3. Giorgio Arcòs

«Dimmi, figlio mio: è novità versare olio combustibile addosso ai vigili, adesso?» sbottò sarcastico Guido rivolto a Giorgio.

«Che cosa?!» chiese Giorgio, incredulo.

Tra tutte le marachelle del pomeriggio precedente, quella di aver bagnato di benzina un caramba da cima a piedi gli era proprio sfuggita.

"Forse qualcuno mi ha incastrato? Impossibile, ero solo... Ah, dannati carabinieri, come è potuto accadere? E che mi invento?" rifletté Giorgio, senza trovare risposte a quella problematica ed inaspettata situazione.

«Ora non fare il finto tonto, signorino. Il carabinier Forti ci ha detto tutto, sta mattina» dissero insieme Guido e sua moglie Rosalinda.

Il carabinier Forti era il tizio che la sera prima lo aveva ripreso dall'autovettura dei carabinieri. Il suo vero nome, in realtà, era Luca Forti ed era un amico di vecchia data di Guido. La maggior parte della gente della cittadella - Giorgio compreso - lo consideravano uno sbirro un po' tonto, tranne l'integerrimo Guido Arcòs.

"Dannato scemo, chissà quale stupidaggine si sarà inventato con quella testa che ha!" pensò Giorgio adirato.

«No, dico davvero... » Giorgio stava continuando la frase per difendersi dalle accuse, ma poi ricordò un paio di frasi che dovevano essersi dimenticato.

Infatti, quando il pomeriggio precedente suo padre gli aveva dato le chiavi del motorino lo aveva avvisato: «L'ammortizzatore è rotto. Stai attento a non correre, altrimenti perdi benzina per strada, oltre al fatto che la guida diventerebbe più difficile rispetto al normale».

E, sole poche ore dopo, Giorgio aveva fatto proprio quello che gli era stato raccomandato di evitare. E davanti a un leccapiedi dei suoi genitori!

«Ora, figliolo, voglio che mi dai il tuo portachiavi. Non vedrai neanche l'ombra del tuo caballero per tutta questa settimana» ribadì Guido, riportando il giovane alla realtà.

Senza proferire parola, il ragazzo obbedì quasi meccanicamente all'ordine impartitogli.

«E, per punizione, oggi non mangerai niente per colazione. Quindi muoviti ad andare a scuola» annunciò sua madre Rosalinda.

«Va bene, mamma. Ciao a tutti, a dopo» concluse la discussione Giorgio, affrettandosi a prendere giubbino e borsone per poi uscire da casa sua.

La giornata non sembrava essere iniziata molto bene e non sapeva ancora come sarebbe andato il nuovo anno scolastico; veramente, non gli importava molto della scuola: spesso prendeva voti mediocri alle interrogazioni (perché durante le spiegazioni stava attento, di solito), i compiti per casa glieli faceva sua sorella - che frequentava il classico ed era una studentessa modello, invece- o qualche secchione che conosceva a scuola e, per quanto riguarda le verifiche, copiava sempre dal primo della classe. Insomma, se la cavava in maniera scaltra e gli bastava. Sperava solo che tale equilibrio non venisse guastato.

Una volta fuori, Giorgio sospirò mentre iniziava a incamminarsi lungo il marciapiede per arrivare all'Istituto Commerciale G. Garibaldi: la sua nuova scuola.

Solo un anno prima, infatti, studiava all'istituto Magistrale N. Machiavelli da quasi due anni, tuttavia aveva cambiato verso la fine del primo quadrimestre per noia.

Aveva scelto il commerciale per esclusione, come aveva detto a una sua nuova professoressa pochi mesi prima, quando l'aveva incontrata la prima volta, raccogliendo lo stupore di tutti i presenti (docente stessa compresa).

Arrivato dentro al giardino di quella prigione chiamata comunemente scuola, trovò una marea di adolescenti come lui. Alcuni, non abitavano neanche ad Archinuè e per essere lì avevano dovuto superare qualche miglia in barca o in crociera perché da loro non c'era un istituto tecnico commerciale.

Era la situazione degli studenti originari di Pantelleria o di Favignana o di qualche altra parte vicino Trapani, dalla vera terra siciliana.

Senza quei poveri disgraziati che si trasferivano ad Archinuè per anni interi pur di imparare, probabilmente nelle scuole di quell'isoletta sperduta ci sarebbero stati solo quattro gatti, nonostante con il tempo oltre alle quattro famiglie fondatrici (che nel corso dei secoli si erano divise tra loro formando ulteriori nuovi nuclei familiari come Forti, Mastrigno, Mirra, Tilos e Gigli), si erano stabiliti in quella terra altre famiglie di origini straniere per motivi diversi.

Giorgio raggiunse il suo gruppo classe (o la maggior parte di essa) e salutò cordialmente tutti per poi iniziare a scherzare con loro, mentre aspettava di entrare a scuola.

Passarono dieci minuti prima di sentire suonare la campanella che segnò l'inizio della prima lezione: al giovane Arcòs non rimase che seguire quella mandria di capre ed attraversare il portone dell'edificio scolastico, augurandosi di non trovare nuovi problemi.

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Spazio autrice:

Ciao a tutti! Innanzitutto, chiedo scusa nuovamente per il ritardo: domenica scorsa non ho potuto aggiornare, pensavo di farlo lunedì, ma ho avuto problemi con Wattpad (che, come sapete, fa spesso brutti scherzi) fino a sta mattina. Spero, comunque, che l'attesa ne sia valsa la pena.

Parlando della storia, come vi sembra questo nuovo capitolo? Cosa ne pensate di Giorgio e le sue marachelle?

Cosa vi aspettate dal prossimo capitolo.

Sono curiosa di sapere le vostre opinioni in merito (che potete scrivere qui sotto tra i commenti).

Ci vediamo domenica in tarda serata (cioè domani in tarda serata) per il quarto capitolo - salvo imprevisti.

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