3. Tè allo zenzero
"Gradite del tè allo zenzero, signorina Campbell?"
La giovane donna trasalì dai pensieri, chiudendo all'istante un vecchio libro, fermo alla pagina ottantaquattro da circa venti minuti. Per un po' aveva osservato dalla finestra il signor McGartie cavalcare uno dei suoi purosangue tra i fili d'erba dell'immenso terreno che dominava il retro di Newbridge House. Cavalcava con estrema destrezza e agilità, probabilmente frequentava le scuderie sin da bambino, aveva ipotizzato, ammirandone in silenzio le abilità.
"Tè allo zenzero?" riprese lei, rivolgendo uno sguardo curioso verso Luke, il giovane domestico, "Come siete riusciti a reperire dello zenzero in Irlanda?"
"Oh, beh... questo io non saprei. Forse dovreste domandarlo al cuoco, signorina Campbell, o meglio ancora al signor McGartie. È lui che ordina questo tipo di... di strane spezie straniere."
Arlina esplose in una fragorosa risata, "Oh cielo! Ma lo zenzero non è mica una spezia, Luke. È una pianta, proveniente dall'estremo Oriente."
Il ragazzo rimase impalato e alquanto in imbarazzo, continuando a reggere tra le mani il vassoio, "Perdonatemi, signorina Campbell, ammetto di non essere molto colto."
La giovane si alzò dal comodo divanetto su cui aveva dedicato qualche ora di piacevoli letture e si avvicinò al domestico, afferrando una tazza di tè ancora fumante, "Vi perdonerò solo e, sottolineo, solo se da ora in poi inizierete a chiamarmi per nome e lascerete che io possa fare lo stesso." sorrise e sorseggiò un goccio della calda bevanda, "Mi reca un certo disagio dare del Voi a un giovanotto."
Luke inarcò le sopracciglia, "Onorato, signorina Campb... ehm, Arlina... Grace!"
La giovane inarcò le labbra, "Va bene anche Grace. Quanti anni hai, Luke?"
"Quattordici, appena compiuti. Ma tutti mi dicono che ne dimostro almeno diciotto!" replicò, con una certa fierezza.
"Mentono." commentò, allora, Arlina. Trovava irresistibile prendere in giro i ragazzini durante il loro periodo di pubertà.
"Cosa? No, questo non è affatto vero. Le ragazze più grandi perdono la testa per me, posso assicurartelo!"
Il ragazzino si fece rosso in viso, manifestando con buffo ardore il suo dissenso.
"Non hai tutti i torti." disse quindi la giovane, approfittando di un ultimo sorso, "Io, ad esempio, ho appena perso la testa per i tuoi deliziosi tè." sorrise e riposò la tazzina vuota sul vassoio che il domestico continuava a tenere sospeso.
Luke distese con più calma le braccia e le ricambiò uno sguardo amico, prima di congedarsi in fretta verso le cucine.
Rimasta nuovamente sola dentro la silenziosa ed intima biblioteca, Arlina indirizzò ancora una volta lo sguardo verso il giardino, notando che il signor McGartie era appena smontato da cavallo.
Tè allo zenzero. Sorprendente, signor McGartie. Quindi siete una persona che apprezza le sperimentazioni. Un uomo sofisticato, nell'accezione migliore del termine, s'intende.
Me ne compiaccio, poiché ciò denota una grande apertura mentale da parte vostra, cosa niente affatto banale. Non vi accontentate o, forse, sentite la necessità di spingervi verso mondi distanti perché qui c'è qualcosa che vi rende insoddisfatti? Siete felici della vostra vita, signor McGartie?
Vorrei tanto arrivare a un livello tale di confidenza da non sentirmi invadente nel porvi una domanda tanto intima. Ma capisco che è ancora prematuro, fin troppo. Sarebbe già un bel passo avanti anche il solo cenare in compagnia.
