8. L'avvento di Febbraio

È buffo come a volte si faccia finta di nulla, passando oltre. Ci rifletto da qualche minuto, in effetti. Sarà perché adesso vi vedo qui, di fronte a me, intento a leggere il giornale con lo sguardo di chi è irrimediabilmente sprofondato con tutte le ossa dentro chissà quale notizia. Sarà che lo state facendo con una posa talmente austera e plastica che mi vien subito da pensare a tre giorni fa. Ora, più che mai, sembrate un uomo completamente distante da quello che mi ha rincorso per tutto il cortile. Non vi nego che un po' mi viene da sorridere. Non che ricordi molto, solo voi che mi correvate dietro sulla neve e qualche parola. Mento. In realtà ricordo intere frasi, sperando che la mia fervida immaginazione non sia un inganno. Ricordo che mi avete detto che sono bella, signor McGartie. Sono folle o è davvero successo? Continuo a guardarvi in silenzio, negli ultimi giorni ammetto di non avere molto da dire e di essere una compagnia mediocre. È solo che ripenso e ripenso ancora alle vostre parole e mi chiedo se davvero non ricordiate nulla. La mattina dopo quella nevicata, vi siete svegliato alle undici, un orario assolutamente atipico per un uomo come voi. Per un intero pomeriggio mi avete dato l'impressione di voler evitare la mia presenza e, ogni tanto, vi sentivo farfugliare qualcosa dentro al vostro studio. Immagino che abbiate trascorso la mezza giornata con un paziente... solo il buon Dio sa come siate riuscito a cavarvela dopo una sbornia di quel tipo. Io, ad esempio, ho trascorso tutto il giorno a combattere contro un'emicrania insopportabile, tanto che il giovane Luke era talmente preoccupato da essere sul punto di chiamare il medico. Idea che sono riuscita a troncare subito sul nascere, tanto era la vergogna che provavo nel farmi trovare in una tale condizione. E, nonostante questo, alla sera, durante la cena, vi siete presentati in tavola, elegante e posato come al solito, chiedendomi come fosse andata la mia giornata. La mia giornata, signor McGartie. Se ripenso a quel momento, alla faccia che ho fatto quando lo domandaste, mi viene da esplodere in una chiassosa risata. Incredibile come si possa fare finta di niente certe volte. O forse... non ricordate davvero nulla?

"Signorina Campbell? Mi state ascoltando?"
Il signor McGartie abbassò il giornale e la osservò con una certa perplessità.
"Stavate... stavate parlando a me?" replicò la ragazza, stordita, ritraendo gli avambracci dai braccioli della poltrona.
"Mi sembra ovvio. Vi chiedevo cosa ne pensaste di questo articolo."
Arlina sgranò gli occhi, "Oh, sì. L'articolo..." disse, deglutendo, "...tuttavia temo di non aver compreso bene la natura di tale... articolo."
"Non avete sentito una singola parola, non è così?" chiese allora, reclinando verso destra la testa, "A cosa stavate pensando?"

A quando l'altra sera mi avete detto che ero bella, signor McGartie. Avete detto che sembravo un angelo. Come fate a non ricordare?

