Otto


«Aria! ARIA! Mi senti?» mio padre mi scuote, ma io non riesco a distogliere lo sguardo dal pendaglio. Il vento sta aumentando, il dondolo oscilla cigolando rumorosamente, ipnotizzandomi. A quel punto lo vedo. Un alone opalescente, della grandezza di una persona. Un brivido mi gela la spina dorsale, facendomi trasalire. Un mulinello d'aria solleva foglie e sabbia, facendole volteggiare sempre più velocemente. Ruoto lentamente su me stessa e incontro lo sguardo smarrito di mio padre, mi accorgo finalmente della sua mano sulla spalla, che mi scuote con insistenza.

«Che diavolo stai fissando? Sembra che tu abbia visto un esercito di fantasmi!» Mi volto in direzione del dondolo, alzo la mano e indico il ciondolo, che luccica illuminato dalla flebile luce lunare. L'ombra lattiginosa invece è sparita, così come il mulinello d'aria. Mi chiedo quanto di ciò che ho visto sia frutto della mia immaginazione e quanto sia reale.

«Come ci è finito là fuori?» chiede mio padre sgranando gli occhi. Apre la porta finestra, che scorre lungo la guida con un insolito cigolio sinistro. Si avvicina al dondolo per afferrare il gioiello, ma quest'ultimo scompare sotto i nostri occhi.

«Ma che diavolo...» osservo mio padre mentre barcolla e balbetta per lo spavento, ma l'istinto mi dice che nasconde qualcosa. Lo conosco troppo bene. So capire quando mente. E in questo momento non mi sembra sincero. Per niente. Che accidenti sta succedendo?

«Marco, vieni dentro, guarda laggiù!» la voce stridula della matrigna lo fa sobbalzare.

«A cosa ti riferisci, Amytesoro?» Amytesoro. Puah. Reprimo una smorfia di disgusto mordendomi le labbra. Che schifo. Un vezzeggiativo melenso attribuito a un mostro. Mi stupisce che questa strega non abbia tre teste, sei bocche e dodici file di denti neri e aguzzi.

«Non ci sono nuvole all'orizzonte, ma sbaglio o quelli sono lampi?» gracchia, agitando un braccio e facendo tintinnare il numero imbarazzante di bracciali che indossa. La sua mano tozza  indica una serie di lampi che rischiarano il buio. Mio padre rivolge lo sguardo nella direzione indicata dalla matrigna, mentre io vengo nuovamente distratta dall'ombra iridescente. La figura si muove verso il lago, che si trova al di là della strada. Lo Starlight Lake è uno specchio d'acqua di forma ovale, con un perimetro di circa quindici chilometri dal quale prende il nome la piccola e giovane cittadina dispersa nel nulla in cui ci siamo trasferiti. Dicono che il lago prenda il nome da strani eventi atmosferici che accadono nelle sue immediate vicinanze, incluso lo spettacolare fenomeno delle stelle cadenti, che precipitano inspiegabilmente solo all'interno dell'acqua, due volte l'anno. Pare che sia molto profondo, oltre i quattrocento metri. Avverto un altro brivido lungo la schiena, mentre la figura sembra attrarmi verso di sé.

«Aria! ARIA! Per la miseria, ma che ti succede? Sei finita di nuovo in trance!» mio padre si sta sgolando nel tentativo di ottenere la mia attenzione. Mi scuoto dal torpore e gli lancio un'occhiata inferocita.

«Sono solo un po' scossa per via del ciondolo, stavo riflettendo. Smettila di sbraitarmi nelle orecchie o ti toccherà comperarmi un apparecchio acustico!» ringhio fulminandolo.

«Che ti succede, si può sapere? Sembri scollegata dal mondo! C'è qualcosa che posso fare?» cerca di addolcire la voce, con il risultato di farmi incazzare ancora di più. Il suo tono falsamente accondiscendente è come aver passato le unghie su una lavagna. Insopportabile.

«Non fare quello premuroso, per favore. Sappiamo bene entrambi che l'atteggiamento sdolcinato che hai assunto da quando siamo qui è solo una tecnica per farmi digerire il trasferimento e la tua fiamma, dato che sai che tra me e lei l'odio reciproco è insanabile. Non attacca, papà, rassegnati. Ora se non vi dispiace me ne vado in camera mia.» lui mi fissa con espressione stralunata, mentre gli sfilo davanti, schizzando via. Salgo le scale come se ne andasse della mia vita e mi chiudo in camera sbattendo la porta. Mi butto pesantemente sul letto, afferro il lettore mp3 dal comodino e mi infilo gli auricolari. Ma prima di sfiorare il tasto del play la figura opalescente si materializza nuovamente ai piedi del letto. Inizio a tremare, sono paralizzata dalla paura. Non riesco a muovere un singolo muscolo. L'ombra si avvicina, mi sfiora, mi sovrasta, fino a scomparire all'interno del mio corpo.

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