SEI
Il sole brillava alto nel cielo, rendendo iridescenti i cristalli di ghiaccio incastonati come pietre preziose nella neve, che ricopriva buona parte degli angoli delle strade, dei tetti delle case. Il muretto del cancello che circondava l'intero edificio che si era appena lasciato alle spalle. Non era certo che quella breve parentesi di sole sarebbe stata sufficiente a far sciogliere del tutto la neve, ma l'idea che ciò potesse accadere non gli dispiaceva per niente.
-Almeno smetterò di congelarmi i piedi-
-Come, scusa?-
Abel sbuffò e si girò verso l'uomo che aveva parlato, osando intromettersi vocalmente tra i suoi pensieri. Alto – perché tutti erano più alti di lui – occhi e capelli scuri, stretto in un lungo cappotto nero che sottolineava la linea sottile dei fianchi e quella ampia delle spalle. Si portava addosso un'espressione indecifrabile – assonnata, più che altro. -Stavo pensando-
L'uomo sollevò un sopracciglio con ostentato scetticismo. La donna al suo fianco rise. -Tu pensi?-
-Grazie, Brigit, per l'alta considerazione che hai di me!-
-Non sei solo un metro e basta di lamentele continue?-
-John!- tuonò Abel. -Ma lo senti che cosa mi dice la tua ispettrice stilista?-
-Lascia stare Klein, Abel...-
L'Ispettore Klein ridacchiò soddisfatta, legandosi i lunghi capelli biondi in una coda bassa.
-È lei che mi punzecchia!- John si premette due dita sulle palpebre. -Che commissario sei se non difendi i tuoi consulenti?-
-Non sei più mio consulente- ribatté il commissario con un sorriso smagliante.
Abel aggrottò la fronte. -Questo lo dici tu...-
-E sarei anche il commissario, sai com'è: queste decisioni dovrebbero spettare a me-
-Dettagli. Ho mai sindacato sulle tue decisioni?-
-Sempre-
-Mi avrà frainteso, Commissario Baker- borbottò risentito.
-Cos'hai? Due anni? Riprendi a darmi del lei perché ti sei offeso? Ho solo detto la verità-
-Potrei anche cominciare a darti del voi, sai per mantenere distanze e decoro-
-È arrivato alla lettera "d"- esclamò Brigit.
-Klein- la richiamò John.
Abel trattenne un sorriso soddisfatto, mordendosi le labbra.
-Sembri in forma, per uno che si è appena lasciato alle spalle un processo concluso con la condanna di sua sorella- si intromise Reik.
Abel si sentì spegnere di colpo e gli rivolse un'occhiataccia.
Non pensare.
Aveva tentato di non farlo dall'istante stesso in cui, in tribunale, si erano preparati a pronunziare la sentenza contro Ada Lorenz ed Erich Vogel. Telsa, la sorella di Erich, aveva preferito non essere presente. Lui si era presentato, scortato dai suoi amici poliziotti – che, come Abel stesso, durante il processo erano stati ascoltati più volte in qualità di testimoni. Abel aveva saputo, dal momento in cui era iniziato, come si sarebbe concluso quel processo. E non aveva affatto sbagliato.
-Io non ho più una sorella- sibilò furioso.
Reik sospirò teso, ma John fece un passo avanti, poggiando una mano su una spalla di Abel, intromettendosi. -Era inevitabile che finisse così, lo sai. Se avessi potuto...-
-Non potevi- lo interruppe.
-Che differenza c'è tra Saul e Ada?- chiese Reik con voce incolore.
