XXVII. Il Regno dei Cieli
La luce chiara dell'alba penetrava appena dai boccaporti che si aprivano sul soffitto dell'ampia stanza dove alloggiavano i marinai.
Joey era adagiato supino sulla sua branda e le ali sporche di sangue e cenere ricadevano ai lati del suo corpo come foglie secche: l'albero di trinchetto, cadendo, ne aveva spezzata una e aveva lacerato l'altra in maniera così profonda che prima dell'intervento del reverendo Lloyd si poteva vedere attraverso lo squarcio.
Mess si chinò sul suo volto esangue: il ragazzo aveva alternato stati febbricitanti a momenti di coscienza, in cui aveva pianto e urlato senza però riuscire ad articolare parole coerenti.
"Come si sopravvive a una lesione del genere?" pensò la ragazza, inquieta, desiderando una volta di più che Blackraven fosse sull'Argon.
«Vivrà?» chiese Bart, vedendo che il reverendo aveva iniziato a mettere via gli strumenti. La ragazza non l'aveva mai visto così pallido e stravolto; il tono supplicante della sua domanda aveva spinto Trix a posargli le mani sulle spalle in un gentile abbraccio silenzioso.
«Ce lo dirà il tempo» fu la lapidaria risposta.
Messalina stava per replicare con una battuta pungente quando giunse un grido dal ponte principale.
«È la voce di Wes!» esclamò la ragazza, correndo su per le scale in preda all'agitazione. Il marinaio era appostato di vedetta sulla cima dell'albero maestro e per gridare a quel modo doveva aver avvistato qualcosa.
"Forse abbiamo recuperato il vantaggio che la Nuova Armada aveva su di noi!"
Secondo i calcoli di mastro Bell la flotta avrebbe impiegato almeno quattro giorni per raggiungere Granada, la nuova capitale della Spagna: una volta giunti lì, Lyon e Sin sarebbero stati impiccati con celerità per evitare una nuova, mirabolante fuga come quella da Gijón cinque anni prima. Granada era la città spagnola più vicina venendo da Est e Old Tom aveva suggerito che i sovrani spagnoli sarebbero stati più che felici di vedere il figlio bastardo del loro peggior nemico impiccato davanti ai loro occhi.
Dato che affrontare le aeronavi in cielo sarebbe stato un suicidio, l'unica possibilità di salvarli era arrivare in città subito dopo la flotta e liberarli prima dell'esecuzione. I tempi erano stretti e c'erano decine di motivi per cui quel piano avrebbe potuto fallire – non da ultimo il fatto che l'Argon correva il rischio di essere riconosciuta e abbattuta.
Per questo gli sforzi per riparare l'albero di trinchetto erano stati raddoppiati e proseguivano senza interruzioni; Mess aveva anche dato ordine di sporcare il pallone e le vele con cenere e carbone, in modo da nascondere almeno in parte il brillante color grigio perla.
«È la Nuova Armada?» gridò, saltando sulle sartie per raggiungere Wes, seduto a gambe incrociate sul pennone dell'alberetto di controvelaccio.
«Nossignora, si direbbe un mercato volante!»
Mess si lasciò scivolare sul ponte, delusa.
I mercati volanti non erano altro che una flottiglia di aeronavi tenute insieme da passerelle di legno e ponti di corda; venivano costituiti da mercanti timorosi di incappare in pirati dell'aria o da chi vendeva merci di contrabbando e preferiva quindi garantirsi una rapida via di fuga. Diffusi in tutto il mondo, quegli assembramenti di imbarcazioni potevano infatti essere smobilitati nel giro di mezz'ora al massimo.
Un magone improvviso le chiuse la gola; non era la prima volta che le accadeva, nelle ultime ore. La notte precedente mastro Bell le aveva dato uno scopo, ma i dubbi non le davano tregua.
"E se ci stessimo sbagliando? E se li avessero già impiccati all'albero della nave? Cosa faremo allora? Se almeno ci fosse Smokey..."