Ieri sera, ad esempio, ero convinta che avremmo condiviso il momento del pasto insieme, non ve lo nego. In fondo, la cena è uno dei momenti preferiti dai signori per trascorrere in convivialità delle ore con la propria sgàil. Credo che voi siate il primo uomo ad avermi lasciata sola, ieri sera. Badate bene, signor McGartie, non è assolutamente mia intenzione lamentarmi. Mi sento estremamente fortunata di essere finita qui, a Newbridge House. È una dimora deliziosa, immersa in un paradiso verde di praterie e colline rigogliose. Non potrei essere più felice. Tuttavia, da quando sono arrivata, ho come la sensazione di dovervi rincorrere, come se toccasse a me il compito di ricercare le vostre attenzioni.
Questo è curioso, dal momento che voi mi pagate per ricevere le mie, di attenzioni. Mi state forse evitando, signor McGartie? Ieri, del resto, abbiamo solo chiacchierato un po' durante la firma del contratto, restavano ancora quasi cinque ore piene per usufruire della mia compagnia. Eppure non vi ho più visto per l'intera giornata.
"Buongiorno, signorina Campbell."
La giovane si voltò, trovando all'ingresso della biblioteca familiare il signor McGartie, con ancora addosso gli stivali da cavalcata.
"Buongiorno." rispose, con tono più flebile di quanto lei stessa pensasse.
"Avete riposato bene stanotte?"
La giovane accennò un sorriso rincuorante, "Egregiamente, signor McGartie. Il buon Dio mi ha dotato di un sonno talmente pesante che riuscirei ad addormentarmi persino su un masso."
L'uomo corrugò leggermente la fronte, "Questo significa che... che trovate il materasso scomodo? Se è troppo duro non esitate a dirmelo, farò in modo che Desmond provveda a sostituirl..."
"Oh no, no." la ragazza lo interruppe, portando velocemente una mano davanti le labbra, nel tentativo di trattenere il riso, "Intendevo solo dire che non soffro di insonnia. E che stanotte ho riposato magnificamente su quel materasso, signor McGartie."
Spesso prendete letteralmente per vero tutto ciò che dico, senza intuire che stia solo ironizzando. Lo trovo irresistibile, signor McGartie. Davvero irresistibile. E trovo anche che forse dovreste sorridere più spesso.
Ridere è bello, signor McGartie. Riscalda i cuori, anche quelli più freddi.
"Vi viene da ridere?" disse, allora, lui.
"Giusto un po', ma poi mi passa."
"Non trattenetevi." replicò, osservandola con più attenzione.
Vi piace guardarmi sorridere, ma certo. È il modo in cui me lo avete chiesto.
Non volete che io vi neghi un sorriso, trattenendolo sulle labbra. Forse mi sbagliavo quando dicevo che tra i due sono io quella che rincorre. Forse siete proprio voi a ricercare queste mie attenzioni. È solo che non sapete ancora come farlo.
Vi sembra inopportuno chiedermele? Credete che io possa offendermi? Sono qui proprio per questo, signor McGartie. Ricordate, sono la vostra ombra.
Arlina scostò lentamente il palmo dal viso e liberò un sorriso genuino e luminoso, che sembrò quasi trasmettersi di riflesso all'uomo.
"Vi ringrazio." concluse quest'ultimo, facendo per dare le spalle e andare via.
"Signor McGartie." disse immediatamente la ragazza, "Mi chiedevo se stasera vi andrebbe di cenare insieme. Potrebbe essere un'ottima occasione per conversare della giornata trascorsa."
Il giovane deglutì e sembrò rifletterci un attimo, "Può starmi bene, d'accordo. A stasera, dunque."
Purea di patate dolci, uova sode, arrosto di tacchino, marmellata di cipolle e panna cotta. Arlina osservò le pietanze presentate con cura sui vassoi d'argento che giacevano a centro tavola e facevano da specchio alla fiammella arancio emanata dal lume a petrolio in ottone scuro.
"Il menù è di vostro gradimento?" chiese McGartie, seduto a capotavola.
Si era presentato con qualche minuto di ritardo, trovando già accomodata la giovane donna, con la quale si era più e più volte scusato, scaricando ogni responsabilità sugli impicci di lavoro.