Abel trasalì e si girò a guardarlo con stupore. -Sul serio? Credevo ne avessimo già parlato ampiamente!-
-Che cosa cambia?- insistette Reik. -Credi davvero che Saul sia recuperabile?-
Abel si morse un labbro. -Perché mi stai facendo questo?- domandò con un filo di voce. -Fino all'altra notte mi parlavi di perdono e adesso ti fa incazzare che io sia felice per la condanna di Ada?-
-Finirà in un manicomio...-
-Benissimo. È il posto che le spetta: è pazza. Magari guarisce, che ne sai?-
-E questo ti basta?-
-Mi basta che non l'abbiano condannata a morte. Forse l'hai dimenticato, ma ha tentato di uccidere te e lo scorso autunno ha persino fatto evocare un demone per sterminare chi nel Clan non la pensava come lei e la sua combriccola-
-Pensieri folli che le sono stati instillati nella mente da gente come tuo padre-
Abel si morse un labbro. Con la coda dell'occhio intercettò la rigidità di Baker, immobile al suo fianco, espressione granitica e mani ben nascoste nelle tasche del cappotto. Brigit non era da meno: era tanto sconvolta da essere impallidita visibilmente, la sua pelle chiarissima spiccava in modo tragico in contrasto con la sciarpa di colore scuro che le avvolgeva il collo.
-Che cosa ti turba, Wagner?- chiese John e Reik si volse verso il suo superiore, aprendo le braccia.
-Il fatto che ci siano due pesi e due misure in questa giustizia di merda-
-Infatti, una persona come Ada finirà in manicomio, perché è stata dichiarata incapace di intendere e volere-
-Perché Saul...-
-Non Saul- lo interruppe John. -Cassius Lorenz ed Erich Vogel l'hanno plagiata e portata alla follia-
-E uno è morto e non ha potuto difendersi, e l'altro è stato condannato a morte-
-È già un traguardo importante il fatto che ad Ada siano state date delle attenuanti...-
-Perché un licantropo non merita attenuanti?-
Il commissario contrasse la mascella. Se non lo avesse conosciuto tanto bene da saperlo una persona quasi insensibile, Abel avrebbe pure potuto pensare che il suo amico fosse furioso. -Sembra una cosa personale...-
-E lo è!-
-Non dovrebbe esserlo- disse John e scosse la testa. -Sei tornato in servizio. Non costringermi a dubitare del tuo reinserimento-
-Sto cercando di essere obiettivo. È vero che...-
-Non lo sei per niente. Lorenz ha già una condanna a suo carico. Una condanna che però si basa sulla vecchia Legge, una condanna data senza accuse formali, senza prove concrete di un crimine a suo carico. È stato condannato perché licantropo-
-Ma noi sappiamo che qualche crimine l'ha commesso- ribatté Reik.
Abel era sempre più sconvolto. Non si aspettava una tale insistenza da parte del suo compagno – non dopo tutto quello che si erano detti in privato.
-Anche di questi ipotetici crimini non abbiamo prove. Ada Lorenz e Vogel hanno ucciso persone innocenti, di questo ne abbiamo le prove- Reik fece per ribattere, ma John lo mise a tacere con il cenno stizzito di una mano. Doveva essere parecchio nervoso se si stava lasciando sfuggire emozioni con tanta facilità di interpretazione. -Forse Saul ha ucciso Mandus Kraus, ma noi non abbiamo prove a riguardo. Ada è stata condannata al manicomio criminale. Saul, ad oggi, è condannato a morte perché licantropo. È questa la differenza-
Reik si morse un labbro e tacque. Alla fine scrollò le spalle e la sua espressione parve spegnersi. Se avesse capito davvero la differenza tra i due Lorenz, oppure se stava prediligendo il silenzio per non avere ripercussioni sul suo lavoro, per Abel restava un mistero. Ed era un mistero che gli lasciava un sapore amaro in bocca.
•
In auto il silenzio tra di loro si fece ancora più pesante. Abel si sentiva a disagio, soprattutto perché percepiva come spiacevole la compagnia di Reik.
Reik. Il suo Reik. Il suo compagno e amante.
In quel momento avrebbe preferito poterlo prendere a testate, scappare il più lontano possibile da lui, non respirare la sua stessa aria, e tutto ciò non gli sembrava salutare per portare avanti una relazione che fosse anche sana. Sospirò.
