Capitolo 29

Julyen alzò appena la testa quando sentì le lamiere tremare intorno a lui: non era la prima volta che succedeva, ma gli apparve diverso. Era stato più impercettibile delle volte precedenti, quando spesso si era trattato di una ventata che aveva scosse i pezzi sopra la sua testa e il cui movimento si era trasmesso a quelli che incrociavano perpendicolarmente. 

Eppure, l’aveva sentito. 

Non riusciva a capire a cosa fosse stato dovuto, non ne aveva la minima idea. 

Si girò a tentoni, all’interno di quello spazio che aveva trovato per fortuna e che gli aveva offerto un riparo dagli Affiliati e sfruttando una piccola fessura, guardò fuori: quando il cielo gli apparve costellato di una miriade di puntini o neri o luminosi - la luce della Ipax che si rifletteva sulle astronavi - capì subito di cosa si trattasse. Non aveva idea se si trattasse solo dell’attacco che la Confederazione aveva deciso di sferrare contro la Mano Scarlatta, contro quei nemici che erano stati alleati. Se ne sarebbero vantati per giorni, gli Affiliati che sarebbero sopravvissuti a quella battaglia: avevano distrutto il Patto e ingannato la Confederazione, portando alla morte di uno degli Oligarchi e facendo sì che la Proxima Hemitea fosse scossa nel profondo. Avrebbero sfoggiato con orgoglio quel segno che doveva identificarli come traditori e disertori, si sarebbero definiti la feccia che aveva portato una nuova era nella galassia, che aveva rovesciato ogni cosa, ogni valore in cui la popolazione - soprattutto la specie pura - si era identificata. Avevano fatto sì che il marcio occupasse ogni cosa, che le radici della muffa che loro rappresentavano arrivassero a toccare ogni pianeta.

E lui non era altro che una delle tante spore, atterrata però su un posto in cui non aveva potuto ampliarsi come avevano fatto gli altri. La Discordia e Grinda non erano luoghi in cui sarebbe stato facile far sì che l’illegalità mettesse piede: la pazzia dell’equipaggio della prima e le tradizione della seconda erano deterrenti fin troppo buoni.

Eppure, sapere che sopra la testa aleggiava una minaccia di morte, non lo preoccupava: sapeva che il momento di affrontare Kaeler era arrivato, che la Confederazione gli avrebbe fornito un valido motivo per combattere, per arrivare a colpire al cuore la Mano Scarlatta. 

Non aveva chiuso occhio, restando con l’orecchio teso all’esterno, ma a tranne quelle vibrazioni non aveva percepito alcuna presenza. 

Sapeva che ben presto tutto sarebbe cambiato: sarebbe bastato poco a stanare la Mano Scarlatta dalle strade di Sester in cui si nascondevano. 

E lui sarebbe stato nel mezzo. 

Tornò a sedersi in terra, stringendo tra loro i palmi davanti al volto: lì non poteva certo rimanere, sarebbe finito in trappola, ma non poteva nemmeno dirigersi fuori finché l’attacco non fosse cominciato anche nelle sue vicinanze. La Confederazione - o forse la stessa Armonia, non riusciva a distinguere da quella distanza la flotta - poteva avere più intenzione a colpire il centro di Sester. 

Trattenne il fiato, stringendo poi una mano sulla tasca quando sentì l’apparecchio vibrare. 

“Non adesso. Non adesso, per favore”. 

«Non credo possa sfuggirci ancora per molto». Julyen aggrottò la fronte, non riconoscendo le voci che riusciva a sentire.

«Non può essere andato troppo lontano».

«Sarà nascosto da qualche parte qui intorno, non credo sia così intelligente da sopravvivere finché a Kaeler non sbollirà la rabbia» sghignazzò l’altro in risposta e Julyen strinse entrambe le mani sull’apparecchio. Se Gabije voleva accertarsi del suo stato, aveva scelto il momento sbagliato. «Non è stato in grado di ammazzare la Anderz, figuriamoci sfuggire alla Mano Scarlatta».

Julyen si morse un labbro, certo che sarebbe stato il battito accelerato del cuore a tradirlo tanto che gli pareva di sentirlo rimbombare nel buio del rifugio. Poteva solo sperare che quei due Affiliati se ne andassero, lasciandolo finalmente libero di respirare. 

«Dove credi che possa essersi cacciato?»

