7. La nevicata

I fiocchi erano iniziati a scendere giù nel primo pomeriggio. Inizialmente leggeri, timidi, poi più insistenti, fino a coprire di una coltre bianca e zuccherina l'intera vallata. Arlina aveva trascorso qualche ora accanto la finestra, godendosi lo spettacolo come una bimba meravigliata la notte della vigilia di Natale. Lei e il signor McGartie avevano scambiato qualche fuggevole commento solo la mattina, durante la colazione, poi non lo aveva più visto. Probabilmente era rinchiuso da un giorno intero dentro al suo studio, pensava, avviandosi verso la camera senza una chiara idea di come trascorrere le restanti ore del pomeriggio.
Non di rado, infatti, capitava che il signor McGartie sparisse all'interno di quella stanza, tanto che il signor Walsh era costretto a bussare alla porta per chiamarlo a cena. Tuttavia, più volte si era mostrato gelosissimo e riservato, sottolineando a chiunque, personale compreso, come fosse assolutamente vietato accedere allo studio. Era questo il motivo per cui lo chiudeva scrupolosamente a chiave ogni qualvolta che andava via: nessuno poteva entrarvi.
Arlina passò proprio davanti alla stanza, fermandosi per un attimo di fronte la porta in legno rossiccio. Cercò di percepire anche il minimo rumore, il tonfo del cuoio di una suola che poggiava sul pavimento, un bisbiglio, ma nulla. Si lasciò andare a un lieve sospiro, avviandosi verso le scale che portavano dritte alle camere da letto.
Raggiunse, quindi, la sua e richiuse delicatamente la porta alle spalle. Sopra il letto, gli abiti ritirati dalla sartoria Singer giacevano ordinatamente uno dopo l'altro. Erano estramente semplici ma incredibilmente raffinati, i tessuti e certi colori, poi, sicuramente la parte migliore. Tuttavia, non aveva ancora osato provarne nemmeno uno. Forse voleva servare la piacevole sorpresa di vedersi finalmente in una versione rinnovata, personale e, magari, audace a più tardi, quando sarebbe scesa al piano di sotto per brindare col signor McGartie. In fondo, si erano ripromessi di festeggiare la prima nevicata di Gennaio con un bicchierino di acquavite in mano, l'occasione era più che buona per inaugurare quel nuovo aspetto.
Si accostò, così, al letto e accarezzò lentamente la trama vellutata di uno degli abiti.
"Sarai tu il prescelto?"

Trevor ruotò il polso, osservando di sfuggita l'orologio, mentre con la mano destra portava alla bocca un sigaro cubano, uno di quei preziosi cimeli che tirava fuori dalla scatolina in legno solo quando aveva intenzione di affievolire i pensieri con un po' di leggerezza.
"Sono prodotti in Havana, quelli?"
Arlina fece ingresso nella sala dei ricevimenti, lasciando che il suono dei tacchetti rimbombasse tra le arcate bianche.
Il giovane la osservò quasi spiazzato, schiudendo leggermente la bocca come a mollare la presa sul sigaro.

Vi ho stupito, signor McGartie?
Sembrate piacevolmente impressionato dal mio aspetto. Immagino che sia il nuovo abito, ho scelto quello in velluto turchese scuro, un colore certamente coraggioso che non si vede spesso in giro. Cade lineare, scendendo oltre i polpacci e lasciando scoperte le caviglie. Potrebbe sembrare sconsiderato per molti, ma so che voi gradirete. È la vostra espressione a dirmelo, non ve lo aspettavate da me. Avevate ragione quando, il primo giorno, mi diceste che sembravo più piccola della mia età. Quelle vecchie vesti non rendevano giustizia alla mia dignità di donna. Adesso, tuttavia, mi sento diversa. Che diversa non significa sbagliata, vuol dire solo che so per certo di potermi abituare presto a sentirmi osservata ancora così, come state facendo adesso.

