VENTIQUATTRO

Era riuscito a dormire – quanto, non ne aveva idea. Non c'erano orologi nella sua suite al covo, e aveva opportunamente evitato di guardare l'ora sullo schermo del cellulare – soprattutto per non dover scorgere le decine e decine di notifiche che facevano bella mostra di sé in alto.

Se fosse successo qualcosa di irreparabile mi avrebbero già telefonato. Tutto il resto può aspettare.

Strinse i bordi del lavandino con entrambe le mani e si sgranchì il collo, per poi tornare ad osservare il proprio riflesso nello specchio. Occhiaie. Terrificanti. La pelle appariva pallida, quasi grigia nei punti meno esposti, sottilissima sugli zigomi. Le labbra tese, esangui, e quelle dannate rughe sulla fronte che proprio non ne volevano sapere di abbandonarlo.

Altro che unicorno.

Un unicorno un po' sbattuto.

Letteralmente.

Sorrise e scosse la testa.
Non si sentiva soddisfatto per nulla dopo la sessione di sesso con i suoi amanti, anzi. Più confuso, più dolorante, più abbattuto.

E gli incubi. Ricordava le sensazioni spiacevoli derivanti dall'ennesimo sonno agitato che si era lasciato alle spalle, ma quella volta non riusciva a riportare alla mente che cosa aveva sognato: solo sensazioni, appunto, la sensazione di aver vissuto qualcosa di terribile, che gli aveva lasciato addosso un malessere profondo. Non lo vedeva come un gran miglioramento. Aveva evitato urla, immagini raccapriccianti, ma il suo umore era diventato nero lo stesso.

Fece una smorfia e prese il phon per asciugarsi i capelli – non gli andava affatto di perdere tempo a quel modo. Ripose il phon, tornò a guardarsi allo specchio.

Tutto pareva essere diventato superfluo, di ostacolo alla sua tranquillità, persino le azioni di routine come farsi una doccia, asciugarsi i capelli, mangiare, dormire, tutto gli rubava tempo. Tempo per che cosa non sapeva spiegarselo, ma aveva bisogno di tempo e tempo non ne aveva.

Aprì il cassetto sotto lo specchio e recuperò una spazzola. Una volta liberato il suo posto, si accorse che c'erano altri oggetti riposti e non tutti gli appartenevano. Uno, in particolare, non ricordava di averlo lasciato lui lì dentro.

Posò la spazzola. Prese l'oggetto in questione e rimase a fissarlo per qualche istante, mentre rifletteva la luce fioca del lampadina che pendeva nuda e triste, impolverata, dal soffitto. L'accostò al viso, continuando a guardarsi allo specchio; un piccolo movimento laterale e... fece scattare le forbici, colpendo una ciocca di capelli.

Caddero nel lavandino senza alcun rumore.

Altro taglio.

Un altro ancora.

I successivi si susseguirono veloci e senza un senso logico, finché non si trovò a fissare ancora, e per davvero, il proprio riflesso nello specchio.

Non si riconobbe, ma era certo di assomigliare a un cactus. Gettò le forbici nel lavandino e si toccò quel che restava dei suoi capelli martoriati. C'erano diversi buchi: per risanare la situazione avrebbe dovuto rasarsi.

Era strano, si sentiva strano. Non si vedeva con capelli tanto corti da anni, da quando era stato ancora un ragazzino. Gli donavano un'aria diversa – che non riusciva a identificare, in quel momento –, ma lui si sentiva diverso.

Diverso dal ragazzino che era stato, dall'uomo che era diventato e che forse lo fissava dal passato, magari con un po' di apprensione per il futuro.

Tornò dentro la doccia, sciacquò i capelli e ne uscì ancora. Si rivestì in fretta, ignorando il proprio riflesso che si muoveva con lui nello specchio e fu fuori dal bagno.

Reik e Florian dormivano.

Chissà se apprezzeranno il mio nuovo look.

Scosse la testa e uscì dalla camera, dirigendosi verso la cucina, in cerca di caffè. Si stranì quando arrivò a destinazione di trovarvi Rudi.