«Speriamo sia morto. Abbiamo già troppi casini, possiamo solo sperare che si sia già ammazzato. Non ho intenzione di perdere troppo tempo dietro qualcuno che Kaeler non ha saputo educare. Non sarebbe stato così… idiota, se davvero l’avesse trattato come meritava».

«Sì, ma intanto troviamolo. Da che parte sarà?»

«Non ne ho idea… qui sono tutti rifiuti, dai andiamo avanti».

Julyen trattenne il fiato, non osando muoversi finché le voci non furono abbastanza distanti da non poterle sentire più, poi, prese velocemente l’apparecchio dalla tasca che ancora non aveva smesso di vibrare. 

***

Tossì di nuovo, non appena mise piede fuori da quelle lamiere che, scivolando sui rifiuti, davano l’idea di essere solo l’ennesima tana di topi.

Strizzò gli occhi, passandosi subito il dorso sopra di essi per cercare di tirare via le lacrime.

«Che succede?» chiese Gabije, ma Julyen quasì non la sentì, quando il rombo dei motori di un’astronave rimbombò in mezzo a quei vicoli, patria di liquami e rifiuti. Poco dopo la sagoma scura di una di quelle passò sopra la sua testa. Doveva essere quella che aveva sganciato la bomba chimica nei dintorni di dove si trovava: poteva solo ringraziare Dax che aveva dato qualche nozione sulle armi supplementari che le astronavi del Patto della Frontiera imbarcavano. 

Non aveva idea di come poter sfuggire a quella nube tossica - nessuno l’avrebbe potuto fare - né da che parte andare per poter dirsi un minimo più al sicuro. Sapeva che a poca distanza dal punto in cui si era rifugiato iniziava il deserto, ma abbandonare Sester e la battaglia non gli pareva la cosa giusta dopo aver sentito anche la voce di Briya. 

La Discordia era lì, tutti coloro che combattevano nella Proxima Hemitea si erano ritrovati in un luogo che, da tempo, li univa. 

«Togliti da lì, fuscello, hanno sganciato una bomba chimica, finirai per trovarti i polmoni davvero danneggiati».

«Mantieni il dispositivo acceso, anche senza una chiamata vera e propria mi sarà più facile localizzare la tua posizione» aggiunse Gabije. 

«Va bene» riuscì ad articolare Julyen tra i colpi di tosse. «Va bene». 

Mise in tasca tutto l’apparecchio, accertandosi che il bottone fosse chiuso prima di iniziare a correre tra i vicoli. Se quella era la situazione in tutta Sester, era probabile che gli Affiliati non avrebbero fatto caso a lui. Sfilò la pistola dalla cintura, tenendola in mano. Non aveva idea di quanti colpi avesse in canna, poteva solo sperare di trovare qualcuno - poco importava se fosse della Mano Scarlatta o della Confederazione delle Venti Stelle - e ucciderlo per rubare qualche arma sicuramente messa meglio di quella che Kaeler gli aveva dato. In fondo, lui doveva usarla per ammazzarsi, non prendere parte alla battaglia.

Non aveva idea se il padre avesse previsto o no quell’attacco massiccio da parte di entrambe le fazioni su Sester, ma probabilmente no: forse si aspettava un contrattacco della Confederazione delle venti Stelle, ma non l’Armonia e la Discordia. Alzò per un attimo gli occhi al cielo, rallentando il passo, ma senza fermarsi. Aveva sentito i rumori in sottofondo della chiamata, i colpi sugli scudi della Discordia che gli riportavano alla mente i ricordi del giorno in cui aveva visto la morte in faccia. 

Bagliori luminosi squarciavano il cielo scuro di Sester, ma non sembrava che il tempo non girasse a favore di chi era a terra: l’aria caldo umida che attanagliava ogni centimetro non lasciava respirare, rallentava i movimenti e faceva sì che la miscela chimica aleggiasse nell’aria, creando una trappola continua da cui nessuno riusciva a fuggire. 

Sentiva il fiato mancargli a ogni passo, segno che stava facendo effetto. 

Non ricordava il nome dell’elemento chimico o della miscela che usavano, ma era sicuro che fosse qualcosa di altamente corrosivo: tra quel che gli aveva detto Briya prima e ciò che ricordava delle spiegazioni di Dax, non aveva qualcosa a cui aggrapparsi per star tranquillo. 