"Sembra tutto incredibilmente delizioso." commentò Arlina, ben propensa ad intraprendere una fruttuosa conversazione.
Il giovane uomo afferrò il cucchiaio intarsiato e servì la ragazza, adagiando con cura sul piatto una piccola porzione di ciascuna portata.
Non vi fate servire dai domestici. Preferite fare da voi, ecco perché i vassoi sono in tavola. Ammetto che rare volte mi è capitato di assistere ad un abitudine del genere.
Inizio a pensare che, per natura, non siate proprio incline a chiedere l'aiuto della gente, nemmeno quando la pagate per ricevere giustappunto quel servizio. È perché siete eccessivamente cortesi o perché non riuscite ad accettare l'idea di aver bisogno di qualcuno?
"Stamani ammetto di aver ceduto alla curiosità e di avervi osservato cavalcare." esordì lei, lasciando che la lama del coltello scivolasse lentamente tra la carne speziata, "Sembrate esperto." aggiunse, addentando un piccolo boccone di arrosto.
Il giovane tamponò leggermente i lembi della bocca col tovagliolo, "I miei avi hanno sempre gestito dei maneggi, qui a Waterford. Sono cresciuto in mezzo ai cavalli. Ritengo che siano bestiole estremamente affascinanti, nonché fedelissime."
Poggiò alla sinistra il velo di cotone ricamato e le rivolse uno sguardo, "Per voi, invece, quale è l'animale più affascinante tra tutti?"
"Suppongo, l'uomo." rispose Arlina, rimanendo seria.
McGartie la guardò per un breve istante, rimanendo in silenzio, poi tornò al suo piatto, "L'ironia è una scienza esatta, un po' come lo è la matematica." commentò, velatamente divertito.
La giovane spalancò gli occhi, in una smorfia quasi esterrefatta, "Non posso credere che stavolta abbiate colto in tempo l'ilarità di una mia affermazione!"
"Vi piace prendervi gioco di me, non è così?"
Forse sì, signor McGartie. E soprattutto mi piace vedervi finalmente più spontaneo.
Siete più reale.
"Assolutamente no. Mi rifiuto di sostenere un'accusa simile." rispose, sorridendo con estrema misura.
Il giovane ricambiò il sorriso, senza nemmeno rendersene conto, per poi ricadere nuovamente dentro un'espressione corrucciata. Conversarono cordialmente per una buona mezz'ora fin quando l'uomo non sospirò. Portò, allora, indietro la sedia e lanciò una veloce occhiata sull'orologio da polso, che segnava da pochi minuti le venti.
"Vi ringrazio per la piacevole chiacchierata, signorina Campbell."
"Andate già a letto, signor McGartie?" chiese lei, in un misto di delusione e dubbio.
"Beh, non propriamente." si alzò, sgranchiendo le gambe, "Devo prima terminare la compilazione di alcune cartelle."
La giovane annuì, "Quindi immagino che non ci sia modo di concludere il pasto con un bicchierino di Poteen."
Forse fin troppo audace da parte mia, signor McGartie, lo ammetto.
Adesso vi starete chiedendo come fa una giovane donna straniera a conoscere la tradizionale acquavite irlandese. Vi stupirò ancor di più: so che il vostro Paese la commercia clandestinamente e so per certo che ne tenete almeno due bottiglie dentro l'armadietto degli alcolici.
Siete un medico, è vero, tuttavia non siete diventato ancora un puritano.
L'uomo indugiò, francamente spiazzato da una tale proposta, ma fu come se, per un certo verso, aspettasse da secoli qualcuno con cui sorseggiare spensierato un goccio di ebbrezza.
Persero almeno mezz'ora per accendere tutte le lampade della grande sala dei ricevimenti. Alcune superfici apparivano impolverate e al centro della stanza un grande pianoforte a coda, coperto da un lenzuolo, primeggiava fra tutte le attrazioni.
"Sapete suonarlo quello?" lo interrogò, appoggiando il bacino contro il bracciolo di una poltrona ed indicando in direzione dello strumento.