«Accostiamo» ordinò infine. «Vediamo se qualcuno può darci una mano con quell'albero e se hanno informazioni sulla Nuova Armada»
Ci volle un'ora prima che il mercato volante diventasse visibile anche dal ponte: era un agglomerato consistente di vele e palloni aerostatici dipinti di un bianco accecante, su cui campeggiava un crocefisso stilizzato.
"Che sia una delegazione del Papa cattolico?" ipotizzò Mess.
Dopo il Crollo il Papato, che aveva perso gran parte dei suoi possedimenti terreni, era diventato un'istituzione itinerante che si spostava in continuazione per l'Europa e l'Africa.
Poi il suo sguardò vagò fino alla prua dell'Argon, dove svettava il moncone dell'albero di trinchetto: le sue vele, le aveva spiegato Old Tom, permettevano di sfruttare al meglio le correnti d'aria ed erano essenziali per la prodigiosa velocità dell'Argon. Senza di esse la caccia alla Nuova Armada era un'impresa ancor più difficile, anche se l'albero maestro e quello di mezzana erano intatti e il vento gonfiava le loro vele.
Mess si prese la testa tra le mani, reprimendo a forza l'istinto di urlare: le sue emozioni oscillavano tra la speranza e lo sconforto e il continuo turbinio di pensieri rischiava di farla impazzire.
"Non volevo questo" pensò, sbattendo velocemente le palpebre per scacciare le lacrime. "Perché non ho soffocato il mio senso di colpa quando Lyon mi ha raccontato degli schiavi? Perché non ho accettato le vie d'uscita che il Re e la principessa mi hanno offerto? Sarebbe stato così facile... Una vita lontana dalle decisioni complicate, ecco cosa volevo quando sono scappata da Cloud Eden – se solo la parte più nobile di me non avesse preso il sopravvento! Se solo non avessi assecondato l'assurdo impulso di raddrizzare i torti di mio padre!"
Il volto di Lyon si insinuò dietro le sue palpebre chiuse, strappandole una smorfia malinconica. Avrebbe voluto dare al corsaro tutta la colpa per averla trascinata in quell'avventura, ma sapeva bene che non era così: lei si era lasciata tentare dalla possibilità di diventare una donna migliore della ragazzina viziata che i suoi genitori avevano cresciuto. Forse era per questo che si era infatuata di lui: Lyon Blackraven somigliava molto alla persona che aveva intimamente sperato di essere.
"Sì, ma cosa me ne faccio di questo amore se lui muore? I nobili intenti non ti salvano dal dolore. Alla fine avevano ragione gli altri, quelli come Raymard e i miei genitori: gli egoisti vivono meglio e più a lungo degli eroi, Blackraven. E se non raggiungiamo Granada in tempo, o se ci siamo sbagliati e vi stanno portando da un'altra parte, voi lo sperimenterete in prima persona!"
Un tafferuglio proveniente dal ponte di comando interruppe i suoi pensieri:
«Giù le mani dal mio timone, corpo d'un kraken!»
«Vi dico che dobbiamo invertire la rotta! Subito!»
Il reverendo stava lottando contro mastro Bell per impadronirsi del timone e gli occhi spiritati e la bava alla bocca lo facevano somigliare in maniera impressionante a un cane rabbioso. Messalina dovette infilarsi a forza tra i due e spalancare le ali per separarli.
«Ma insomma!» sbottò. «Padre Lloyd, siete impazzito del tutto?»
Senza preavviso l'uomo l'afferrò per il colletto della camicia, sollevandola da terra e fissandola con uno sguardo in grado di gelarle il sangue nelle vene. Durante il loro primo incontro la totale assenza di emozioni nel fondo dei suoi occhi l'aveva inquietata, ma avrebbe preferito il distacco al misto di terrore e furia omicida che lo animava in quel momento.
«Non possiamo lasciarli avvicinare!» ringhiò, scuotendola. «Sarebbe la fine, capite? La fine! Per tutti!»