"A nulla, in realtà." rispose Arlina, "Probabilmente l'avvento di Febbraio mi ha resa irrazionalmente distratta, signor McGartie. Perdonatemi."
"È un mese che non vi mette a vostro agio?"
"Il Signore voglia perdonarmi se dico ciò. È solo che Febbraio mi è sempre parso un periodo di transizione verso qualcosa che accadrà. Ciò potrebbe creare aspettative speranzose ai più, ma su di me ha solo l'effetto di suscitare ansia e paranoia." replicò lei, giungendo le mani sul ventre.
"E cosa dovrebbe mai accadere, signorina Campbell? In fondo, mi sembra che vi stiate trovando molto bene a Newbridge House."
Il giovane accavallò le gambe, chiudendo il giornale e posandolo su di esse.
"Oh, non era mia intenzione offendere in alcun modo la vostra ospitalità, signor McGartie. Intendo semplicemente dire che spero che tutto continui ad andare bene, proprio come adesso. In generale, intendo. Spero che il futuro possa essere solo un divenire di lieti eventi. Questo Paese ne ha bisogno. Abbiamo già vissuto parecchie disgrazie durante l'ultimo decennio, non ci servono altre sorprese."
McGartie accennò un sorriso, "Dite bene. Stiamo vivendo in un'epoca arida, signorina Campbell. Un'epoca in cui i sentimenti e la comprensione umana si sono seccati come alberi di mirto sotto il sole cocente."
La ragazza emise un lieve sospiro, che le gonfiò il petto, "Anche voi vi sentite inaridito, signor McGartie?"
L'uomo alzò il mento, osservandola con una certa serietà, "Questo dovete dirmelo voi."
Arlina strinse per un attimo i denti, irrigidendo la mandibola, "No, signore. Il vostro animo non è arido, né spento il vostro viso. Percepisco in voi una tempra forte, solida come le rocce che crescono ai piedi delle querce. I vostri occhi scintillano di vita. Riesco a vederlo chiaramente."
McGartie ascoltò quelle parole e le accolse rimanendo immobile sulla sedia, quasi irrigidito e frastornato. La osservò per qualche istante, scrutandola come di fronte a un dipinto dal fascino sfuggente e indecifrabile, dopodiché tornò a guardare il giornale.
"Pare che il governo abbia i giorni contati."
La giovane allora deglutì, sentendo di essere stata evidentemente inopportuna e tremendamente invadente.
"Sembra terribile, signor McGartie." disse, raddrizzando la schiena.
"Terribile non saprei, sicuramente grottesco. Il Paese non può permettersi un repentino cambio di ministri, ne rimarrebbe troppo scosso e non possiamo permetterci squilibri del genere. Il popolo inglese non sarebbe in grado di sostenerli. C'è già abbastanza confusione." rispose lui.
"Vi intendete di politica?"
"Mi interessa, ma mi limito a commentarne gli sviluppi, signorina Campbell. L'ammiro da lontano così come un mendicante ammirerebbe una nobildonna che passeggia per strada. Nulla di più." tornò a guardarla, "E voi?"
"Oh, io non oso avventurarcimi dentro, neanche per dare un'occhiata, signor McGartie. La politica è un affare troppo poco romantico per suscitare il mio interesse." replicò, sfregando le dita tra loro.
"Eppure sono piuttosto certo che se solo vi cimentaste, diventereste brava. Avete una spiccata arte nel parlare e non mi ci vuole troppa immaginazione a vedervi imperare durante un'assemblea."
Arlina sbuffò, incredula, "Oh, buon Cielo. Avete molta più fantasia di quanto pensassi, signore! Io a capo di un'assemblea? Mi pare estremamente impossibile."
Il giovane giunse le mani attorno al ginocchio, "E perché mai?"
"Perché sono una donna, signor McGartie." sentenziò lei, immediatamente, "Avete mai visto una donna rivestire un ruolo di così grande responsabilità? Nessuna donna potrebbe avere come subordinati degli uomini."
McGartie sbatté lentamente le palpebre, "E pensate che questo sia giusto?"
"No, niente affatto." disse lei, con fermezza, "Così come molte altre cose non sono giuste. Trovo semplicemente miserabile il modo in cui la società valuti ancora oggi le donne. Come se andassimo bene solo per indossare fiocchetti azzurri e chili di cipria sulle gote. Sorridere alle cene e camminare dritte mentre un bustino ci soffoca il petto."
L'uomo accennò un sorriso, "E allora non fatelo. Intendo... non mettete alcun bustino e non incipriate il naso. Non camminate necessariamente dritte e non indossate alcun frivolo fiocchetto. Chi ve lo vieta?"
Arlina sembrò esitare, "Agli uomini non piacerebbe."
"Ma a me sì." replicò McGartie, "Forse non sarò gli uomini, ma sono comunque un uomo. Un uomo a cui piace la verità."
La giovane gonfiò il petto.
"E io sto cercando la vostra verità, signorina Campbell. Quella libera da orpelli inutili e cerimonie di forma. E so che voi ne siete intimamente ricca."
"Perché mi dite questo?"
"Perché non me ne faccio niente di una compagnia costruita ad hoc per il mio personale piacere, signorina Campbell. Ve l'ho già detto tempo addietro. L'unica compagnia di cui sento il bisogno è quella costituita dalla vostra reale persona, dai vostri pensieri sinceri e anche dalle vostre opinioni scomode. Tutto ciò che non rientri in queste tre categorie non mi interessa e, certamente, non fa per me."
La ragazza rimase a fissarlo, mentre le labbra, lievemente schiuse, si erano seccate rendendo più difficoltosa la salivazione, "Voi mi parlate come se non fossi una sgàil, signor McGartie."
"Mi state, quindi, consigliando di trattarvi come tale? Lo preferireste?" replicò, corrugando la fronte.
"Certo che no... o meglio, non saprei. È solo che il vostro discorso mi disorienta, ad essere onesta." Arlina bagnò le labbra, sentendo in petto il cuore che pompava più celermente del solito, "Avete firmato un contratto che spiegava nel dettaglio i servizi da me offerti. Voi mi pagate per essere ciò che quel contratto recitava."
"Ebbene?"
La giovane deglutì, "Per cui, signor McGartie, abbiate il buon senso di non offendervi se vi confesso che non capisco per quale motivo chiamare una figura come la mia, se poi cercate tutto fuorché una figura come... la mia."
Il ragazzo rimase impietrito a osservarla, poi abbassò lo sguardo e si tirò in sù, sistemando con le mani la giacca e il cravattino.
"Credo che adesso sia meglio che io ritorni in studio." disse, con fare distaccato.
Arlina alzò lo sguardo, seguendone i movimenti con un atteggiamento costernato. Tuttavia non riuscì ad aggiungere altro, né ad emettere alcuna eloquente espressione riguardo il suo stato d'animo. Rimase semplicemente immobilizzata sulla poltrona di velluto damascato, osservando adesso il signor McGartie avvicinarsi verso la porta.
Quest'ultimo deglutì e, un attimo prima di abbandonare la sala, la osservò, rivolgendosi con tono serio.
"Sulla scrivania troverete il vostro stipendio del mese di Gennaio. Accettatelo e godetevelo come una qualunque donna incipriata e infiocchettata, graziosamente subordinata ad un uomo." serrò la mandibola e portò in giù le iridi, "Buona giornata, signorina Campbell."
Sparì, quindi, al di là della porta, lasciando che per qualche secondo il rumore delle suole riecheggiasse lungo tutto il corridoio.
Arlina rimase fissa con gli occhi sul cornicione, talmente rigida che sembrava nemmeno respirasse più.