Rudi seduto sopra il tavolo posto al centro della stanza, intento a dondolare i piedi e a mangiare una merendina. Suo fratello sgranò gli occhi, reclinò il capo da un lato e rise, ma non disse nulla riguardo i suoi capelli, anche se avevano solleticato la sua ilarità. Continuò a mangiare e ridacchiare, mentre Abel si avvicinava alla macchinetta del caffè. Se ne servì una tazza stracolma e si girò di nuovo verso di lui. -Ti diverte?-

-Stai bene con i capelli corti- disse Rudi con voce infantile. -Devi solo aggiustarli un po'- e rise ancora.

Uscì di corsa dalla stanza, e fu di ritorno in un battito di ciglia, al suo fianco: un istante prima lo aveva visto attraversare la porta e quello dopo era già di nuovo accanto a lui, sbucato fuori dal nulla. -Perché usi i tuoi poteri anche per le stupidaggini?- Rudi non gli rispose e mosse davanti ai suoi occhi il rasoio elettrico che aveva recuperato da chissà dove. L'azionò e fece per avvicinarglielo, mentre Abel si piegava indietro per allontanarsi da lui e da quella possibile arma mortale. -Anche no-

-Sono un bravo parrucchiere! Me li taglio da solo- e prese una corta ciocca dei propri capelli tra due dita e rise ancora.

Almeno qualcuno si diverte.

Aggrottò la fronte, sospirò e recuperò una sedia. Si accomodò e lo lasciò fare, continuando a sorseggiare il suo caffè, ignorando volutamente i suoi movimenti attorno a lui, la sensazione del rasoio che gli accarezzava la cute.

Si fidava di Rudi. Si fidava di Rudi come di nessun altro. Tra coloro che lo circondavano era sicuramente tra i più pericolosi – se non il più pericoloso in assoluto. Reik si portava dentro un mostro incontrollabile, ma Rudi controllava il suo mostro e, forse, per estensione, un po' mostro lo era diventato per davvero. Sembrava vivere bene dentro il suo mostro: non si limitava a controllarlo, lo viveva, lo aveva fatto proprio.

Eppure, si fidava di lui.
Rudi era come un cane pronto a mordere, ma Abel sapeva di essere il suo "padrone" e, finché avrebbe ricambiato il suo amore, era certo che suo fratello non lo avrebbe mai morso.

-Perché hai tagliato i capelli? Tipo come nei film?-

-In che senso?-

-Nei film ci si rifà il look quando si cambia vita, quando si cambia relazione- e ridacchiò compiaciuto.

Abel trasse un lungo sospiro mesto. -Hai iniziato a partecipare alle maratone di film colossamente inutili di Telsa e Roberto?-

-Oh, no! I film di Roberto sono noiosi-

-E allora? Guardi film da solo...?-

-No- lo interruppe suo fratello. -Con Musa! A lei piacciono le love story e i musical-

Abel spalancò gli occhi stupito – in un colpo solo aveva subito un doppio shock: non aveva mai pensato, neanche lontanamente, che Musa potesse essere una tipa romantica, e meno che mai aveva ipotetizzato che Rudi potesse condividere gli stessi interessi cinematografici di lei. -Avete fatto amicizia?- domandò con tono incerto.

-No- e suo fratello ridacchiò ancora. -Abbiamo fatto sesso-

Abel si alzò di scatto e si girò a guardarlo. Rudi reclinò il capo da un lato e il suo sorriso beffardo si fece più ampio. -Mi prendi in giro?-

Suo fratello scosse la testa e permette un dito sul suo capo. -Non ho ancora finito- lo ammonì.

Abel tornò a sedersi, sconvolto per la rivelazione inaspettata.

Mi prende in giro, sicuro.

Doveva essere per forza così, non era possibile che suo fratello avesse fatto sesso con Musa.

Perché no?

Già, perché no?

Perché Musa gli era sempre sembrata una donna tutta d'un pezzo, forte e decisa – tutto l'opposto di Rudi.

Ma la conosci da meno di un mese... Non la conosci affatto.

Era pure vero che gli opposti si attraevano, ma eri Rudi. Suo fratello Rudi. E lo aveva sempre reputato infantile, caparbio, ingenuo... – È Tod.
Scosse la testa.

-Devi stare fermo, sennò ti taglio e poi esce tutto il sangue!- esclamò con vocina allegra.

Ecco, avrei preferito non saperlo.

L'idea che qualcuno avesse fatto sesso con suo fratello – che Musa avesse fatto sesso con lui – gli aveva causato un moto di gelosia misto a preoccupazione.

