Capitolo 33
«Finalmente ci incontriamo» sibilò lei, facendo un cenno ai quattro che erano con lei.
«Cazzo, la Confederazione» mormorò uno di loro. «Preferivo gli Affiliati».
«Li hai chiamati» sbottò Briya indicando con un cenno una delle altre strade che si affacciavano sulla piazza principale di Sester. La fontana centrale non spruzzava più, la statua al centro della vasca era stata decapitata e la testa della figura alata era rotolata in terra, distruggendosi in mille pezzi.
Si erano allontanati, Marwin e il suo gruppo - forse in ritirata, forse l'avevano fatto apposta, ma l'inseguimento era durato poco ed era finito lì.
«Qua si mette male» disse uno del gruppo, stringendo le mani sul fucile. «Siamo già in minoranza».
Briya sospirò, appoggiando la schiena contro la parete di un edificio. «Perché cazzo non abbiamo distrutto questa città di merda?»
«Era la nostra base».
«Era, appunto. Puntare le armi della Discordia contro il centro di Sester ci avrebbe permesso di fare piazza pulita della Mano Scarlatta».
«Che facciamo? Ce la diamo a gambe finché siamo in tempo?»
«No. Potremmo togliere di mezzo Marwin e Kaeler Gav in un colpo solo. Ci sono entrambi».
«Vuoi... vuoi regolare i conti?»
«Secondo te per quale motivo avrei lasciato la Discordia?» rispose Briya spostando rapidamente lo sguardo dalla piazza a quello che aveva parlato. «La Mano Scarlatta non può e non deve conoscere il perdono» aggiunse stringendo il fucile al petto, consapevole che a uno degli Affiliati il perdono l'aveva offerto eccome.
Eppure, non riusciva a convincersi di aver fatto la cosa sbagliata.
«Abbiamo il vantaggio del conoscere la città».
«Come la Mano Scarlatta. Gli Affiliati potrebbero essere anche alle nostre spalle».
«Dobbiamo rischiare il tutto per tutto. Togliere di mezzo Marwin darebbe un grosso vantaggio all'Armonia: gli Oligarchi si limitano a prendere le decisisoni, è lui che comanda la flotta».
«Okay, quindi?»
«Quindi lo ammazziamo. Lui e Kaerler» rispose Briya a quello che aveva parlato, accennando un piccolo sorriso e sistemando in posizione il proprio fucile.
«Questo è un suicidio».
«L'hai detto prima di ogni battaglia, abbiamo smesso di crederti» rimbeccò uno degli altri, spostandosi rapidamente verso la parete dell'edificio che fronteggiava quello a cui si era appoggiata Briya e da cui si era sporta per prendere la mira.
Le bastò un solo colpo per far crollare a terra uno degli Affiliati e attirare su di loro l'attenzione del resto del gruppo, fino a quel momento intento a sparare ai soldati della Confederazione, appostati dietro l'ennesimo cumulo di rifiuti.
Kaeler fece un cenno e tre degli Affiliati si staccarono, dirigendosi verso di loro con i fucili in vista.
«Ammazzateli, ma non sprecate munizioni».
«Sissignore».
«Pensate più al Chow che a noi» sibilò uno del gruppo della Discordia, prendendo la mira. L'Affiliato che aveva puntato, però, fu rapido a spostarsi e il proiettile si perse nel vuoto, accompagnato dal grugnito di disapprovazione di quello che si piegò su un ginocchio, prendendo di nuovo la mira.
Un colpo degli Affiliati fendette l'aria in mezzo al gruppo, conficcandosi poi sul muro di un altro edificio e Briya serrò le labbra, maledicendo Kaeler e i suoi scagnozzi: sparavano a vista, incuranti di sprecare proiettili che continuavano a rasentarli. Avevano scelto il posto peggiore: per quanto l'angolazione della strada permettesse di avere una visione completa della piazza, non avevano niente dietro cui barricarsi e gli Affiliati erano sempre più vicini.
«Che possiamo fare?»
«Oltre a morire? Non lo so!» rispose Briya prima di sporgersi un attimo dall'angolo della strada e prendere la mira verso uno dei soldati della Confederazione. Quello crollò a terra, continuando a stringere tra le mani il fucile. «Credo che ammazzare quei cazzo di bastardi degli uomini di Marwin sia la cosa migliore».