Reik batté le mani sul volante, facendolo trasalire. -Sputa fuori il rospo!- tuonò, senza distogliere gli occhi dalla strada.
-Te lo sei già mangiato, il rospo. Infatti hai cominciato a gracidare come un rospo vero!-
-Magari mi dai un bacio e ritorno principe- borbottò il suo amante con tono incerto.
-Un bacio? Un bacio! Un calcio in culo ti darei, altro che bacio!-
-Dovresti prendere una scala per farlo-
Abel sgranò gli occhi. -Se hai intenzione di smettere di litigare per una cosa seria e punzecchiarmi con delle cazzate in attesa che mi passi e che io ti salti addosso, stavolta ti sbagli di grosso! Ho già prenotato un biglietto di solo andata per il Regno Fatato degli Unicorni Viola!- urlò, parlando tanto velocemente da trovarsi presto senza fiato. Ansimò e si girò verso il finestrino, serrando le labbra.
Reik accostò al marciapiede e spense l'auto. -Viola?- chiese, senza riuscire a celare del tutto l'ilarità che rese la sua voce poco limpida.
-È la prima cosa che mi è venuta in mente-
-Tu odi il viola-
-E in questo momento odio pure te-
Reik sospirò e accarezzò distrattamente il volante dell'auto. Si strinse il mento con una mano, fissando oltre il finestrino dal suo lato.
Abel lo osservò con la coda dell'occhio. Forse ho esagerato.
-Ed io odio tuo padre. L'ho perdonato? Non lo so. Forse mi sono sforzato di credere di averlo fatto, ma non sono sicuro di averlo perdonato davvero-
Abel sospirò. -È stato lui ad architettare quello stupido piano per liberare Hauke...-
-Tentando di sacrificare me. Tanto sono un mannaro, no? Che io sia anche un essere vivente, che io per primo odi la maledizione che mi porto dentro, e il fatto che sono pure un poliziotto e che ti amo non ha importanza. Sono sacrificabile-
Abel si mosse di slancio verso di lui e lo abbracciò. -Non lo sei affatto- Reik non ricambiò il suo abbraccio. Rimise in moto e lui tornò al suo posto. -Anche mio padre è stato cresciuto all'interno di un mondo malato. L'hanno creato così. Hanno voluto che fosse così. Sto cominciando a dubitare che se non fosse stato traviato da Mandus, che l'aveva scelto come suo braccio destro, e dalla sua famiglia, che aveva deciso di farlo diventare capoclan a discapito di Mandus, magari mio padre sarebbe stato diverso, no?-
-Lo credi davvero o lo speri?-
Sospirò. -Non lo so. Sinceramente, non lo so- scosse la testa. -L'unica cosa che so è...- si morse un labbro, e tentò di dare ordine ai propri pensieri confusi. -Mio padre odia chiunque non sia del Clan. Per il Clan è pronto a tutto: a fare di tutto, a sacrificare tutti. Agisce come una cazzo di bomba e distrugge tutto, non ha mezze misure. È il modo in cui agisce che lo rende una persona... complicata. Però non mi ha mai voluto fare fuori- Reik rallentò e Abel ipotizzò che stesse cercando parcheggio: erano ormai praticamente sotto casa. -Io incarno tante cose che per lui non vanno bene- disse in un sussurro.
Si sentiva come se fosse impazzito di colpo, come se stesse parlando da solo, farneticando cose senza senso. Stava cercando disperatamente di giustificare Saul? Di giustificarlo anche con se stesso, non solo con Reik? E Reik non gli rispondeva, pareva non lo stesse proprio ascoltando. Stava insistendo su qualcosa che lo avrebbe portato a perdere Reik? Ne vale la pena? -Eppure molte delle cose, discutibili, sicuro, che ha fatto, le ha fatte per tenermi nel Clan e proteggermi da chi non mi ci voleva. A cominciare da Ada e mio zio-
-Quindi, tutto questo discorso, per dirmi che tuo padre non ce l'ha con me per davvero?- chiese Reik e spense l'auto.