"Conoscete l'Havana?" replicò lui, rilasciando una piccola nube di fumo nell'aria.
Arlina lo raggiunse accanto la vetrata che dava sui giardini fiancheggianti Newbridge House: una distesa bianca attorniava la dimora.
"Solo sulla cartina, signor McGartie." accennò un sorriso.
"Volete favorire?" l'uomo stirò il braccio, mostrandole la scatolina.
La ragazza, allora, lo osservò titubante.
"Non abbiate remore, è il 1803. Pensate che una donna non possa fumare davanti a un uomo?"
Arlina deglutì, "Non ho mai fumato, signor McGartie."
"E va bene." replicò, quindi, facendo per mettere via la scatola.
"Tuttavia..." riprese la giovane, "... c'è sempre una prima volta."
Prese allora un sigaro e lo portò alle labbra.
McGartie accennò un sorriso, "No, non così. Permettete?"
Con indice e pollice toccò l'estremità del sigaro e lo sfilò delicatamente dalla bocca di Arlina, la quale lo seguì con gli occhi, rimanendo con le labbra semi schiuse.
"Ecco, vedete?" l'uomo mantenne in obliquo il sigaro, tenendolo con un mano mentre, con l'altra, avvicinava il fiammifero. Il braciere si accese facilmente, iniziando a emettere striscie di fumo grigio.
Passò, così, il sigaro alla ragazza che lo osservò impietrita, come turbata chissà da cosa.
"Il segreto è fare lente boccate e, mi raccomando, non aspirate."
Arlina cercò allora di attenersi a quelle semplici regole, fallendo tuttavia miseramente e iniziando a tossire con piccoli colpetti di petto dopo la prima boccata.
McGartie sorrise, ricambiandole uno sguardo quasi intenerito, "Non temete, questa è una reazione comune. Vi abituerete presto."
La ragazza abbozzò una smorfia, con la bocca già intrisa del sapore amore del tabacco, "Immagino che, al momento, osservarmi sia una spettacolo imbarazzante."
"Questo lo ritengo impossibile."
"Non ne sarei così convinta."
McGartie boccheggiò ancora una volta, facendo trasalire una nube fino alla volta del soffitto, "Eppure è così. Siete talmente magnetica stasera che nemmeno un sigaro fumato malamente riuscirebbe a sgraziarvi."
Arlina allontanò il tabacco dalla bocca, rimanendo a fissarlo attonita.

Magnetica? Ho sentito bene? Mi trovate... magnetica? Confesso che quando vi lasciate andare a queste vostre considerazioni, siete capaci di far franare persino i monti, signor McGartie, fino al punto di paralizzare ogni mio altro pensiero. È una cosa che mi succede solo con voi. E mi spaventa, non so perché.

