VENTUNO

Tre donne, una decina di uomini. Sembravano gemelli partoriti dallo stesso diavolo, tutti sfoggiavano espressioni neutre, sguardi vuoti, lunghi cappotti neri con il logo dell'Associazione ricamato all'altezza del cuore: un pentagono rosso che racchiudeva la forma stilizzata di una fenice.

Subito Telsa si pose davanti a lui e Roberto l'affiancò. Musa e Geert ai loro lati, mentre alle spalle restavano Florian e Magda. Rudi gli cinse i fianchi, poggiò la fronte al centro delle sue spalle. Si stava nascondendo.

Perché?
Aveva sbagliato a portarlo con sé?
Ne era praticamente certo, ma non aveva idea per quale motivo avesse sbagliato. Rischiava di permettere al fratello di compiere una strage? Oppure aveva messo in pericolo pure lui?

La tensione era palpabile, i fiati si erano fatti udibili, brevi. Quello di Rudi scivolava bollente sulla sua pelle, direttamente dentro la maglietta sottile, aumentando le sue paure, il peso delle sue ansie.

Cazzo. È colpa mia.

Se fossero riusciti a salvarsi il culo, quel giorno, Abel era certo che non si sarebbe mai perdonato per aver messo in pericolo la propria gente in quel modo tanto stupido. La vedeva la stupidità, in quel preciso istante, chiara, lampante, Perché cazzo non ho detto di no?

Se fossero morti, se avesse perso anche uno solo di loro...

Spinse Telsa e superò Roberto, sciogliendo la presa di Rudi sui propri fianchi – e percepì il fratello ringhiare. Si fermò di colpo e mantenne la presa su una sua mano, il braccio in tensione, il cuore in gola. Nessun altro si mosse: forse lo stupore impedì ai presenti di intervenire.

Non stava pensando, per evitare che Magda anticipasse le sue mosse, e si pose avanti al gruppo, mantenendo la presa su Rudi per non indispettirlo e rischiare di scatenare in lui una qualche reazione spropositata.

Riconobbe una persona tra i becchini.
-Keller-

Immanuel Keller fece un passo avanti e sorrise. Odiava il suo sorriso, esattamente come lo aveva odiato durante il loro incontro in ospedale, come lo aveva odiato nell'ufficio del commissariato. E odiava quell'uomo in quanto lui, in quanto capo dell'Associazione. E faceva strano averlo lì, in mezzo alla sua gente. Era troppo strano che fosse sceso dal suo piedistallo per "accogliere" loro. E il caso aveva voluto che fosse in sede proprio in quel momento?

Abel stentava a crederlo. Gli stava sfuggendo qualcosa.

-Schmidt, che piacere rivederla! Se avessi saputo che sarebbe venuto a farmi visita, le avrei fatto trovare un rinfresco di benvenuto!-

Come no, magari a base di veleno. Sorrise anche lui. -Non era previsto. Stavamo facendo una passeggiata nel bosco- Rudi azzerò la distanza tra di loro e si avvinghiò a un suo braccio.

Tenne gli occhi bassi, incollati al suolo, mentre il cuore di Abel pareva sul punto di esplodere in gola.

Keller allungò il collo, guardando alle sue spalle. -La sua amica non mi sembra in tenuta da passeggiata nei boschi-

Figurarsi se Magda avrebbe potuto farsi sorprendere a sfoggiare qualcosa di diverso da un abito da sera scintillante, e scarpe con tacchi a spillo. -Volevamo farle una sorpresa e ci ha sorpresi lei, rovinando la passeggiata con il suo solito look eccentrico-

Magda si fece sfuggire una risatina nervosa.

Keller riportò l'attenzione su di lui. -Volete accomodarvi dentro la nostra umile dimora? Sarebbe un piacere per noi ospitarvi- e alzò lo sguardo al cielo. -Il tempo si è fatto improvvisamente incerto- tornò a fissarlo. -Non vorrei che finiste per bagnarvi, non mi sembra abbiate ombrelli con voi-

-Li abbiamo lasciati in macchina, ora andiamo a recuperarli- e compì un passo in avanti.

Il sorriso di Keller si fece più ampio e alzò una mano. Solo in quell'istante Abel si accorse del tipo al fianco dell'uomo: doveva essersi mosso, e lo stranizzava il fatto che il suo superiore gli stesse impedendo di procedere incontro a loro. Forse non voleva che scoppiasse il caos.

Era già scoppiato. Tra la sua gente.

Inaudito.

Abbiamo rischiato di ammazzarci proprio in casa dei becchini.

Che coglioni.

Non aveva idea di quali lesioni avevano riportato Musa, Geert e Florian durante la brevissima lotta che li aveva visti coinvolti.

Florian. Florian che si era messo in mezzo tra lui e Magda, per difendere Magda.

Non lo capiva.

La mamma è sempre la mamma.

Forse perché non ha avuto una madre come Gesche.