La ragazza provò a divincolarsi e a scalciare, ma solo l'intervento di Old Tom riuscì a liberarla dalla presa del reverendo: il cuoco dovette trattenerlo a forza, con l'aiuto di Bart, per impedirgli di avventarsi di nuovo verso il timone.
«Perché?» chiese infine Messalina. «Cosa avete contro i mercati volanti?»
«Sciocca! Quello non è un mercato volante!»
Un boato interruppe la loro discussione: dalla flotta alle loro spalle avevano appena sparato una carica a salve.
«Ci sparano addosso?» urlò Mess, incredula, afferrando il cannocchiale per tentare di intuire cosa stesse succedendo a bordo delle navi; si rese conto, con un brivido, che alcune di esse si erano staccate dalla flotta e stavano andando loro incontro a velocità sostenuta.
«No!» esclamò Wes, atterrando sul ponte di comando con aria sgomenta. «Ci abbordano!»
La ragazza si guardò attorno e vide che tutti erano confusi quanto lei. Tutti, tranne il reverendo Lloyd che zoppicò fino alla murata del ponte e si sporse verso la flotta in avvicinamento.
«E così il Signore gli rese il meritato castigo» mormorò, tra sé e sé.
«Possiamo sfuggirgli?» domandò invece Messalina, voltandosi verso il timoniere.
«Con la velatura ridotta alla metà, l'equipaggio stanco e le riserve di carbone quasi vuote? Impossibile!»
«E immagino che non possiamo neanche combatterli!»
«Non se vogliamo rimanere tutti interi»
«Dannazione!» sibilò la ragazza, stringendo i pugni.
"Ci mancava solo questa! Una nave corsara abbordata dai pirati!"
«Forse quando vedranno che la nave è vuota ci lasceranno andare!» commentò Trix, speranzosa.
Padre Lloyd si piegò in due, emettendo un verso orribile che solo dopo qualche istante Mess riconobbe come una risata:
«Vogliono fare l'esatto contrario, invece. Nessuno abbandona il Regno dei Cieli!»
Solo Old Tom e mastro Bell parvero in qualche modo colpiti da quell'affermazione: il primo si lasciò sfuggire un fischio preoccupato e la pelata si imperlò di sudore; il secondo sfilò dalla tasca interna della giacca una fiaschetta di rum e ne ingollò il contenuto in due sorsate.
«Quelle sono le aeronavi di York?» borbottò il cuoco. «Accidenti, non pensavo fossero così tante!»
«Cosa vogliono?» sbottò Messalina. «La nave? Un riscatto? Che io sia dannata se riescono a tenerci prigionieri!»
«Oh, sarà piuttosto facile!» ghignò il reverendo, mentre un paio di aeronavi iniziavano a volare in tondo attorno all'Argon: serravano il cerchio in modo lento ma costante, come due squali sulle tracce di una facile preda.
«Vedi, ragazza, James York è sempre alla ricerca di pecorelle smarrite. E ha una maniera piuttosto definitiva per far sì che nessuno abbandoni il suo gregge: vi farà strappare le ali!»
Un brivido collettivo attraversò il ponte mentre vaghe memorie riaffioravano in Mess.
«È un predicatore, vero?» mormorò. «York... Ma certo! È il folle che solca i cieli per catturare le navi e gli equipaggi e accrescere la sua utopia! C'è una taglia sulla sua testa, in Inghilterra!»
Le aeronavi da combattimento che York aveva sguinzagliato contro l'Argon ora erano così vicine da poter scorgere i marinai che correvano avanti e indietro sui ponti.
"Bisogna essere disposti a perdere" si disse la ragazza, sfiorando una delle sue piume metalliche con la punta delle dita. "Ma arrendersi senza lottare? No, questo no. Non quando la vita di Lyon e Sin sono la posta in palio!"
«Mastro Bell, viriamo verso sud!»
«Non riusciremo a forzare il blocco!» borbottò il timoniere poco convinto.
«Lo so» rispose Mess con un sorriso amaro. «Ma se non possiamo fuggire, allora almeno gli faremo assaggiare un po' del nostro ferro!»