Rudi terminò il suo lavoro da improvvisato parrucchiere e Abel si passò una mano sulla testa, percependo l'attrito dei cortissimi capelli sulla palme. Una sensazione quasi rilassante – quasi. Era pronto a scommettere che non sarebbe stata in grado di rilassarlo in tutte le occasioni di caos che affollavano la sua vita, soprattutto non dopo aver saputo che suo fratello aveva fatto sesso con qualcuno.

Lo credevi vergine?

No!

Allora qual è il problema?

Non voglio che qualcuno gli faccia del male...

Magari si è pure divertito parecchio, così come ti diverti tu.

Quest'ultimo pensiero lo indispettì ancora di più e decise di dare un taglio alle proprie riflessioni. -Grazie- mormorò e prese un altro sorso di caffè.

-Prego- Rudi posò il rasoio sul tavolo e tornò a sedersi sulla superficie dello stesso, fissandolo dall'alto.

-Mi devi dire qualcosa?-

Suo fratello scosse la testa, poi parve ripensarci, si fermò a metà del movimento e reclinò il capo da un lato. Abel trasalì: pareva una bambola a cui avevano appena spezzato il collo.

-Sei arrabbiato con me per Musa?-

Abel tentò di sorridergli. -No- disse piano. -Ti piace?-

-Oh, sì! È simpatica, ha una bella risata- poi sollevò le mani all'altezza del petto. -E ha anche due grandi belle tette- Abel scoppiò a ridere. Rise con forza, così tanto da sentirsi travolgere dall'ilarità, il petto si aprì e gli occhi si fecero umidi, e rise ancora. -Non sei felice-

Si asciugò gli angoli degli occhi e scosse ancora la testa. L'ilarità evaporata in un battito di ciglia. -Credo di essere tornato single-

-Ti rende triste?-

-Mi rende triste non riuscire a portare avanti una relazione, anche se c'è tanto amore-

Rudi si strinse nelle spalle. -L'amore non basta, siamo animali-

Aggrottò la fronte. -Che intendi dire?-

-Sei nato umano, ma sei come noi. Cerchi casa, conforto, tranquillità. Tutti cerchiamo queste cose. Ma gli animali non amano come gli uomini, a noi non basta l'amore. Abbiamo bisogno di sicurezza, protezione, forza. Detta così sembra tanto umana come cosa- disse e si batté un dito sul mento, facendosi pensieroso, forse alla ricerca delle parole più adeguate per esprimere il proprio pensiero. -Ma gli umani restano, anche davanti le fragilità dell'amore, lottano per i propri sentimenti. Per noi è diverso... Non so come spiegartelo. È tipo una cosa primitiva. Cibo, sesso. Siamo selvaggi in cerca di casa. Proteggiamo il branco, la nostra stessa esistenza, l'amore viene sempre dopo e deve essere una sicurezza più che un'emozione. Deve essere all'altezza delle nostre aspettative ed esigenze naturali- e reclinò ancora il capo da un lato.

Era questo che non andava con Reik e Florian?

Non erano in grado di trasmettergli sicurezza?

Stava scappando da loro per questo motivo?

-E ora come ora, dovresti evitare di distrarti con queste cose. Sono superflue per noi anche in pace...-

Avrebbe voluto contraddirlo, ma sorvolò sulla sua ultima frase. -So che abbiamo altre priorità, ma questa situazione mi distrae e mi ferisce e...-

-Si muovono tante cose brutte- lo interruppe.

Abel si morse un labbro. -Di che cosa stai parlando?-

-Cose brutte-

-Che genere di cose brutte?-

-Molto brutte-

-Chi? Che cosa? Dove?-

Rudi si strinse nelle spalle e riprese a dondolare i piedi nel vuoto, con fare fanciullesco. -Qui no. Qui sei al sicuro. Devi stare qui con me!- disse con tono petulante.