Vero che Magda si era presa cura di lui allo stesso modo come, con tutta probabilità, aveva fatto con Florian, durante i suoi primi anni di vita, ma Abel non lo ricordava.

Mandare a puttane una situazione solo per questo, però...

Continuava a non capire.

Per scagliarsi contro di lui, tra l'altro.

Forse sono tornato single per davvero.

Scosse la testa.

Aveva pensato. Si irrigidì, ma preferì  continuare a guardare davanti a sé, evitare di incontrare lo sguardo di Magda – tanto sapeva già che gli doveva aver letto tra i pensieri e, probabilmente, non era stata molto contenta di quello che vi aveva letto.

Aveva altri problemi in quel momento.

Due gocce di pioggia gli bagnarono una guancia e la fronte. -Sta per piovere davvero- disse con voce incolore.

Eppure, quella mattina c'era stato il sole.

Aggrottò la fronte. Fece scorrere lo sguardo tra il seguito di Keller.

Ci saranno di sicuro delle streghe.

Era quasi certo che il tempo fosse mutato in modo del tutto magico – Magari un incantesimo. Di quelli che incatenano la vittima dentro un cazzo di cataclisma climatico e poi non ti aiutano a capire come diavolo sia morta davvero.

Stavano per fare proprio quella fine?

Che coglione!

Si sarebbe volentieri strappato i capelli, cavato gli occhi. Ridotto in poltiglia il cervello. Un idiota. E la tensione stava diventando insopportabile, fisicamente dolorosa.

-Come dicevo, forse sarebbe meglio per noi tornare alle auto e recuperare gli ombrelli-

Keller allungò ancora un braccio, indicando un punto imprecisato nel folto del bosco, lasciandogli intendere di avere libertà di azione.

Lo stava invitando ad andarsene... davvero? Senza ripercussioni?

Abel deglutì a vuoto e con un cenno del capo indicò al proprio seguito la direzione segnata da Keller.

Stavano per buttarsi dritti dentro la trappola dei becchini?

Lo scopriremo presto.

Si mosse, gli altri lo seguirono. Percepiva chiara la tensione delle loro mosse, degli sguardi, dei gesti, dei respiri. Aveva le orecchie piene dei battiti del proprio cuore, rimbombanti come martellate dritte al cranio.

Nessuno dei becchini li seguì, restarono immobili come statue.

-È stato... wow!- esclamò Magda, entusiasta, battendo ancora le mani.

Da quando aveva acquisito pure quel fastidioso modo di fare? Gli dava ai nervi vederla, sentirla battere le mani ogni tre per due, neanche fosse stata una qualche offerta speciale al supermercato.

Aggrottò la fronte. -È stato stupido-

-Oh, sì. Siete stati davvero stupidi, zuccherino, a costringermi a seguirvi in questo postaccio! Guarda le mie povere scarpe!-

Si girò brevemente verso di lei, rivolgendole un'occhiataccia, prima di proseguire verso l'uscita del bosco, guardando il sentiero come ne valesse della propria vita – e con tutta probabilità era proprio così.

Segui il sentiero verso la salvezza.

Salvali.

Salvati.

I sensi all'erta, costantemente, timoroso com'era di vedersi sbucare una qualche brutta sorpresa da un momento all'altro.

Accelerò il passo. -Sei tu che sei ridicola nell'ostinarti a mantenere un certo stile in tutte le situazioni-

Arrivarono al punto in cui avevano lasciato le auto. Le auto: erano due. La prima la riconobbe, era quella di Roberto, la seconda doveva appartenere a uno del trio che li aveva raggiunti a sorpresa. Forse erano salvi. Salvi davvero.

Seguì Roberto e la gente che si era portato dietro nella macchina del vampiro. Non si curò degli altri – e per altri, in quel momento, stava intendo solo Geert e Florian: come erano arrivati fino a lì senza di lui, così come si erano azzardati a dare dimostrazione del loro testosterone del cazzo, così come erano riusciti a comportarsi da coglioni in quella situazione tanto pericolosa, altresì non gli importava nulla di come avrebbero fatto per tornarsene da dove erano venuti, e non voleva neppure sapere cosa ne pensavano di quanto era accaduto.

Chiuse lo sportello dell'auto e si rese conto della presenza di Florian che lo fissava da oltre il finestrino. Rimase con gli occhi incollati al poggiabraccia. Il mezzo partì.

-Tutto bene?- domandò Telsa.

Abel si irrigidì, percepì il suo tocco su una spalla e la pelle gli si coprì di brividi. Scosse la testa, rimase in silenzio.

Proseguirono a quel modo fino al rientro a Idstein, senza che a nessuno dei suoi accompagnatori venisse più in mente di aprire bocca.

Forse loro erano le persone giuste. Roberto aveva persino continuato a guidare senza dare più dimostrazioni delle sue incredibili capacità da pilota rally. Non aveva preso curve a gomito, nessuna velocità scellerata, niente dossi travestiti da trampolini di lancio. Era quasi certo che, per quella volta, sarebbe sceso dall'auto senza dover contare nuovi lividi.