Mentre scendeva sottocoperta accompagnata da Wes e il resto dell'equipaggio si preparava a resistere all'abbordaggio, Messalina fu assalita dai dubbi:
"Forse la cosa più saggia da fare era consegnarsi, come ha fatto Lyon. Lui almeno ha salvato la nave, mentre io probabilmente la farò saltare in aria... E come ha detto Old Tom, se mi faccio ammazzare non sarò d'aiuto né a Blackraven né a Sin – tanto più che non so tenere in mano neanche uno spadino... Dannazione, come mi è venuto in mente di dare battaglia?"
I suoi occhi incontrarono quelli decisi del marinaio oltre la canna di un cannone e il ragazzo le rivolse un fugace sorriso.
Era un evento raro, da quando era salita a bordo dell'Argon Mess aveva sempre visto un'espressione seriosa sui suoi lineamenti scolpiti. Le labbra sottili si aprivano come una ferita su quel volto secco, dominato da due occhi verdi ed enigmatici; avevano una sfumatura diversa da quelli di Blackraven — erano più scuri e più schivi e creavano uno straordinario contrasto con i capelli biondi, così chiari da apparire quasi bianchi. L'unica nota di dolcezza erano le efelidi che macchiavano la pelle chiara delle guance e davano un'aria da fanciullo a quello che, a ventisei anni, era un uomo fatto.
«Il capitano avrebbe agito allo stesso modo» mormorò Wes, spingendo a forza un proiettile nell'otturatore del cannone.
Mess non poté fare a meno di pensare a Sin e alla fiducia che le aveva dimostrato in quella stessa stanza solo il giorno prima.
«Non sono sicura che questo sia un complimento» borbottò, aprendo lo sportello per spingere la bocca dell'arma oltre la murata. «Blackraven è noto per la sua impulsività e guarda dove l'ha portato!»
«Intendevo dire che il capitano ha sempre fatto ciò che riteneva meglio per noi, cosa rara tra i comandanti di aeronavi e anche tra i corsari. Da quando sono salito a bordo dell'Argon non mi sono mai sentito costretto a fare qualcosa che andava contro il mio credo o la mia morale... E non lo sto facendo neanche oggi. So cosa provi, perché è quello che sentiamo tutti. Ognuno di noi vuole arrivare a Granada in tempo ed è pronto a imbracciare le armi per il capitano!»
Le grida che provenivano dal ponte superiore li informarono che i nemici avevano deciso di tentare l'abbordaggio; evidentemente avevano compreso che l'equipaggio non era disposto ad arrendersi e che sprecare altre cariche a salve era inutile.
Seppure parzialmente disalberata, l'Argon era una magnifica aggiunta alla flotta di un cacciatore di aeronavi come York e nessuno dei suoi uomini si sarebbe azzardato a farla saltare in aria con un colpo di cannone.
Mess chiuse gli otturatori dei cannoni mentre Wes, che la seguiva dappresso con una lanterna accesa, dava fuoco alle micce:
"Ora possiamo solo sperare che il nostro coraggio sia abbastanza"
La stiva del vascello spagnolo riportava alla mente di Lyon ricordi che si era sforzato di tenere alla larga per cinque lunghi anni.
Quello stanzone buio, maleodorante e sovraffollato non era poi così diverso dalle celle sotterranee di Gijón: la luce era insufficiente a distinguere ciò che avveniva attorno a lui e l'aria pareva sempre troppo poca. Sin, accoccolato come un gatto spaventato contro il suo fianco, rabbrividì:
"Fa troppo freddo per chi, come lui, ha indosso solo una camicia di cotone!" pensò il corsaro, preoccupato, stringendo saldamente il ragazzino tra le braccia.
Eppure Sin era uno dei più fortunati lì dentro: l'aeronave su cui li avevano portati dopo essersi lasciati alle spalle l'Argon non era un vascello della Nuova Armada, ma una nave negriera.