Il giovane si rese conto dell'improvviso imbarazzo che si era dipinto sul volto di Arlina, "Voi non siete abituata ai complimenti."
"Non sono abituata ai complimenti che non mi aspetto." rettificò lei.
McGartie continuò a osservarla, quasi affascinato, e si spostò verso l'armadietto degli alcolici, tirando fuori una bottiglia di Poteen mezza vuota e due bicchierini.
"Per cui non vi aspettavate che io apprezzassi il vostro aspetto? State dicendo questo?" chiese, ritornando accanto la vetrata, mentre la neve si posava leggera.
"È solo che sono piuttosto certa che, nel corso della vita, i vostri occhi siano stati abituati a vedere dame incredibilmente curate e piacenti."
"E anche fosse, questo cosa potrebbe mai togliere alla veridicità della mia costatazione riguardo l'aspetto che mostrate stasera?"
Arlina reclinò leggermente la testa, "Beh... in effetti, suppongo nulla." valutò, serrando la mandibola.
"Ebbene, ecco che avete appena confermato il mio pensiero. Voi non siete abituata ai complimenti di un uomo e li trovate inattesi per il semplice fatto che non vi reputate all'altezza di meritarli."
McGartie le porse un bicchiere di acquavite.
La giovane alzò un sopracciglio, afferrando la bevanda, "State cercando di psicanalizzare anche me, signor McGartie?"
"È una possibilità." replicò, accennando un sorriso e bevendo un sorso di Poteen.
Arlina trovò quantomeno interessante l'innata inclinazione professionale che lo portava ad essere tanto articolato nell'osservazione di chiunque si rapportasse a lui. Bevve l'acquavite e si concesse un'altra boccata di tabacco, ormai assuefatta più all'odore che al gusto in sé del sigaro.
Tornarono, quindi, ad osservare il paesaggio oltre la finestra.
"Signor McGartie, a cosa vi fa pensare la neve quando la osservate?" esordì, poi, lei.
L'uomo le lanciò un veloce sguardo, spiazzato, "Non saprei... probabilmente al fatto che i miei cavalli potrebbero soffrirne il gelo."
Arlina allora si lasciò scappare una lieve risata, "Non intendevo questo! Lasciatevi guidare dall'immaginazione e ditemi a cosa vi fa pensare la neve."
McGartie tornò a concentrarsi sul candido panorama e sembrò pensare a qualcosa che riuscì a strappargli un sorriso.
"Quando ero un bambino e mi imbattevo in paesaggi del genere, credevo che Dio, prendendo il tè, avesse fatto accidentalmente cadere la zuccheriera su di noi." abbozzò una smorfia imbarazzata e la osservò, "Può bastarvi come risposta, signorina Campbell?"
"La trovo un'immaginazione estremamente deliziosa." commentò, trattenendo un'espressione sinceramente intenerita, "Io, d'altro canto, quando osservo le distese innevate, proprio così, come appaiono adesso, immagino che il Paradiso in fondo non debba essere tanto diverso da tutto questo. Quei mucchi laggiù, ad esempio, sembrano delle nuvole... soffici e inconsistenti nuvole di zucchero e brillantina. Mi piacerebbe un Paradiso fatto così, voi non trovate?"
L'uomo rimase in silenzio a guardarla, come se avesse preso appena consapevolezza di un qualcosa che rimaneva taciuto e segretissimo.
"Questo momento merita di un ulteriore brindisi." disse poi, riempiendo nuovamente i bicchieri di acquavite.
Arlina lo osservò fare, stupita, "Non staremo esagerando con l'alcool, signor McGartie? È sufficiente un bicchierino di Poteen per sentire già la testa dentro a una campana."
"Tuttavia, questa è una di quelle sere in cui sentirsi rintronati al rintocco di campane in festa non dispiacerebbe poi così tanto."
Sorrisero, alzando in alto i bicchieri in segno di brindisi.

