TRENTAQUATTRO
-È una questione di soldi- disse Saul e nella stanza il silenzio si fece crepitante.
Abel fece un passo indietro e finì per sbattere contro Geert. Era fuggito dal suo nascondiglio, era tornato a farsi avanti, a quanto pareva, ma lui non se ne era accorto. Almeno fino a quel momento.
Di tutte le cose assurde che suo padre avrebbe potuto raccontargli, quella gli risultò più assurda di tutte: era molto umana, materiale, stupida. Soprattutto perché aveva sempre saputo che l'Associazione Sanitaria per la Salvaguardia della Specie vantava introiti milionari grazie a tasse apposite, create su misura per loro dalla Federazione. Da decenni l'A.S.S.S. vantava un tesoretto che sarebbe stato in grado di sfamare mezzo mondo, ma che utilizzava per arricchire il proprio arsenale con le più strabilianti armi di tortura. La sede amministrativa era sita in un castello, un luogo storico, visivamente ricco. Contavano centinaia di membri ed erano in rapporti strettissimi con la rosa dei politici e della gente di potere che possedeva un posto nel Bundestag. E in diversi altri Stati. Avevano "amici" pure tra gli oppositori. Tentacoli ovunque... nel mondo.
Perché avrebbero dovuto rubacchiare nelle casse piene di moscerini del MoonClan?
-Soldi? Parli degli incassi del locale?-
Saul rise. Una risata aspra, non propriamente divertita. Suo zio gli rivolse uno sguardo basito: lo stava prendendo per stupido? -Credi davvero che le finanze del Clan si basino sugli incassi del locale?- sì, ci aveva creduto. -Anche se fosse stato così, Hauke l'ha aperto meno di cinque anni fa. E prima?-
A ripensarci in quell'istante, però, subito dopo che qualcuno gli aveva messo una pulce nell'orecchio, si rese conto di quanto la sua ipotesi fosse pregna di idiozia. Forse aveva ragione Balthasar e Abel era stupido - si sentiva molto stupido. Il Clan contava tantissime persone, solo il branco superava di gran lunga il numero cento - i suoi familiari si erano dati alla pazza gioia nel riprodursi. Nemmeno lui conosceva tutti i facenti parte del Clan - perché se ne era disinteressato, perché una volta preso il posto di Saul non aveva avuto tempo per organizzare riunioni di famiglia -, senza contare che aveva scoperto l'autunno precedente che esistevano anche i disertori: decine e decine di licantropi che avevano vissuto all'interno del Clan e che in seguito, per un motivo o per un altro, se ne erano distaccati.
Non poteva bastare il MoonClan per finanziare una comunità tanto grande. L'aveva sempre percepita come "piccola", in quanto cellula di una minoranza razziale, ma non aveva preso in considerazione che, anche se in minoranza, comunque erano un bel gruppo di gente.
-I soldi muovono il mondo, nipote. Senza soldi si vive decisamente più tranquilli- disse Balthasar, tornando a lisciarsi la lunga barba con una mano, assumendo un'espressione pensierosa, un po' distaccata - forse lo aveva deluso davvero. 'Sti cazzi, zio. -Si passa inosservati. Si sopravvive, per carità, ma si evitano anche tante attenzioni spiacevoli-
-Tuo zio è il nostro tesoriere- disse Saul e incrociò le braccia sul petto. I muscoli guizzarono sotto pelle e il suo aspetto si fece più minaccioso. Stava minacciando lui? Prima le coccole, poi le minacce? -Stiamo parlando di soldi della Federazione destinati all'A.S.S.S. per finanziare i loro esperimenti nel Kalmenhof, durante la Seconda Guerra. Soldi che poi i Kraus decisero di destinare in parte al Clan, per finanziare a loro volta l'esercito sovraumano del Führer- e si puntò un dito contro il petto. -Il Clan, appunto-
Abel deglutì a vuoto. Non aveva mai neanche lontanamente immaginato una cosa simile. Eppure ci sarebbe potuto arrivare, per intuito, da solo, già da diversi anni. Si rese conto solo in quel preciso istante di essere stato più menefreghista di quanto avesse creduto riguardo gli affari della sua famiglia.
E non aveva giustificazioni per questo.
Non bastava l'essersi sentito tagliato fuori, non amato, per dare una spiegazione che fosse anche logica per la sua ignoranza.
Forse siamo più simili di quanto credessi.
Aveva sempre voluto l'amore della sua famiglia per sé, ma non si era curato neanche di conoscerla, la sua famiglia, di capirne la struttura, la storia. Non si era posto domande, non aveva cercato risposte. Si era lasciato vivere al suo interno, finché non se ne era tirato fuori, ferito e deluso.
E loro?
Quanto ho ferito e deluso Saul con il mio comportamento?
Reclinò il capo da un lato.