McGartie le passò un calice di acquavite, "Anni fa, adesso non ne sono più capace."
"Non dovrebbe essere una di quelle cose che non si dimenticano mai nella vita?" insistette, assaporando per la prima volta quel drink.
Sentì l'alcol bruciarle con asprezza la gola.
L'uomo buttò giù tutto d'un sorso, "Purtroppo no."
Abbandonò, quindi, il bicchiere di cristallo sopra il mobiletto, poggiando la schiena contro una delle imponenti colonne della sala.
Qualche attimo di silenzio intervallò i loro sospiri.
"Avete messo uno degli abiti che vi ho fatto confezionare." constatò ad alta voce, come se il pensiero fosse sfuggito dalle labbra.
Arlina sorrise, anche se adesso un leggero velo di inibizione sembrava essere calato sul suo volto, "Spero vi piaccia, signor McGartie. Crediate mi doni?"
Il giovane schiuse lievemente le labbra e lo sguardo vagò imbarazzato sulle sue forme aggraziate. Distolse subito l'attenzione e andò a sedere sullo sgabello del vecchio pianoforte.
"Vi rende particolarmente graziosa, signorina Campbell." troncò.
"Graziosa" è un appellativo che cucirei bene addosso ad una bambina di otto anni, signor McGartie. Ma apprezzo comunque il vostro sforzo.
Non volevo in alcun modo mettervi a disagio quando vi ho chiesto del mio aspetto. È semplicemente una domanda che siamo tenute a fare, ogni tanto. Ci serve per capire se la nostra compagnia possa aggradarvi o se sia il caso di modificare qualcosa. Un aspetto curato e gradevole è il primo alleato per l'instaurazione di un rapporto piacevole tra i due sessi.
Non volevo portarvi ad indugiare tra le linee del mio corpo, ma vi ringrazio comunque per esservi fermato subito.
"Ne sono ben lieta, signor McGartie." replicò Arlina.
Il giovane abbassò il capo, come colto da un improvviso capogiro e si rivolse nuovamente a lei, rimasta semiseduta di fianco la poltrona polverosa.
"Non dovete necessariamente assecondarmi in ogni cosa, signorina Campbell. Non dovete per forza compiacermi. Questo lo sapete, non è vero?"
La ragazza, allora, percepì un piccolo tumulto tra le costole, "Siete stato voi a procurarmi degli abiti nuovi, signor McGartie."
"È stata la signora Winsorth, la vostra direttrice, ad indicarmi nella missiva cosa avrei dovuto farvi trovare al vostro arrivo." rettificò lui.
"Ed infatti, è ciò che avete fatto."
"Sì, l'ho fatto. Tuttavia non credevo li avreste indossati davvero. Francamente lo trovo... lo trovo patetico!" replicò, istintivo.
Arlina gonfiò il petto, quasi avesse ricevuto un dardo infuocato dietro la schiena, e rimase pietrificata ad osservarlo.
"Perdonatemi, signorina Campbell. Perdonatemi." sibilò allora, mortificato, abbandonando velocemente la grande sala.
Non scusatevi, signor McGartie. Sono io a chiedere il vostro perdono. Me ne rendo conto solo adesso, come ho fatto ad essere così cieca?
Voi non siete affatto come gli altri signori. Siete un uomo che vuole sentirsi dire quando sbaglia, cercate lo scontro piuttosto che una mera approvazione, perché è nello scontro che nascono le idee. In fondo siete un uomo di scienza, vi nutrite del dibattito perché di sterili consensi ne è da sempre pieno il mondo.
Stupida, stupida io a non avervi capito. Così come mi sento irrimediabilmente sciocca dentro questa veste gonfia in raso rosa confetto.
Ma non succederà più, signor McGartie, ve lo prometto. Se devo proprio trovare un lato positivo in tutta questa faccenda è che, per la prima volta, stasera ho intravisto un guizzo della vostra vibrante personalità. E di questo ne sono lieta.
Possa anche la notte più buia non impedire al Sole di sorgere.
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