Quel brindisi, in verità, non fu l'ultimo, bensì il primo di una lunga serie che li portò, nel giro di appena un'ora, a svuotare completamente la bottiglia. Durante quei momenti, non fecero nemmeno troppo caso all'incredibile quantità di alcool digerito. L'aria fredda che si respirava tra le mura di Newbridge House, tutt'al più, era stata piacevolmente riscaldata dalle risate sempre più squillanti nelle quali i due giovani esplodevano più o meno dopo ogni frase o pensiero sconnesso.
"Per cui guardai il signor Vareen e gli dissi: <<Signore ma quello è un asino, non di certo un pony!>>" esclamò lei, raccontando chissà quale buffo episodio risalente al suo primo incarico, ormai stravaccata da mezz'ora sopra un divanetto su cui aveva accidentalmente rovesciato due dita di Poteen.
McGartie la seguì nelle risate, rimanendo in piedi e con la schiena poggiata a forza contro la carta da parati a fiori e vòlute con cui era tappezzata l'intera sala, "Oh, signorina Campbell... non credevo foste così frizzante!"
Arlina scoppiò in una nuova e ingiustificata risata, tirandosi in sù lungo lo schienale imbottito e mettendosi in una posizione più decorosa, "Volete qualcosa di davvero frizzante?"
Si tirò quindi all'in piedi, barcollando vistosamente ma riuscendo comunque a reggersi, nonostante tutto, sui tacchetti delle scarpe color cipria.
"Provate a raggiungermi!" esclamò allora, scattando scompostamente verso l'uscita che dava sul cortile retrostante.
Iniziò, così, a correre a gran velocità, senza percepire la minima sensazione del gelo che dominava in realtà l'intera collina. Le scarpe affondavano dentro alla neve, ancora fresca e soffice, rendendo più difficoltosa la traversata.
Il signor McGartie, beffardo, le andò dietro, senza concedersi nemmeno un'iniziale titubanza, attraversando celermente le profonde impronte lasciate dalla ragazza. Quest'ultima arrestò la sua corsa dopo una ventina di metri, stendendosi sulla neve, distrutta e ansimante. Era felice, talmente tanto che non riusciva ad accorgersi nemmeno delle caviglie ghiacciate o delle gote arrossate come pesche tabacchiere. Sapeva solo di essere felice, estremamente. Come una fanciulla che ha appena terminato di scartare i regali di compleanno.
L'uomo la raggiunse pochi istanti dopo, lasciandosi anch'egli cadere morbidamente sulla neve, accanto a lei. Ripresero a ridere come matti, con lo sguardo rivolto al cielo scurissimo, mentre altri fiocchi di neve si adagiavano sul viso.
"Siamo finiti in Paradiso, signor McGartie!" urlò lei, muovendo su e giù le braccia.
"Voi siete matta..." commentò lui, ruotando il volto a guardarla.
Arlina girò la testa e, stavolta, gli ricambiò un sorriso più composto, più serio.
"Siete matta..." ribadì lui, con tono adesso più controllato "...matta ed estremamente bella."
La giovane allora sorrise, per poi lasciarsi scappare ancora una risata sbuffata, "Oh cielo!"
"Dico sul serio, Arlina." fece lui, chiamandola per la prima volta per nome, "Sbagliate quando pensate di non essere abbastanza. Siete molto più di qualsiasi donna abbia mai conosciuto."
La ragazza tornò a osservarlo, come in un bagliore di lucidità.
"E non vi nego che sembrate un angelo, adesso." concluse lui, continuando ad ansimare più per il freddo che per la breve corsa.
Arlina rimase ancora per qualche secondo in silenzio, serissima. Poi lasciò che la mano destra scivolasse lungo la neve, componendo una piccola palla che scagliò improvvisamente sul petto del ragazzo, spezzando forse inconsapevolmente la strana atmosfera appena creatasi e generando in breve tempo una vera e propria battaglia tra i due.

Dalle cucine, il signor Walsh sentì un frastuono di urla e risate riecheggiare dall'estero della casa. Lasciò, quindi, andare le ultime faccende e si accostò alla finestrella che sovrastava il lavabo, richiamando vicino a sé il giovane Luke.
"Ehi, ragazzo! Avvicinate!" gli disse, con tono quasi agitato, "Quelli laggiù... sono il signor McGartie e la signorina Campbell?"
Luke sorrise, "Temo proprio di sì, signor Walsh. E credo che quelle siano palle di neve." constatò, allargando la bocca.
"Sono forse impazziti?! Non c'è nulla da ridere ragazzino, fuori si gela! Si beccheranno una bella broncopolmonite se rimarranno un minuto di più! Presto... corri a prendere i giacconi e andiamo a recuperare quei dissennati!"

Signor McGartie. Nonostante adesso sia sdraiata al calduccio sotto le coperte del mio letto, la testa continua a girare come le trottole che mio padre mi portava sovente, ogni volta che faceva ritorno dalla fiera di Ross-shire. Il signor Walsh sembrava furioso quando è venuto a recuperarci. Ci ha urlato contro qualcosa che, adesso, nemmeno ricordo più, e poi ha continuato a borbottare mentre ci preparava due borse di acqua calda. Ma che ridere, nonostante tutto! Voi mi guardavate, ogni tanto, e riprendevamo a sghignazzare mentre il poveretto ci sistemava addosso delle coperte.
Oh, signor McGartie! Una delle sere migliori della mia vita! Che amarezza pensare che domattina avrò già scordato tutto. Spero solo di non rimuovere dal cassetto dei ricordi le dolcissime parole che mi avete riservato stasera. Mi trovate bellissima. È così?
O, forse, non è ciò che avete detto in realtà. Le parole svaniscono velocemente adesso e non riesco più a capire cosa sia realmente accaduto e cosa no. Beh, spero tuttavia che possiate riposare bene, signor McGartie. Buonanotte, allora.
Possa anche la notte più buia non impedire al Sole di sorgere.

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