«Che uomini non sono...»
«Ma secondo te mi metto a fare distinzioni dopo che per venti anni ho vissuto circondata solo e soltanto da essere umani? E soprattutto, mi metto a farlo in un momento del genere? Con la Confederazione e la Mano Scarlatta che cercano entrambi di farmi fuori come se fossi il peggior essere vivente della Proxima Hemitea?»
«Non ti è mai passato per la testa che, forse, per loro lo sei?»
«Okay, chi è il primo che si vuole trovare lo stipendio dimezzato?» chiese Briya appiattendosi contro il muro e lanciando uno sguardo ai compagni. «Alla prossima insinuazione del genere, vi farò personalmente fuori» disse loro indicando il coltello che aveva appeso alla cintura. Preferiva di gran lunga usare le armi da fuoco, ma, in casi estremi, quello era il miglior modo per togliersi dai guai – o sgozzare il primo ufficiale.
«Nessuno, presumo».
«Siamo bloccati qui. La via qui accanto sembra deserta».
«Colpire gli Affiliati alle spalle, mh? D'accordo. Vado io» disse Briya. «Teneteli occupati e copritemi le spalle».
«Buona morte» mormorò uno dei membri della Discordia.
«Anche a voi» rispose Briya con un mezzo sorriso prima di allontanarsi rimanendo rasente al muro.
Quando fu abbastanza a distanza, si portò nel mezzo della strada, continuando a camminare con la faccia rivolta verso la battaglia che infuriava nella piazza: la Confederazione pensava più alla Mano Scarlatta, ma non avrebbe lasciato a Marwin l'onore di uccidere Kaeler. Quando lo ritenne opportuno si voltò e, continuando a stringere il fucile tra le mani, iniziò a correre lungo i vicoli. Sentiva il cuore batterle forte nel petto e la stoffa della divisa appiccicata sulla pelle: l'aria di Sester non giocava certo a loro favore. L'afa che attanagliava la città, unita alla sensazione che qualcosa stesse per andare male, la stringeva come una catena.
Ogni passo era una tortura e quelle vie che da sempre aveva considerato familiari, in un momento erano diventate sconosciute. Le sembrava di essere piombata in una Sester di una dimensione parallela, in una città che non le apparteneva. Una città che non conosceva e che quindi non era altro che un'altra minaccia che si univa a quella della Mano Scarlatta – i cui Affiliati potevano benissimo essere ovunque – e a quella della Confederazione, con i soldati che dominavano il cielo sopra Sester.
Aveva ignorato ogni comunicazione con la Discordia, non prestando attenzione a quei messaggi sullo stato degli scudi e delle armi, ma finché tutto non piombava nel silenzio, era segno che per le cose, anche se la situazione andava male, per il momento andavano bene, che la Discordia ancora esisteva.
Rallentò il passo, svoltando poi a sinistra per tornare nella zona della piazza: si appostò dietro l'angolo, sistemando subito il fucile il posizione. Ingoiò a vuoto, prendendo la mira e colpendo alla testa uno degli Affiliati che si avvicinavano ai suoi uomini.
«Non oggi, teste di cazzo» disse fra sé prima di lanciare un'occhiata al restante gruppo di Affiliati: Kaeler era indietro, non riusciva a distinguerlo per bene, ma sembrava più interessato a lasciare il campo di battaglia che a combattere con la Confederazione.
Aveva qualche altro obbiettivo oltre a Marwin ed era quasi sicura che non si trattasse di lei: voleva Julyen. E lo voleva morto.
Non aveva idea se il gruppo di Laera lo aveva trovato: i bassifondi di Sester e la zona più vicina a quelli potevano essere insidiosi e la conoscenza della cità non sarebbe bastata a salvargli.
Gli spari continuavano a riecheggiare nella piazza e l'odore dei colpi si era spanto nell'aria. Non le sembrava di sentire altro. Anche l'odore delle bombe era passato, ristagnava solo in alcuni punti a causa della mancanza del vento.