Almeno, non nel fisico.
Ma si sentiva a pezzi dentro – e con tutta probabilità, non era affatto un miglioramento.

Chiuse gli occhi e poggiò la fronte contro il finestrino, incamerando contro la pelle, dentro la testa, il freddo e l'umidità che provenivano dall'esterno.

Telsa tornò ad accarezzargli una spalla, la percepì scivolare al suo fianco, finché non aderì alla sua schiena, e gli passò le braccia intorno alla vita, strofinando una guancia alla base del suo collo.

Lentamente i nervi si rilassarono, la tensione scemò. Poggiò una mano sulle sue, fino a intrecciare le loro dita. Il calore della sua mano sapeva di buono, di conforto.
Riaprì gli occhi.

Cazzo. -Non mi posso distrarre un momento!- tuonò e balzò sul posto, trascinandosi dietro Telsa, con il serio rischio di mollarle una gomitata. -Dove diavolo siamo?-

Roberto non gli rispose.

Abel scese dall'auto e si guardò attorno. Una zona periferica di Idstein, con case tradizionali dai prospetti bianchi, decorati da grosse travi di legno; larghi marciapiedi che ospitavano ampie aiuole, alberi ancora scheletrici che parevano promettere uno spettacolo di verde e profumi con l'arrivo della primavera. Il cielo si era schiarito, ma Abel non ne aveva avuto dubbi: il clima nel bosco non aveva avuto nulla di naturale e, adesso che si erano allontanati da lì, il sole era tornato a splendere alto e piacevolmente tiepido sulla pelle. Era stata una minaccia.

Il perché di tutto quello che era accaduto non gli era ancora chiaro. E adesso stava per scoprire cosa lo aspettava, perché anche quella volta i suoi piani sembravano stessero per andare a farsi fottere – da chi, non lo sapeva.

Stava cominciando a stufarsi di muoversi alla stregua di una marionetta governata da altri. Altri – di certo non poteva trattarsi solo di sfiga.

C'era una caffetteria con i tavolini sulla strada, di fronte a lui, un negozio di giochi erotici alle sue spalle. In fondo alla via una panetteria. -Dove siamo?- ripeté, rivolgendosi nuovamente in direzione del vampiro, che lo aveva raggiunto sul marciapiede.

Roberto continuò a non rispodergli.

Telsa e Musa lo seguirono, mentre Rudi annusava l'aria come un bravo cagnolino intento a fiutare una pista.
Imprecò. Telsa sgranò gli occhi e distolse lo sguardo da lui, Musa si avvicinò a Roberto, girò intorno a lui, senza che il vampiro muovesse un solo muscolo, senza che distogliesse lo sguardo dal fottuto nulla.

E se ne accorse anche Abel: i suoi occhi erano vuoti, assenti, privi di qualsiasi emozione.

-Cosa sta succedendo?- domandò.

Musa si strinse nelle spalle, fece una smorfia. -È stato incantato-

Abel percepì la gola serrarsi per il panico. Stava succedendo ancora – qualsiasi cosa fosse, stava per succedere ancora.

Imprecò di nuovo, si guardò intorno. Afferrò Rudi per un polso e lo strattonò verso di sé. -Tu sai dove siamo?-

Suo fratello ridacchiò e prese a dondolare il braccio. Sembrava divertito dalla situazione, mentre Abel avrebbe volentieri urlato, si sarebbe volentieri lasciato andare a una crisi isterica.

Oppure avrebbe dormito.

Sì, dormire per ore, giorni, mesi, anni, senza più dover avere a che fare con quella situazione. Non sapeva come affrontarla. Avrebbe dormito, si sarebbe risvegliato solo quando qualcuno con più pazienza e più capacità da leader di lui...

Aspetta.

Tornò ad aggrottare la fronte e intrecciò le dita con quelle di Rudi. Suo fratello reclinò il capo da un lato, fissandolo con espressione seria, resa tenera probabilmente dal fatto che aveva intuito che c'era arrivato pure lui.

Roberto era stato incantato. Guidato da qualcuno fino a lì.

Telsa e Musa non avevano percepito nulla.

L'unico che pareva sapere tutto e che stava tranquillo a giocherellare con la sua mano era Rudi.

E a lui era tornata la voglia di mandare tutto a puttane concedendosi un lungo sonno.

Non era la prima volta che gli suscitavano pensieri di quel genere, perché era ovvio che non si trattasse di pensieri suoi. Lui voleva fare il culo a quelli dell'Associazione, liberare suo padre e salvare John. Non aveva tempo per dormire.

Ma, evidentemente, qualcuno stava tentando di invogliarlo a mettersi da parte – qualcuno che, nel suo solito modo scellerato, voleva proteggerlo.

Magda.

Trasse un lungo sospiro e seppe dove guardare.

Il negozio di giochi erotici alle sue spalle.

E la porta di ingresso si aprì.
Da sola.

Dannazione.

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