Scese dal mezzo e Abel lo seguì con un grugnito. Il suo compagno prese a camminare a passo spedito e lui lo seguì accelerando in una blanda corsa per non restare troppo indietro.
-Ha capito che ti amo. Che ti amo davvero. Non fai parte del Clan, è vero, ma non penso che mi farebbe questo. Non può portarmi via te-
-Ha già provato a farlo-
-Era diverso! Non sapeva ancora...-
-Abel!- urlò Reik e aprì il portone del palazzo, sparendo subito dopo al suo interno.
Lo seguì, la frazione di secondo che perse per lo stupore rischiò di farlo schiacciare dalla porta che si stava già richiudendo automaticamente, ma riuscì lo stesso a entrare nell'androne, inciampando, ma non cadendo. Sbuffò frustrato, mentre il portone si chiudeva alle sue spalle. -Hai ragione!- tuonò e lo raggiunse davanti l'ascensore.
Reik scosse la testa. -Non voglio ragione-
-Però hai ragione. Visto? L'ho ammesso!-
Reik gli rivolse un'occhiataccia. -Non è quello che voglio- sibilò, puntandogli un dito contro. -L'altra notte hai detto che ti fidi di lui. Di Saul, Abel! È inaudito, dopo tutto quello che ha fatto!-
-Ma...-
-Ada ha tentato di uccidermi, vero-
-Appunto!-
-L'ha mandata lui da me!- urlò Reik e si premette una mano sulle labbra.
-Non sappiamo se lui avesse cambiato idea, nel frattempo-
-L'ha caricata a pallettoni contro di me. Perché sono un mannaro, perché sono un uomo e sto con te-
-Ha sbagliato, verissimo...-
-Sul serio?- chiese Reik, ironico.
Abel scosse la testa. -Non ha fatto lo stesso con Florian-
-Forse perché avrebbe rischiato una guerra contro il Regno, che ne dici? Pensi che se avesse attaccato Florian, Magda non gli avrebbe fatto il culo?-
-E pensi davvero che questo avrebbe potuto fermarlo? Si è alleato con lei per tenere al sicuro me, ma odia le lamia e i vampiri addirittura più dei mannari-
-In fin dei conti ti vuole bene, è questo che stai tentando di dirmi?- domandò Reik, stizzito.
Abel scrollò le spalle. Di nuovo provò la spiacevole sensazione di essersi spento. Era stanco, aveva sonno, non riusciva a dormire. Si sentiva sull'orlo di una crisi isterica. -Non lo so più che cosa sto tentando di dirti, o di dirmi. Avevo tagliato i ponti con lui, ma lui non mi ha abbandonato lo stesso. È stato lui a volermi come erede, anche se sono nato umano e sono gay. È mio padre- e allargò le braccia, sentendosi sconfitto.
Forse è tutto solo una grande giustificazione, l'unica cosa davvero che mi spinge ad agire e a pensare di salvarlo, anche da se stesso e dal suo odio, è solo questa: è mio padre. -E si è preso una pallottola da sua figlia che era stata destinata a me-
Reik rise amaro. -Quindi ha capito che mi ami davvero- pigiò il pulsante per richiamare l'ascensore. Abel annuì. -Quindi tu mi ami davvero- disse ancora l'uomo, con tono più morbido.
Si sentì arrossire, mentre il cuore gli balzava in gola per l'emozione. -E lui l'ha capito- mormorò.
Le porte dell'ascensore si aprirono, Reik entrò e lo strattonò accanto a sé, tirandolo per un braccio.
-Ehi!- protestò Abel, riuscendo a non schiantarsi al suolo solo perché finì dritto sul suo petto.
E Reik lo baciò, ponendo fine al loro litigio – o almeno, così Abel sperava che fosse.
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