Con il cuore che batteva sempre più forte, si sporse di nuovo. Assottigliò gli occhi, prendendo di nuovo la mira, ma poco prima che potesse sparare, un colpo che sibilò a poca distanza da lei le fece perdere la posizione, portandola a spiaccicarsi di nuovo contro il muro. Si lasciò sfuggire un insulto, passandosi la mano sulla fronte per asciugarsi il sudore.
«Tutto bene, comandante?»
«Sì, sì» rispose lei con il fiato corto. «Non so chi sia il bastardo che mi abbia cercato di ammazzare».
«Non si capisce più niente! Siamo in una situazione...»
La frase che si interruppe all'improvviso significava solo una cosa: qualcuno aveva colpito uno dei suoi uomini a morte.
«Fanculo!» sbottò Briya.
Prese un respiro profondo, indecisa su cosa fare. Tornare indietro le avrebbe fatto perdere tempo, ma il fatto che gli Affiliati si fossero avvicinati ai soldati della Confederazione non le lasciava sperare che la loro resistenza non sarebbe stata spezzata in un tempo ancora minore. Non avevano munizioni sufficienti a resistere per molto altro tempo.
Sentiva il cuore battere velocemente e l'afa non le permetteva di ragione in modo sensato.
Odiava quel tempo.
Odiava Sester, Kiaphus e l'intera Proxima Hemitea.
Odiava tutto ciò che era successo, ciò che l'aveva trascinata lì in quel bordello. In quella situazione da cui non si sarebbe tolta facilmente.
Spostando lo sguardo sulla piazza, notò che Kaeler si stava allontanando.
«Io vado ad ammazzare Gav, voi ce la fate a resistere?»
«Ci vediamo sulla Discordia» rispose velocemente uno degli uomini e Briya annuì.
"O all'inferno".
Si allontanò dall'imbocco sulla piazza iniziando a correre verso il primo incrocio. Doveva trovare Kaeler e non sarebbe stato affatto facile: poteva dirigersi ovunque a Sester e lei rischiava di star abbandonando davvero i suoi uomini alla morte.
Aprì la bocca, cercando di respirare il più possibile. Ogni passo era una tortura, ma un dolore improvviso al fianco, la fece crollare a terra sulle ginocchia. Rimase per qualche istante con la faccia appoggiata sulla strada. Con le braccia che tremavano, si mise in ginocchio, appoggiando una mano sul fianco sinistro, da dove era partita la fitta.
Strinse la divisa, cercando di stringere il più possibile per contenere il dolore. Quando riuscì a rimettersi in piedi, notò che le punte delle dita erano macchiate di rosso.
Era stata ferita.
Il colpo che l'aveva sfiorata.
Si guardò intorno: era da sola, ferita.
Sentiva il cuore batterle sempre più forte, mentre il pensiero di non potercela fare diventava sempre più grande.
Non sentiva più niente dall'auricolare, solo le comunicazioni standard della Discordia. Niente da quei quattro che l'avevano accompagna su Sester.
Serrò le labbra, riprendendo a camminare: aveva l'unica, flebile speranza di incontrare Damian e gli altri – ammesso che fossero sempre vivi. Doveva uscire da lì, l'aveva promesso a Laera.
Vincere la guerra, in quel momento, era diventato un pensiero secondario: contava di tornare da lei, avere qualcosa a cui appellarsi per rimanere a galla, ma non era sicura che tutto sarebbe andato come sperava.
Si passò una mano sul volto, asciugandosi il sudore: camminava lentamente, troppo lentamente. Se ci fosse stato un cecchino appostato sui tetti lì intorno, l'avrebbe colpita con molta facilità.
Era una preda, braccata da tutti.
Riuscì ad arrivare in una stradina secondaria, ma lì le gambe non le ressero: cadde a terra, il fucile le scivolò dalla spalla, rotolando a poca distanza. Fece per allungare una mano, per afferrare di nuovo l'unica arma che poteva salvarle la vita, ma uno stivale si posò sopra quello, bloccando ogni sua mossa.
«Finalmente ci incontriamo, Anderz».
«Generale Marwin» sputò lei mettendosi a sedere. «Sei soltanto una spina nel fianco» sibilò cercandosi di mettersi a sedere. Continuava a tenere una mano sul fianco, sperando che servisse a qualcosa nel bloccare la fuoriuscita del sangue. Con l'altra mano, con riluttanza, estrasse il coltello, puntandolo contro di lui.