Lyon lo aveva capito subito quando un'improvvisa lama di luce aveva illuminato i volti scarni e impauriti di decine di africani nudi e incatenati alle paratie della stiva; poi i loro carcerieri li avevano spinti in avanti, avevano serrato le manette di ferro attorno ai loro polsi e avevano richiuso la porta, facendo sprofondare tutti nell'oscurità più completa.
"Beh, questo se non altro spiega chi stia aiutando Raymard a spopolare le colonie inglesi" si disse, con cupa ironia. "Peccato che quest'informazione morirà sulla forca insieme a me!"
Non temeva la morte.
Aveva avuto tutto il tempo di fare pace con l'eventualità di un tale destino l'ultima volta che era finito in mano agli spagnoli e la mutilazione subita gli aveva confermato che morire non era il peggiore dei mali. E non si era pentito di aver barattato la propria vita con quella del suo equipaggio, non quando l'unica alternativa era vederli sul patibolo insieme a lui – anche se abbandonarli in mezzo all'Egeo a bordo di una nave alla deriva non era certo il modo migliore di salvarli.
Lyon chiuse gli occhi, abbandonandosi al lieve oscillare della nave, pensando a Messalina:
"Potrai mai perdonarmi per averti trascinato in questo disastro? E potrai perdonare te stessa per esserti lasciata sfuggire Sin?"
Era il giovane mozzo, infatti, a preoccuparlo.
Aveva sperato che dopo averlo tirato a bordo gli spagnoli avrebbero avuto pietà della sua giovane età; anche essere sbattuto in mezzo agli schiavi a causa del colore della sua pelle sarebbe stato un destino clemente, se paragonato a quello che lo aspettava rimanendo al suo fianco. Il corsaro era certo che il boia non si sarebbe fatto problemi nell'adattare un cappio al collo ossuto del ragazzino.
D'istinto serrò tra le dita i ricci di Sin, cercando di trattenere i singhiozzi per non farlo agitare: più cercava una via d'uscita e più la loro situazione gli pareva drammatica.
"Non doveva finire così" pensò, piangendo in silenzio e rammentando quanto fosse bello il bambino che aveva portato via dai Caraibi alcuni anni prima – così bello che la madre non si era fatta alcuno scrupolo nel tentare di prostituirlo ai suoi clienti. Lyon si era sempre rallegrato di essere stato lui a pagare per i favori della donna, quella sera, e non un altro capitano con poca morale e gusti perversi; quando aveva accolto Sin a bordo era certo di avergli regalato un futuro migliore.
"È questo che fanno gli eroi, no? E a me è sempre piaciuto fingermi uno di loro. Volevo salvarlo, volevo salvarli tutti... Mia madre, Sin, Sylvia, Messalina... Sembrava che stessero aspettando un cavaliere che li traesse in salvo. Ma io non sono un cavaliere, sono solo un bastardo e un senza-ali e tentando di essere qualcosa di diverso li ho trascinati giù con me, invece di aiutarli.
Forse ha ragione Richard.
Forse sarebbe stato meglio se mi avessero ucciso su quella scogliera."
Alberetto di controvelaccio = porzione più alta dell'albero maestro.
«E il Signore gli rese il meritato castigo» = citazione da Maccabei, 2.4.38
Che dire, qui ero proprio nel pieno dello sconforto da sessione e si vede 😂
Così l'Argon è assediata da pirati/fanatici religiosi decisi a mozzare quante più ali possibili e Lyon perde ogni certezza...
Ammetto che l'idea del Regno dei Cieli non è proprio tutta farina del mio sacco, ma mi è stata ispirata da "La Stirpe", un libro steampunk di Meljean Brook che vi consiglio tantissimo: ci sono nanorganismi nascosti nelle zollette di zucchero, zombie, una protagonista meticcia che indaga nell'ostilità generale dell'Inghilterra pseudo-vittoriana e un coprotagonista sexy con uno scheletro fatto letteralmente di ferro.
In mezzo a tutto ciò c'era anche un accenno a un pazzo che catturava le aereonavi, che mi ha intrigato tantissimo e mi ha portato a creare il personaggio del reverendo York.
Enjoy ❤️
Crilu
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