Abel stava cominciando ad incazzarsi. Cosa sapeva suo fratello, ma che pareva intenzionato a non dirgli? Perché tutti quei discorsi senza un senso apparente? -Tu sai qualcosa- e non era una domanda. Rudi gli rivolse uno sguardo di sottecchi e sorrise. Il suo sorriso, tuttavia, non lo convinse affatto: riusciva a scorgere chiaramente la tensione che gli irrigidiva i muscoli sotto pelle, rendendo affilati gli zigomi; gli occhi colmi di un vuoto mozzafiato. La rigidità delle spalle, le caviglie incrociate. Stava leggermente piegato in avanti, come se un peso enorme lo schiacciasse dall'alto – o in procinto di scappare il più lontano possibile da lì. Di attaccarlo alla giugulare.
Non mi farebbe mai del male. Deglutì a vuoto. -C'entra niente con quello che è successo nel bosco?-
Rudi si strinse nelle spalle e Abel tornò ad aggrottare la fronte.

Non mi farebbe mai del male. – Se lo ripeté mentalmente un numero infinito di volte. Era un pensiero pieno di eccezioni, di possibili risvolti negativi, di spiragli privi di luce. Doveva sforzarsi, convincersi che quella fosse una verità assoluta: Non mi farebbe mai del male.

Annuì concordando con se stesso, per darsi forza, e tornò a riflettere su quello che suo fratello non gli stava dicendo. 

Sicuro non aveva nulla a che fare con Keller: forse era stata persino la prima volta, quella nel bosco, per loro, in cui si erano incontrati.

John non faceva parte del branco e quindi non poteva essere una delle priorità di suo fratello.

Socchiuse gli occhi e si morse un labbro.

Saul. -Tu sai dov'è nostro padre? Magda dice che l'Associazione lo tiene nascosto da qualche parte- prese una pausa e Rudi ricominciò a giocherellare con i propri piedi, fissando i suoi stessi movimenti, ridendo di essi. -È ancora prigioniero dell'Associazione?-

Potrebbe essere questo il motivo per cui non ci hanno attaccati?

Pensano che lasciandoci liberi potremmo condurli da lui, così come è già successo in passato?

Si aspettano qualche passo falso da parte sua per proteggere noi?

Ci avrebbero catturati.

Non l'hanno fatto perché anche loro hanno capito che Saul è un cazzo di egoista?

Rudi non gli aveva riposto. Gli andò incontro, prese il suo volto tra le mani e poggiò la fronte contro la sua. -Allora? Cosa mi stai nascondendo?-

Suo fratello scosse la testa, ma Abel rinsaldò la presa, impedendogli di fuggire.

Lo stanno ricattando... con me.

Non ne aveva dubbi: chiunque c'era dietro quelle "cose brutte" aveva comprato il suo silenzio mettendo in gioco lui. Rudi non era mai stato tanto fedele né protettivo neppure quando c'era stato di mezzo Saul.

Prima udì il ringhio, basso, sommesso, minaccioso, scaturire direttamente dalle corde vocali di suo fratello. Il suo sguardo era rivolto verso l'ingresso della stanza.

Poi udì anche i passi: qualcuno stava arrivando di corsa e fece irruzione nella stanza nello stesso istante in cui Rudi balzava giù dal tavolo e si frapponeva tra lui e il loro nuovo ospite.

Geert fece un passo indietro e sollevò entrambe le mani.
Aveva il fiatone.

Il ringhio di Rudi si fece ancora più minaccioso.

-Vengo in pace- borbottò Geert indispettito.

Gli stava sfuggendo qualcosa.
I due avevano litigato?
Per colpa sua? Era per quel motivo che Geert non si era proprio visto in giro dal suo rientro al covo?
Rivolse un breve sguardo in direzione di Rudi.

Aveva fatto sesso con Musa.

Aveva dei segreti – segreti colmi di "cose brutte".

Era pericoloso.

Stava minacciando Geert senza un apparente motivo – forse solo perché il licantropo aveva litigato con lui, e quindi Rudi era arrabbiato con lui in riflesso ai sentimenti di Abel.

Forse era meno pazzo di quanto aveva creduto.

Forse fingeva soltanto di essere pazzo e stupido?

Avrebbe voluto urlare, obbligarlo a rivelargli ogni cosa, ma l'espressione di Geert lo obbligò a rimandare. -E adesso... Che diavolo è successo?- chiese con tono avvilito.

Geert rivolse un'occhiataccia in direzione di Rudi, poi riportò la propria attenzione su di lui e il suo volto si fece granitico, scevro di ogni emozione. -Si tratta del tuo amico poliziotto-

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