Capitolo 16

Stringendosi nel cappotto, Julyen aggirò un cumulo di rifiuti lasciato in un angolo: ormai il confine tra Sester e i suoi bassifondi non era più marcato come quando l’aveva lasciato, più di un anno prima. 

Alcuni animali - topi e nutrie, soprattutto - iniziavano a uscire dalle fogne e dai canali che li attraversavano, accompagnando i passi del giovane, deciso a recarsi nel bar del vicolo degli Ulivi. Era da troppo tempo che non buttava giù qualche alcolico dalla bassa qualità. Non era sicuro che sarebbe tornato velocemente a casa, in quell’edificio che Kaeler aveva scelto per passare le notti, abbandonando quel buco sotterraneo in cui spesso pioveva e che dovevano condividere con insetti e altri animali. 

Non aveva incrociato nessuno, come se gli Affiliati se ne fossero andati da lì, abbandonandosi agli agi che Sester offriva. In fondo, come aveva detto Kaeler, ai morti quelle case non servivano più. 

Quando arrivò, spinse la porta del bar e subito l’attenzione dell’oste fu catturata dal trillo del campanello. Smise di pulire il bicchiere con lo straccio che aveva in mano, fissando lo sguardo su Julyen e lo seguì finché lui non si sedette su uno sgabello.

«Alla fine sei tornato pure tu» sputò l’oste per terra.

«Non sono qui per farmi rimproverare da un semplice oste!» sibilò Julyen guardando l’uomo e aggrottando la fronte. «Tu che ne sai di quel che è successo?»

«Quel che dicono le voci. È facile parlare quando l'alcol di pessima qualità ti scorre in gola e sei alla quarta stecca di Chow in poco tempo» rispose l’oste. «Cos’è che vuoi?»

Julyen alzò le spalle. «Qualsiasi cosa sappia di alcol e povertà».

«Fa’ attenzione, ragazzo» gli disse quando gli appoggiò davanti un bicchiere pieno di liquido scuro. «Non sono pochi quelli che ti vedono di cattivo occhio e avere dalla tua parte la reputazione di fallito incapace di ammazzare la Anderz non giocherebbe a tuo favore se ti ubriachi».

«La vita è mia» rispose Julyen agitando una mano e stringendo l’altra sul bicchiere. Abbassò lo sguardo sul liquido il cui odore già gli solleticava il naso. «Non vorrei dire, ma mi pare che le possibilità di ammazzarla nei bassifondi siano state molto maggiori rispetto a quelle che ho avuto io sulla Discordia» aggiunse dopo aver preso il primo sorso. «Eppure non mi pare che nessuno di quelli che parlano male di me sia stato in grado di farlo».

«Non guardarmi così, io sono solo un oste» rispose quello prima di voltargli le spalle e dirigersi da un altro cliente che lo richiamava facendo schioccare le dita.

Il sapore pungente del drink gli fece bruciare la gola, ma quella sensazione gli era mancata: era stato attento su Grinda, tenendosi il più lontano possibile dal banco ed evitando di bere in modo da togliere ogni possibilità alla verità di sfuggirgli dalle labbra, ma in quel momento, non desiderava altro - forse solo avere di nuovo la compagni di Gabije e dimenticare tutte le sue preoccupazioni stringendola a sé.

Scosse la testa, cercando di scacciare il ricordo di quella notte troppo intensa, ma troppo breve, poi afferrò il bicchiere, andando a sistemarsi in uno dei tavolini più defilati, uno dei più piccoli. 

Lo bevve a piccoli sorsi, continuando a tenere d’occhio gli altri presenti: quei commenti non richiesti dell’oste l’avevano disturbato, mettendogli il tarlo nell’orecchio. Non aveva voglia di sentirsi ricordare che la sua vita era in pericolo, che era un fallimento in confronto agli altri, che era incapace. Voleva solo bere, affogare nell’alcol le sue preoccupazioni e, forse, dormire per una volta.

Appoggiò il bicchiere vuoto con forza sul tavolo, facendo tintinnare i pochi cubetti di ghiaccio che erano al suo interno: la scarsità di materia prima per il bar portava a minimizzare l’uso nelle bevande alcoliche - una cosa che, in quel momento, per Julyen non era che una buona notizia.

Afferrò il menù appiccicaticcio e lo aprì, scorrendo la lista degli alcolici, ignorando volutamente tutto il resto. Voleva solo bere. 

Non passò molto tempo prima che una delle cameriere si avvicinasse, prendendo l’ordinazione su un taccuino dai fogli scarabocchiati fino all’inverosimile: facevano di tutto per risparmiare e massimizzare il guadagno. 

Tamburellò sul tavolo, aspettando il secondo giro di bevute: non c’era nessuno che gliel’avrebbe potuta offrire, ma da una parte era un bene - avere a che fare con altri Affiliati l’avrebbe soltanto innervosito. 