Geert continuava a incombere su di lui, e stava diventando inquietante. Si scansò di un paio di passi e finì vicinissimo a Rudi. Suo fratello lo fissava di sbieco, con espressione fanciullesca, quasi ebete - quindi pericolosa. Gli porse una mano e Abel la prese in una delle proprie senza neanche perdere un istante a pensarci - perché di Rudi si fidava. E forse Rudi aveva percepito il suo sgomento, e se lo aveva percepito lui, lo avevano percepito anche Saul e gli altri.
-Quello ch'è stato, è stato, Abel- disse suo padre.
Lesse tantissimo in quelle poche parole, la paranoia tornò a montare nella sua mente come un cavallo al galoppo, si sentiva a disagio, pieno di dubbi e di sensi di colpa. Non aveva la facoltà di leggere nella mente altrui, ma immaginava che nessuno dei presenti patisse i suoi stessi tormenti.
Forse perché era umano, forse perché aveva davvero qualcosa di sbagliato - non solo a livello genetico. Si poneva problemi che sembravano non essere tali per nessuno all'infuori di lui. Stava entrando in crisi e rischiava di sconvolgere anni di convinzioni per via di ciò che aveva appena scoperto.
Strinse più forte la mano di Rudi. Dovrei smetterla di vivere con questo costante senso di inadeguatezza incollato addosso.
-Il punto è che oggi tu rimani il mio erede. Pensano ancora che tu sia solo un diversivo, messo a capo del Clan per ingannare i nemici. Pensano che dietro di te ci sia ancora io-
-Ci sei tu- borbottò risentito. Si era sentito come una marionetta gestita da altri per troppo tempo, ci si sentiva ancora nel presente.
Tentava di agire seguendo le proprie convinzioni, i propri ideali, la sua idea di bene, ma piegava continuamente assecondando sinistre curve a gomito, spesso potenzialmente mortali, spinto dall'agire di coloro che lo circondavano.
Saul scosse la testa. -Balthasar ti ha lasciato fare. Io non ero qui con te. Hai guidato il Clan in mia assenza, hai preso decisioni da capo e...-
-Stai per rovesciarmi addosso un calderone di rimproveri e cazziatoni? Non sono dell'umore, paparino- lo interruppe.
-No. Affatto. Io sono molto orgoglioso di te e del modo in cui hai agito-
Sgranò gli occhi. Lo stupore era tornato a essere l'emozione più cavalcante all'interno della sua mente confusa. -Che cosa è cambiato?-
Saul reclinò il capo da un lato e sorrise. Un brivido gli corse lungo la schiena. Rivolse un breve sguardo verso Rudi, poi lo riportò su suo padre. Uguali. Erano uguali nei tic, nei gesti. Padre e figli. E non se ne era mai accorto prima. -È cambiato che, questa volta, ci sono andato vicino così- e avvicinò pollice e indice tra di loro, accostò la stessa mano al petto, segnando il centimetro scarso di spazio che gli aveva salvato la vita. Se Ada avesse indirizzato il colpo appena un centimetro più su Saul sarebbe morto. -A differenza di Magda, non sono impazzito- sorrise, mostrando tutti i denti. -Ero già pazzo prima-
Su quello concordava in pieno con lui. -Ma l'Associazione non mi può fare fuori per via del patto firmato con il Regno-
Suo padre scosse la testa. -Non può farti fuori perché tu sei l'unico mezzo che hanno per arrivare a me. L'unico mio punto debole-
Abel rabbrividì. Era il suo punto debole? Perché era umano, fisicamente più fragile. E non vantava la stessa potenza sovraumana che contraddistingueva il resto della sua famiglia.
-Sei importante per me-
Forse era stato sincero. Questo faceva di lui davvero il suo punto debole. -Per questo mi hai messo a capo del Clan nonostante io sia nato umano?-
Saul annuì. -È un ruolo rognoso, ma anche più sicuro-
-A meno che il tuo Krieger non si riveli un traditore- borbottò Balthasar.
Geert gli rivolse un breve sguardo obliquo, Abel lo intercettò per la frazione di un secondo, ma tanto bastò perché il licantropo tornasse a fissare morbosamente il pavimento. Forse nel tempo libero faceva il piastrellista, Geert, e stava studiando un metodo per risolvere i problemi di muffa che abbondava tra le insenature dei mattoni.
Aggrottò la fronte: È un'ipotesi da non scartare, dopotutto.
Sbuffò e sciolse la stretta di Rudi. Si diresse con molta calma in direzione dei mobili della cucina, recuperò un'altra tazza di caffè e tornò a sedere sul piano da lavoro. Era stanco di stare in piedi. Stanco di contatti fisici poco soddisfacenti, poco confortanti. Bevve un sorso di caffè.
Saul ignorò del tutto l'intromissione del fratello. -E non possono uccidere me, nonostante tutte le accuse e le sentenze di morte che hanno già emesso, perché non sanno dove sta... il tesoro- e sorrise di nuovo. Sempre più soddisfatto.