Non sento più alcun muscolo del mio corpo, signor McGartie. Questo stato di paralisi, tuttavia, non mi preoccupa affatto. Ciò che davvero non riesce a darmi pace, in questo momento, è l'idea di avervi deluso. Io stessa sento di essere delusa da Arlina, profondamente. Mi sento irrimediabilmente sciocca, debole, priva di carattere e di qualunque utile qualità. Non mi ero mai sentita così, in diciassette anni questa è la prima volta. Ho sentito il cuore quasi implodere tra le costole e respirare ha iniziato a darmi noia e fatica. In un certo qual modo, le vostre parole mi hanno spiazzata e fatta stare male. Voi mi volete vera, e questo mi fa male. Voi volete la compagnia di Arlina, non di miss Campbell. E questo mi fa ancora più male. Perché questo dolore, signor McGartie? Perché reagire così? Perché rifiutare questo vostro atto di disarmante umanità? Perché non riesco ad accettarlo? Forse perché così mi rendete le cose più difficili e neanche lo sapete. Ma difficili per chi? Difficili rispetto a cosa? Oh, signor McGartie, mi scoppia la testa e, senza nemmeno averci fatto caso, mi accorgo solo adesso di stare piangendo silenziosamente, ancora seduta qui, su questa poltrona che adesso mi sembra stupidissima e scomoda quanto non mai.
Perdonate anche queste lacrime immotivate che mi rendono ancora più ragazzina di quanto vi abbia già dimostrato oggi. Spero solo che questo Febbraio possa proseguire meglio di come è iniziato.
Possa anche la notte più buia non impedire al Sole di sorgere.

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