Non erano molti gli avventori del bar, ma non aveva idea se fosse perché per la situazione in molti si buttassero sul Chow invece che andare a bere o se la distanza tra il bar e il centro di Sester fosse tale da scoraggiare molti dal tornare ubriachi. 

Era abituato a veder comparire Affiliati in ogni angolo, in ogni incrocio e invece era tornato in una città dove si erano dispersi tra le vie e i palazzi enormi, apparendo un numero molto esiguo rispetto a quello che Kaeler gli aveva detto. 

Ringraziò con un cenno del capo la cameriera che gli aveva portato il bicchiere. L’odore dolciastro cozzava già con l’amaro che l’alcolico precedente che gli era rimasto in bocca, ma decise che non aveva tempo di perdere dietro ai sapori contrastanti. Sollevò il bicchiere e bevve il primo sorso, reclinando appena la testa all’indietro. Se non fosse stato a sedere, avrebbe perso sicuramente l’equilibrio: la testa gli girava, la sala già sembrava sdoppiarsi in alcuni punti e con lei anche alcuni dei presenti - facce per lo più sconosciute o di cui si era dimenticato nel periodo trascorso sulla Discordia. Sembravano tutti avere un obiettivo a cui puntavano, mentre lui si sentiva affogare nei dubbi che lo assalivano da ogni parte non appena l’alcol allenava il suo effetto sul corpo. Avrebbe dovuto provare il Chow per dimenticarsi di ogni cosa, ma non era sicuro che ciò che il padre e gli altri Affiliati gli avevano ripetuto fin dal primo momento fosse la verità. 

Gli sembrava di essere un errore, un fallimento in tutto. 

Appoggiò il bicchiere sul tavolo e una goccia di liquido giallastro cadde sul legno segnato dalle bruciature di sigarette spente a forza lì sopra. Strizzò gli occhi, ricacciando indietro una lacrima. Aveva sperato che l’alcol lo aiutasse a distrarsi e invece tutto ciò che era successo non faceva che tornargli in mente, come se i ricordi lo volessero schiacciare su quella sedia dalla seduta scomoda e lo schienale stracciato in più punti. 

Si passò una mano sul volto, cercando di riguadagnare una compostezza che non sentiva di avere, non più per lo meno. 

Tornò a guardare poi il bicchiere, alzando lo sguardo solo quando sentì la campanella del bar trillare: per un momento, gli parve di sperare che si trattasse di Briya, che il tempo fosse tornato indietro e che Kaeler gli avesse appena dato l’ordine di ammazzarla - in qualsiasi modo. 

Si trattava solo dell’ennesimo Affiliato che, dopo essersi guardato intorno, puntò i propri occhi in quelli di Julyen, avvicinandosi a grandi passi al suo tavolo.

«Quindi sei qui» gli sibilò appoggiandosi con entrambe le mani sul tavolo e avvicinando il busto al giovane che, sospirando, bevve un altro sorso. «E non hai pensato affatto di avvertirmi».

«Credevo ti avesse mandato mio padre, invece sei il solito scroccone, tizio».

L’altro sbuffò, spostò la sedia che strisciò sul pavimento e urlò all’oste di fargli un super alcolico. 

«Non ti vedo così voglioso di vomitare per tutta la notte da anni».

«Ho le mie ragioni» biascicò Julyen, finendo il drink e ordinandone subito un altro alla cameriera che l’aveva portato al compagno. «Che adesso sono diventate molte di più grazie alla tua faccia».

L’altro scosse la testa. «Offri tu, vero? Non ti sei preso tutti gli stipendi dalla Anderz per niente, spero».

«La Discordia paga molto meglio rispetto a… qualunque fosse il nome della nave su cui ero imbarcato».

«C’era da aspettarselo».

«Ma tu che ci fai qui? Credevo fossi con la Confederazione ora».

«Teoricamente lo sono: ma conoscevo Kiaphus e non avevo un grado troppo importante per non essere rispedito qua. Aiuto un po’ la Mano Scarlatta e un po’ la Confederazione. Per sopravvivere va bene tutto, tranne che seguire la Discordia. Sapevamo tutti che l’Olavia e le altre astronavi sarebbero finite male. Ho saputo di quel che ti ha combinato la Polaris».

«Niente di che, solo poche radiazioni spaziali».

«Non ti fa bene tutto quell’alcol».

«Ascoltami» gli disse Julyen appoggiando il bicchiere sul tavolo. «Si può sapere che cazzo vuoi da me? Non ci vediamo da quando mi hanno condannato, perché sei spuntato di nuovo nella mia vita».

«Ti ho visto in giro. Volevo sapere come te la passavi».