«Potresti implorare pietà e invece...»
«Non lo farò mai».
«Ed è un bene, sapete? Voi bastardi estranei non siete nemmeno degni di pronunciare quella pietà, figuriamoci vivere qui, nella Proxima Hemitea».
«Risparmia il fiato, pezzo di merda» sibilò Briya puntandogli il coltello in faccia. «Non ho intenzione di stare ad ascoltare la vostra cazzo di ideologia».
«Sei tu quella che è venuta qui a rompere le scatole. Io ho il diritto di stare qui» rispose Marwin palleggiando il fucile tra le mani, saggiandone il peso, prima di puntarlo contro Briya che si ritrasse contro il muro, consapevole di non avere una via di fuga. Era bloccata lì. Da sola. Ferita. Fronteggiata da Marwin che non aveva certo l'intenzione di lasciarla andare.
«Ammetto che la Mano Scarlatta mi ha fatto un grosso favore nel fare fuori quei quattro pazzi della Discordia che erano in piazza. Idioti. Sei rimasta da sola, Sester è grande per te adesso, anche se riusciresti a fuggire da qui, non potrai certo andare troppo lontano» sibilò lui puntandole il fucile contro la gola.
«Ammazzami. O forse non ne hai il coraggio?»
«Non è una cosa che capita tutti i giorni. Mi spiace solo che non ci sia un po' di pubblico, ma sai, la Mano Scarlatta non si elimina da sola».
Briya storse la bocca, stringendo la presa sul manico del coltello. Sentiva il cuore batterle forte, sentiva la stretta diventare meno salda a ogni minuto che passava. Il sangue aveva impregnato buona parte della divisa, sentiva la ferita pulsare.
Con un rapido gesto della mano, lo puntò verso l'alto, conficcandolo nel polso di Marwin che lasciò andare la presa sul fucile, colto di sorpresa.
«Testa di cazzo».
«Mai quanto te» rispose Briya, lanciandosi sul fucile. Rimanendo a terra, senza prendere la mira, sparò al generale nemico, facendolo crollare a terra in una pozza di sangue.
Rimase immobile, con la bocca aperta, ad osservare il corpo che si muoveva con piccoli scatti, ormai prossimo alla morte.
Scivolò a terra, con la schiena poggiata al muro. Marwin era morto, lei era a terra, ferita.
Alzò lo sguardo al cielo: la luce della Ipax filtrava attraverso le finestre dei palazzi che svettavano verso l'alto. La battaglia continuava a infuriare: le comunicazioni della Discordia si susseguivano senza fine, ma quelle parole avevano perso un senso.
Si sentiva sempre più debole, abbandonata a sé stessa.
Appoggiò la testa al muro, socchiudendo gli occhi e una lacrima le scivolò sul volto. Non poteva mandare un messaggio alla Discordia, nessuno l'avrebbe recepito.
Aprì la bocca, boccheggiando per avere più aria, ma tutto le sembrava inutile. Ogni tanto una gamba veniva scossa da un tremito, mentre sentiva sempre più freddo.
Ma la compagnia di quei discorsi, di quegli ordini che le arrivavano in distanza, in un certo verso le faceva compagnia.
Tuttavia, non seppe dire quanto tempo passò prima che si rese conto che il silenzio l'aveva circondata, che nessun ordine le teneva compagnia.
A fatica, aprì gli occhi: nel cielo che ormai aveva assunto una colorazione rossastra, segno che la giornata iniziava a volgere al termine, c'era un bagliore più luminoso e un solo pensiero le si faceva strada in testa.
It's the end.
L'angolino buio e misterioso
Non sto piangendo. Lo giuro. L'ho scritto tra sushi e cioccolata calda a novembre, ma a rileggerlo ora...
il tempismo perfetto di Youtube che nel rileggerlo mi ha messo in fila le canzoni dei Sabaton più tristi. In ogni caso, se volete la mazzata, sappiate che questa canzone sotto è stata il sottofondo perfetto.
Credo che sia uno dei capitoli che mi colpisce peggio.
Comunque, ancora una volta ho sbagliato a fare il conto dei capitoli. Ne mancano due alla fine, sono 35 e non 39, quindi tra una settimana finisce anche questa saga...
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