Anche i vicoli dei bassifondi di Sester sembravano aver cambiato aspetto: la puzza che di solito si alzava dai cumuli di rifiuti abbandonati in ogni angolo gli aveva tappato il naso, tanto che non riusciva nemmeno a capire se il composto chimico avesse peggiorato l’olezzo che era tornato a circondarlo. Inoltre, tutto appariva come se guardasse la realtà da dietro un vetro sporco e colorato: il contenuto della bomba aveva creato una leggera nebbia che falsava i veri colori dei bassifondi, trasformando il grigiore che di solito li caratterizzava, in una sfumatura ancora più cupa. 

Riprese a correre, ignorando il senso di pesantezza sul petto e il fiato corto; ogni tanto appoggiava la mano sulla tasca per accertarsi che l’apparecchio fosse ancora lì, nonostante fosse consapevole che ancora non aveva fatto alcun volo per terra.

Non aveva nemmeno incontrato nessuno: non sapeva dirsi se fosse perché gli Affiliati si erano ritrovati a combattere in centro a Sester, lasciando i bassifondi, facendo sì che si svuotassero del tutto, diventando davvero vicoli occupati da animali e oggetti inanimati. Ma i rifiuti che erano lì rappresentavano quel che gli Affiliati della Mano Scarlatta erano per il Patto della Frontiera: qualcosa da nascondere, da dimenticare, ma da accumulare finché il problema non sfuggiva di mano, assumendo proporzioni troppo grandi per essere ignorate.

Ingoiò a vuoto, sentendo bruciare la gola, prima si piegare un braccio e sfiorare il simbolo sul collo. Avrebbe fatto di tutto per rinnegare quel che lo marchiava da anni, ma in nessun caso in quel momento a Sester le parole sarebbero valse a qualcosa: avrebbe potuto dire tutto e niente, ma per la Confederazione delle Venti Stelle sarebbe rimasto uno degli Affiliati, per la Mano Scarlatta non era altro che un incapace e se anche Briya non aveva detto niente per l’equipaggio della Discordia figurava tra coloro che avevano disertato o tradito il Patto della Frontiera.

Si fermò un attimo quando sentì il rumore di spari diventare da leggero sibilo nitido. Non era la prima volta che sentiva i proiettili squarciare l’aria di Kiaphus, farsi largo nell’afa che attanagliava Sester, ma mai li aveva sentiti così continui e ravvicinati. Ingoiò a vuoto, passandosi le mani sugli occhi: la mancanza di vento aveva fatto sì che la miscela chimica ristagnasse in pochi punti, lasciando che nei punti più vicini alla città l’aria fosse abbastanza respirabile.

Tuttavia, si stava per inoltrare nel territorio di battaglia: non ci sarebbe voluto molto prima che si sarebbe allargata anche nei bassifondi, ma aveva bisogno di trovare qualche altra arma. Le occhiate che si era lanciato intorno non avevano rivelato altro che pezzi scadenti che sarebbero andati in mille pezzi alla prima occasione. 

Si appostò dietro un angolo, lanciando un'occhiata alla strada più larga che finiva contro i bassifondi. Vedeva Affiliati correre da una parte all'altra, urlandosi fra loro di prendere le armi, di lasciar fare quello che stavano facendo perché la Confederazione era arrivata. In molti alzavano gli occhi verso l'alto, seguendo con lo sguardo le esplosioni che si susseguivano nel cielo sopra Sester. 

Un bip prolungato proveniente dalla tasca fece sbiancare Julyen che si ritrasse dietro l'angolo, infilando velocemente la pistola alla cintura e cercando di prendere l'apparecchio dalla tasca. Una lucina rossa lampeggiava a lato e con pochi dubbi voleva dire solo una cosa. Batteria scarica. 

Sarebbe stato da solo e non poteva aspettare che la Discordia lo venisse a prendere lì. Erano troppo distanti dal cuore della battaglia, non sarebbero mai riusciti a sfondare la resistenza della Mano Scarlatta. Sarebbe stato da solo, gli sarebbe risultato impossibile sopravvivere da solo. 

«No… non adesso!» 


L'angolino buio e misterioso

Bello quando le batterie si scaricano nei momenti meno opportuni, mica poteva funzionare tutto alla perfezione fino alla fine.

Iniziate pure a scommettere chi vivrà dopo tutto il casino :3

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