche. Il lampadario ondeggiava appena, smosso dal vento che entrava dopo che la finestra che portava sul balcone era stata lasciata aperta da Kaeler, incurante degli effetti che sarebbero stati prodotti dalla natura: prima o poi, le strutture avrebbero cedute e di Sester non sarebbero rimaste altro che macerie. 

Uscì dall'appartamento: nel corridoio, seduti con le schiene appoggiate a entrambi i muri, c'erano una decina di Affiliati, intenti a giocare a carte. Si schernivano, spingendo con spallate coloro che stavano masticando il Chow e che, pian piano, perdevano il controllo sulla realtà, mettendo in tavola carte che avvantaggiavano gli altri. Li oltrepassò, lasciandosi alle spalle una scia di borbottii rivolti al fatto che, con il piede, aveva urtato il mazzo, spargendo varie carte consunte per tutto il pavimento. 

C'era sicuramente un tavolo intorno a cui avrebbero potuto sistemarsi in uno degli appartamenti lì vicino a loro, ma sembravano rifiutare qualsiasi agio, preferendo solo avere un tetto sopra la testa e la certezza che il freddo non li avrebbe svegliati durante la notte. 

E Kaeler ne era felice: se gli ozii si fossero insinuati in loro, qualsiasi piano sarebbe andato all'aria. 

Vivere nei bassifondi li aveva abituati al disagio, alla scomodità e alla sete di vendetta: Sester brillava come un cumulo di monete di Crediti Federali davanti ai loro occhi, era un tesoro irraggiungibile in cui non potevano affondare le mani. Invidiavano chi ci viveva, chi poteva frequentare i locali migliori con la certezza che non sarebbe scoppiata una rissa, chi poteva spendere i propri soldi. 

Il Patto si era creato una prigione dorata e lì era morto, facendo così apparire quel tesoro che tanto brillava davanti agli occhi degli Affiliati come un guscio vuoto. Aveva perso lucentezza dopo poche ore, trasformandosi in pietra. Sester non sarebbe mai tornata a brillare: il destino delle rocce comuni era di esser frantumate, non incastonate in gioielli che brillavano sotto la luce di qualsiasi stella. 

In strada, l'odore della pioggia era anche maggiore: ristagnava nei vasi in cui erano sistemate piante ormai o secche o fuori controllo, i cui rami e foglie sfioravano l'asfalto e dove erano calpestare da piedi e mezzi. 

Inspirò, continuando a guardarsi intorno: dalle strade che si affacciavano sul viale principale arrivavano i ronzii tipici dei veicoli, segno che, in basso, la vita di Sester continuava. 

Infilò le mani in tasca, camminando lungo la strada: sapeva che la fermata della metropolitana era poco più avanti. Era l'unica cosa che avevano deciso di mantenere a regime: le tre linee che si intersecavano sottoterra rappresentavano il modo migliore per spostarsi velocemente da una parte all'altra. Senza contare che, dallo spazioporto, continuava la linea che raggiungeva la città di Kiaphus più vicina, un centro di minatori. 

Scese le scale e subito il vento del treno in arrivo lo investì, facendo svolazzare i bordi logori del giubbotto dietro di lui. 

La voce metallica del disco preregistrato continuava a mandare i soliti annunci, segno che, per quello, non era cambiato niente: il sistema che controllava i treni era quasi del tutto automatizzato. Finché l'energia arriva a Sester, potevano ritenersi tranquilli, ma era stato facile convincere i gestori della centrale elettrica più vicina: trovarsi con un coltello alla gola era un buon incentivo per tutti a collaborare. Il Patto aveva stretto accordi favorevoli e Kaeler lo riteneva un favore alla Mano Scarlatta. 

Scese velocemente le scale, lanciando un'occhiata veloce alle macchinette per fare i biglietti, ormai tutte spente e oggetto di pugni e calci. I tornelli erano stati divelti, lasciando libero il passaggio: l'illegalità cominciava a dilagare. 

Sorrise tra sé, immergendosi nel buio dell'ennesimo cunicolo. 

Il treno partì con uno scatto, trascinando tutti i passeggeri nella direzione di marcia; la ferma successiva fu subito annunciata e Kaeler, istintivamente, alzò lo sguardo verso la piantina che rappresentava il tragitto della prima linea. Il pallino che indicava la fermata successiva stava lampeggiando, quando la luce si fermò, anche il treno rallentò la sua velocità fino a portarla a zero. 

Salirono poche persone: in molti avevano lasciato Sester, consapevoli che la Mano Scarlatta non avrebbe assicurato uno stipendio come il Patto. Erano pochi i disperati che erano rimasti, alcuni avevano accettato di unirsi alla loro causa, sperando magari in una conclusione del conflitto che avrebbe portato a loro, appartenenti ai ceti più bassi, qualche soldo in più nelle tasche. 

C'era silenzio, nella carrozza: parlare poteva significare segnare la propria condanna a morte. Non erano pochi gli Affiliati nella carrozza: dai colli di magliette, giacche e maglioni spuntavano le dita, quelle cicatrici che avrebbero tormentato sia la Anderz che la Confederazione fino alla fine del loro tempo. Non si sarebbero liberati facilmente di loro. 

Una dopo l'altra, il treno eseguì le proprie fermate, rallentando poi in prossimità della stazione dello spazioporto. Scese solo Kaeler. Alle sue spalle, il treno ripartì, diretto verso la cittadina di minatori. 

Fuori, si stupì di non trovare il tempo di Sester: era bastato spostarsi di pochi km per trovare la luce del sole che lo accecava. Serrò le labbra, salendo gli ultimi gradini: anche lì, in quelle strutture che un tempo sappresentavano il cuore pulsante del Patto non c'era altro che desolazione: sembravano costruiti per giganti gli edifici che si allungavano minacciosi verso il cielo, poco distanti dalla rete metallica su cui era ancora appeso il cartello che indicava il limite invalicabile agli estranei della zona militare.

Un altro cartello vuoto.

L’ennesimo. 

Kaeler iniziò a seguire il perimetro, tenendo lo sguardo fisso davanti a sè: non doveva perdere tempo, ora che il tempo di Kiaphus poteva permettere il decollo anche alle astronavi di dimensioni più piccole. Serrò le labbra, imponendosi di mettere mano alle stecche del Chow che portava sempre con sé. Avere una minima notizia di Julyen gli avrebbe permesso di muoversi in una direzione più precisa, ma avrebbe fatto senza: se il figlio si rivelava una nullità, sarebbe stato solo un peso per la Mano Scarlatta. Sapeva cosa era successo alla Discordia, sapeva che lui ne era stato colpito - quelle poche parole che aveva sentito dopo che erano stati in grado di collegare la sala di controllo di Sester ai sistemi audio della Discordia lasciavano pochi dubbi. 

Ma gli Affiliati avevano bisogno degli elementi più validi e se Julyen non si dimostrava tale, c’era poco da fare: gli ordini che aveva erano chiari, l’obbiettivo da colpire era individuato. Poteva occorrergli del tempo, certo, ma non così tanto. 

L'angolino buio e misterioso

Rip, stavo per dimenticarmi che è venerdì. È venerdì, vero?

Gosh, perdo il senso del tempo in sessione.

Comunque.

Vi mancava Kaeler? A me no, voglio Briya nei guai🤗

Niè, ci vediamo martedì!

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