Abel strinse le labbra in una linea sottile. -Ti hanno torturato-
Il sorriso di suo padre si spense, ma non rispose - anche se quella di Abel non era stata propriamente una domanda, più un'affermazione priva di inclinazione. Tuttavia, il suo silenzio fu esaustivo più di miliardi di parole. Bevve un altro sorso di caffè.
-Continuano a catturarmi, a emettere sentenze di morte confezionate su misura per me. Vogliono togliermi di mezzo perché credono che così potranno rimettere le mani sui soldi- scosse la testa.
L'hanno torturato.
Un pensiero che stava iniziando a martellargli in testa. Ne era certo.
Come si riusciva a mantenere lucidità mentale all'interno in un sistema tanto corrotto, mostruoso?
Saul vantava una lista di crimini, colpe, scelte discutibili, lunga - probabilmente - tanto quanto la circonferenza della Terra. Eppure Abel conosceva il passato di Saul: era sottostato a Mandus per anni, al suo governo pazzo. E finito con lui, era passato a lottare contro l'Associazione, bersagliato su tutti i fronti - persino dal suo stesso sangue. Non lo giustificava - aveva di suo, sicuro come l'Inferno, delle colpe, un'indole violenta e crudele -, ma la vita non era stata clemente con lui.
Bevve un altro sorso di caffè.
Finì il contenuto della tazza e ne fissò il fondo per qualche istante. Non era bravo a leggere i fondi di caffè, ma immaginava che tra i rimasugli rimasti incollati sul fondo doveva esserci scritto una cosa come: Ci stai rompendo il cazzo con le tue paranoie. - Più o meno.
Scosse la testa e si passò una mano dietro al collo. Tornò a cercare Geert nella stanza. L'apparizione di suo padre era stata provvidenziale: aveva interrotto sul più bello una situazione che sarebbe potuta degenerare pesantemente in una tragedia epica. Ma si sentiva insoddisfatto. -Dove si trova il tesoro?- chiese, senza distogliere lo sguardo dal suo Krieger.
Che devo fare con te?
Non se la sentiva di bandirlo.
Hauke era morto per colpa sua?
In colpa ci si sentiva davvero, ma non fino al punto di poter giustificare Geert.
Tuttavia, bandirlo gli sembrava una punizione eccessiva.
-Non ho intenzione di dirtelo, nipote-
Abel spostò l'attenzione su Balthasar. Stava sorridendo sornione. Sorrise a sua volta. -Non lo sai nemmeno tu- disse, rivolgendosi a Saul.
Lo sguardo di suo padre ebbe un fremito e sul suo volto si tinse un'espressione soddisfatta. -E nessuno, all'infuori di Balthasar, deve saperlo-
-Così è in pericolo...-
-Sicuro. Ma non possono ucciderlo-
-Possono ammazzare noi-
Saul allargò le braccia. -È il bello della vita. È imprevedibile-
Schifoso sadico di merda. -Ti diverte- Un cazzo di sociopatico.
Era più pazzo di Magda, ma era stato sincero su quel punto: lo era sempre stato.
Stava giocando con le loro vite e con quelli dell'A.S.S.S.
Ha ragione Geert.
Ricordò le sue parole, durante la notte che avevano trascorso in Italia. Forse aveva pensato - non detto - che anche lui facesse parte di quel gruppo di psicopatici capi che pensavano solo a se stessi, egoisti, con nessuna intenzione di rompere l'equilibrio di costante guerra fredda con l'Associazione, pur di non rilevare gli attriti che tenevano separate le minoranze che componevano la comunità sovrannaturale. Odiare un nemico grosso, brutto e cattivo di comune accordo, e non fare nulla di concreto per debellarlo, per non ammettere di essere esattamente come lui.
Saul rise. -Oh, sì-
Che mondo di merda.
La risposta di suo padre non lo fece ridere per niente. Contagiò Balthasar, lasciò indifferente Rudi. Geert continuò con la sua personale interpretazione di una statua di sale piastrellista.
Ebbe un'idea.
Un'illuminazione improvvisa.
Un'epifania.
Scese dal banco da lavoro della cucina e tornò a saccheggiare gli stipetti, recuperando patatine e marshmellows.
Potrebbe funzionare.
Anche no.
Dovrei fare lo stesso un tentativo.
Reclinò il capo da un lato e si riempì la bocca di patatine, tentando di mantenere saldi i pensieri sulla strada che avevano intrapreso. Prese un marshmellow.
Saul continuava a fissarlo, ma non leggeva disgusto in lui per i suoi dubbi gusti culinari. Gli rivolse, però, uno sguardo incerto, affilato. Doveva aver fiutato qualcosa nel suo umore, che di certo era cambiato seguendo quell'improvviso pensiero folle che gli aveva attraversato la mente.
Eppure Abel non aveva proferito parola e sapeva che i sensi di suo padre erano andati un po' a farsi fottere nel tempo. Era una cosa di cui avevano già discusso, in passato.
Oppure era lui a captare tensione dove tensione non c'era, perché sapeva che stava per combinare l'ennesimo casino - probabilmente?
Era certo che lo avrebbe scoperto presto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top