19 ~ Resa dei conti
Serk si pulì le labbra dalla schiuma di Êg, la bevanda tipica di Fandor che egli adorava, e frugò nella cesta di vimini alla ricerca delle ultime briciole dei biscotti preparati dal padrone di casa.
Halloth, che era un goblin dei Neri provenienti dalla zona sud del Continente, aveva ospitato Darfit e il suo capo nella propria abitazione, in nome dell'amicizia di lunga data che lo legava a Serk.
Quando i due erano ancora molto piccoli, infatti, erano stati venduti come schiavi a una delle famiglie più ricche della città di Bernsunn e, mentre erano a servizio dei nuovi padroni, avevano stretto un legame molto forte, l'unico modo per non soccombere alle umiliazioni e alle punizioni. Per molti anni erano rimasti in quella casa a soffrire e a lavorare senza sosta, ma all'età di quindici anni erano riusciti finalmente a fuggire dalla città e avevano attraversato il Deserto dei Predoni, rifugiandosi quindi a Fandor.
I padroni avevano sguinzagliato le pattuglie di fiducia per ricercare i fuggiaschi, ma dopo essersi accorti che Serk e Halloth si erano addentrati nel Deserto, li avevano dati per morti. I due erano riusciti a sopravvivere perché alcuni mercanti, diretti a Fandor, li avevano trovati in fin di vita lungo la strada e avevano deciso di portarli con sé.
Arrivati in città, i due ragazzi si erano separati dai mercanti e avevano iniziato a rubacchiare qua e là per vivere. Pochi anni dopo i due si divisero: Serk partì in cerca di gloria, mentre Halloth rimase in città e iniziò a conquistarsi un nome nel mercato clandestino.
«Devi proprio partire così presto?» chiese il Goblin Nero con la sua voce profonda.
«Sai bene che non posso aspettare» sospirò l'amico, guardando fuori dalla finestra il cielo ancora buio «Neferius non tollera ritardi».
Intanto Darfit, evidentemente assonnato, stava raccattando i propri averi per poi infilarli con forza in alcune misere sacche di pelle.
«Ho fatto, Capo!» esclamò lo zoppo, orgoglioso del proprio operato.
Serk alzò gli occhi al cielo, indispettito, e continuò a parlare con Halloth.
«Neferius ha intenzione di partire all'alba, quindi è meglio se ci facciamo trovare già pronti al Ponte delle Dune» disse, massaggiandosi le tempie per alleviare il mal di testa.
«Quanto starai via?» chiese l'amico, preoccupato per l'altro.
«Giusto il tempo di risolvere la questione amuleto e poi torneremo a Fandor» rispose rapido Serk «Se non ti dispiace, pensavo di stabilirmi qui per un po' al mio ritorno. Ho alcuni affari da sbrigare».
Halloth scosse la testa, sorridendo, e disse «Sai bene che la mia casa è sempre pronta per te. E anche le mie graziose amiche, a dirla tutta. La prossima volta le troverai ad attenderti ».
I due scoppiarono a ridere di gusto, mentre Darfit non riusciva a capire cosa stesse succedendo e si sentiva sempre di più spaesato in quel covo di lestofanti.
«Bene » esclamò il mezzoelfo, alzandosi in piedi e battendo una mano sulla schiena dell'amico «Adesso ci tocca andare. Ci rivedremo presto, Halloth».
Il padrone di casa ricambiò la manata e accompagnò gli ospiti all'uscita, salutando i due un'ultima volta.
«Hai preso tutto, Zoppo?» domandò duro Serk, dopo che si erano allontanati dalla porta.
«Credo di sì...» rispose l'altro, balbettando.
Serk alzò gli occhi al cielo e disse solo «Lo spero per te». I due si avviarono verso il Ponte con passo celere, mentre l'aurora stava già allungando le sue dita rosate sulle terre circostanti.
In pochi minuti, Serk e il suo compare giunsero al punto d'incontro e si sedettero su un cumulo di rocce in attesa. Serk fissò il vuoto per qualche tempo, rimuginando sugli avvenimenti delle ultime ore. Non riusciva davvero a capire come uno del suo grado e rango si fosse trovato a dover portare a termine un compito che un sicario qualunque avrebbe eseguito alla perfezione. E oltre all'umiliazione di dover adempiere a un tale incarico, impostogli dall'Oscuro in persona, si era aggiunta anche la beffa: non era riuscito a trovare l'amuleto. Il flusso dei suoi pensieri, però, fu interrotto da un rumore di zoccoli. Alzò di poco lo sguardo e lo vide.
Neferius stava lì, incappucciato e ritto a cavalcioni sul suo bianco destriero, con il sole che stava sorgendo alle sue spalle. Non si poteva certo dire che non fosse una creatura misteriosa. A quanto si diceva, infatti, nessuno aveva mai visto il suo volto. Molti affermavano che in gioventù fosse stato sfregiato da uno stregone rivale e non avesse più voluto mostrarsi, altri sostenevano che fosse un mostro ripugnante. Ma nessuno conosceva la verità, per cui la sua figura era circondata da un alone di mistero.
«Signore» dissero Serk e Darfit all'unisono, inginocchiandosi in segno di rispetto davanti al potente essere.
«Generale» sputò questi, con la sua solita voce sprezzante «Avete portato a termine ciò che vi era stato assegnato?».
«Ci perdoni, Oscuro, ma è stato più difficile del previsto. Il vecchio dev'essere riuscito in qualche modo a schermare l'amuleto» rispose Serk, con un'insicurezza a lui sconosciuta «Non siamo riusciti a trovarlo. Invochiamo il Suo perdono».
Darfit, intanto, stava tremando dal terrore.
Neferius, irato, ordinò a due del suo seguito di avvicinarsi.
«Portate le fruste» disse, con voce piatta «Legateli a quella roccia e date loro ciò che si meritano».
I due leccapiedi eseguirono immediatemente e con non poco compiacimento. Legarono lo zoppo e il suo capo alla roccia e cominciarono a colpire la schiena dei due con forza enorme.
Una, due, dieci frustate. Le schiene dei due malcapitati erano sempre più livide e gonfie e in alcuni punti si stava già squarciando la pelle. Serk strinse i denti dall'inizio alla fine, mugugnando sommessamente a ogni colpo ricevuto. Darfit tentò di imitare il capo e riuscì a resistere più o meno dignitosamente, anche se in realtà stava per svenire dal dolore.
Dopo venti frustate, Neferius diede l'ordine di smettere, perché altrimenti i due non sarebbero stati in grado di proseguire il viaggio che li attendeva. A malincuore, i due aguzzini abbandonarono la tanto amata frusta e slegarono il Generale e il suo compagno.
Erano entrambi malconci ed evidentemente provati dalle potenti frustate che erano state loro inferte. Nonostante ciò, si alzarono in piedi, un po' barcollanti, e riuscirono a salire sui cavalli che un Soldato Sette aveva condotto lì davanti.
Senza nemmeno aspettarli, Neferius spronò la propria cavalcatura al galoppo, imboccando il sentiero del deserto.
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Ciao a tutti! Sono tornata con un nuovo capitolo, è di vostro gradimento? Fatemelo sapere nei commenti, mi interessa davvero molto il vostro feedback :)
Perdonate la violenza dell'ultima parte del capitolo, ma ehi, questo è Neferius! Che ne pensate di questo nuovo personaggio, oserei dire fondamentale?
Al prossimo capitolo!
(Pubblicherò probabilmente una volta a settimana. Se il wifi della spiaggia lo consente)
P.S. Provate a indovinare quale sarà il prossimo/uno dei prossimi capitoli :)
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