«Male» rispose Julyen abbassando lo sguardo. «La Mano Scarlatta mi considera un inetto, ancora non mi hanno provato ad ammazzare».

«Solo questo?»

«Chiamalo solo! Provaci tu a essere braccato da chiunque. Manco da più di un anno su Kiaphus e da Sester, credi che sia facile adattarsi a tutto questo dopo aver passato tutto quel tempo sulla Discordia e su Grinda?»

«Non sono mai stato su Grinda, com’è?»

«Ti posso dire come l’ospedale e una di quel popolo, se proprio vuoi. Non ho visto altro oltre ai medici e a lei».

«Nel senso che...»

«Che me la sono portata a letto, sì» rispose Julyen. 

«Non ti avrei mai detto capace».

«Lei mi è saltata addosso. Suo fratello voleva ammazzarmi quando ci siamo baciati, figurati se venisse a saperlo. Voglio dimenticare la sua faccia, dammi da bere».

«Sa altro di quel che è successo?»

«Non credo - o meglio, lo spero. Fa parte della guardia reale, è un capitano penso. Insomma, non proprio la persona che ti vuoi ritrovare contro».

«Un po’ come tuo padre».

«Evitiamo di parlare di Kaeler, per favore. Credevo mi avrebbe freddato e invece intende usarmi come portatore di informazioni dalla Discordia alla Mano Scarlatta. Non credo abbia capito che… mh, ho passato più tempo all’ospedale che da altre parti».

«Ci sei stato poco in mezzo alle gambe di quella?»

«Una notte» rispose Julyen abbozzando un sorriso. «Ma ho intenzione di rifarmi».

«Sempre se uno dei due non muore prima».

«Grazie del sostegno» sbotto Julyen alzando gli occhi al cielo. «Ma almeno tu puoi dirmi che è successo a Sester?»

«Da quel che so» iniziò l'altro dopo aver bevuto mezzo del proprio bicchiere. «Dopo la battaglia in cui l’Olavia è stata distrutta, la Mano Scarlatta ha assunto il controllo del Consiglio: molti politici si sono rintanati in casa e non sono più usciti. Alcuni hanno provato a fuggire, ma gli Affiliati li hanno fatti fuori. Per un periodo si sentivano spari da tutte le parti, non ho mai ben capito cosa sia successo, ma mi sono arrivate voci dalla Confederazione che in ballo ci fossero grosse partite di Chow. Diciamo che è anche il motivo per cui sono qui, ma, ragazzi, credo proprio di mollare la Confederazione per avere un accesso quasi illimitato. Si fanno pagare oro gli Affiliati».

«E usano quei soldi per procurarsi altra droga. Non mi racconti niente di nuovo, buona parte degli Affiliati hanno mollato il Patto dopo aver assaggiato il Chow e aver capito che né il Consiglio né Edam avrebbero permesso un consumo eccessivo sulle astronavi».

«La Confederazione vorrebbe non stringere i controlli sulla droga, ma proprio eradicarla, impedire il commercio».

«Non farà piacere a mio padre venirlo a sapere».

«Ho un favore da chiederti».

«Di che tipo?»

«Convincilo a farmi entrare negli Affiliati. In cambio posso rivelare dettagli precisi su quel che ha intenzione di fare la Confederazione delle Venti Stelle sul Chow. Ho fatto l’errore di assaggiarlo, ti prego» gli disse prima di finire il bicchiere. 

Julyen si lasciò sfuggire una risata. «È la prima volta che sento qualcuno implorarmi di mettere una buona parola con mio padre, in genere non vanno da lui, ma… visto cosa c’è in ballo, credo di poter parargli. Tu di sicuro saprai arrivare meglio di me alla casa che si è scelto, puoi venire con me dopo».

«Dopo quando?»

«Quando sarò completamente ubriaco. Sono venuto qui per ubriacarmi e non pensare alla Mano Scarlatta, tu che arrivi qui a chiedermi di diventare uno degli Affiliati non mi aiuta certo nella cosa e… mi sembra proprio che tu ti sia bruciato il cervello con il Chow. Come tutti».

«Tu no?»

Julyen agitò una mano. «Io ho disertato».

«Ricordo… ci rimasi male, non ti perdonerò per avermi abbandonato da solo in cabina».

«Almeno non ho sopportato più la puzza delle tue scarpe».

«Giuro ti faccio saltare tutti i denti se continui, mi aiuterai o no?»

«Solo perché sei tu».

L'angolino buio e misterioso

Sì, con Roys e il venire a sapere cosa è successo alla sua adorata sorellina mi sono divertita un sacco con potatosum

Like always. Lei supporta e sopporta i miei scleri, so, non potevo lasciarla fuori dal peggior trash della serie.

Niente, lasciamo Julyen a bere che ne avrà bisogno.

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